La legge di Goodell

Le decisioni di Goodell continuano a far discutere…

E così il martello della giustizia di Roger Goodell ha colpito anche Tank Johnson, defensive tackle dei Chicago Bears che da poco aveva scontato due mesi di pena in una cella della Cook County Jail di Chicago; nessuna sorpresa, né per il giocatore né per la società , che perderà  l'uomo più pesante della propria linea difensiva per otto turni (che diventeranno sei se il ragazzo farà  il bravo d'ora in poi) e darà  spazio a Dusty Dvoracek. Il commento di Johnson sorprende in Italia dove, per decisioni di questo tipo, solitamente giocatori e dirigenti sono abituati a ben altro tenore, sempre pronti a minacciare querele, contro querele e a gridare puntualmente allo scandalo e al complotto.

"Se questa decisione può far bene alla NFL sono d'accordo anch'io" ha concluso Johnson, come a dire che, visto che i soldi li prendo grazie a loro, meglio dare il buon esempio e dimostrare di aver capito la lezione, no? Anche se poi, il buon esempio, forse è giusto non apprenderlo da chi è stato trovato in possesso di armi da fuoco regolarmente" non dichiarate.

Il pentimento, quello vero, e non sappiamo se sia questo il caso, è comunque sempre il miglior punto da cui ripartire quando si è oggettivamente dalla parte del torto.

Poco male, Johnson, che fa seguito in fatto di squalifica ad Adam "Pacman" Jones (Tennessee Titans) e Chris Henry (Cincinnati Bengals), ha accettato la pena legata al nuovo corso NFL, quello che porta partite di stagione regolare in un pazzesco giro del mondo che piace molto agli europei, poco agli americani e pochissimo, quasi niente, agli addetti al lavoro; lo stesso corso che però ha spinto Goodell a cercare di "risanare" la Lega colpendo tutte quelle persone che il ghetto non riescono ad abbandonarlo, dove per ghetto intendiamo un brutto carattere perché, in fin dei conti, non è che ogni delinquente che calca i campi da football sia necessariamente uscito da un quartiere malfamato anche se spesso è così.

Si chiama "personal conduct policy" , è un insieme di regole, una sorta di netiquette, che potete trovare facilmente in rete e che illustra ciò che un giocatore può e non può fare fuori dal campo; soprattutto quello che "non può" s'intende. Nella maggior parte dei casi si tratta di punti che sono già  ovviamente vietati dalla giustizia ordinaria, per cui ricordarli sembra quasi un controsenso quando si parla di atleti - spesso - super pagati.

Leggendo Pro Football Weekly e l'editoriale di Hub Arkush, non si può non essere d'accordo con alcune sue affermazioni, ma vista dall'altra parte dell'oceano Atlantico, ossia dall'Italia, le domande che ci poniamo sull'argomento sono sempre qualcuna in più rispetto a chi le cose le vive sul posto.

E' ormai chiaro di come Roger Goodell abbia intenzione di colpire in modo ancora più pesante di quanto non fatto dal suo predecessore Paul Tagliabue chi non si comporta dignitosamente nella vita di tutti giorni, almeno fin quando questi ha in tasca un contratto che lo lega alla NFL, ed anche la recente regola che vieterebbe di far girare alcolici tra giocatori, allenatori e dirigenti in una qualsiasi manifestazione ufficiale organizzata dalle società  è una norma che rende bene l'idea di come l'attuale NFL abbia deciso di muoversi per ripulire la facciata.

Viene però da chiedersi se non sia il caso di rivedere anche la regola sulle "esultanze proibite" e, magari, di cancellare sin d'ora quell'assurdo comma aggiunto un paio di mesi fa che vieta ai giocatori di festeggiare una bella azione sbattendo il pallone a terra, perché quella pare più roba da oratorio che proprio stona in un mondo come quello del football americano.

No alcol, no esultanze grossolane e no guai fuori dal campo. Tutto molto bello, ma un controllo maggiore sul doping? E punizioni più severe?

Okay, siamo alla retorica, al qualunquismo, ma non è forse vero che sarebbe meglio impegnarsi nella lotta alle sostanze proibite piuttosto che pensare a come esultano gli atleti?

E' certamente vero anche che qui nel campo "sostanze proibite" la NFL si trova in buona compagnia con le altre leghe professionistiche in un mondo che vuole sempre più atleti marziani e poche lamentele verso lo "show-biz", ma che Ricky Williams sia stato più volte espulso dalla NFL per uso di marijuana e Shawne Merriman sia stato fermato per sole quattro giornate per abuso di steroidi e sia andato a festeggiare persino alle Hawaii il suo Pro Bowl, ha del ridicolo, oltre ad essere in parte diseducativo (senza addentrarci nei vincoli della legge sfidiamo chiunque a sostenere con prove certe che l'abuso di marijuana possa risultare concretamente più dannoso per la salute di quello di steroidi o che aiuti a "barare" molto meglio sul campo; bene, le squalifiche NFL fanno proprio questo, senza le prove ovviamente).

La vera domanda sulla nuova guerra scatenata da Goodell se la pone però Arkush su PFW quando si chiede, anzitutto, come sia possibile che Pacman Jones, con tutto quello che ha combinato, non abbia passato ancora un solo giorno in carcere.

Che le parole spese dai suoi compagni siano le solite retoriche e circostanziali ridicolaggini da vendere alla stampa ("è un bravissimo ragazzo che si circonda di gente sbagliata" è quella che va per la maggiore in questi casi) è fuori discussione, ed infatti Arkush ci tiene a sottolineare che, ovviamente, a compiere il misfatto è poi il giocatore, poco importa chi gli sta dietro tra amici e parenti.

Goodell vuole arrivare dove la giustizia americana non è ancora arrivata e questo non ha molto senso forse, come non ha senso che si voglia modificare il comportamento di chi esce da un'adolescenza terribile quando poi, in concreto, la società  americana fa pochissimo per migliorare la posizione di buona parte dei ghetti metropolitani, da New York a Los Angeles, da Chicago a Miami. Sia chiaro, l'intento del capo supremo della Lega è da applaudire, ma sui metodi, sul suo significato e su come la giustizia tenda puntualmente a trovare difficoltà  a muoversi contro le star del gioco sono punti che lasciano un po' basiti gli appassionati.

Insomma, è giusto che Goodell tenti di punire chi non è ancora stato condannato da un tribunale che, per quanto assurdo, potrebbe anche riconoscere l'innocenza di Pacman Jones?
Ed è giusto che, viceversa, chi ha già  pagato col carcere paghi anche con una squalifica sul campo come accadrà  a Tank Johnson?

In ultimo, pensa forse Goodell che le squalifiche sportive possano avere successo laddove fallisce la società  in cui vive, la giustizia appare improvvisamente lenta e la crociata sportiva sembra fatta più per avere una pubblicità  positiva che per vera convinzione?

Pacman Jones ha combinato un sacco di pazzie (come Tank Johnson ha un caratterino per cui molti coach al college ne sconsigliavano l'acquisizione da parte dei team professionistici) rendendosi protagonista anche di una sparatoria a Las Vegas dove l'impiegato di un night club ci ha lasciato la spina dorsale colpito da una pallottola e vivrà  per sempre sdraiato in un letto; ma è solo l'ultimo misfatto, ovviamente.

In altre circostanze le risse non sono arrivate a tanto, ma il buon Jones si è spinto anche fino a maltrattare la ballerina di uno strip club e, comunque, ne ha combinate davvero troppe, fino a far perdere a tutti la speranza di essere una persona in grado di stare lontano dai guai. Ed è ancora in giro.
In più ora si aggiunge Michael Vick ed il caso dei cani da combattimento, dove sembra piuttosto inutile il comportamento di Goodell, il quale convoca i giocatori per sentire cosa hanno da dichiarare a proposito dei fatti in cui sono coinvolti; molto meglio che la legge faccia il suo corso da sola a questo punto perché, a occhio e croce, nessuno mai confesserà  tale reato al capo della NFL.

Va sottolineata una cosa: la NFL conta più di mille giocatori e la percentuale di chi si comporta da "selvaggio" non sembra poi essere così alta. Un recente articolo di Sports Illustrated presentava i volti degli arrestati negli ultimi due anni e il numero (intorno alla quarantina) non era solo basso in proporzione alle centinaia di atleti tesserati, ma vedeva spesso, come capo d'imputazione, il rapporto tra il giocatore e la bottiglia, non di rado poi in stati dove tenere una birra chiusa nel sedile a fianco del conducente è di per sé contro la legge (per la cronaca, va messa nel bagagliaio).

Poco male rispetto a pistoleri, stupratori e pazzi rissosi, ma pur sempre persone che violano la legge e infangano il buon nome della NFL.

Di concreto c'è il solito: la Lega combatte decisa la droga, un po' meno il doping dove, finché non vi sarà  una presa di coscienza comune a tutto il mondo professionistico americano, sembrerà  inutile anche il solo parlarne. Poi, la Lega, protegge i propri sponsor e multa Reggie Bush perché ha indossato le scarpe del suo sponsor tecnico che non fanno parte dei due marchi autorizzati dalla NFL, ma ancora nessuno sa che fine hanno fatto le indagini sui presunti pagamenti ricevuti dai famigliari dell'ex Heisman Trophy mentre questi era ancora al college.

La Lega, inoltre, punisce gli sportivi dove la legge americana ancora non è arrivata, ma mezza stagione a Tank Johnson e una intera a Pacman Jones (otto partite in più) sono una differenza irrisoria se consideriamo che il primo ha già  scontato la pena in carcere e mostrato tutti i pentimenti del caso per quanto poco credibili possano sembrare ai più.

Certo, è una giustizia umana, non infallibile, non equa e probabilmente non giusta, ma pensare che quella sportiva colpisca dei potenziali omicidi con una squalifica che di certo non riporta nessuno sulla retta via e che anticipa i gradi di giudizio che si basano non più solo sulle voci, ma sulle indagini e gli interrogatori, si scontra un po' con tutto il modo di intendere la giustizia che ha il sottoscritto.

Ovvio che è difficile pensare che Pacman Jones sia innocente, probabilmente, anzi, non lo è nemmeno lontanamente, ma non sarebbe comunque giusto aspettare che la giustizia abbia fatto il suo corso magari cercando proprio d spronare l'opinione pubblica?

Che succederà , in futuro, quando in un caso meno eclatante e limpido di quello che ha colpito Jones e Henry, un tribunale scagionerà  un atleta dalle colpe per le quali il buon Goodell lo ha preventivamente condannato?

Partiranno proteste, richieste di danni, accuse di aver falsificato una stagione, come capita qui dalle nostre parti, o con la solita grande sportività  americana, o presunta tale, finirà  a strette di mano, scuse e un brindisi (ovviamente analcolico) tra amici?

Oltre a non esultare, il rischio che si corre è che alcuni giocatori non possano nemmeno commettere l'errore di trovarsi nel bar sbagliato, nel locale meno conveniente finendo, tra le altre cose, per diventare ancora più ricattabili dalla Lega sotto certi aspetti, una lega che vuole essere vestita a festa ogni giorno come se, le colpe dei singoli uomini, potessero diventare anche le colpe del gioco, del campionato e del suo commissioner.

Colpisca pure chi vuole il commissioner NFL, ma ci restituisca almeno tutte le esultanze che tanto abbiamo amato e decida con peso giusto le misure per colpire il doping, quello vero. Si accontenti del fatto che solo un atleta su cento (la butto lì con i numeri, ma sbaglio di certo) ha seri problemi con la legge e che, di questi, solo uno ogni tanto la combina davvero grossa ma, in quel caso, dovrebbero essere la polizia, prima, e la magistratura, poi, a fare il loro dovere.

Facciamo così: mentre lui chiama il 911, perché qualcuno non cambia le regole su doping e esultanze mentre è impegnato? Io proprio non le digerisco" sono antisportive.

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