Super Bowl XLI: rewind

Tutto pronto per l'evento che paralizzerà  gli USA: il Super Bowl XLI è alle porte.

Super Bowl XLI: di fronte Indianapolis Colts e Chicago Bears.
Due franchigie dalla grande tradizione si incontrano in una città  che di Super Bowl ne ha visti tanti: Miami, Florida.
L'ultima apparizione dei Colts al Grande Ballo risale al Super Bowl V, giocatosi il 17 Gennaio 1971 proprio a Miami, mentre i Bears mancano da questo appuntamento dal 26 Gennaio 1986, giorno in cui si giocò il Super Bowl XX al Superdome di New Orleans.
Fino a pochi giorni fa proprio quest'ultima rappresentava, da quando esiste il Super Bowl (1967), l'unica occasione in cui Chicago riusciva ad arrivare fino in fondo. Prima di allora, ben 8 titoli NFL.
Presenti nella NFL fin dagli inizi (1920) come Decatur Staleys grazie all'impegno di George Halas, l'anno successivo si trasferirono a Chicago, vincendo proprio nel 1921 il primo titolo, non senza polemiche.

Il secondo titolo, vinto nel 1932, fu anch'esso figlio di un episodio controverso. Giocatosi per questioni climatiche al coperto, al Chicago Stadium, il Championship del 1932 fu al contempo la prima partita di playoff in assoluto nonché il primo match disputatosi indoor. Il campo, si fa per dire, era uno strato di terreno lasciato da un circo che era stato ospite in quell'impianto la settimana prima. Addirittura il terreno era ancora pieno degli escrementi lasciati dagli animali.
Il campo era lungo soltanto 80 yards, era 15 piedi più stretto del solito e le end zones erano profonde meno di 10 yards.
A causa della particolarità  delle condizioni di gioco, furono adottate delle regole speciali.
E l'incontro, che vide i Bears imporsi sui Portsmouth Spartans per 9-0, si decise tutto nell'ultimo quarto, grazie anche ad un passaggio in touchdown di Bronko Nagurski per Red Grange. All'epoca erano regolari passaggi in avanti solo se questi venivano effettuati da almeno 5 yards dalla linea di scrimmage, mentre Nagurski si trovava non più di un paio di yards dietro. In ogni caso la segnatura fu convalidata dall'arbitro Bobby Cahn.

L'anno successivo (1933) i Bears riuscirono a ripetersi, stavolta contro i New York Giants, in un Championship mozzafiato, deciso nell'ultimo minuto grazie a un game-saving tackle di Red Grange ai danni di Morris "Red" Badgro.
Dopo sette anni di digiuno, altro back to back: nel 1940 ci fu l'epocale 73-0 rifilato ai Washington Redskins , mentre nel Championship del 1941, giocatosi appena due settimane dopo l'attacco a Pearl Harbor, le vittime sacrificali furono i New York Giants.
Il sesto titolo arrivò nel 1943, grazie ad una prova magistrale di Sid Luckman contro i Washington Redskins di un Sammy Baugh a mezzo servizio a causa di un infortunio.

Prima dell'avvento dell'era Super Bowl, i Bears si sarebbero ripetuti ancora due volte, sconfiggendo sempre i New York Giants, la prima nel 1946 e la seconda nel 1963.
Ma i Bears che tutti ricordano sono quelli del 1985: forti di una delle difese più dominanti di sempre (l'allora rivoluzionaria 46 Defense), in quella squadra militavano tra gli altri Walter Payton (seppur in parabola discendente), Mike Singletary, Richard Dent (MVP del Super Bowl XX), Dan Hampton, Jim McMahon e il rookie William "Refrigerator" Perry. Soltanto una sconfitta contro i Miami Dolphins nella tredicesima giornata macchiò quella stagione memorabile, culminata nel trionfo di New Orleans contro i New England Patriots.

Blasone di tutto rispetto anche per i Colts, nati a Baltimore nel 1953 (anche se una precedente franchigia avente questo nome calcò i campi prima della AAFC e poi della NFL tra il 1947 e il 1950): due Championship NFL ed una vittoria al Super Bowl.
Il primo titolo fu frutto di quella che è considerata da molti la più grande partita di football di sempre: il Championship del 1958, giocatosi allo Yankee Stadium di New York. I Colts, guidati dal leggendario quarterback Johnny Unitas, si imposero all'overtime sui New York Giants grazie ad un touchdown di Alan Ameche. Quell'incontro segnò il definitivo lancio mediatico del football professionistico, e vide in campo ben quindici (tra giocatori e coaches) futuri Hall of Famers. Degno di nota furono anche le dodici ricezioni dell'end Raymond Barry, record di Championship che tuttora resiste. L'anno successivo ci fu il repeat, ancora contro i New York Giants, in un incontro decisamente meno equilibrato (finito 31-16).

Nel 1968 accadde l'incredibile: favoriti nel Super Bowl III di oltre venti punti contro i New York Jets, campioni della AFL (considerata all'epoca la sorella povera della NFL), quei Colts schiacciasassi subirono una delle sconfitte più clamorose della storia dello sport a stelle e strisce.
Irretiti dal celebre "guarantee" del quarterback avversario Joe Namath, i Colts sprecarono diverse occasioni nei primi due quarti di gioco: prima un passaggio droppato dal wide receiver Willie Richardson a poche yards dalla end zone, poi un incompleto di Earl Morrall per Tom Mitchell, quindi un field goal di Lou Michaels finito wide right. A questi episodi si aggiunsero due intercetti subiti da Morrall: il primo fu opera del cornerback Randy Beverly per un touchback, dopo una deviazione del linebacker Al Atkinson; il secondo fu ancora più incredibile: dopo una flea flicker, Morrall non vide un liberissimo Jimmy Orr preferendo lanciare per il running back Jerry Hill. Il passaggio fu intercettato dalla safety Jim Hudson, preservando il vantaggio dei Jets per 7-0 all'halftime. Negli ultimi due quarti, i Jets riuscirono a mantenere il vantaggio, imponendosi per 16-7. I Colts si sarebbero ripresi due anni dopo, rinvigoriti dal nuovo head coach Don McCafferty (successore di Don Shula) e da un'ottima difesa. Quella squadra ebbe la meglio sui Dallas Cowboys nel Super Bowl V, da molti ricordato come "Blooper Bowl" a causa degli innumerevoli errori da ambo i lati (ben 11!). Il match fu deciso a soli 9 secondi dallo scadere da un field goal del rookie Jim O'Brien.

Trasferitisi a Indianapolis nel 1984 (facendo infuriare non poco i fan di Baltimore), i Colts hanno conosciuto da allora parecchi alti e bassi. Anno della svolta il 1998, con l'arrivo del quarterback Peyton Manning con la prima scelta assoluta. L'anno successivo sarebbe arrivato il runner Edgerrin James, formando con Manning e Marvin Harrison (scelto al primo giro nel 1996) un eccezionale tris d'assi che sarebbe stato il cuore di una macchina offensiva ben rodata.
Unica pecca: una pericolosa tendenza a venir meno quando la temperatura sale, in particolar modo nei playoff. Riuscirà  Peyton Manning a scrollarsi di dosso l'etichetta di splendido choke artist e consegnare i suoi alla Storia?

Ancora poche ore di pazienza e sapremo la risposta.
Una curiosità : in America qualcuno ha notato una strana correlazione tra l'andamento annuale dell'indice Dow Jones e la vincitrice del Super Bowl. In poche parole, negli anni in cui il mercato è stato in rialzo, vinceva la NFC. Negli anni di ribasso, prevaleva la AFC. Ovviamente è una suggestione priva di alcun fondamento, ma il discorso comincia a farsi interessante se si considera che questa coincidenza è venuta meno soltanto 7 volte in 40 edizioni del Super Bowl.

Per la serie "Non è vero ma ci credo""

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