Corsa al titolo di MVP

Shaun Alexander punta dritto al titolo di MVP 2006 per la NFL.

Regular season finita e tra pronostici playoff e sul Super Bowl spunta ovviamente la scommessa che tutti gli anni, a fine stagione, rincorrono tutti gli affamati di NFL: il titolo di MVP. Quest'anno la risposta sembra scontata, Shaun Alexander, runningback dei Seattle Seahawks, ha appena concluso una stagione stravolgente, la migliore della sua carriera, la più grande performance per yards guadagnate del nuovo millennio ad esclusione di quella di Jamal Lewis del 2003.

Si sa, per diventare MVP a volte non bastano i numeri ma è necessario aver compiuto un'impresa che significhi qualcosa non solo a livello individuale, ma che magari sia stata con piena concretezza alla base dei successi di un team; se poi si riesce ad aggiungere qualche record NFL allora il gioco è fatto.

Il numero uno.

Shaun Alexander è tutto questo, è l'inizio e la fine dei Seahawks, è una forza della natura che si scatena sul campo, imprevedibile ma, soprattutto, imprendibile per ogni avversario, su ogni campo. Vera arma della squadra di Mike Holmgren, assoluto dominatore del backfield di Matt Hasselbeck, Alexander approda ai playoff con 1880 yards guadagnate, vincendo la classifica di miglior runner dopo averla persa per una sola yard un anno fa, con tanto rammarico nei confronti del proprio offensive coordinator Gil Haskell e tanti ringraziamenti da parte del vincitore di tal singolar tenzone, mister Curtis Martin da New York sponda biancoverde.

Quest'anno però Alexander "the Great" non si è lasciato sfuggire nulla, ha corso undici partite sopra le 100 yards, ha lasciato a spasso tutte le difese che lo hanno trovato con i soli Dallas Cowboys a tenerlo su dimensioni umane limitandolo a 61 yards. I numeri potrebbero essere come sempre più alti, ma contro Philadelphia, nel Monday Night della disfatta Eagles, Alexander ha tenuto spesso a riposo il motore, limitandosi a 49 yards su 19 portate, senza forzare troppo nelle rotture di placcaggio in mezzo a un campo improponibile, tra il gelo e la neve.

Meglio così, del resto anche l'ultimo incontro che vedeva Seattle impegnata con i Packers non ha dato molti spunti: i Seahawks sono usciti sconfitti utilizzando al minimo i titolari ed hanno perso un incontro che emotivamente non li coinvolgeva più di tanto. Già  a conoscenza del risultato (strepitoso) ottenuto da Tiki Barber con i Giants il giorno prima, il numero 37 delle "aquile del mare" si tolto il lusso di correre 73 yards per portarsi a +20 rispetto a Barber e vincere la classifica individuale.

Alexander porta con sé inoltre il record assoluto di touchdown segnati in una sola stagione, grazie infatti all'unica meta segnata su ricezione il totale dei suoi ingressi nelle endzone avversarie arriva a 28, il punteggio più alto di sempre che ritocca il recentissimo record di Priest Holmes (27) realizzato nel 2003. Le doti fisiche di Alexander sono fuori discussione: baricentro basso, un peso di oltre cento chili (225 libbre) concentrato in soli 179 centimetri; praticamente un grosso scoglio che si muove, impossibile da sbilanciare o contrastare frontalmente quando la progressione gli permette di raggiungere una velocità  di crociera abbastanza alta da trasformarlo in un proiettile corazzato in grado di perforare ogni cosa.

L'unico modo per fermarlo è quello di limitarlo già  sulla linea di scrimmage con una buona dose di chilogrammi da contrapporgli, oppure sperare di avere linebacker in grado di leggere il gioco e di anticiparne le mosse con un blitz o, in ogni caso, di poterlo bloccare con un tackle da dietro mentre cerca di uscire dai blocchi. Se il ragazzo parte è finita.

La tecnica di questo giocatore classe 1977 e uscito dal college di Alabama nel 2000 (scelta assoluta numero 19) è ineccepibile, non ha mani d'oro per ricevere ma il pallone portato da lui su corsa è in cassaforte; difficile toglierglielo, impossibile che lo perda. Alexander, tre volte Pro Bowl in carriera (2003, 2004, 2005) è senz'altro l'uomo che più ha pesato sulle sorti della squadra col miglior record di tutta la NFC e seria candidata a partecipare al Super Bowl di Detroit.

The contenders, ovvero altri MVP.

Se personalmente ritengo Alexander il vero MVP della stagione poco importa, mi diletterò infatti ora nel selezionare quei giocatori che, sempre soggettivamente parlando, potrebbero risultare una sorpresa al momento del voto finale per l'assegnazione del premio. Perso per strada il grande LaDainian Tomlinson, due nomi assolutamente da annotarsi sono quelli di Tiki Barber e Tom Brady.

Il primo è stato certamente secondo solo a Shaun Alexander come runningback ed ha avuto un peso notevole nel dare ai New York Giants quella profondità  sul gioco di corsa che ormai da qualche stagione a questa parte sono il suo marchio di fabbrica. Bravo nel togliere tutta la pressione del mondo al giovane Eli Manning, Barber ha trovato la miglior stagione su yards corse della propria carriera (1860) giungendo a un soffio dal battere l'inarrivabile RB di Seattle. Una partenza al rallentatore, con il solo gioco aereo dei Giants a sembrare davvero efficace, poi via via una serie continua di prestazioni super, con ben tre partite sopra le 200 yards, tra le quali quella contro Kansas City con le 220 yards corse che valgono il record di franchigia.

Barber è stato, e sarà  in questi playoff, l'arma in più di un attacco già  forte sul gioco aereo in verticale, rimanendo anche la miglior soluzione per gli screen passes verso le flat o dietro la linea in attesa che sia lui a cercare di passare tra le hash marks e la sideline o sulla linea laterale stessa. Capace di segnare 9 td su corsa, nell'ultima partita di regular season Barber ha toccato la vetta più alta della propria storia con un TD da 95 yards dopo che per 8 stagioni nessun big play gli aveva mai fruttato più di 78 yards. Al gioco su corsa vanno aggiunte le 530 yards ricevute (con 2 td), cinque delle quali per big plays oltre le 20 yards. Per il secondo anno di file Barber è stato il giocatore con il maggior numero di yards totali guadagnate (run+rec) con una somma impressionante di 2390, miglior punteggio dell'ultimo lustro.

A fare compagnia tra i contenders al RB dei Giants segnalo senza timore di smentita Tom Brady, quarterback alla caccia di un primato che lo renderebbe il più grande di ogni tempo. Presto per parlare di nuovo di Super Bowl a Boston, ma il due volte MVP della finalissima si è giovato, in una stagione tutta d'imprevisti per i suoi Patriots, del miglior campionato di sempre. Brady è andato oltre le difficoltà  di una difesa che perso Rodney Harrison e fino al pieno recupero di Tedy Bruschi, non ha garantito quella copertura che per anni aveva ben abituato Bill Belichick e i suoi.

Orfani di Ty Law sulle secondarie i Patriots hanno concesso molto per buona parte della stagione sul profondo del campo, impedendo di fatto all'attacco di giocare con tranquillità  sull'orologio, di mantenere possessi ragionati e senza forzature pronti alla fiammata che spiazza l'avversario.

L'annata in chiaroscuro di Corey Dillon ha poi aggiunto ulteriori difficoltà  alla già  non facile situazione in casa Patriots. Certo, New England è comunque riuscita a esprimere il proprio gioco spesso al meglio, ma è stato Brady, colmo della propria maturità  e della propria classe, a doversi caricare i compagni sulle spalle.

Freddo, preciso, determinato, Brady ha trascinato il proprio attacco con fendenti improvvisi e millimetricamente calcolati, un chirurgo che sente vicina l'impresa della vita e vuole provare a prenderla al volo. Il giovane e pluridecorato quarterback ha dimostrato di riuscire a risollevarsi da quasi tutte le difficoltà  ed i Patriots entrano ai playoff facendo tremare di nuovo ogni avversario. Brady è il principale fautore di una stagione finita bene nonostante i problemi e le condizioni avverse, una stagione che gli ha dato il primato stagionale di yards lanciate in NFL nonché proprio career high (4110), mantenendo un rating di poco inferiore a quello dello scorso anno (92.3 contro 92.6) e di rimanere più o meno nella media (bassa) di intercetti e in quella (discreta) di TD con un rapporto di 26-14. Ancora armato da una buona linea, ma senza un vero supporto di running game, Brady merita certamente una candidatura per il carattere e la leadership mostrate quest'anno, qualità  che si aggiungono alle già  arcinote e tutt'altro che indifferenti doti tecniche.

The outsiders, ovvero le menzioni d'onore.

Ci sono anche tre menzioni d'onore che mi sentirei di fare in onore a quattro giocatori che sono stati protagonisti delle ottime stagioni delle loro squadre di appartenenza. Steve Smith, WR dei Carolina Panthers ed unico vero terminale offensivo per Jake Delhomme e di un intero reparto che paga gli acciacchi di DeShaun Foster e l'infortunio di Stephen Davis. Smith ha ricevuto per ben 1563, segnando 12 touchdown e realizzando 22 giocate oltre le 20 yards e 7 oltre le 40, con un primato di 80 yards su un unico pallone. Dotato di mani d'oro, una volta vinti i problemi fisici dello scorso anno, Smith si è reso protagonista di ricezioni al limite dell'impossibile, con grande capacità  di corsa sulle tracce, di velocità , e di presa anche sotto doppia copertura difensiva conquistando il proprio punteggio più alto di sempre in fatto di yards ricevute.

Spazio ora a un po' ai difensori e, in questo caso, pare impossibile non cominciare da Brian Urlacher dei Chicago Bears, leader della difesa più temibile vista quest'anno, la quale si è lasciata sfuggire vari record proprio alla week 17 per via di una partita utile solo per le statistiche e nella quale abbiamo visto in campo solo seconde linee. Tutta la difesa meriterebbe certamente un premio per come ogni singolo giocatore riesce ad essere tra i top della lega per il proprio ruolo, ma Urlacher è il capitano del reparto.

Atleta dal fisico immenso (192 cm per quasi 129 kg), il numero 54 dei Bears è un linebacker comunque veloce, sempre pronto a mettere pressione nel backfield avversario e dominante sullo "stop run". Partenza a mille per il giocatore che poi ha visto gli attacchi avversari cercare di giocare lontano da lui sia sui palloni lanciati che sulle corse, sempre con tracce che si muovessero a una certa distanza dal centro del box di Chicago. Una volta capito che le secondarie e i linebacker esterni potevano essere altrettanto temibili, i team avversari sono tornati sui propri passi rendendo di nuovo più vario il loro gioco, tornando tra le braccia Urlacher che dopo una fase da generale (molta guida, poca azione), finalmente si ritrovava a fare ciò che ama di più: placcare. Per lui a fine stagione 97 tackles (121 totali), 6 sacks e un fumble forzato.

Rimanendo in tema difensori dominanti sono rimasto piacevolmente colpito in questo 2005 da Osi Umenyiora, defensive end dei New York Giants che, molto più del leader indiscusso Michael Strahan, ha trasformato la linea dei Big Blue in un muro invalicabile facendo fare un salto di qualità  non indifferente al gioco sulla LOS e al pass rush. Con 14.5 sacks stagionali si è guadagnato il secondo posto nella graduatoria di tale statistica e un posto al Pro Bowl insieme al già  citato Strahan.

Per pareggiare i conti con l'attacco e inserire un terzo difensore vado ora a selezionare un giocatore che pur non essendo stato in grado di compiere la miglior stagione della propria carriera per quel che riguarda i fattori sul campo ha comunque inanellato una serie di numeri non indifferenti, ritagliandosi anche uno spazio sul libro delle statistiche storiche. Libro che, in fin dei conti, conta non poco quando si parla di premi individuali e riconoscimenti vari.

Entrando comunque più nel campo delle simpatie personali che dei reali contenders al titolo di MVP (almeno credo) aggiungo a questa breve lista Ronde Barber, fratello di Tiki e cornerback dei Tampa Bay Buccaneers. Giocatore da sempre veloce, con ottimo senso della posizione sul campo e nella marcatura dei receiver, con l'aggiunta di due buonissime mani che gli permettono a) di intercettare e b) di giocare come returner, Barber entra nella storia NFL come primo cornerback a mettere insieme almeno 20 sack e 20 intercetti. Con i 2 sack e i 5 intercetti di quest'anno, infatti, Ronde Barber è salito in carriera a 20-28, primato davvero invidiabile dopo nove anni di NFL. Stagione che aldilà  di queste cifre lo hanno visto tra i protagonisti di un gran campionato insieme a tutta la difesa dei Bucs del quale è un veterano ed un leader indiscusso. Grandissima posizione in campo che rende difficile la ricezione dalle sue parti, defletta 15 lanci mettendo a segno 99 placcaggi (83 solo) e recuperando un fumble.

Queste le personalissime candidature sapendo che, tolta la prima, le altre restano abbastanza superflue e del tutto aperte a critiche, correzioni e aggiunte com'è giusto che sia. In fondo però non si capisce quali potrebbero essere le reali motivazioni per non dare il premio a Shaun Alexander che nel mio piccolo (tra nomination, escursioni e simpatie varie) ho già  eletto Most Valuable Player of the year.

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