Kyle Orton, la sua inesperienza è l'anello debole dei Bears.
Quattro dicembre 2005, Soldier Field, Chicago. I Bears di Lovie Smith battono i rivali di sempre, Green Bay Packers, 19-7 e dopo tredici anni rispediscono al mittente una big "L" che ha il sapore amaro per tutti i tifosi delle teste di formaggio e per Brett Favre (2-12 a Chicago), che nemmeno nel rivarly game per eccellenza della NFL trova modo di sfogare ciò che rimane delle proprie ambizioni nella peggior stagione della sua carriera.
Chicago invece vive una nuova atmosfera, prima in division con un record di 9-3 e con quattro partite davanti da giocare senza timore di essere inferiore, senza la paura di non poter fare qualcosa di buono. Chicago avanza, ma se si torna alla partita con Green Bay cade un occhio su una statistica in particolare" le yards conquistate su lancio.
Kyle Orton, rookie da Purdue, ha conquistato 68 yards, una miseria sulle già inconsistenti yards totali prese dall'offensive game dei Bears: 190. Partita no? Giornata storta? Difesa avversaria troppo forte? No, nulla di tutto questo, semplicemente un Orton opaco, in difficoltà , incapace di reagire a qualche giocata storta dopo che a metà stagione aveva cominciato a dare segnali piuttosto incoraggianti.
Mentre la difesa, il ritorno dei Monsters of Midway, fa la differenza, resta perennemente sugli scudi, annulla l'offensiva di ogni squadra che incontra, viaggia a ritmi che lasciano basiti per quanto riescano ad essere così costanti come numeri, giochi e capacità , l'attacco latita sui lanci e trova solo con Thomas Jones le carte giuste per avanzare il pallone con più costanza.
Si torna indietro ai Baltimore Ravens del 2000 e soprattutto ai Bears del 1985 quelli di una perfect season mancata per colpa di Dan Marino e i suoi Dolphins, quella del Super Bowl, di Richard Dent e Mike Singletary.
Mentre le immagini rincorrono i sogni di un passato fatto di collegamenti satellitari ben poco perfetti e differite bagattiane tutti sono pronti a puntare il dito senza minimamente azzardare un vero raffronto tra le due squadre, anche perché tra oggi e il 1985, e lo sanno anche i muri, Sweetness sarà pur da considerare un fattore di differenza, o no?
E allora è molto più comodo rifarsi ai Ravens campioni del 2000, quelli che subirono meno punti in campionato di qualsiasi squadra nella gloriosa storia NFL, quelli che in attacco erano "nulli" ma che in difesa non lasciavano passare nemmeno l'ossigeno. Trent Difler come Kyle Orton, Ray Lewis come Brian Urlacher: tutto giusto?
Ovviamente no, partendo dal concetto che quei Ravens il titolo lo hanno vinto e questi Bears non sono nemmeno ancora arrivati ai playoffs fino a che la matematica non ne sottoscriverà il fatto compiuto. In secondo luogo, se possibile, le differenze risiedono in decine di piccoli particolari tanto che il paragone, esclusi i numeri conquistati sul campo, è azzardato se non fuoriluogo.
Non tireremo quindi in ballo quei Ravens, quei Baltimora che da Tony Banks finirono nelle mani di un Trent Difler qualsiasi per ritrovarsi nella situazione di giocare in attacco segnando il meno possibile, ma cercando di non buttar via palloni e di non sprecare le opportunità che la difesa concedeva.
Quell'attacco che Difler guidò fino al Super Bowl con un misto di mediocrità ed esperienza che solo una grande difesa come quella di quei Ravens fu in grado di reggere sino alla finalissima di Miami e oltre, sino al Vince Lombardi Trophy.
E' quindi la difesa di Chicago che può portare la squadra fino in fondo e, in particolare, quanto questo attacco di Chicago sta deludendo? Per affrontare la discussione bisogna fare qualche passo indietro, andare fino al draft di aprile o poco prima e cominciare ad aprire gli occhi su ciò che finora non era stato poi così chiaro.
Ron Turner, la West Coast Offense e Cedric Benson.
L'arrivo di Turner, o meglio il suo ritorno, servì a Chicago per dotarsi di un coach con esperienza e capace di garantire all'inesperto e talentuoso Rex Grossman un playbook fondamentalmente basato sul gioco a basso rischio di turnover, sul controllo del pallone, un attacco che potesse insomma giocare con calma, guadagnare il campo yard dopo yard puntando proprio su di una difesa in grado di limitare i danni totali con una percentuale intorno al 99%.
L'arrivo dalla free agency di Muhsin Muhammad servì di fatto per inserire un primo tassello di esperienza all'interno di un gioco che doveva riprendersi dalle batoste dell'anno precedente. Moose doveva essere l'uomo in grado di garantire le fiammate improvvise con le quali cercare di spiazzare le difese avversarie troppo concentrate sul backfield di Chicago, avrebbe dovuto essere il WR con cui pescare la giocata per disorientare l'avversario, per rendere meno prevedibile il game plan.
Il 2004 era stata una stagione disastrosa per la O-line, falcidiata dagli infortuni e limitata dalla mediocrità di chi subentrava, domenica dopo domenica, ai titolari in infermeria. Fred Miller fu quindi il nuovo innesto per migliorare la capacità di tenuta di una linea che avrebbe dovuto anzitutto supportare le uscite dal backfield del running game e che cercava di resistere in un certo senso alla malasorte della injury reserve.
Il giorno del draft fu chiamato Cedric Benson, RB potenzialmente fenomenale ma non l'esatta copia di ciò che ci si aspettava da Jerry Angelo e Lovie Smith, ossia un altro WR. Aldilà dell'infortunio di Grossman che ha spedito in campo l'inesperto Kyle Orton, oggi si comincia finalmente a vedere quale fosse il disegno del coaching staff in vista della stagione a venire, cosa avrebbe dovuto fare la differenza rispetto alla miserabile stagione dell'anno precedente.
Il running game è diventato il punto fermo dell'attacco con Thomas Jones che garantiva di per sé le 1000 yards a stagione, Benson è stato scelto per i giochi alternativi, per dare futuro a questo game plan e per supportare Jones, così come è toccato alla sorpresa Adrian Peterson, terzo RB del roster.
Il tutto è servito a Turner per dare all'attacco una fisionomia ben precisa, correre per tenere la palla, correre per dare quei minuti di sideline in più che un anno fa la difesa non aveva, correre per controllare l'orologio. Il gioco funziona, Chicago è la quinta squadra su corse di tutta la NFL (1599 yards) e l'attacco riesce a mantenere intatto ciò che la difesa costruisce.
Orton tra alti e bassi: le abilità e gli errori del rookie.
Muhsin Muhammad è stato messo sotto contratto per dare all'offensive game di Chicago quella profondità che il gioco su corsa non può garantire, e qui l'infortunio di Grossman ha complicato un po' le cose.
Costantemente alla ricerca di un WR di supporto che possa togliere pressione all'ex dei Panthers dopo l'infortunio del rookie Mark Bradley, i Bears si sono trovati tra le mani un rookie troppo abituato al college game per poter mettere tra le sue mani grandi responsabilità .
I numeri di Orton sono dall'inizio dell'anno sempre stati piuttosto bassi (solo in una gara passate le 200 yards), a dimostrazione che raramente gli si concedono giocate profonde nelle quali comunque il ragazzo mostra ancora qualche problema di precisione.
Dopo un avvio piuttosto buio Orton era comunque riuscito a mettersi in evidenza se non coi numeri almeno con il tipo di gioco, preciso ed efficiente, in grado di gestire con freddezza e abilità situazioni difficili. L'attacco aereo di Chicago è lontano da qualsiasi cosa possa rendere concretezza per un eventuale partita di playoffs, ma Orton non è solo disastri.
Tra i pro mettiamo appunto la freddezza, la capacità di guidare l'huddle, di portare palla quasi sempre in zona di calcio, di aver guidato alcuni drive (specie quello contro Baltimora da più di 90 yards) come a Chicago non si vedeva da anni, l'abilità nel convertire alcuni terzi e quarti down proprio via aerea, cosa che ha permesso a Chicago di mantenere palla in momenti difficili come contro Ravens e Saints.
Ma i contro del giovane Orton non sono pochi. Pur avendo migliorato il proprio rilascio del pallone spesso non è ancora velocissimo e fatica a muoversi sotto pressione; ogni volta che la linea concede un blitz Orton non pare avere la capacità di uscirne "vivo".
Inoltre ha una tendenza al fumble poco incoraggiante, è in difficoltà sugli snap dietro al centro che dopo quattro anni di shotgun a Purdue non sono per nulla il suo forte.
Domenica contro i Packers, complici i drops dei propri WR, ha toccato un punto molto basso della sua stagione e i dubbi su quanto sia utile non rischiare Grossman sono di nuovo sfociati con una certa prepotenza. La mancanza di abilità verso le deep avversarie di Orton penalizza tutto l'attacco rendendolo troppo spesso prevedibile e questo sta piano piano diventando un problema nell'attacco di Chicago.
Per fortuna che dalla FA è stato poi pescato il rookie Robbie Gould, kicker preciso anche se non ancora potentissimo al quale si devono comunque alcuni field goal vincenti e che è uscito dal campo contro Green Bay come top scorer del match.
La vittorie di Smith e quelle della difesa.
Nonostante tutto Chicago vola a 9-3, è prima in division e seconda nella conference, si sta giocando un posto ai playoffs con una stagione esaltante che ha visto gli uomini di Lovie Smith ribaltare ogni pronostico. Smith e Turner hanno vinto la loro sfida in attacco, creando un gioco che a tratti si dimostra poco efficace ma che nonostante la perdita all'ultimo momento del QB titolare ha raggiunto tutti gli obiettivi che ci si era prefissati nella Windy City.
Nel 2004 i Bears erano la squadra con il minor numero di punti segnati (sono risaliti al numero 24), minor numero di terzi down convertiti, 29simo possesso palla della lega, e un gioco aereo spaventoso. In molto sono migliorati, e se manca un QB con esperienza per ora non è stato un problema invalicabile, la difesa ha fatto il resto, costruito le vittorie e annullato quasi tutti gli attacchi che si è trovata di fronte.
La linea è tra le più solide della lega con due ends come Adewale Ogunleye e Alex Brown che stanno affrontando una stagione eccellente, i linebackers hanno ritrovato in pianta stabile il loro leader, un Brian Urlacher da 92 tackles totali e 6 sacks che non è andato ad oscurare il talento dell'esterno Lance Briggs.
Tra i backs le solite conferme dalle safety, i progressi di Charles Tillman e la definitiva esplosione di Nathan Vasher, veloce e con grande abilità di lettura del gioco offensivo al quale vanno aggiunte due mani da receiver.
Il pacchetto difensivo disegnato da Ron Rivera ha avuto una stagione senza troppi infortuni, con il solo Jerry Azumah troppo spesso a dividersi tra campo e infermeria, ed ha quindi potuto mettere in evidenza tutto il proprio valore: prima per yards concesse a partita e per singolo gioco, per percentuale di terzi downs concessi agli avversari e per numero di punti subiti, sulla strada per battere il record di Chicago '85 e quello assoluto dei Ravens 2000.
In redzone la squadra concede pochissimo, sulle corse è fenomenale e l'unico punto sulla quale può essere spesso infilata restano i big play aerei che comunque hanno sempre un alto tasso di pericolosità anche per chi li tenta, non solo per chi li deve difendere.
La difesa ha limitato attacchi forti e meno forti, sfruttato finalmente il gioco offensivo in grado di tenerli poco in campo (31:06 di media, meglio del 2004). La vittoria di Smith è quella di aver creato un piano offensivo che permettesse di segnare poco più di quanto la difesa non andasse a concedere, cercando di non perdere palloni per sfruttare al meglio tutto ciò che la retroguardia riesce a costruire col proprio gioco. Migliorare la penosa prestazione del 2004 è solo un piccolo passo ma era fondamentale per dare credito al progetto della società e fino a qui il piano è riuscito.
Per ora tutto ha funzionato bene, forse non sarà una grande garanzia ai playoffs dove qualcosina in più serve, ma le basi per il futuro ci sono in pieno e quando a uscire dall'huddle sarà un quarterback più esperto e convinto dei propri mezzi (Orton o Grossman che sia) allora vedremo dove può davvero arrivare questa squadra.
Le difese vincono i campionati"
A volte sì, ma quest'anno non credo che sarà così. Personalmente ritengo questa difesa anche superiore a quella dei Ravens della season 2000, ma Difler aveva dalla sua un'esperienza che a Orton manca ed è impensabile che un inserimento di Grossman oggi come oggi possa stravolgere le caratteristiche dell'attacco via cielo anche se non è da scartare l'ipotesi che queste possano comunque migliorare.
Quantomeno avrebbe un senso il vedere Muhammad in campo visto che dopo più di due anni è il WR è incappato domenica scorsa nella prima partita senza nemmeno una ricezione. La critica su Orton è divisa, il suo record di vittorie non è da molti sottolineato come opera del suo gioco, ma solo frutto di un running game tanto prevedibile quanto efficace e di una difesa che da sola riesce a portare le giocate spesso sufficienti per vincere. Si dice che ai playoffs tutto questo potrebbe non bastare, ed in teoria è vero, ma negli scontri "dentro o fuori" la differenza la possono fare proprio questo tipo di reparti, abbastanza solidi da spingere oltre l'ostacolo qualsiasi squadra.
A Chicago l'unica certezza è quella di essere tornata ai vertici NFL e già questa è una grande vittoria. Rimanerci sarà il secondo, difficile passo, ma Smith sta convincendo tutti delle proprie capacità e la fiducia intorno a coaching staff e squadra è altissima. Il 2001 fu caratterizzato da un record di 13-3 finale che non ha avuto alcun seguito, la speranza è che la squadra di oggi riesca invece a trovare la strada per stare nel posto che merita, per rimanere il più a lungo possibile dove la storia del football vuole che stiano i Bears.