Reggie Bush il giorno della chiamata al draft NFL.
Passerà probabilmente ancora molto tempo prima che si possa davvero dire che Houston, pochi mesi fa, ha commesso un errore tremendo nel lasciar scivolare alla seconda chiamata del draft tale Reggie Bush, da Southern California, professione runningback. O almeno, così è scritto sulla carta d'identità . Passerà molto tempo, comunque, perché non possiamo ancora sapere quanto varrà in tutta una carriera il "Presidente" o quanto renderà Mario Williams, lui sì primo pick del draft. Forse, tutto questo tempo, passerà persino inutilmente e nessuno potrà dire nulla.
Mario Williams. Un ruolo difficile quello scelto per vivere per Super Mario, il defensive end che, tra le altre cose, si ritrova un fisico perfetto, una mole devastante e tanta, tantissima classe. Dopo il college però ti trovi di fronte a un playbook con decine di chiamate in più e ad ognuna di queste corrisponde un tuo movimento, una tua uscita, un tuo blocco, un blitz. Ti trovi di fronte dei colossi, non più solo pari età et similia, ma veri e propri bestioni che già da qualche anno stendono e bloccano gente ben più allenata di te. Williams fa il suo comunque, parte come un diesel, carbura in ritardo ma in ottobre viene fuori alla grande. Poi cominciano gli acciacchi, i problemi fisici e Mario cala di nuovo, il suo gioco diventa più goffo in molti tratti della gara e il ragazzo accusa qualche problema di troppo. Rimandato, ma il talento è immenso, non si discute.
Il punto è: per questo DE, ruolo che non sempre ti fa vincere partite e campionati, non da solo in una linea mediocre almeno, chi ha lasciato andare Houston? Reggie Bush, appunto, Heisman Trophy 2005, trascinatore per 39 gare (15 come titolare) dei Trojans di USC insieme a Matt leinart e LenDale White. Bush lascia il college per un draft assolutamente ricco, pieno di talento, ma con in tasca il premio di numero uno della stagione NCAA Football e un'infinità di primati individuali più o meno importanti che lo rendono a lungo il primo chiamato in buona parte dei mock draft in giro per il mondo.
Premessa: cosa spinge Houston a saltare Bush? Già , perché qualcosa avrà pur convinto i Texas a lasciar correre su un prospetto del genere. Punto uno, il rischio squalifica (ancora aperto): un'indagine in corso da parte della NCAA e della Pac-10 sta cercando di valutare se, realmente, Bush o qualcuno dei suoi famigliari abbia accettato bonus economici per spingere il ragazzo sotto le cure di uno studio di procuratori. Qualcosa lascia però ormai supporre che il caso finirà nel nulla, si ha come l'impressione che l'immagine della NFL si parecchi indirizzata verso questo giocatore e che nessuno voglia che la situazioni degeneri in questo modo.
Punto due: Domanick Davis; i Texas erano già ben serviti nel backfield, avevano in David Carr un quarterback sul quale continuare a scommettere e in Davis un RB dal guadagno sicuro che ha però detto addio alla stagione con largo anticipo. Tre: i soldi. Mario Williams è una resa quasi certa per la NFL, a tratti lo ha già mostrato, e costava molto meno di Bush a livello di pretese salariali. Quattro: il carattere. Qualcuno, forse giustamente, supponeva (e continua a farlo) che il carattere di Bush non fosse dei più semplici e che il ragazzo, presto o tardi, esploderà insieme al proprio ego da stella assoluta rovinando i rapporti nello spogliatoio o coi media. Quinto ed ultimo punto: il gioco. A USC il power runner, quello da "dritto e forte" per intenderci, il portatore di palla più puro e simile al tailback tradizionale, era più LenDale White che non Bush, il quale era un playmaker capace di essere fondamentale sui ritorni e di sfruttare le proprie doti e il controllo del corpo in campo aperto sulle ricezioni corte e sulle corse verso la sideline. Ma è ripetibile, un atleta di questo tipo, sui duri campi NFL dove solo i più forti e veloci sopravvivono?
Questo standard di giocatore fa storcere il naso a molti, la NFL potrebbe non essere il suo campo e i paragoni con Brian Westbrook, giocatore a tutto tondo che ha però tenuto lontano gli Eagles da un vero e proprio running game efficace si sprecano. Al college si sono visti molti giocatori "alla Bush" nella storia, un po' meno quelli che hanno avuto successo tra i professionisti. Con Westbrook Bush ha in comune le qualità di gioco palesando maggior mobilità e atletismo, ma meno "peso" nel traffico intenso, quando qualche placcaggio andrebbe rotto. La stazza dei due è simile, ma Westbrook sembra più efficace nelle corse centrali; Bush ha però confermato, dopo un avvio difficile, tutte le qualità ammirate al college, e qui, se continua così, Westbrook sarebbe solo un lontano ricordo per gli amanti del gioco.
The President ha velocità , legge il gioco in movimento ed ha mani morbidissime, da ricevitore nudo e puro. Non ingannino le sue 687 yards ricevute, il ragazzo non è uno da fly route o che ti aggredisce il post anticipando il lancio, è perfetto però per ricevere in screen o sulle flats per poi partire, saltare gli avversari e correre come un treno. La sua capacità non è quella di rompere i placcaggi, ma di evitarli, di anticiparli, di infilarsi dietro i blocchi. Il suo avvio stagionale è stato incostante, sulle corse praticamente nullo, e nel running game, a dire il vero, continua ad avere seri problemi.
Ma Sean Payton, coach dei New Orleans Saints, ha pescato benissimo nel mazzo. Drew Brees, quarterback preciso e abituato a giocare sul corto con giocatori che dopo la ricezione fanno il loro sporco lavoro e aumentano anche le sue stats. A San Diego aveva LaDainian Tomlinson e Antonio Gates, qui si trova alla perfezione con Bush. Payton dal draft ha tirato fuori anche Marques Colston rookie da Hofstra, 917 yards finora; insieme a Joe Horn è l'anima delle ricezioni in campo aperto dei Saints. Così come Deuce McCallister si conferma il vero runner della squadra, il RB puro che sta macinando a 4.5 per portata. Bush diventerebbe l'arma aggiunta, l'incognita su cui la difesa non può rilassarsi.
Insomma, Bush è finito nella casa giusta? Si direbbe di sì, ma viene da pensare che a Houston non si sarebbe trovato poi peggio, che Colston era libero anche per i Texas ("ma vallo a sapere" dirà qualcuno) e pazienza se per un anno la linea non è il top e Davis è fuori uso. Il tempo c'era. Per un paio di mesi nel Texas sono stati tranquilli, Bush non faceva rumore, qualche giocata da highlights, un ritorno da TD su punt, qualche salto, qualche roll out e poco altro. La continuità mancava al ragazzo venuto dalla California, e mancava soprattutto mentre Williams cominciava a calpestare gli offensive linemen avversari. Ora, lungi da me pensare che Williams possa essere un bidone o che i Texas dovessero, per forza di cose, scegliere Bush, ma qualcuno comincia a chiedersi se nello stato della Stella Solitaria non ci siano persone che comincino a storcere il naso. E questa volta non per il tipo di gioco di Bush, ma perché quel gioco se lo godono un po' più distante da lì; in Louisiana.
Aldilà del gioco che Payton è riuscito a far esprimere ai suoi ragazzi già dal primo anno e l'enorme potenziale in via di maturazione tra i molti giovani a roster, Bush sta cominciando a fare quello per cui è stato scelto e, nell'anno da rookie, nessuno pretendeva probabilmente molto di più da lui. Bush è la copia del giocatore per cui è stato portato in NFL, ed anche se spesso dà l'impressione di essere troppo esile per stare nel backfield per via di quei muscoli ridistribuiti in modo molto longilineo per un runner, quasi sulla falsariga degli anni '80, il ragazzo sta confermando che qualità come lettura, corsa e atletismo valgono tra i collegiali quanto al piano di sopra.
Bush su corsa ha superato le 60 yards solo una volta (all'esordio) più altre due occasioni dov'è andato sopra le 50, ma sta tenendo una media di 3.2 nonostante occupi il secondo spot nella posizione e sia una matricola. Ha conosciuto giorni durissimi (11/-5 a Tampa, 11/22 a Carolina, 11/26 contro Phila e 9/23 di nuovo coi Bucs) e nei primi tre mesi di football il suo rendimento non ha fatto impazzire nessun fan, portando Bush ad una sola meta, su corsa, oltre a quella del punt riportato in endzone di cui sopra. Il problema di Bush è non riuscire a dare continuità al proprio gioco, di essere determinante con più frequenza e creare un problema più incisivo alle difesa quando corre.
Payton lo ha però centellinato a dovere, non gli ha mai fatto mancare 15/20 palloni a partita, su corsa o su lancio non importava; mentre Colston e soci vincevano le partite lui cresceva, veniva coccolato, istruito e allenato, lo spedivano allo sbaraglio ammirandone i movimenti, talvolta inutili in fatto di guadagno ma mai fini a loro stessi. Lo si valutava, dalla sideline, per poi smussarne gli angoli; il rodaggio sembra finito ed in dicembre Bush è esploso, sui lanci anche se correndo, sulle palle ricevute pur rimanendo un runningback. Già perché delle 256 yards ricevute nelle prime due gare del mese (131 contro San Francisco e 125 Dallas) abbiamo visto più volte Reggie ricevere corto, studiare il campo e i movimenti dei giocatori e aggredire gli spazi prendendo velocità , conquistando tutto su corsa, fino all'ultima yard. Questo lo ha portato a segnare anche i primi due TD su ricezione nella NFL (uno a partita), mentre contro i Niners mostrava una certa dimestichezza ritrovata nelle situazioni di goal line dove scavalcava la linea col fare di un felino o l'aggirava con la velocità che ha fatto impazzire USC per due stagioni. Tre mete su corsa, tutte in un solo match. Non un WR puro, non un RB puro, ma Reggie Bush: palla corta e pedalare giusto per richiamare una massima cara agli amanti della nostrana arte pallonara. Reggie Bush signori, un giocatore che, per ora, è fatto così, prendere o lasciare" ma ormai è tardi; per chi ha lasciato, almeno.
Se è presto per dire quanto sia stata giusta la scelta di Houston, indipendentemente dal problema soldi, game plan o altro, è certamente ancor più sbagliato pensare di poter dire se davvero Bush sarà un playmaker a 360° per la NFL, se riuscirà a mantenersi costante come nelle ultime due gare e se la sua crescita sarà , negli anni, continua e decisiva. L'idea è che cadendo alla corte di Payton il ragazzo da 5-11 abbia fatto bingo, finendo a giocare con un rookie receiver che sembra la miglior chiamata del draft vista finora (tolti i big alla Vince Young), con un RB in grado di fare il lavoro sporco e con un QB che non ama attaccare il profondo e, per necessità , si completa alla perfezione proprio con giocatori come Bush, garantendo al rookie un buon numero di palloni giocabili in ogni gara.
Bush potrebbe continuare ad avere eterni problemi con i colpi dei professionisti e con le fughe centrali, e questo lo renderebbe un giocatore incompleto e dall'andamento inevitabilmente alterno per tutta la carriera, visto e considerato che a gente come Ray Lewis, Brian Urlacher, Joey Porter, scappi una volta, scappi due volte e come unico rifugio, alla fine, non ti resta che la sideline. Però il ragazzo ha talento, fa dell'atletismo l'unica sua vera arma visto che la velocità la può sfruttare quasi solo dopo la ricezione, il che lo potrebbe rendere prevedibile e meno incisivo di quanto si pensi, ma se i numeri sono questi ed il materiale su cui lavorare per crescere esiste davvero (e per molti analisti e scout, esiste davvero) allora l'impressione è che, pur senza trovarsi di fronte al più grande di ogni tempo, un pensierino in più, anche in Texas, qualcuno avrebbe potuto farlo.
E' facile parlare dopo averlo ammirato nelle ultime due gare, ed è molto semplice giocare coi pronostici oggi che, tolto Devin Hester e i suoi record, Reggie Bush è l'uomo del momento; forse sarà più difficile farlo in futuro, forse, invece, sta nascendo una nuova stella. E non è quella ("solitaria") del Texas.