La grinta del “Grande Tonno” Bill Parcells.
La corsa di Dallas è terminata tra le mani di un holder d'eccezione, quel Tony Romo capace di essere croce e delizia (anzi, delizia e croce) della franchigia texana in pochi mesi. Un long snap perfetto, una palla ricevuta in modo corretto e poi, nel momento di poggiarla a terra e dare a Martin Gramatica la possibilità di trasformarsi in match winner, il disastro.
La palla comincia a muoversi tra le mani di Romo, il quale la lascia scivolare, la riprende, parte di corsa verso l'esterno di sinistra della linea in cerca di quell'ultimo tratto da ricoprire prima del TD decisivo, o almeno di quel primo down che avrebbe comunque mandato in frantumi la resistenza di Seattle. Jordan Babineaux arriva veloce da dietro, atterra il QB avversario e consegna ai Seahawks una vittoria insperata.
Un calcio dalle 19 yards, uno di quelli che in allenamento provi magari parlando del più e del meno con i compagni. Una formalità ; talmente semplice che, forse, Romo proprio ad altro stava pensando quando si è ritrovato il pallone tra le mani, quando il cuoio ha baciato la terra invece di essere tenuto fermo con un dito dal quarterback.
A cosa pensasse non lo sa nessuno, forse si beava già di aver portato Dallas fino al Divisional di NFC, certamente non è sembrata la persona più concentrata del momento e, ahimè, non è la prima volta per il quarterback.
Già perché, fino a prova contraria, Romo è innanzitutto il quarterback di Dallas da quando Drew Bledsoe fu panchinato direttamente dal Commander in Chief Jerry Jones in occasione della disastrosa notte contro i NY Giants. Una notte piena di errori, come tanti se ne sono visti in queste ultime stagioni, ultimo della serie quello di Romo. Grave, per carità , ma non il solo di una notte nella quale Dallas, per lunghi tratti, sembrava poter abbattere Seattle da un momento all'altro.
La discussione a Dallas ora può però solo riguardare il futuro, cercando di venire fuori al meglio da questo incidente, di metabolizzarlo, di renderlo un nuovo importante punto di partenza per vincere, magari, nel futuro più prossimo. Ormai è inutile mettersi a discutere degli svarioni, spesso mentali, delle secondarie, di qualche receiver, di Romo stesso.
Molti dei giocatori hanno dimostrato di avere talento, forse in numero minore di quanto ci si aspettasse, ma certamente le basi per lavorare bene ci sono. Sulla gestione psicologica e tattica della squadra le colpe ricadranno certamente anche e soprattutto sul coaching staff, ma con quale forza giungerà questo impatto ancora non è chiaro.
Così come non è chiaro il futuro di Terrell Owens, generosamente donatosi alla causa con un dito malmesso e artefice di parecchi drop in stagione, più di quanto il fenomeno di Alexander City non ci avesse abituato a vedere in passato.
Andiamo con ordine. Bill Parcells non ha ancora annunciato nulla sul proprio futuro, ma le intenzioni sembrano quelle di confermarlo, almeno da parte della società ; cosa poi deciderà di fare il Tonno è un altro discorso. Parcells è sembrato un po' inadatto in queste ultime gestioni, si è affidato fino all'inverosimile a quarterback di scarso valore, in ultimo quel Bledsoe che sembrava essersi comprato il posto da titolare a vita.
Se Romo avesse avuto qualche minuto in più sulle gambe già dal 2005, forse Dallas si sarebbe trovata con un QB più pronto a livello mentale, ne avrebbe conosciuto al meglio vizi e virtù e sarebbe magari incappata in qualche errore in meno durante la stagione appena trascorsa.
Romo è il futuro, ma quanto si sa di lui? Poco in realtà : nonostante i buoni numeri messi in mostra sono uscite anche alcune pecche, il ragazzo ha mostrato di non saper gestire al meglio la propria immagine sul campo rispetto alle trombe esultanti dei media, ed ha subito le pubbliche lamentele sulla propria esaltazione proprio da Parcells, come al solito molto schietto con la stampa. Un modo per spronarlo, anche, e un modo per ricordare a tutti che "fine" lo si dice solo quando il cronometro è a zero, mai prima, nemmeno per un solo secondo.
Romo ha mostrato limiti nella gestione offensiva, nel lancio in movimento, nel controllo del ritmo di gioco; le caratteristiche tecniche in sé sono certamente buone, ma Parcells non ha mostrato interesse a lavorare, a crescere e a sgrezzare giovani, almeno ultimamente. Il Tonno, però, lo abbiamo detto, deciderà poi. Romo rimarrà lì, pronto a firmare un contrattone non indifferente, gonfiato da media e pubblico e pronto, nel caso le cose andassero per il verso sbagliato, a vincolare Dallas ad un salasso non indifferente e a ritrovarsi di nuovo scoperta nel ruolo.
Mike Zimmer, defensive coordinator, da tredici stagioni coi 'Boys, lascia. Lo ha detto un giornale di Atlanta il quale scrive oggi di un accordo raggiunto tra lui e i Falcons. Questo pone un nuovo quesito: si tornerà , in difesa, alla 4-3 o si cercherà un coach più adatto al gioco della 3-4? E al draft si cercheranno nuovi uomini per rinforzare l'idea difensiva del gioco a tre linemen o ci si butterà su qualcuno dei buoni atleti presenti per l'altra linea (quella offensiva) che da un po' risulta essere un bel problemino dalle parti di Southfork Ranch (la "casa" di JR Ewing, per intenderci)? Più probabile, ed utile, la seconda idea.
L'attacco deve valutare al meglio Anthony Fasano, enigmatico tight end uscito dallo scorso draft e lontano dai numeri che erano stati promessi, giocatore discreto che ha donato ben pochi lampi di esaltazione, ma è pur sempre un rookie sul quale si è deciso di scommettere parecchio. Il reparto rimarrà quindi di gran lunga invariato, con un reparto corse ormai ottimamente collaudato dal duo Jones-Barber ed il solo problema resta Owens, come già detto in precedenza. L'idea è probabilmente quello di ri-firmarlo e sfruttarlo almeno per un altro anno.
Il receiver ha ancora parecchie cartucce da sparare visto che, nonostante i problemi fisici, ha alzato 1180 yards e quest'anno non ha creato troppi problemi. Con Romo ha inoltre cominciato a ricevere più palloni, si è trovato maggiormente coinvolto nel gioco e, di fatto, questo è quello che cerca TO quando è su un campo da football. Azione pura.
Il punto da cui partire per prendere un esempio di quanto può valere Dallas è il periodo che va tra la fine di ottobre e tutto il mese di novembre scorsi tralasciando la sconfitta, molto simile a quella delle Wild Card (a Dallas maledicono i field goal più di D-Wayde ormai), con Washington. I Cowboys hanno mostrato una certa vivacità ed una discreta tenuta difensiva, ma proprio in sfide come quella con i Redskins, o con i Giants, è venuta fuori la mancanza di attributi necessari a chiudere le gare dove si è decisamente superiori, e di ridursi spesso ad un ultimo gioco.
Certo, poi Romo potrebbe riuscire a correre in endzone invece che subire il colpo di Babineaux, o il kicker (chiunque sia, tanto qui ne cambiano a valanghe ormai) diventare un po' più preciso. Ma quando Dallas ha dimostrato di essere più forte, non sempre è riuscita a chiudere la gara, talvolta ha persino perso e questo è un pessimo segnale.
Da due stagioni la storia si ripete, con assenza di concretezza in avanti e buchi paurosi dietro; ma il problema serio è anche quel 42-17 subito da New Orleans, scontro diretto con una rivale di conference che più o meno decide di passeggiare su quella che dovrebbe essere una seria candidata a fare bene in postseason.
In questi casi è sempre difficile trovare il bandolo della matassa, spesso serve cambiare la mente strategica (Parcells), altre volte occorre trovare anche un solo uomo in grado di dare vero upgrade ad un intero reparto e renderlo, se non più forte, quantomeno più costante, compatto.
La difesa aspetterà la crescita di Bobby Carpenter e la maturazione definitiva di DeMarcus Ware, linebackers che hanno fatto vedere ottime cose e che già al tempo in cui erano solo prospetti appena arrivati dalla NCAA lasciavano intravedere un roseo futuro. Le secondarie andrebbero riviste, lo pensano in tanti, ormai persino i più ottimisti. Incostanti, spesso fragili, di frequente fuori posizione o in ritardo su avversari e pallone.
La franchigia di Jones ha bisogno di un approccio mentale differente, di una concentrazione che duri sedici partite più playoffs, e non di un andamento up & down che ha evidenziato limiti non indifferenti di gestione nella sala comandi ed espresso di frequente una mediocrità tecnico-tattica che non può valere una leadership nella Lega.
Serve lavorare, anzi, serve trovare la chiave di lettura per raddrizzare un squadra che da quattro anni fa tante promesse e ottiene pochi risultati; un po' per colpa propria, un po' perché qualcuno dei giocatori giunti negli ultimi mesi non era e non e né quello che serviva, un po' per Parcells e un po' per la cattiva sorte. Quella buona, però, te la devi andare a cercare con tasta convinzione ed infinita testardaggine.
Finisce la stagione, la nuova era Cowboys è appena (ri)cominciata.