Indianapolis si ferma a Dallas

Marion Barber vola indisturbato in endzone per il 21 a 14 finale

Anche quest'anno gli Indianapolis Colts e Peyton Manning devono riporre in un cassetto i sogni di perfect season, ma se nella passata stagione lo stop era dovuto più ad un rilassamento dopo una striscia pazzesca, che aveva regalato la qualificazione ai playoff già  ad inizio dicembre, in questa la situazione è abbastanza intricata, e molte nuvole sono comparse sulla testa di Tony Dungy e dei suoi giocatori, soprattutto pensando a come Indianapolis sia uscito più volte in questo campionato da situazioni che la vedevano in grande difficoltà .

Tre palle perse nei primi quattro possessi offensivi, due intercetti di Manning dopo che in tutto l'anno ne aveva lanciati solo tre, un fumble di Marvin Harrison, cosa che non succedeva dal 2004, e una sensazione di confusione e nervosismo che ha pervaso praticamente tutta la gara dei Colts, lanciando i Dallas Cowboys verso un'impresa che li risolleva dalle acque torbide in cui erano precipitati dopo lo stop contro Washington di due settimane fa.

Un record di 9-1 che sembra troppo poco indicativo della reale situazione di Indianapolis, e che la partita di Dallas ha smascherato in maniera palese.

La linea offensiva, nelle partite in cui viene pressata costantemente da uomini di linea e lbs molto veloci, non riesce a dare la protezione adeguata alla propria stella, che, come visto nella partita dei playoff dello scorso anno contro Pittsburgh, quando deve affrettare troppo i tempi di rilascio e lettura della situazione, può incorrere in errori non da lui. La statistica di lanci completi/incompleti appena sopra il 50% dimostra che Manning fatica a trovare i propri target abituali in condizioni di scelte affrettate.

A questo si deve aggiungere la partita sotto par di Marvin Harrison, di solito valvola di salvezza di Peyton, la cui unica giocata “da Marvin Harrison” è stata la ricezione in tuffo da 38 yards nel finale di gara, che aveva dato la possibilità  a Indianapolis di riagguantare la gara.

I successivi 3 downs infruttuosi, tra cui il 4° e 2 yards in cui uno schema di incrocio fra Wayne e Utecht, che doveva liberare il TE, è stato vanificato da una spinta galeotta di Newman su Wayne, e la successiva mezza scivolata di Utecht, incapace di raggiungere il passaggio in end zone del proprio qb, hanno in pratica chiuso la contesa.

Gara che era iniziata con una serie di errori da ambo le parti, aperti dal fumble di Romo, provocato da un sack del redivivo Dwight Freeney, ricoperto da Cato June, e continuato dal sorprendente fumble di Marvin Harrison, separato dal pallone da un gran placcaggio di Bradie James, sulla parte centrale del campo.

Sembrava che nessuna delle due squadre avesse la minima idea di come riuscire a costruire un drive continuativo, e che le difese potessero avere il predominio per tutta la gara, vista all'inizio come una battaglia fra attacchi pieni di icone assolute della NFL.

Nei primi sei giochi, le due squadre costruivano quattro palle perse, consegnando a turno il pallone all'avversario, e il primo quarto si chiudeva con un incredibile, quanto deludente, 0-0, che lasciava parecchio amaro in bocca ai fans accorsi al Texas Stadium.

I Cowboys erano chiamati a confermare la vittoria della settimana precedente contro i Cardinals, per coltivare sogni di postseason, apparsi lontanissimi dopo la sconfitta contro i Redskins, ma diventati più reali, complici anche gli infortuni e le sconfitte di tutte le rivali divisionali.

Tony Romo era alla sua prima partita da starter a Dallas, contro il grande Manning, voleva dimostrare di essere pronto per guidare una grande squadra come i Cowboys, ma l'inizio con il fumble e l'intercetto sembravano allontanare i sogni di gloria dell'ex backup di Drew Bledsoe.

L'incubo di Romo e dei Cowboys continuava per tutto il 2° quarto, con il touchdown di Manning per Wayne, che faceva supporre ad una ritrovata vena da parte della macchina offensiva di Indi, e al successivo errore di Vanderjagt dalle 46 yards, che faceva il paio con quello di inizio quarto, quando il kicker ex Colts aveva centrato il palo del golpost dalle 43.

La difesa di Indianapolis stava tenendo il gioco di corse di Dallas in maniera egregia, sorprendente per le medie abituali delle partite precedenti, e Romo non riusciva a innescare né Owens né Glenn per aprire la scatola di Tony Dungy.

La partita però cambiava ad inizio terzo quarto, quando sul primo drive offensivo dei Colts, Manning cercava Harrison con un lancio corto interno, ma la doppia copertura sul ricevitore permetteva a Burnett di intercettare il pallone e volare indisturbato in end zone, per il touchdown del pareggio.

Da lì in avanti cominciava la partita dei Cowboys e finiva quella della difesa di Indianapolis, la cui efficacia sul running game crollava a poco a poco, permettendo a Julius Jones di macinare yards e a Romo di avere la possibilità  di esplorare con maggior efficacia il campo aperto alla ricerca dei suoi due dioscuri.

I Colts, però, non avevano iniziato la partita imbattuti per meriti della propria difesa, ma grazie soprattutto al loro attacco, e così Manning, pur pressato quasi ogni drive dalla 3-4 dei Cowboys, e tradito più volte dalla propria linea offensiva, costruiva un drive perfetto, pescando Wayne con un lancio nel mezzo da 17 yards e poi Rhodes con uno screen da 12, chiuso in end zone da una perfetta combinazione In&Out di Dallas Clark, che lasciava al palo Roy Williams e riceveva il pallone del 14 a 7.

Questo però era l'ultimo sussulto di Manning e dell'attacco di Indi, che vedeva dalla sideline i Cowboys conquistare yards su yards con le corse a turno di Jones e Barber, completate da un paio di gemme di Romo per Glenn, che lanciavano l'attacco verso due touchdowns in situazioni di goal line da parte di Marion Barber, abilissimo nella red zone, e già  a quota 9 td in stagione.

Il sorpasso a sei minuti dalla fine, faceva supporre ad un immediato recupero dei Colts, ma la giornata da incubo per Manning si chiudeva con il doppio incompleto in end zone alla ricerca di Ben Utecht.

La sconfitta non pregiudica niente nel cammino di Indianapolis verso i playoff e verso il miglior record NFL, ma, come detto, addensa numerose nubi che faranno riflettere il coaching staff, soprattutto in vista della postseason, vera maledizione della storia recente del team. Si dovrà  valutare come dare maggior continuità  nella pass protection, e contemporaneamente evitare che la difesa crolli nei momenti decisivi, vanificando tutto il lavoro dell'attacco.

Per Dallas la situazione sembra molto più rosea, se si pensa alle polemiche di due settimane fa, la strada verso i playoff è ancora lunga, ma complici i patemi fisici e tecnici di Giants e Eagles, lo scenario che si profila davanti a Bill Parcells può dare maggiore tranquillità , anche perché l'inserimento di Romo sta dando grandi soddisfazioni, e il reparto difensivo dimostra di poter fermare qualsiasi attacco, anche quello più forte della NFL.

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