Colts, è tempo di rivincite

Dwight Freeney ha giocato una gara sensazionale, stendendo Palmer per 3 volte.

Dallo scontro tra Indianapolis e Cincinnati molti si aspettavano un deja vù della partita dello scorso anno, quando le due squadre avevano dato spettacolo (anche in quella occasione in un Monday Night) con un festival di punti, touchdowns e yards offensive; chi si attendeva una ripetizione di tale esibizione è rimasto parzialmente deluso perché i Colts, nel mirino per le inspiegabili 375 yards su corsa gentilmente regalate ai Jaguars una settimana fa, hanno tirato fuori tutto l'orgoglio in loro possesso andando a coronare la miglior partita dell'anno contro un attacco che sulla carta fa sempre paura, ovvero quello guidato da Carson Palmer.

Privi di Bob Sanders, Anthony Bethea, Mike Doss, Marlin Jackson e costretti a ripiegare sul rookie Matt Giordano e sul free agent Dexter Reid per il ruolo di safety titolari, i Colts hanno cominciato provocando sensazioni miste recuperando presto un pallone grazie al fumble provocato dallo strepitoso Dwight Freeney, autore della sua migliore prestazione personale del campionato in corso avversario ostico e troppo agile ed imprevedibile per il povero Andre Whitworth, rimasto in difficoltà  per tutta la partita assieme ai compagni di linea, ma facendosi anche fischiare dal pubblico di casa nel primo quarto, dopo aver concesso a Rudi Johnson una corsa lunga nata da un placcaggio sbagliato da Cato June e Rob Morris sulla linea di scrimmage.

E se dovessimo individuare un turning point di questa partita sceglieremmo proprio quei fischi, perchè da quell'istante June è andato deciso su ogni avversario, la linea difensiva ha neutralizzato diversi blocchi limitando le corse man mano che la gara stessa proseguiva e Carson Palmer, che avrebbe dovuto eseguire un piano di gioco improntato per il 70% sulle corse date le caratteristiche della difesa che aveva davanti, è andato presto in difficoltà  trovandosi costretto a forzare molto a causa dell'estrema pressione portatagli da Freeney e soci.

Ma le cattive notizie per Cincinnati non erano certo tutte lì: dopo il recente sovraccarico di intercetti per Peyton Manning, l'attacco ha giocato una partita a dir poco stellare girando in maniera perfetta e producendo numeri che da queste parti sono di casa, con 3 ricezioni da touchdown per l'inarrivabile Marvin Harrison e con un Manning capace di finire la partita con 29/36 per 282 yards e 4 TD, numeri che per la maggior parte erano stati ottenuti già  alla fine del terzo periodo di gioco.

Harrison, che ha portato a 103 le connessioni vincenti tra lui e Manning, ha raccolto tutte le sue mete in giochi a corto raggio correndo delle traiettorie precise e trovandosi in perfetta sincronia con il quarterback, bravo a recapitargli il pallone talvolta frazioni di secondo prima dell'avvicinamento dei difensori scongiurando pericoli di una deviazione o di un turnover, caratteristica che molto spesso fa la differenza tra i buoni giocatori ed i campioni; l'estrema precisione nel lancio è stata confermata dalla memorabile esecuzione in occasione della segnatura di Reggie Wayne, con Manning a mettere in aria un pallone la cui destinazione era già  decisa a metà  del suo tragitto e raggiungibile solo dal compagno con il numero 87.

Vincente l'idea di Dungy nell'impostare la partita con dei lanci inaspettatamente corti, che hanno permesso a Manning di prendere subito fiducia grazie all'alta percentuale di completi, ed a bersagli come Ben Utecht (maggiormente impegnato data l'assenza di Dallas Clark) o Joseph Addai, le cui movenze in campo aperto sono state tra gli highlights del match, di racimolare ricezioni sempre superiori alle 5/6 yards anche nei primi downs, ed il fatto di non aver nemmeno provato ad attaccare la profondità  ha senz'altro messo in confusione la difesa avversaria.

La partita dei Bengals è stata invece molto differente: le cose sono funzionate solamente in concomitanza dei guadagni di Johnson, la cui meta e la maggior parte delle yards prodotte, 79, sono arrivate nel primo tempo, ovvero nella porzione di match nella quale Cincy è rimasta a contatto nel punteggio; Palmer si è invece dovuto accontentare di un 50% di completi senza TD né intercetti, e la continua pressione, i costanti colpi duri da sopportare e la fretta nel dover prendere le decisioni giuste lo hanno limitato a 176 yards totali. Il quarterback da Usc ha superato le 100 yards su lancio solamente nelle ultime azioni del terzo periodo ed a partita sostanzialmente in ghiaccio, quando su uno screen ha trovato pronto Kenny Watson per un guadagno di 46 yards, mentre i suoi bersagli principali, Chad Johnson e TJ Houshmanzadeh, hanno totalizzato 7 ricezioni complessive per 105 yards, neanche metà  della produzione abituale.

L'assenza di mete per una delle coppie di ricevitori meglio assortite della lega ha pesato parecchio sull'economia della partita del team di Marvin Lewis, come ha pesato l'inefficacia inusuale con la quale si sono conclusi almeno tre drives di Cincinnati, ferma a 2/11 nelle conversioni di terzo down e costretta a mandare in campo Shayne Graham per 3 volte in situazioni di campo davvero favorevoli, che di solito di punti ne portano 7. Non ha aiutato l'infortunio che ha tolto di mezzo il tackle Willie Anderson, pilastro di una linea offensiva già  priva del centro Rich Braham, come non hanno aiutato le quasi 400 yards assorbite da un reparto difensivo talvolta troppo seduto sul profondo ed incapace di mettere un minimo di pressione sul regista avversario.

A proposito del fantastico duo Harrison/Wayne, Manning ha dichiarato: "Quando le tue spalle sono addosso ad un muro devi tornare alle buone vecchie abitudini. Ringrazio il cielo per questi due ragazzi tutti i giorni, perché senza di loro non saremmo questo tipo di squadra. Guardo i miei pari ruolo in giro per la lega e noto che nessuno può avvalersi di una combo del genere, questo rende il mio lavoro molto, molto più facile."

Ma senza una difesa del genere, mai vista a tali livelli nel 2006, probabilmente i numeri di Palmer e dei suoi ricevitori sarebbero stati simili a quelli del trio di Indianapolis: Cato June è stato un'autentica macchina da placcaggio collezionando 13 tackles totali, Dwight Freeney è stato devastante mettendo a referto 3 sacks (ne aveva 2.5 prima di questa contesa) e forzando 3 fumbles, due dei quali recuperati dagli offensive linemen dei Bengals; infine Gary Brackett si è distinto con 9 placcaggi ed un fumble forzato.

In una serata dove l'unico errore attribuibile ai padroni di casa è stato il punt maltrattato da Terrence Wilkins nel secondo quarto, che ha causato quale conseguenza la momentanea meta del 10-10 di Rudi Johnson, i Colts hanno dunque ottenuto l'undicesima vittoria (34-16 il finale) a fronte di 3 sconfitte, record che li pone in pareggio con Baltimore per il secondo miglior risultato di tutta la Afc, comandata dalla corazzata di San Diego.
La squadra di Tony Dungy può ancora riuscire ad ottenere il vantaggio permanente del campo nei playoffs in caso di passi falsi dei Chargers e per il momento si accontenta di aver vinto la Afc South per la quarta volta consecutiva, missione già  compiuta con il beneficio dell'aritmetica grazie alla sconfitta patita domenica dai concorrenti Jaguars.

Per i Bengals si profila invece un finale di regular season convulso, nel quale portare a casa due successi diventa impresa obbligatoria data l'ingarbugliata situazione venutasi a creare: il record aggiornato è di 8-6, pari a quello di New York Jets, Jacksonville e Denver, con uno scontro diretto proprio contro i Broncos previsto per domenica prossima, dove chi uscirà  sconfitto dovrà  presumibilmente dire addio alla postseason dato che i posti rimasti sono solamente due a fronte di ben quattro concorrenti.

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