Giants demoliti, Carolina vola

Steve Smith dopo un TD, i suoi Panthers distruggono NY e volano a Chicago.

Tutti i peggiori pensieri che hanno attraversato le menti dei tifosi di New York nella settimana che ha preceduto l'incontro di wild card contro Carolina, si sono puntualmente realizzati concretamente sul campo di gioco domenica, per la seconda giornata di playoff NFL. Come nella più tremenda delle sceneggiature la sponda Blu dell'Hudson River ha visto i propri sogni sgretolarsi come un muro costruito su lattine di birra vuota: un soffio di vento e tutto crolla senza la minima resistenza.

East Rutherford, Giants Stadium completamente stipato per il grande ritorno dei Giants ad una gara interna di postseason e lo spettacolo vede il sipario chiudersi anzitempo, con una storia magistralmente scritta e diretta da un certo John Fox, maghetto delle difese, guarda caso, ex coordinatore difensivo dei Giants. Miglior attore protagonista DeShaun Foster, alla più grande prestazione stagionale.

Un mix di tattica e forza pura che impediscono ai Giants anche il benché minimo rammarico per New York per una sconfitta più che meritata; completamente sovrastata dall'avversario, mai in partita, assolutamente vittima della propria prevedibilità  che, una volta chiusa la porta al running game, smette di essere efficace anche solo per arrivare in raggio di field goal. Insomma, una New York da rivedere per il prossimo anno per come sono andare le cose, una squadra che certamente manca di continuità  ma che mostra allo stesso tempo carenze tecniche in buona parte del campo, soprattutto in difesa.

Era tutto previsto in un certo senso: stoppare Barber e lasciare Manning solo, obbligato a vincere con le proprie mani; il "giochetto" per i Panthers doveva essere questo, lo avevano intuito tutti, ma non è bastato a Tom Coughlin per preparare qualche soluzione differente per evitare una prevedibile batosta nel caso il meccanismo di Carolina fosse entrato in funzione già  in avvio di gara.

Ma forse a NY non ci sono soluzioni differenti, forse a NY o la partita prende la piega giusta o gli uomini a disposizione non sono in grado di ribaltarla e il povero Coughlin più di tanto non può fare. Era davvero impensabile, comunque, credere che Carolina sarebbe riuscita ad arginare in modo così netto l'attacco avversario.

Bloccare Tiki Barber per spostare tutta la pressione sull'inesperto Eli Manning e fare in modo che, chiudendo le tracce in anticipo, il giovane quarterback non trovasse soluzioni semplici ed accusasse psicologicamente l'esordio nei playoff NFL. Manning paga lo scotto dell'esordio in postseason e Carolina vede andare a buon fine la propria strategia, nel migliore dei modi, nel classico perfect game.

La linea offensiva dei Giants ha subito costantemente la pressione di Julius Peppers e compagni, collassando più di una volta senza garantire una giusta copertura a Manning (il quale si è trovato troppo spesso con avversari da scrollarsi di dosso) e non riuscendo ad aprire varchi al proprio gioco di corse.

L'attacco dei Giants soffre per la caviglia di Jeremy Shockey, il tight end infatti non riesce ad essere determinante come in più occasioni gli è capitato, e non si ha notizia dei ricevitori, con Plaxico Burress fermo a 0 ricezioni e Amani Toomer pronto a prendere soltanto 31 yards con tre palloni. Il gioco offensivo risente di una serie di fattori del tutto negativi, dalla pressione concessa agli avversari a un reparto linebacker, quello di Carolina, in grado di "mangiarsi" Barber costantemente sulla linea di scrimmage.

Il secondo miglior RB della lega si deve arrendere ad un pessimo 13/41 per quel che riguarda le corse, mentre i già  citati wide receivers mettono in mostra evidenti limiti di gioco in situazione di rimonta; alla fine è proprio il malconcio Shockey, con 3/50, il miglior bersaglio di Manning.

Sempre pronti ad aprire le secondarie avversarie quando le cose filano in modo perfetto, Toomer e Burress non sono mai stati in grado di scrollarsi di dosso i backs avversari, di segnare tracce efficaci sul campo e di appoggiare, di conseguenza, ogni tentativo di Manning, il quale quando non si è trovato a dover scappare dai blitz avversari non ha mai nemmeno intravisto la luce per raggiungere le mani di un compagno.

Spaesato e completamente annullato, il più giovane QB della gloriosa famiglia Manning ha lasciato il campo con 3 intercetti, un fumble perso e 4 sacks subiti, dopo aver lanciato solo 113 yards. Un secondo tempo assolutamente cupo quando, nel tentativo di forzare per ribaltare la partita, Eli ha guidato cinque drive conclusisi con un punt e quattro turnover consecutivi.

Un disastro di tutto un attacco che ha totalizzato la "bellezza" di 132 yards totali, il minimo stagionale per i Big Blue, il terzo peggior risultato di sempre in postseason ed il peggiore in assoluto fatta eccezione per le misere 107 yards guadagnate a Tampa nel '99.

A questo disastro non possono che aggiungersi i punti segnati, zero, che garantiscono ai Panthers di assicurarsi un pieno dominio nella serie di scontri diretti (3-0), grazie ad uno shutout che non macchiava la storia di New York da una trasferta a Philadelphia nel 1996.

Al Giants Stadium un'onta del genere non si consumava dal 1995, mentre in gare interne di postseason Manning e soci hanno eguagliato addirittura i Giants del 1943, buttati fuori 28-0 dai Washington Redskins.

Ma c'è anche il lato vincente in questa partita, con la faccia pulita di un Jake Delhomme che nel giro di pochi minuti ha già  inquadrato per bene i movimenti difensivi di New York. Complici le sue grandi letture, Delhomme ha affettato la difesa avversaria sfruttando quasi esclusivamente un incredibile DeShaun Foster (27/151), giocando sull'ottimo Steve Smith (10/84, TD) solo per fiammate improvvise che spesso trovavano impreparate le secondarie dei padroni di casa.

Delhomme si è accontentato di un "compitino piuttosto semplice", giocando solo 22 palloni via aria e completando 15 di questi passaggi. Le sue 140 yards non sono certo un bottino immenso, ma Delhomme non ha mai dato segni di cedimento, non ha perso un solo pallone, non ha sbagliato praticamente nulla, ed è quello che in fin dei conti si chiede a un quarterback: non perdere la palla e sapere come e quando lanciarla nel posto giusto. Inoltre, il quarterback dei Panthers, ha fatto in modo di sbloccare la partita dopo che il primo quarto era passato nel più assoluto equilibrio, trovando proprio Smith per 22 yards.

Una volta rotto il ghiaccio i Panthers si sono limitati a controllare la partita, giocando palloni a terra per far correre il tempo e trovando con John Kasay (3/3, 31-45-18) i punti necessari per staccarsi sempre più dai rivali. Nel mezzo un endaround giocato splendidamente e che ha permesso, a metà  del terzo quarto, di trovare di nuovo la endzone avversaria con Steve Smith, bravo anche nel correre la sua unica portata di palla per 12 yards.

La difesa dei Giants è naufragata sotto il controllo del running game avversario, con il solo Michael Strahan capace di mettere pressione al backfield avversario (2 sacks), mentre il suo opposto in linea, il sorprendente Osi Umenyiora, chiudeva la partita con poche luci e molte ombre, spesso vittima dei blocchi avversari e di rado efficace come in regular season. Linebacker e secondarie spesso fuori tempo e spiazzate non hanno impresso alla partita il gioco che avrebbe potuto tenere a galla i proprio colori limitando le escursioni sulla media e lunga distanza degli attaccanti di Carolina.

La differenza tra le due squadre pare farla soprattutto la O-line, con quella dei Giants assolutamente fragile e quella dei Panthers che, pur concedendo 4 sacks ad un linea difensiva comunque di peso, ha dato sempre ottime vie d'uscita per Foster e giocato in favore della tranquillità  di Delhomme. Ottimo Fox, nel leggere la partita, nel capirla al volo, nel trovare velocemente le mosse giuste. E ottimo Delhomme, capace di leggere perfettamente la difesa avversaria rischiando big play quasi sempre in situazioni assolutamente tranquille con le secondarie avversarie spiazzate. Steve Smith, sentitamente, ringrazia.

Non piò mancare la menzione d'onore per Nick Goings (12/63), runningback di secondo piano, abilissimo nello sfruttare le occasioni che gli vengono date per far rifiatare lo starter Foster e capace di trovare quasi sempre giocate di successo, chirurgiche, senza mai tirarsi indietro e andando incontro a colpi durissimi. Lo spirito della palla ovale s'impadronisce di lui, halfback di peso che va a muovere i numeri giusti nei momenti chiave della partita.

Dell'incontro, basti guardare il 23-0 finale, c'è davvero poco da dire con i Giants che deludono in attacco, presi a bastonate da una difesa tosta e compatta che in settimana ha chiacchierato poco e lavorato tanto per arginare il game plan offensivo. E una difesa, sempre quella di NY, assolutamente lontana da standard NFL.

Alla fine vince chi ha preparato meglio la partita, chi ha colpito, riuscendoci, tutti i punti deboli del nemico, togliendo ogni possibilità  di ragionare, di muoversi, di colpire in qualsiasi modo. I Panthers si guadagnano l'ingresso al Divisional Playoff della NFC con pochissimi problemi, strabiliano il pubblico per la semplicità  con cui passeggiano sui Giants e sembrano più che pronti a giocare un scherzo di uguali dimensioni ai Bears, domenica prossima, nel loro Soldier Field.

Con un ruolino come ieri, inoltre, se gli uomini di Fox dovessero trovare continuità , non ci sorprenderemmo di rivederli a febbraio, pronti per giocarsi una nuova chance nella partita delle partite: il Super Bowl XL.

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