Steelers, rodaggio finito

La difesa di Pittsburgh non risparmia neanche i tifosi

Un caso? La mano della fortuna? Un calcolo scientifico? O forse il naturale comportamento di una squadra che probabilmente, prima della vigilia di Natale, non era pienamente cosciente di essere programmata per gennaio?

Difficile dirlo, ma di sicuro l'uragano Steelers che ha travolto Cleveland lascia sbigottiti. Non tanto per le dimensioni della lezione impartita ai Browns, un 41-0 assolutamente imbarazzante. Ma, piuttosto, perché dopo la sconfitta subita ad Heinz Field dai Cincinnati Bengals a Pittsburgh si iniziava a fare i conti con una stagione fallimentare: prima lo scettro di divisione ceduto alla squadra di Marvin Lewis e Carson Palmer, poi lo spettro agghiacciante di un capolinea fissato alla diciassettesima settimana della NFL.

Ora, dopo quel ko , gli Steelers hanno inanellato una striscia di 3 vittorie. Un filotto vitale, che grazie ai risultati altalenanti di San Diego e Kansas City ha spalancato le porte della postseason, ma ancora più importante per quello che si è visto. Prima di tutto una reazione enorme.

Vogliamo evitare facili entusiasmi? D'accordo. Non una reazione da grandissima squadra – perché gli scivoloni subiti quest'anno non portano ad una definizione simile – ma sicuramente si è assistito alla risposta di un gruppo emotivamente carico come una molla, rabbioso, determinato, efficiente in campo e silenzioso fuori.

Una squadra in grado, sì, di giocare il football fisico ed eufemisticamente paziente che piace a Bill Cowher, ma anche di puntare in attacco sulle individualità  (Willie Parker su tutti) e su una difesa che sta crescendo enormemente nel 'front seven'.

Le ultime 3 vittorie sono arrivate in casa con Chicago sotto una tormenta di neve, al Metrodome sui Vikings e, appunto, sabato a Cleveland contro una squadra, i Browns, reduce non solo dal successo di Oakland, ma da due sconfitte sul filo di lana con squadre da postseason come Cincinnati (3 punti) e Jacksonville (6). Ebbene in queste ultime 3 partite, quelle giocate "con l'attitudine dei playoff", Pittsburgh ha messo a segno 80 punti subendone appena 12 (nell'ordine, 9-3-0).

Il grafico, insomma, è in impennata netta. E qui si torna all'interrogativo iniziale. Questo finale in crescendo è casuale o frutto di un calcolo?

Utilizzando un minimo di buonsenso bisognerebbe rispondere sì alla prima e sì anche alla seconda. Perché, inutile negarlo, gli Steelers si sono ritrovati con un piede fuori dal football di gennaio e con l'amaro obbligo di vincere dovendo oltretutto sperare nei risultati favorevoli dalle altre pretendenti alle wild-card della AFC. Questa impennata, anche se ha fatto uscire un carattere a cui nella umorale Steel City non credeva più nessuno dopo il KO con Cincy, è stata quindi frutto di una necessità .

Ma, a ben vedere, ha anche sparso alcuni indizi che, messi insieme, portano a ricostruire l'identikit di una squadra che ha iniziato la stagione attuale con in testa il ricordo indelebile di quella passata. La serata da incubo del Championship perso con i Patriots non arrivò solamente per l'indiscutibile superiorità  globale di New England, ma anche perché gli Steelers nel 2004 offrirono il meglio dalla terza settimana - l'esordio di Roethlisberger da titolare, a Miami dopo il passaggio dell'uragano Ivan - fino, più o meno, alla striscia di vittorie che vide la corazzata di Bill Cowher sbancare Dallas per poi battere le uniche due squadre imbattute, ovvero Patriots e Philadelphia.

E' probabile, e i rendimenti medi di alcuni giocatori lo dimostrano, che quest'anno in parecchi si siano risparmiati, abbiano tirato il freno dando per scontato un biglietto per i playoff. Un calcolo forse inconsapevole, sicuramente rischioso ma, a conti fatti, vincente. Con una vittoria sui Detroit Lions, nell'ultima settimana della regular season, gli Steelers staccheranno il pass per il rush finale forti di una forma atletica e mentale che ora conosce eguali solamente nei Seattle Seahawks. Un'altra squadra, non a caso, rimasta enormemente scottata dai playoff dello scorso anno.

I Seahawks di Mike Holmgren, però, hanno rifatto quasi mezza squadra, mentre Pittsburgh ha in pratica confermato tutto il blocco perdendo qualche veterano - Plaxico Burress, Keydrick Vincent, Oliver Ross e Chad Scott - e puntando forte su un mucchio di ragazzini come Ben Roethlisberger, Max Starks, Trai Essex e Parker. Per "Fast" Willie andrebbe aperto un capitolo a parte. Il fulmine che ha bruciato 80 yds di campo a Cleveland segnando un touchdown memorabile, è, volendo essere pignoli, anche poco adatto a reggere il gioco voluto da Cowher e dall'offensive coordinator Ken Whisenhunt.

Parker ha chiuso con 130 yds su 17 palloni giocati, un dato che, se si toglie la fuga vincente dalla linea delle 20 di Pittsburgh, equivale a 3 yds di media per ogni corsa. Poco, sia perché ormai si è in ottica playoff, sia perché fisicamente il numero 39 degli Steelers non regge il confronto con Jerome Bettis e con il desaparecido Duce Staley, che ormai indossa solo la tuta ed è prossimo ad aggiungersi alla lista dei segreti di Fatima. E, a dirla tutta, perde il confronto, sul gioco d'impatto, anche con l'universale Verron Haynes, sempre più imprescindibile sia come 3rd down back che come 'reliever'.

Ovviamente Parker ha delle doti naturali che lo rendono insostituibilr, ma Cowher - che lo scorso anno andò in crisi quando finirono gli infortuni e si trovò a dover scegliere tra Bettis e Staley - ora dovrà  capire come integrarlo in una rotazione produttiva.

Il capitolo difesa è spiegato adeguatamente dai numeri: nelle ultime 3 partite 12 punti subiti, 4 palle riconquistate, 7 fumble forzati, 230 yds di total offense concesse in media e un vero e proprio muro sulle corse (Thomas Jones il più prolifico con 72 yds).

Ma parlare della difesa di Pittsburgh non può non portare a considerare la nuova prestazione positiva di Charlie Frye. Il quarterback dei Cleveland Browns ha fatto capire di avere tutte le carte in regola per poter prendere in mano l'attacco di Romeo Crennell. Contro Pittsburgh ha chiuso con 20 completi su 39 tentativi per 183 yds, ovviamente senza touchdown lanciati ma anche senza intercetti. Numeri che da soli dicono tutto e niente.

La partita, invece, ha mostrato un giovane sicuro dei propri mezzi, in grado di reagire ad un inizio di partita difficilissimo ed a 4 fumble (3 recuperati, uno perso). Non solo. Una volta entrato nel clima dello scontro sentitissimo tra Pittsburgh e Cleveland (quest'anno niente rissa, ma James Harrison ha letteralmente schienato un tifoso invasore), Frye ha iniziato a leggere bene la zone-blitz di Pittsburgh, mostrando una solida tecnica di lancio ed un coraggio non indifferente nel cercare di anticipare i meccanismi della 3-4 di Dick LeBeau. Va poi detto che l'ex quarterback di Akron si è dovuto confrontare con la giornata no dei suoi ricevitori.

Senza l'infortunato Braylon Edwards se ne sono viste un po' di tutti i colori, con almeno 3 drop imperdonabili: gravissima una palla elementare persa da Reuben Droughns su una screen, mentre Dennis Nortchutt, prima di riscattarsi nel finale con una ricezione in tuffo, ha maltrattato il pallone in un paio di occasioni.

Il ragazzo, insomma, c'è e promette più che bene. Volendo gettare lo sguardo al futuro la AFC North, con le certezze che rispondono ai nomi di Carson Palmer Ben Roethlisberger, rischia di diventare la quarterback division del futuro. Kyle Boller permettendo"

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