Bob Babich, nuovo defensive coordinator dei Bears
Cosa resta di una stagione terminata con la sconfitta al Super Bowl, ma soprattutto dove porta un 2006 che ha visto i Bears ritrovarsi così in alto nella NFL? Dopo una batosta come quella subita in una finale è ormai noto che il seguito diventi una dura lotta con le motivazioni, il lavoro del coaching staff è quello di far sì che i propri uomini siano assolutamente concentrati e psicologicamente reattivi per ritentare l'impresa quando è altrettanto noto che una sorta di maledizione colpisca ormai ogni team che esce sconfitto dal Super Bowl. Per i non scaramantici, comunque, la stagione dopo un Super Bowl perso è sempre molto dura, si devono fare i conti con una stagione preparata per mesi nei minimi dettagli e sfuggita di un passo, una ferita dura a rimarginarsi, ma anche un esame di maturità .
In free agency Chicago non si sta muovendo tanto, ma era prevedibile; potrebbe perdere Ian Scott, tackle difensivo, ma ha messo il tag su Lance Briggs, unica vera mossa obbligata di questa off season, anche se il linebacker, come previsto, non ha apprezzato. Briggs ha dichiarato di amare Chicago, i suoi tifosi, la città , i compagni di squadra gli allenatori ed anche qualche loro parente stretto, ma la dirigenza proprio no. La minaccia di holdout è più viva che mai, il tag (che garantirà più di 7 milioni di dollari per il 2007 al giocatore) non è digerito dal giocatore né, tantomeno, dal suo agente: Drew Rosenhaus. Il tizio in questione è uno dei più popolari procuratori su suolo statunitense e su di lui pesano buona parte della problematiche create di recente da giocatori più o meno noti; un esempio su tutti è quello di Terrell Owens, ma anche Jeremy Shockey, forse l'unico che alla fine si comunque rimesso in linea con il proprio team. La perdita di Lance Briggs non sarebbe cosa di poco conto, ma la richiesta del giocatore era probabilmente troppo alta, forse anche più alta di quanto non guadagni un mostro sacro con Brian Urlacher. Da qui la spaccatura, il pubblico non gradisce, i giornali fanno orecchio da mercante, ma il risultato sarà che Briggs, molto probabilmente, in campo con Chicago a settembre non ci sarà .
In free agency anche due safeties (Todd Johnson e Cameron Worrell) e qui il pensiero vola al draft e all'infortunio di Mike Brown che ha girato, in peggio, la stagione difensiva di Chicago. Serve rinforzare il reparto, aggiungere esperienza alla rotazione, non farsi trovare scoperti. Per questo converrebbe certo firmare ora Tommie Harris, altro perno venuto a mancare nel clou della stagione, altro giocatore importantissimo da non mettere nella stessa condizione di Briggs tra un anno.
La difesa non cambia solo per gli atleti che mancheranno o che si aggiungeranno e la notizia più importante potrebbe essere un'altra, ossia il cambio di coordinatore difensivo. Se ne va Ron Rivera, non del tutto a sorpresa, con Bob Babich, amico di vecchia data di Lovie Smith, a prenderne il posto in difesa dopo aver allenato i linebacker dal 2004. La scelta di lasciare andare Rivera è stata ben digerita dal pubblico dell'Illinois che già da un po' di tempo lamentava la ripetitività dei giochi e che, proprio su di lui, scaricava le colpe di una partita difensivamente troppo conservativa durante il Super Bowl XLI a Miami, in attesa di big play che Peyton Manning non cercava e non avrebbe cercato fino a fine gara, ipotesi ormai compresa da ogni spettatore eccezion fatta per il defensive coordinator di Chicago.
L'espressione ringhiante e rabbiosa con cui Brian Urlacher a un certo punto si rivolge verso la sideline è il simbolo di quella gara, il momento in cui il leader indiscusso della squadra e, soprattutto, della difesa, sembra sollevare dal proprio incarico l'allenatore difensivo. Rivera era in scadenza di contratto ma tutti si sentivano sicuri che avrebbe trovato posto a Dallas o, successivamente, a San Diego come capo allenatore. Dopo il rifiuto dei Cowboys alcuni giornalisti della Chi-Town si convinsero che per Rivera fosse comunque un gran guadagno quello di poter rimanere ai Bears ad allenare una difesa magnifica, ma nella Halas Hall non la pensavano come loro.
Non avevano fatto i conti infatti col contratto arrivato alla fine e le richieste economiche che presumibilmente avrebbe avanzato il coordinator in questione. Così, sapendo di avere in Smith un uomo già molto capace a gestire il reparto "arretrato" e fidandosi ciecamente dei suoi uomini (in questo caso Babich), Jerry Angelo non ha rinnovato il contratto a Rivera precipitato così ad allenatore dei linebackers a San Diego, piazza che a un certo punto sembrava poter rappresentare il suo posto da capo allenatore. Ad un passo dal sogno Rivera si è ritrovato in brevissimo tempo ad un ruolo secondario all'interno del coaching staff dei Chargers vivendo il tutto quasi come un bruttissimo scherzo; tra un anno avrà certamente nuove offerte, ma finire così nell'ombra dopo una stagione da vincitore della NFC non è mai di buon auspicio.
Firmano invece Lovie Smith (2009) e il GM Jerry Angelo (2011), la coppia che ha riportato in alto i Chicago Bears e che quest'anno riparte nel tentativo di dare continuità a queste ultime due stagioni. Queste due firme sono quelle che contano di più, avere le due teste che hanno ricostruito la squadra in così breve tempo di nuovo insieme in sala comandi per qualche anno ancora garantisce, almeno sulla carta, la possibilità di trovare buone soluzioni anche a mercati primaverili come questo.
Rimane il problema quarterback, ma soprattutto il problema offensive coordinator, con un Ron Turner incapace negli ultimi due anni di mettere a proprio agio i "signal caller" dietro il centro Olin Kreutz. Molti quarterback si stanno sistemando in varie situazioni, Jake Plummer e Jeff Garcia hanno entrambi firmato per Tampa Bay senza che Angelo lasciasse intravedere il benché minimo interesse mentre Matt Schaub degli Atlanta Falcons "costa" troppo. Grossman quindi, che si è giocato buona parte dei bonus a disposizione e che, a occhio e croce, non vedremo molto più forte in settembre; e Turner, stranamente mai contestato apertamente da nessuno tra stampa, giocatori e tifosi, che dovrà assolutamente dare equilibrio al gioco offensivo e disegnare un playbook capace di non essere ripetitivo e di sfruttare al meglio il potenziale a disposizione.
A proposito di potenziale, Thomas Jones, il miglior runningback dei Bears del dopo Walter Payton, potrebbe lasciare la squadra. Ha superato le 1300 yards nel 2005, impresa che non riusciva dai tempi di Sweetness, è arrivato a 1210 lo scorso campionato giocando ottimi playoffs e risultando il migliore in attacco contro Indianapolis dando il "la" all'unico touchdown offensivo della squadra con una corsa da 52 yards. Ma Jones sarà free agent nel 2007, Cedric Benson ha chiuso bene la stagione nel suo ruolo e le chance di avere un buon guadagno con una trade già quest'anno inserendo il numero 20 sono allettanti e molto più probabili che nel 2007, quando la situazione con Lance Briggs potrebbe essere ancora appesa a un filo e Jones rischierebbe di scappare da free agent senza lasciare nulla ai Bears. Per questo le voci di una separazione sono piuttosto insistenti anche se qualche "insider" di Chicago garantisce che si stia cercando il modo di firmare di nuovo l'halfback.
Anche qui però, dietro al giocatore, l'ombra di Rosenhaus, mai sazio di quattrini e unica persona in grado di far pendere, agli occhi del tifoso, la bilancia dei vantaggi di queste regole della mercanzia (free agent, tag, singing bonus) dalla parte dei soli giocatori. Jones sarebbe una grave perdita ma il momento di valutare appieno il valore della prima scelta 2005 sembra giunta e, inoltre, la richiesta del runningback non è da poco. Tanti anni di contratto, 12 milioni di "solo" garantito (quello cioè che spetta al giocatore anche in caso di taglio) per rischiare di chiudere le porte in faccia al turbolento Benson. I New York Jets si sono fatti avanti, resta da vedere la contropartita; qualcuno storce il naso per una seconda scelta già al prossimo draft, pick che diverrebbe utile per rinforzare comunque qualche reparto come la linea offensiva; altri ipotizzano una chiamata al primo giro, non impossibile ma abbastanza difficile. Se finisse così a Chicago stapperebbero bottiglie di buon champagne per qualche settimana.
In definitiva credo che la trade si farà e Thomas Jones diventerebbe il primo runningback di sempre ad essere ceduto dopo aver superato le 1200 yards in due anni consecutivi. Se Jones andrà via rimarrà un buco nel backfield dove è importante che Cedric Benson dimostri tutto il proprio potenziale e che si riesca a ripetere l'ottima rotazione a tre (con Adrian Peterson) trovata negli ultimi due anni aggiungendo un giovane da studiare in attesa di nomi migliori. Il problema è che l'attacco, da Ron Turner in giù passando obbligatoriamente per Rex Grossman, rischia di essere troppo sperimentale per una squadra che difende il titolo di conference e che dovrebbe dare determinate conferme. Con la schedule che si ritrovano i Bears dovranno sudare non poco ma se andrà male verrà quantomeno ripetuta la solita litania degli ultimi anni per quelli che il Super Bowl lo hanno perso.
Su col morale comunque: vedremo finalmente Dusty Dvoracek e Jamar Williams (il nuovo Briggs a questo punto), uomini importanti che daranno il peso definitivo a una difesa già forte e scopriremo se Brandon McGowan può essere il safety del futuro. Il problema sarà valutare al meglio l'attacco, reparto che da anni attraversa crisi profonde e che a inizio stagione aveva fatto gridare più di una volta al miracolo. Perdere Jones metterà i Bears nella condizione di rivedere parecchie cose e dare cieca fiducia a Rex Grossman potrebbe rivelarsi l'errore da cui dipenderà la stagione della "maledizione", quella da cui si esce come vincitori della conference, si partecipa al Super Bowl e si viene dimenticati alla velocità della luce dal resto del mondo in quanto "perdenti". Quella da cui non ci si riprende mai in soli nove mesi. La sfida, a Chicago, è già cominciata.