Scott Fujita sembra indicare il punto in cui vuole far arrivare i suoi Saints. Lassù nell'olimpo NFL.
NFC East
Philadelphia Eagles 4-2, Dallas Cowboys 3-2, N.Y.Giants 3-2, Washington Redskins 2-4
Correre in NFL non è mai stato facile. A maggiore ragione quando ti trovi di fronte una squadra che, prima di domenica, concedeva agli avversari solo 69.3 yards a partita. Ma i Giants hanno continuato a farlo (259 yards finali) battendo i Falcons sul loro stesso terreno.
Anche quando la voragine creatasi sulla linea di scrimmage ha permesso a Warrick Dunn di correre per novanta, indisturbate, yards e portare la sua squadra sopra di 11, New York non ha abbandonato il running game.
Cosa che avremmo fatto anche noi vista la situazione della linea difensiva di Atlanta che, nell'ultimo quarto, non aveva in campo i tre titolari. Le corse di Barber (185 yards) hanno aiutato il passing game notevolmente e soprattutto la play action con Eli Manning che ha giocato una gara tutto sommato conservativa non sprecando opportunità , toccando quasi tutti i ricevitori a disposizione (7 giocatori con almeno una ricezione).
Anzi portando i Giants a segno in quattro possessi consecutivi fra terzo e quarto periodo rimontando così lo svantaggio e costringendo i Falcons a tre punts consecutivi snaturando il gioco di Atlanta che, sotto nel punteggio, si è affidata, gioco forza, totalmente al suo quarterback dimenticando il gioco via terra (solo 6 portate nel secondo tempo) su sui ha costruito i successi di questa stagione.
Passata la fanfara Owens, sul quale vi promettiamo tornare nelle prossime settimane noi di playitusa, Dallas era attesa dalla sfida in casa contro i Texans reduci dal riposo della settimana precedente.
Il problema è che sembrava che fossero stati i Cowboys a riposarsi anziché i Texans che, con un buon avvio, avevano orchestrato, negli unici due drives interessanti di tutto il primo tempo, due situazioni di field goal che il kicker Brown non aveva sprecato portando Houston sopra 6-3 al riposo.
Problema di altra natura è stato invece per la squadra allenata da Gary Kubiak il ritorno in campo, nel terzo quarto, dei veri Dallas Cowboys che, con uno straordinario Terrell Owens (3 touchdowns), hanno segnato in cinque dei sei possessi offensivi avuti tenendo altresì David Carr senza un touchdown e intercettandogli due palloni.
Quello che però non convince di Dallas, nonostante la terza partita consecutiva del running back Jones sopra le 100 yards, è l'atteggiamento di Bledsoe che vive con il timore che il primo errore possa essere anche l'ultimo. Ovvero che Parcells dia le chiavi della macchina alla riserva Tony Romo. La conseguenza è un Bledsoe timoroso, mero autista dell'autobus, che passa a prendere i bambini, fa passare le vecchiette sulle strisce, non supera i limiti di velocità e la sera torna a casa. Sempre.
Una persona affidabile, sicura ma che non ti farà mai fare quel salto di qualità a volte indotto da una giocata rischiosa, pazza, provocatoria ma che, se portata a termine, di può riempire le dita di argenteria.
Chiudiamo con due statistiche difensive dei Cowboys che hanno tenuto bene il campo contro, sulla carta, un buon attacco guidato dal leader NFL nel quarterback rating concedendo solo 12 primi down, di cui solo uno su corsa e lasciando 34 yards su corsa a tutto il backfield dei Texans, il cui miglior interprete è stato proprio il quarterback. Tutto dire.
Difficile capire questi Washington Redskins. Più facile paragonarli alle carrozzine delle montagne russe. Una volta salgono, un'altra scendono. Solo che nella National Football League un po' di consistenza e continuità le la devi dare se a gennaio vuoi giocare e non stare seduto sul divano a guardare gli altri farlo.
Quindi partite come quella contro i Titans sei "obbligato" a vincerle. Soprattutto quando sei sopra di undici punti ad inizio secondo quarto e sei andato a segno in entrambi i drives a disposizione. Qualche appunto alla squadra allenata da Gibbs va fatto. Soprattutto nella gestione del pallone e nel game plan.
Contro una delle peggiori difese NFL sulle corse l'imperativo doveva essere correre, correre e correre, sfruttando Clinton Portis in maniera molto più costante rispetto alle 14 portate che l'ex Bronco ha avuto. Ed in considerazione del fatto che i Titans qualcosa, via terra, la stavano concedendo (chiuderanno a 4.8 yards di media concesse).
Con il running game poco sfruttato tutte le attenzioni della difesa di Tennessee si sono spostate sulla difesa aerea ed, anche qui, un piano partita diverso avrebbe certamente giovato così come la minor cocciutaggine del quarterback Brunell nel fare di Santana Moss l'esclusivo soggetto dei suoi lanci. Un Brunell partito benissimo nel primo tempo (11 completi su 14, 103 yards ed un TD) che, nel secondo, è diventato prevedibile come una risposta di uno dei giochi televisivi attuali.
Per la difesa di Tennessee è stato quindi relativamente facile contenere il più pericoloso playmaker avversario (5 ricezioni per 50 yards) visto che la secondaria sapeva che, bene o male, il pallone sarebbe andato nella direzione in cui andava Moss (sui 18 passaggi di Brunell, 15 andavano in quella direzione).
Difensivamente a Washington è mancata quella run defense di cui Gregg Williams ne fa, giustamente, un vanto ma che ha permesso ad un giocatore come Travis Henry (media di 37 yards a partita dal 2003) di fare il record carriera con 178 yards. Complice anche una linea difensiva dei Redskins che vedeva partire titolari come tackle due riserve, per di più al primo anno. Così i Titans hanno potuto correre a 4.7 di media e, soprattutto, avere confidenza nel proprio gioco di corsa.
Aspetto che poi ha portato al drive vincente, grazie al calcio da 30 yards di Bironas, che ha visto cinque giochi di corsa successivi portate la squadra di Vince Young dalle Washington 43 (grazie ad un punt di appena 38 yards ritornato da Jones per 14) alla Washington 13.
Joe Horn, nonostante sia sul metro e ottacinque e sui cento chili scarsi, non è il prototipo del ricevitore tanto in voga in NFL, e nella NFC in particolare, negli ultimi due anni. Ma è uno di quelli che raramente fanno polemiche, anzi è un ottimo uomo spogliatoio come si dice in gergo, ed è intelligente.
Aggiungete a ciò i problemi difensivi che angustiano la difesa dei Philadelphia Eagles ed avete un quadro abbastanza realista di come la 27° difesa NFL sui passaggi sia stata "bucata " da un giocatore che fino a domenica non vedeva l'end zone avversaria dal settembre 2005.
Il piano partita preparato da Jim Johnson però si basava sul contenimento del gioco via terra dei Saints utilizzando la safety Lewis nel box con il rischio però di concedere qualcosa per via aerea. Cosa puntualmente accaduta e che ha permesso a New Orleans di controllare l'orologio tenendo il miglior attacco NFL troppo tempo sulla propria sideline.
McAllister e Bush non sono mai stati veramente un fattore nella partita (6 primi downs su 22 totali) con le loro portate se si fa eccezione forse per una corsa del veterano nell'ultimo drive quando con un sprint da 5 yards ha tenuto in vita il gioco dei Saints su un third-and-one sulle Philadelphia 14.
Gli Eagles avrebbero dovuto sfruttare maggiormente il running game (19 corse su 54 giochi) cercando di sfruttare le debolezze di una difesa incline a concedere ampi guadagni (chiedere a Tampa Bay per conferma) ed almeno una corsa da più di 20 yards a partita. Invece Westbrook è stato ben contenuto dal fronte difensivo dei Saints chiudendo con 72 yards e non mettendo mai la sua squadra in situazione facili.
Con il gioco di corsa bloccato McNabb si è trovato pressato, finendo per subire 3 sacks e non trovando mai la quadratura del cerchio nonostante i due touchdowns e le 247 yards lanciate.
NFC North
Chicago Bears 6-0, Minnesota Vikings 3-2, Green Bay Packers 1-4, Detroit Lions 1-5
Con due squadre in bye (Green Bay e Minnesota), con un'altra impegnata nel Monday Night di cui potete leggere nel resoconto di Dave Lavarra tutto lo spazio della divisione è occupata dai Detroit Lions.
In casa contro i Buffalo Bills, la squadra allenata da Marinelli aveva l'opportunità di eliminare lo zero dalla casellina delle vittorie stagionali ed iniziare a dare un senso alla stagione di Detroit. Il neo allenatore lo ha chiaramente detto anche a fine partita: il tempo dei Lions è adesso, non fra uno o due anni. La società vuole vincere adesso e terminare l'opera di ricostruzione che è in atto da anni. E' il momento di produrre risultati.
Per tutta la settimana Marinelli aveva posto l'enfasi sulla disciplina: sia in campo che fuori. Punto di partenza per prestazioni migliori su di un campo da football. Dopo la vittoria sui Bills si può affermare che qualcosa ai giocatori è giunto.
I Lions hanno eliminato quegli errori che ne avevano caratterizzato fin qui il cammino. Aggiungendovi anche qualche giocata, su entrambi i lati del campo, e soprattutto mantenendo il vantaggio nell'ultimo quarto. Periodo che aveva visto i Lions venir regolarmente battuti nel punteggio dalle altre squadre (14 punti fatti contro i 47 subiti).
I problemi per Detroit iniziavamo con una linea offensiva che vedeva, su tutto il lato destro e in posizione di tackle a sinistra, la partenza nell'undici iniziale di tre riserve. Comprensibile quindi lo scetticismo con il quale veniva affrontato il discorso relativo al running game e alla protezione del quarterback.
Invece i giocatori in campo non hanno fatto rimpiangere i titolari, bloccando i difensori dei Bills, creando varchi per le corse di Kevin Jones (127 yards e 1 TD), dando a Kitna il tempo necessario per trovare con consistenza il suo miglior playmakers offensivo, quel Roy Williams ai record carriera in ricezioni (10) e yards (161).
Non che sia stato tutto rose e fiori ma domenica l'attacco dei Lions ha fatto quel tanto che bastava per avere ragione di una difesa di Buffalo che si stenta a riconoscere come reale ed affina a quella degli anni precedenti.
Dopo aver lasciato Chester Taylor correre per 123 yards su 26 portate era ovvio che la priorità dello staff difensivo dei Lions era quella di fermare le corse. A maggior ragione trovandosi di fronte il capolista AFC per yards su corsa. Lo spostamento di Cory Redding dalla posizione di end a tackle ha permesso alla difesa di Detroit di fortificare la parte centrale del campo riuscendo così a contenere il running game avversario e McGahee a 17 portate (6 sotto la media abituale) e 66 yards.
Il resto lo ha fatto una secondaria che ha miscelato sapientemente le coperture confondendo le idee a Losman che, nel tentativo di leggerle, ha perso troppo tempo prezioso finendo per 5 volte nelle braccia dei difensori di Detroit anche se, a dire il vero, ciò non ha impedito al quarterback dei Bills di mettere assieme numeri decenti (207 yards e 2 TDs).
NFC South
New Orleans Saints 5-1, Carolina Panthers 4-2, Atlanta Falcons 3-2, Tampa Bay Buccaneers 1-4.
Letto dei Tampa Bay Buccaneers nel puntuale recap di Alessandro Santini spostiamoci ad Atlanta.
Chi di corse ferisce, di corsa perisce. Alzi la mano chi si sarebbe aspettato che la sconfitta dei Falcons contro i Giants sarebbe maturata via terra e non per via aerea. Non che le ricezioni di Shockey (6 per 55 yards) siano state inutili ma molto della partita si è deciso con la palla in mano al running back.
O al quarterback, nel caso di Atlanta che, avrà sì messo su un'altra partita da più di 200 rushing yards, ma senza produrre drives lunghi (7 possessi su 12 con 3 giochi o meno) che avrebbero dato riposo ad una difesa logorata dal controllo dell'orologio da parte dell'attacco di New York.
I Falcons, dopo il brillante avvio, si sono disgiunti con Vick a subire la pressione (7 sacks subiti, 1 INT, 4 fumbles di cui uno solo perso però) del fronte difensivo di New York ed incapace di trovare, lui aritmico di natura nella tasca, un ritmo di gioco fluido.
La conseguenza è stato concedere ai Giants possesso del football (21 minuti sui 30 del secondo tempo) con drives lunghi che hanno portato a segnature ed a tenere l'attacco fermo sulla sideline. Per i Falcons una battuta d'arresto che deve far riflettere soprattutto per la modalità con cui è maturata.
Prime due partite, Steve Smith out, arrivano due sconfitte. Quattro partite dopo, il receiver in campo, e la squadra di John Fox deve ancora conoscere la parola sconfitta. Quanto ha influito il ritorno in campo di Smith nella striscia di quattro vittorie consecutive dei Panthers e nella vittoria di domenica contro i Ravens?
Se per la risposta alla prima domanda si può ben credere che l'influenza del ricevitore da Utah sia stata abbastanza elevata, nulla toglie dalla mente che, non ci fosse stato Smith, saremmo a commentare la terza sconfitta di Carolina e non la quarta vittoria di Delhomme e soci.
Contro la seconda difesa della lega le chance di Carolina si basavano sull'esecuzione. Sperare di tenere il controllo del pallone e dell'orologio imponendo il gioco di corsa contro la seconda difesa della lega in quel reparto era semplicemente troppo ottimistico anche per la più fervida delle menti.
Facendo di necessità virtù i Panthers hanno sfruttato il running back Foster nelle poche occasioni che la difesa avversaria ha concesso chiudendo la gara con 58 yards e 26 importanti. Dato, quest'ultimo, assai più rilevante del numero di yards totali corse perché esemplifica al meglio il concetto di bilanciamento dell'attacco Panthers contro i Ravens.
Poi ovvio che il grosso del lavoro lo abbia dovuto fare un Delhomme da 365 yards e 39 lanci (24 completi) con il rovescio della medaglia di due brutti intercetti lanciati che, fortunatamente, non sono stati sfruttati da Baltimore visto che sui rispettivi drives successivi, prima McNair e poi il suo sostituto Boller, avevano ridato palla all'attacco dei Panthers.
Difensivamente la chiave per Carolina è stata la pressione che linea difensiva è riuscita a mettere su entrambi i quarterbacks avvicendatisi dietro il centro dei Ravens. Prima uno spento McNair, nel terzo possesso offensivo, era stato costretto ad uscire a seguito di commozione cerebrale dopo un sack poi Boller, nonostante i 3 TDs all'attivo a fine partita, non era riuscito a capitalizzare i quasi undici minuti di possesso Ravens nel terzo quarto nonostante 6 primi downs e 3 conversioni su 5 di terzi downs.
Situazione di gioco, quest'ultima, che invece ha visto i Panthers in netto miglioramento rispetto al trend stagionale che li vedeva ultimi nella lega nella percentuale di conversione di terzi downs in primi. 7/15 è la statistica ufficiale che però non dice anche dei rischi corsi dal coaching staff di Carolina con alcune decisioni che avrebbero potuto girare l'inerzia della partita a favore di Baltimora.
Una partita che Carolina, in questo momento, ha avuto forse più forza di vincere rispetto ad una squadra, i Ravens, con ancora alcuni problemi interni (vedi le proteste mai troppo celate del WR Mason) e ancora in cerca del suo running back.
Viene da chiedersi quando finiremo di essere stupiti dalla stagione dei Saints. E' innegabile che quella che ha in mano Sean Payton sia una formazione totalmente diversa da quella visita in azione lo scorso anno.
La partita contro gli Eagles di questa settimana ne è stato un limpido esempio. Con 10 minuti di possesso palla nel solo primo quarto l'attacco dei Saints è entrato subito in ritmo con Brees a dosare magistralmente passaggi corti e corse dei due running back. Il risultato è che Philadelphia si è trovata a dove capitalizzare ogni possesso sfilacciandosi offensivamente e subendo la pressione della difesa dei Saints.
Così Brees e compagni si sono trovati sopra 17-3 con la linea offensiva in grandissima evidenza, capace di non concedere neanche un sack del proprio quarterback nonostante avesse davanti una difesa che aveva messo a terra Bledsoe sette volte la settimana scorsa ed arrivata al quarterback avversario già 23 volte in stagione.
Anche difensivamente i Saints sono ben diversi da quelli visti in azione nel passato. A furia di parlare di quanto sia migliorata in attacco si rischia di dimenticare anche gli importanti cambiamenti che la difesa dei Saints ha subito in questa stagione, a cominciare dall'introduzione di nuovo coordinatore difensivo, Gary Gibbs.
I risultati sono venuti di conseguenza. I quasi 25 punti a partita che New Orleans concedeva nel 2005 sono diventati 17 mentre le yards su corsa concesse sono scese a 119.7 dalle 134.1 concesse la passata stagione. Così l'enfasi data del capo allenatore Sean Payton sulla necessità di fermare il running game avversario (4.9 yards di media concesse a corsa dai Saints prima dell'incontro) e non concedere quei lunghi guadagni che avevano caratterizzato la partita contro i Bucs ha trovato riscontro nelle prestazioni dei propri difensori.
Con gli Eagles a faticare via terra (99 yards), New Orleans ha potuto concentrarsi sulla caccia a McNabb (3 sacks subiti e 13 incompleti) e, come detto, andare sopra nel punteggio. Poi il black out totale. O meglio sono usciti i Philadelphia Eagles e tutto quello che era andato bene nella prima mezz'ora è crollato vorticosamente. Due passaggi profondi di McNabb accorciavano il campo, e il punteggio sul tabellone, in un amen ad inizio terzo periodo.
Fino al calcio finale già detto è stata un avvicendarsi al comando della partita poi però uno splendido ultimo drive di Brees (72 yards, 16 giochi e tutti gli ultimi 8 minuti e 26 della partita) portava Carney in raggio da field goal e i Saints in paradiso ed al comando della South.
NFC WEST
Seattle Seahawks 4-1, St. Louis Rams 4-2, San Francisco 49ers 2-4, Arizona Cardinals 1-5
Demoliti. Un rullo compressore di nome LaDainian Tomlinson si è abbattuto sui San Francisco 49ers che nulla hanno potuto contro un primo tempo dei San Diego Chargers mostruoso. 35 punti che hanno mandato all'aria anche il più preparato dei piani partita. Perché, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, un game plan Nolan lo aveva e pensava che sarebbe servito a tenere i suoi almeno a contatto.
Ovvero bloccare il fulcro dell'attacco Chargers, costruito intorno a Tomlinson, sfruttando le capacità del proprio reparto difensivo, e cercando, allo stesso tempo, di mettere pressione su Rivers. Ma due settimane dopo aver concesso ai Chiefs 41 punti ecco arrivare i 48 di San Diego nonostante il running game avversario sia stato tenuto sulle 2.9 yards di media. Il problema non è tanto però nel dato numerico ma piuttosto nella sostanza. I 49ers non sono riusciti a bloccare le corse più importanti della partita. Quelle che hanno permesso ai Chargers di convertire quattro dei cinque terzi down in cui hanno corso e a Tomlinson di segnare quattro volte con corse da 5, 1, 1 e 5 yards.
Inoltre la mancanza di una pass rush adeguata ha permesso a Rivers di capitalizzare ogni possesso al massimo (San Diego è andata a segno in 9 occasioni su dieci, safety compresa) sfruttando anche le troppe penalità (9 per 116 yards) commesse dai 49ers e sulle quali Mike Nolan dovrà intervenire specialmente se, come in occasione del quarto TD dei Chargers, le yards di penalità regalate agli avversari sono state superiori a quelle guadagnate dal reparto offensivo avversario in proprio (21 contro 51 di penalità ).
Ma non tutto è andato storto. Alex Smith, il quarterback, ha comunque dimostrato che la fase di maturazione sta procedendo su buoni ritmi trovando un buon ritmo (20/31 per 214 yards e 2 TDs) contro la miglior difesa NFL statistiche alla mano. Poi ovvio i sacks (5) son venuti ugualmente, l'intercetto anche. Specie quest'ultimo ha pesato non poco sull'andamento della gara visto che ha ridato palla ai Chargers proprio nel momento in cui San Francisco era tornata in partita con la safety su Rivers.
La sesta giornata NFL metteva di fronte Rams e Seahawks. E' stata una partita dai due volti e che ha comunque dato indicativi segnali di come sarà la West division quest'anno. Ovvero con Seattle sempre da favorita ma con St. Louis molto più vicina che non in passato.
A guardare il primo tempo, chiuso sul 21-7 Rams, si sarebbe potuto pensare il contrario, ovvero che coach Linehan avesse " il numero " dei Seahawks. Primi 30 minuti che avevano mostrato le potenzialità offensiva di St. Louis (225 yards, 41 giochi, 15 primi downs) con un Bulger da 140.8 di rating ed un Holt da 6 ricezioni, 83 yards e 2 TDs.
Al contrario Seattle non era riuscita ad imporre il proprio gioco, non stabilendo mai un gioco di corse valido (4 yards) a testimonianza delle difficoltà dei Seahawks nel fare correre i propri uomini dietro i carenti blocchi della linea offensiva che non era riuscita neanche a contenere la pressione degli uomini di linea difensiva dei Rams, capaci di arrivare a Hasselbeck 3 volte in un quarto.
Poi d'improvviso la fiammata. Saranno state le urla di Holmgren, sarà stato il carattere dei Seahawks, sarà stato il calo di tensione dei giocatori di St. Louis, fatto sta che Seattle ha cominciato a macinare yards e giochi con Hasselbeck che, questa volta protetto dalla sua OL che concedeva solo un sack negli ultimi due quarti di gioco e leggeva meglio i blitzes dei Rams, trovava i suoi ricevitori in profondità .
La minor pressione subita dalla linea offensiva ha così dato il dato ad Hasselbeck di rispondere alle segnature Rams e a Morris di far partire (122 yards nel secondo tempo) quel running game fondamentale per un attacco bilanciato. A ciò ha contribuito anche la decisione del coaching staff di tornare al set con due backs e due ricevitori dopo che nelle precedenti partite lo schema con 4 ricevitori era stato predominante (42 formazioni nelle ultime due gare).
Ai Rams non è bastata la prova super del receiver Holt (154 yards e 3 TDs a fronte di solo 8 ricezioni) mentre il running back Jackson, pur potendo contare sulle solite 20 portate a testimonianza del gioco più equilibrato che coach Linehan ha incorporato nei Rams 2006, non è stato un fattore determinante nel secondo tempo con sole 4 portate. Un Jackson marcato stretto dal middle linebacker Tatupu e contenuto dal lavoro svolto dal difensive tackle Tubbs sulla linea di scrimmage.