Antonio Gates, costante delle grandi giocate offensive dei Chargers.
Una partenza a razzo, vittorie costruite su grandi numeri e due sconfitte di misura, maturate in modo tale da far spesso pensare che in campo non ci fossero sempre gli stessi giocatori. Parliamo dei San Diego Chargers, squadra guidata da Marty Schottenheimer che si è lasciata alle spalle l'era Drew Brees dopo una splendida cavalcata verso i playoffs nel 2004 ed un deludente 2005 chiuso con un 9-7 insufficiente per il raggiungimento della postseason. Inizia così l'epoca di Philip Rivers, talento arrivato da North Carolina State dopo l'incredibile trade che lo vide coinvolto prima ancora di indossare una casacca da football come professionista. E' proprio il 2004, anno della sorprendente stagione di Brees, che Rivers esce come seconda chiamata assoluta dal draft per opera dei New York Giants che a loro volta, non contenti, imbastiscono lo scambio che porta Rivers in California al posto di Eli Manning.
Il più giovane dei Manning lo conosciamo, ormai due anni e mezzo è titolare e se ne sottolineano i netti miglioramenti mostrati col passare dei mesi, mentre Rivers solo quest'anno ha preso in mano le redini del gioco a tempo pieno. Due anni di sideline passati a imparare, studiare, allenarsi ed ora la grande occasione che sembra potere tener fede alle attese. Rivers ha da subito mostrato una buona integrazione col football NFL, le sue brevi apparizioni nelle due scorse stagioni sono cancellate per lasciare spazio alle immagini di oggi che ci consegnano un buon quarterback, preparato, sicuro di sé e certamente capace. Rivers sta alzando numeri davvero interessanti, con 1536 yards guadagnate grazie ad un buon 66.2% dei completi. Ottimo poi il rapporto TD/Int fermo sul 10 a 3 che rende perfettamente l'immagine di un QB ben inserito in una squadra più che buona.
I Chargers, tra mille difficoltà , partite strane e vittorie trionfali, si trovano a guidare al pari dei Denver Broncos la AFC West con il record di 5-2 e con i due scontri diretti ancora da disputare. I playoffs sembrano alla portata dei Bolts, anche se la stagione è lunga e alcuni cali di concentrazione hanno fatto gridare "al lupo!" a molti osservatori. La sconfitta contro Baltimore, ad esempio, figlia di una attacco più spento del solito e di una difesa troppo tenera nei confronto di un attacco non certo da Top Ten della Lega, o quella con Kansas di due settimane fa, giunta all'ultimo calcio ma compromessa da troppi scivoloni sulle secondarie e da un risveglio eccessivamente tardivo per gli uomini di Schottenheimer.
Per spingere questi Chargers sempre più in alto la ricetta rimane la stessa delle ultime stagioni ossia quella che vede il fenomenale Antonio Gates come bersaglio preferito per gli sfoghi del giovane quarterback; Gates è il solito tight end, solido e concreto con mani da receiver e adatto a prendersi una yard dopo l'altra appena in possesso dell'ovale. L'arma in più per l'offensive coordinator Cam Cameron rispetto al gioco con Brees è stata quella di coinvolgere maggiormente i wide receivers. Con un QB più potente, dotato di maggiori possibilità di lancio e semplicemente più forte in prospettiva, è stato piuttosto facile dare a Eric Parker e al veterano Keenan McCardell qualche giocata in più.
E' il più giovane Parker a trarre maggior beneficio dall'evoluzione del gioco offensivo, le sue 369 yards vanno quasi di pari passo con quelle di Gates (384), solitamente lead receiver della franchigia, e sono destinate a crescere abbastanza da battere il record in carriera per il #88 fermo alle 725 dell'anno scorso. L'attacco è diventato più veloce, meno prevedibile e più concreto e questo è servito, soprattutto all'inizio, a spiazzare non poco squadre completamente rase al suolo (27-0 a Oakland, 40-7 contro Tennessee) ma non ha tolto dalle mani di quello che è probabilmente il miglior playmaker offensivo della NFL lo scettro di giocatore più temuto. Probabilmente anche leader inamovibile dei Bolts e attaccante più completo in circolazione è ovviamente di LaDainian Tomlinson che stiamo parlando, di chi se no?
Il runningback tuttofare si sta muovendo nel verso giusto per superare ampiamente le 1000 yards per il sesto anno di fila (impresa che gli riesce dall'anno da rookie) e viste le sue 303 yards ricevute sino al giro di boa non ci stupiremmo di vederlo molto vicino a quelle 725 che nel 2003 sancirono il primato personale. Di certo avremo un totale di yards guadagnate dallo scrimmage come al solito molto importante, e se aggiungiamo che a Kansas ha anche lanciato il quinto TD pass della carriera ci rendiamo conto di aver di fronte sempre il solito immenso LT. Runningback implacabile riesce ad essere fondamentale in ogni snap offensivo, bloccando, ricevendo e prendendosi yard su yard grazie ad una fisicità ed un atletismo semplicemente devastanti.
Sappiamo però che per essere vincenti bisogna sempre cominciare da dietro, dalla difesa, quel reparto che (ok, non ripeterò il celebre adagio sui biglietti venduti e i campionati vinti, non vi stresserò coi luoghi comuni) deve essere assolutamente compatto per dare più di una chance di arrivare in fondo. Se oggi i Chargers vengono annoverati tra le pretendenti al titolo lo devono certamente a una difesa in grado di proteggere molto spesso ciò che l'attacco costruisce. I Chargers sorprendono per una difesa che dopo aver colpito tutti sulle corse, un anno fa, oggi sembra in grado di giocare ad altissimi livelli anche contro i lanci avversari.
Meno efficiente finora rispetto al campionato passato sul gioco via terra, la retroguardia dei Bolts sta facendo numericamente peggio solo dei tremendi Chicago Bears per quel che riguarda le yards totali concesse, e scusate se è poco. I due uomini fondamentali di questa quasi rinascita difensiva sono senza dubbio Shawne Merriman, linebacker esterno leader NFL per sack confezionati e Jamal Williams, potente nose tackle a capo della 3-4 disegnata da Wade Phillips. Il primo, defensive rookie of the year nel 2005, abbiamo imparato a conoscerlo alla perfezione, è l'arma aggiuntiva per mettere pressione nella tasca avversaria, è ottimo nel supporto del box e le quattro giornate di squalifica che dovrà scontare dopo aver lasciato cadere il ricorso verso la Lega saranno un problema non di poco conto per San Diego. Considerando che di queste quattro gare due saranno veri e propri scontri diretti (Cincinnati e Denver) per un posto ai playoffs, quell'uso di steroidi per cui è stato accusato "Lights Out" pesa oggi con una certa gravità sulle sorti dei californiani.
Williams, nono anno tra i pro e sempre nei Chargers, lo conoscevamo già da tempo, ma quest'anno sta sorprendendo ulteriormente il pubblico. Una roccia inamovibile nel centro della linea a tre della difesa, granitico, capace di impegnare sempre due o tre avversari, di aprire varchi, di sfondare dentro la tasca. E' l'uomo che ti crea la differenza e che "omaggia" il QB avversario di un problema in più mentre il coordinatore dell'attacco che hai di fronte si trova obbligato a studiare qualche contromossa aggiuntiva di troppo. Due giocatori che si mettono in mostra come veri e propri fattori, fondamentali per le sorti del gioco difensivo e, di conseguenza, di tutta la stagione dei ragazzi di Schottenheimer. Tutto il front seven sta comunque rendendo al meglio cercando di riportare quella leadership sulla difesa ai running games che attualmente sembra svanita, ma il vero miracolo è stato certamente quello di raddrizzare il 28° posto nei rankings sul gioco aereo concesso.
Non è solo questione dei blitz o comunque del peso e della pressione che linea e linebacker impongono sulla linea avversaria, ma anche di un ritrovato ordine tra le secondarie. Lo scorso anno ogni second-and-long o third-and-long che i Chargers si trovavano ad affrontare cerava frustrazione tra i tifosi e critiche tra gli analisti. La free safety Marlon McCree, recuperata dai Panthers via free agency, ha ridato fiato alla zona più profonda della difesa, mettendosi in evidenza come grande giocatore sui raddoppi e il suo supporto a Quentin Jammer e Drayton Florence è sempre costante e di ottima qualità . Antonio Cromartie, rookie chiamato da Florida State, entra nelle rotazioni tra i cornerback e sta mostrando un grande senso della posizione, una buona capacità di lettura sui lanci e un carattere niente male. Il futuro passerà certamente da qui, e una maggiore profondità nei ruoli sembra aver rinvigorito un po' tutto il reparto, compreso Terrence Kiel, strong safety che non farà gridare al miracolo ma che, quantomeno, è oggi capace di non farsi trovare costantemente impreparato.
Il lavoro estivo di Phillips e soprattutto di Brian Stewart sulle secondarie ci ha consegnato una squadra concentrata, ben messa in campo e in grado di leggere varie soluzioni senza cadere nell'errore di prevent defense troppo molli e generose. Soprattutto le secondarie sembrano poter dare maggior continuità al loro gioco ed anche se ogni tanto si rivedono errori come quelli di un anno fa (trasferta a Kansas obviously) ci sembra chiaro che questi siano più episodi saltuari che non il marchio di fabbrica che nel 2005 accompagnò i Chargers per tutto il campionato. Dove possa arrivare San Diego con questi dati è abbastanza evidente, anche se nominare il Super Bowl rimane per ora un tabù. Due anni fa Brees, stimolato dalla scelta di Rivers, compì il miracolo di far quadrare il cerchio in attacco, particolare che anche il quarterback al terzo anno non sta dimenticando, capitalizzando al top i propri receiver e una stella come Gates. Tomlinson è l'uomo in più, atleta in grado di creare un running game costante e fruttuoso e al tempo stesso di essere il terminale di altri giochi offensivi a imprevedibili, concreti e ad effetto. La difesa è finalmente solida, necessita certamente di trovare continuità e ha la fortuna di non incontrare un Larry Johnson in grado di corrergli in faccia ogni domenica. Jamar Williams è l'uomo che ogni 3-4 dovrebbe avere e sembra vivere una nuova giovinezza tanto appare fresco, reattivo e pungente. Passata la striscia di partite senza Merriman riavremo i veri Chargers che se non avranno perso troppo terreno saranno ancora lì, pronti a un rush finale che potrebbe portarli dritti dritti fino in fondo. Giocare a gennaio è sempre un piacere per tutti, altro che settimana bianca per l'epifania… tra l'altro a San Diego non nevica mai, quindi cosa rimane di meglio di una bella partita di playoff NFL? Il surf? No, quello non è per tutti"