Iniza l’era di Super Mario

Mario Williams posa sorridente con la sua nuova maglia, quella dei Texans.

Per mesi la dirigenza di Houston ha dovuto rispondere ad innumerevoli domande riguardanti il destino del primo pick assoluto del draft 2006 in un periodo diventato ormai di spasmodica ma anche di eccessiva attesa che riesce a logorare tutti gli addetti ai lavori, a partire dai giocatori coinvolti e per finire con allenatori e dirigenti, spesso prede delle richieste insistenti dei giornalisti che cercano di capire quali pensieri passino nella mente di un potenziale numero uno o di come un team intenda spendere la sua scelta.

Ebbene, dopo mesi di speculazioni che vedevano Reggie Bush pronto con il cappellino dei Texans in mano o in alternativa una trade down con qualche squadra delle successive posizioni, la squadra più giovane della Nfl ha sciolto le riserve già  la sera precedente al draft dello scorso 29 aprile mettendo sotto contratto il defensive end Mario Williams, proveniente dai Wolfpack di North Carolina State e numero uno dei prospetti disponibili per la difesa.

Il management del team texano, al momento capeggiato da Charley Casserly, apparentemente aveva le idee molto chiare già  da tempo nonostante molti ritenessero che Houston non avesse ancora scelto se prendere Williams o Bush e nonostante moltissimi siti americani specializzati in mock drafts continuassero a dare garanzie assolute sulla scelta del running back di Usc: l'idea dei Texans è stata però quella di selezionare quel difference-maker difensivo che aiutasse il reparto a risorgere dalle enormi difficoltà  riscontrate l'anno passato, un reparto disastroso per il numero di sack effettuati e per numero di yards concesse su corsa.

Considerata un'urgenza più grande rispetto all'acquisizione di un running back, la decisione di prendere Super Mario, a detta dello stesso Casserly, era già  stata maturata da tempo anche da coach Gary Kubiak e dall'owner Bob McNair e questo è stato dimostrato dalla firma contrattuale arrivata con una giornata d'anticipo, che ha trasformato così la suspance per la sospirata chiamata del giorno successivo in una semplice comparsata del giocatore sul palco per le fotografie di rito con il classico bel vestito e jersey del draft in mostra.

L'organizzazione ci ha tenuto a precisare che la scelta del defensive end è stata una decisione che non ha avuto nulla a che fare sulle presunte voci di illecito riguardanti Reggie Bush, e che aveva semplicemente deciso di mettere sotto contratto il futuro pilastro della difesa ritenendolo come punto di partenza più importante per costruire una squadra da playoffs rispetto alla scelta di un giocatore il cui ruolo è già  coperto da un Domanick Davis, che ha le 1.000 yards stagionali nel proprio arsenale ed ha un backup in via di sviluppo come Vernand Morecy.

L'affare Williams, inoltre, sembra avere avuto anche un altro risvolto, diverso dalle pure esigenze di squadra: se infatti la preferenza per un defensive end potenzialmente dominante tatticamente è dimostrabile rispetto ad un running back, non c'è da sottovalutare il punto di vista economico, per quanto il proprietario Bob McNair abbia provato a dribblare l'argomento facendo cadere il peso della scelta esclusivamente sulle necessità  impellenti della difesa.

Houston ha evidentemente ritenuto meno difficoltoso l'ingaggio di un difensore al quale ha elargito un accordo di 6 anni per 54 milioni di dollari, dei quali circa 29 garantiti, una cifra che per Bush non sarebbe stata sufficiente: un numero sempre maggiore di prime scelte, negli ultimi anni, non ha trovato l'immediato accordo contrattuale con la propria squadra, e questo aspetto è sfociato in un'unica conseguenza dannosa per team e giocatore, l'holdout.

McNair, nelle sue dichiarazioni è stato parzialmente contradditorio, perché da una parte si è lasciato sfuggire il timore di un possibile holdout di Bush, più difficile da firmare se scelto, mentre dall'altra ha insistito con forza nel giustificare come semplice scelta tecnica d'impatto la selezione di Williams: "La nostra organizzazione poteva riuscire a firmare entrambi i giocatori, infatti abbiamo fatto la stessa proposta economica ad entrambi. Il vero problema non erano i soldi, era il fatto che questi giovani ragazzi devono presenziare agli allenamenti da subito e con le nostre mosse volevamo assicurarci che non ci fossero rischi di holdouts preferendo avere un accordo già  firmato prima del draft. Per noi si trattava veramente di colmare le lacune difensive prima di quelle offensive e di questo ne potremo discutere all'infinito, ma solo il campo ci dirà  la verità ."

Qualunque sia il motivo di questa scelta, esso è ampiamente giustificato: in una difesa che si spera sia in crescita con le recenti acquisizioni del defensive tackle Travis Johnson dal draft 2005, che avrà  dunque un anno di esperienza alle spalle, di Robaire Smith, arrivato dai Titans nella offseason scorsa, e dell'ex 49ers Anthony Weaver, Mario Williams arriva per dare quella pass rush che serve per il salto di qualità , per creare quella pressione sul quarterback avversario che i Texans non hanno saputo produrre (e né contenere) terminando ultimi nel 2005 per sacks messi a segno, e per diventare il playmaker e leader del reparto degli gli anni a venire.

Dotato di un fisico straordinario, leggasi 6-7 per 290 libbre (2 metri per 130 kg) abbondanti, Mario ha lasciato tutti gli scouts a bocca aperta con la sua eccellente prova alla combine di Indianapolis, conclusa con le 40 yards percorse in soli 4.7 secondi, uno stacco verticale di un metro da terra nelle prove di elevazione e 35 ripetizioni nel sollevamento del bilanciere da 225 libbre, tutti numeri letteralmente impressionanti (specialmente quelli di velocità ) per un uomo dotato di una stazza del genere.

A NC State, Williams nel 2005 ha stabilito il record universitario per singola stagione per quanto riguarda sacks e placcaggi per perdita di yards, rispettivamente con 14.5 e 27.5, il tutto in una delle conferences più competitive dell'intero panorama Ncaa, la Acc.

La sua carriera collegiale è terminata con 175 placcaggi totali, 55.5 dei quali hanno fatto perdere terreno agli avversari, e 26.5 sacks, numeri ottenuti grazie alla sua velocità  esplosiva, alla sua forza fisica e grazie soprattutto all'abilità  nel cambio di direzione, caratteristiche che gli hanno consentito di occupare a turno tutte e quattro le posizioni di linea difensiva.

Diventato il dodicesimo uomo di linea difensiva della storia ad essere preso per primo, dispone quali pregi principali di una grande varietà  di mosse per arginare il marcatore diretto, che lo portano ad essere abile sia nel batterlo in velocità  all'esterno per poi chiudere rapidamente l'angolo sul quarterback, sia nel batterlo sempre all'esterno ma usando la forza per spingerlo addosso al regista stesso nel caso di visuale ostruita, e sia all'interno spostando l'avversario di forza o usandone il corpo come appoggio per liberarsene in rotazione su se stesso, per poi esplodere verso il bersaglio.

Il piano sul quale Super Mario è stato messo è lusinghiero: è considerato dagli esperti come un mix intrigante tra Lawrence Taylor e Julius Peppers, perché è in possesso di una velocità  incredibile e di movimenti atletici elettrizzanti ed addirittura McNair ha avanzato un potenziale paragone con il leggendario Reggie White per l'abilità  nel trovare il sack.

I difetti? Ci sono, ma basta lavorarci con impegno. Di lui si sa che non è sempre aggressivo come potrebbe, che talvolta manca di costanza e che specie nelle azioni dove la linea viene fatta penetrare, il che preannuncia un passaggio corto in screen per il running back o per un wide receiver allineato sul lato, se non arriva sul quarterback tende a non seguire lo sviluppo del gioco lasciando che sia uno dei compagni a rincorrere il destinatario del pallone, aspetto al quale lui si dedica saltuariamente. La statura imponente, inoltre, a volte gli si ritorce contro, perché gli avversari diretti riescono a bloccarlo meglio riuscendo a rallentarlo colpendolo più facilmente nella parte bassa del corpo, ma tutti gli aspetti visti sono migliorabili con l'esperienza e con l'allenamento, ed una volta in campo poi si vedrà .

La cosa importante è una sola: Williams è molto motivato a fare bene, anche perché si ritiene sottovalutato per il fatto di essere stato scelto sì per primo ma di fatto in totale assenza di pronostici in suo favore, ed ha dichiarato che userà  questa carica per dare il meglio.

Con il suo contributo, la difesa dei Texans non potrà  che migliorare: a Houston serviva un giocatore in grado di cambiare le partite, che forzasse un turnover od un quarto down con maggiore frequenza rispetto a quanto successo finora, uno in grado di cambiare il momento della gara a favore della sua squadra.

E l'ha definitivamente trovato in Mario Williams.

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