Le mille vite di Seattle

L'esultanza di Joe Jurevicius dopo un TD è l'immagine della Seattle che vince.

I Seattle Seahawks di Mike Holmgren sono una squadra certamente particolare: stanno dominando la NFC con un record di vittorie pari a 9-2 che li porta ad un passo da quei playoffs guadagnati lo scorso anno via wild card con il minimo scarto (9-7), e lo stanno facendo attraverso partite che finiscono con uno scarto minimo quando sembrano già  vinte (Atlanta, San Francisco), oppure ribaltando risultati altalenanti fino al termine (St. Louis) o con giocate che hanno del clamoroso nel momento in cui avvengono (l'over-time contro Dallas).

Ieri però si sono superati, scrivendo la parola fine ad un tempo supplementare che li ha visti due volte sul patibolo e dopo che il tempo regolamentare aveva mandato in giostra una serie incredibile di eventi sui quali potrebbe essere girata una trilogia cinematografica.

Qualsiasi maestro della letteratura noir pagherebbe per inscenare un finale come quello della partita tra NY Giants e Seattle di ieri, un match che per Seattle ha avuto il classico lieto fine e ha portato Matt Hasselbeck e soci a un passo dalla postseason eguagliando con largo anticipo il numero di vittorie della stagione 2004.

Una partita che ha ovviamente avuto un finale tragico sul lato opposto della barricata, per quei Giants che dopo un over-time tremendo, al fine di settantadue minuti di football col cuore in gola ed un Qwest Field incredulo che assisteva per ben tre volte alla fine e alla immediata rinascita dei propri Seahawks.

Un incontro che doveva fare ciliegina all'insieme di record battuti o eguagliati dai Giants e che prosegue una stagione di altissimo livello per il proprio offensive game anche ieri capace di vincere con ogni numero la sfida (tranne quello che conta davvero), di maltrattare più volte la difesa dei padroni di casa e di mettere Tiki Barber davanti a Shaun Alexander davanti ai suoi tifosi. Insomma, un invito a cena con delitto si potrebbe dire, con ospite d'onore il kicker dei Big Blue Jay Feely, malcapitato ed involontario eroe di Seattle e traditore della propria causa sportiva.

Tre errori tre per lui, uno dopo l'altro, dalle 40, 54 e 44 yards, sui quali a New York avranno di che discutere per mesi, soprattutto se tutto ciò dovesse costare una qualificazione ai playoffs che nelle ultime settimane è stata rimessa non poco in discussione.

Per ora qualcuno si "limita" a chiedere la testa del kicker, ruolo piuttosto particolare e difficile nel mondo football dove si può essere chiamati in causa una sola volta in tutta la partita ed essere fondamentali non per una gara a se stante, ma per un'intera stagione, addirittura per un Super Bowl.

Il kicker è un giocatore un po' così, vive ai bordi del campo tutto l'incontro scaldando gamba e piede per il calcio che spedirà  la squadra in paradiso o la farà  sprofondare all'inferno. Bella responsabilità  e, alle volte, una grandissima fregatura, ma come dice il più celebre degli adagi "è un lavoro sporco ma qualcuno lo deve pur fare", e così sia.

Una cosa è certa: un kicker non ha lo stesso numero di chances di sbagliare che viene concesso ad un quarterback; una partita da cinque intercetti è una partita persa, una con tre calci sbagliati è da "cut" immediato. Vedremo come finirà  per il povero Feely, intanto cerchiamo di vedere com'è andata una delle gare più sofferte di questa stagione.

Chiariamo subito: la partita è stata bella, intensa e piena di grandi numeri, ma non traggano in inganno risultato, play by play e statistiche. Molta della magia di questa partita nasce dagli errori, dai turnover, dai fumble, e dalla frenetica ricerca di big plays da una parte dall'altra, con due attacchi tra i più belli e pratici della lega a fronteggiarsi.

Da una parte Matt Hasselbeck (21/37 249 yds, 2 TD, INT) è riuscito solo a fasi alterne a giocare bene il pallone, con una linea solo in parte capace di proteggerlo e che lo ha reso vittima di tre sacks, ma riuscendo di tanto in tanto a gestire il "timing" giusto per il proprio QB per andare al lancio con maggior decisione.

Miglior target di Hasselbeck un Joe Jurevicius in giornata di grazia, proprio lui che deve l'accesso alla NFL (via Penn State) a un pick dei Giants al draft 1998. Tante stagioni tra alti e bassi nella Grande Mela e poi a Tampa, dove con John Gruden arriverà  comunque l'anello.

Ieri era il suo giorno per mettersi in mostra, per dire a qualcuno che si era sbagliato nel non credere in lui. Jurevicius è stato l'unico vero pericolo per la difesa di NY sul gioco aereo, ha eguagliato il proprio record stagionale di 137 yards, ricevendo però una volta in meno rispetto alla gara contro St. Louis. Jurevicius si è mostrato implacabile sulle ricezioni così come sulle corse dopo il possesso macinando un'infinità  di yards e segnando due mete che hanno messo a nudo i problemi delle secondarie di NY, decisamente inferiori rispetto al gioco che riescono a fare i colleghi nelle zone vicine alla line of scrimmage, in primis gli uomini della D-line.

Il gioco dei Giants non ha retto comunque con continuità , concedendo 355 yards e riuscendo solo a tratti a portare pressione nel backfield avversario con il solito Osi Umenyiora (2 sacks) giunto ai 10 sack in stagione. Quasi impossibile invece limitare Shaun Alexander, 110 yards corse con tanti placcaggi rotti, tante yard prese per un soffio quando il runningback di Seattle sembrava ormai vittima del tackle decisivo.

Unico vero merito sulle corse del numero 37 di Seattle da parte della difesa dei Giants è stato quello di riuscire a impedirne big play frequenti, limitandolo a 3.5 yards di media grazie a un gioco nel box piuttosto solido e convincente. Il tutto non è stato replicato sulle palle aeree, grazie alle quali l'attacco guidato da Hasselbeck è riuscito a trovare più volte il profondo.

Meglio di Alexander è riuscito a fare il suo diretto inseguitore nella classifica generale dei RB NFL Tiki Barber, il quale ha corso 151 yards in 26 portate, mettendo a segno anche il gioco che sembrava decisivo in over-time e immediatamente sciupato dal povero Feely.

Il meglio assortito attacco dei Giants ha fatto come al solito faville, segnando parecchi record di franchigia senza riuscire però a ribaltare il pronostico che li vede il più delle volte perdenti in extratime (del 13-14-2 totale contiamo uno 0-2 quest'anno e un 2-4 per coach Tom Coughlin).

Eli Manning ha guidato un attacco da 490 yards totali, il meglio ottenuto dai Giants dal 2002 quando contro Green Bay ne totalizzò ben 524. Il giovane quarterback ha lanciato il più alto numero di tentativi e completi in carriera (53 e 29), ha scritto sul tabellino 344 yards subendo un intercetto e mandando in meta due compagni.

NY ha dominato praticamente su ogni fronte eguagliando il record stagionale di possesso palla (39:21) e di primi downs conquistati (25 contro i 17 di Seattle). I numeri erano tutti dalla parte degli ospiti che non potevano inoltre mancare di festeggiare Jeff Feagles, il quale grazie al suo primo punt durante la prima frazione di gioco festeggiava ufficialmente la partita numero 283 giocata senza interruzioni negli ultimi diciotto anni di carriera: altro record, stavolta assoluto, per la NFL.

Tra questi numeri e la vittoria ci sono state però 17 penalità  piuttosto gravi e costose, penalità  che hanno messo in evidenza parecchia tensione proprio nella zona più forte della squadra, l'attacco, con una linea capace di inanellare una serie sorprendentemente negativa di "false start".

Manning non ha mostrato sempre grande precisione, ma certamente ha denotato grande freddezza e capacità  di gestione nei momenti cruciali, salvo ricorrere alle corse di Barber quando la stanchezza si è fatta insopportabile durante il tempo supplementare. Una partita che sembrava già  persa con un td nel quarto periodo di Alexander veniva risollevata da una meta spettacolare di Amani Toomer (6/62) che bloccava un lancio di 18 yards giusto sul lato lungo della endzone prima della fine del campo.

Il grosso del gioco aereo veniva completato comunque grazie all'inarrestabile Plaxico Burress che riceveva 6 palloni per 109 yards e, soprattutto, al tight end Jeremy Shockey protagonista di una partita memorabile. Shockey (10/127) è risultato l'uomo in più per ridimensionare una difesa che grazie all'aumento di spessore rispetto alla stagione 2004 ha fatto fare il vero salto di qualità  ai Seahawks.

Risalita di circa dieci posizioni nel ranking generale della lega, la retroguardia di Holmgren ha sofferto su ogni giocata dei Giants senza mai riuscire a leggere e limitare le innumerevoli giocate a disposizione dei Big Blue: dalle corse di Barber ai lanci dalla shotgun del più giovane dei Manning, fino alla partita di uno Shockey mai e poi mai messo sotto pressione dai difensori avversari sempre costretti a recuperare per bloccarlo. Jeremy Shockey segnava la prima meta dei Giants che, dopo un calcio di Feely avvenuto in precedenza, dava il vantaggio ai Giants, dopodiché andava a completare il lancio per la conversione da due punti susseguente alla meta di Toomer che impattava il risultato a 1:59 dal termine grazie anche ad un altro calcio di Feely messo a segno nel terzo quarto.

Nonostante il poco tempo a disposizione NY riusciva a tornare in possesso del pallone e lo riportava in un raggio da field goal; qui iniziava però la notte più nera dell'ex Falcons Jay Feely" quattro secondi alla fine e palla fuori dalle 40 mentre lo stadio esplode e i giocatori di Seattle corrono da tutte le parti come improvvisamente resuscitati ed increduli per tanta grazia ricevuta. Infine l'overtime, l'epilogo più duro e la monetina che dice Seattle, obbligano NY allo sforzo sovrumano in difesa protratto per fermare due drive avversari; e quello dell'attacco, forte abbastanza da riportare Feely in una posizione di calcio accettabile, con una grande invenzione di Barber sul secondo drive .

Il kicker sbaglierà  dalle 54 prima e dalle 44 poi condannando la propria squadra alla quarta sconfitta stagionale (7-4). L'affidabilità  do Feely era quasi certa, oltre le 50 aveva un record stagionale di 2 su 4, mentre tra le 40 e le 49 yards non aveva mai sbagliato nei precedenti cinque tentativi in stagione. A dire il vero, a parte un grossolano errore contro Minnesota, Feely nel 2005 non aveva mai sbagliato calci sotto le 50 yards.

Una giornata no che può costare caro, una giornata no che proietta NY verso una volata finale tutta da giocare contro Dallas (avversario domenica al Giants Stadium) e a Feely chissà " ma sarebbe giusto soffermarsi un attimo sul secondo field goal sbagliato, quello dalle 54 per intenderci. Una distanza così non è facile da ricoprire, la percentuale di errori nella lega è piuttosto alta.

Mandare Feely a calciare da quella posizione con il morale sotto le scarpe per aver obbligato i suoi ad un prolungamento della partita è significato metterlo nella condizione di non poter sbagliare un calcio tutt'altro che facile con la ovvia conseguenza di giocarsi del tutto la sua stabilità  per un eventuale tentativo successivo.

Il momento si è infatti riproposto come in una brutta sceneggiatura ideata dal fato e il kicker dei Giants si è trovato a dover sfidare una distanza piuttosto "facile" con troppo peso addosso e con gli occhi di una città  che da seimila chilometri ne seguiva passo dopo passo l'esecuzione. In NFL non puoi permetterti certe sbavature, per carità , ma anche Feely è un uomo e, per quanto possa contare (nulla a dire il vero), il mio parere è che coach Coughlin avrebbe dovuto chiamare un punt su quel drive per dare buona posizione di campo a una difesa che può pressare con la propria linea ed era riuscita ad evitare in buona parte gli eccessi di Alexander.

Concedere un campo così lungo a Hasselbeck avrebbe costretto a tentare almeno due corse e i lanci sarebbero stati sempre rischiosi in una zona di campo e un momento del gioco dove un errore costa l'intera partita. Se la difesa, come ha poi fatto dopo l'errore di Feely, avesse avuto buon gioco il punt di Seattle non avrebbe arrecato troppi danni e forse Feely si sarebbe trovato a calciare il secondo field goal dentro le 50 yards e con un po' di pressione in meno. Congetture, certamente, ma quel calcio dalle 54 era difficile ed costato, sempre a mio avviso, anche l'errore successivo.

Seattle riesce a vincere ancora, per tre volte sembra battuta ma dopo l'ennesimo field goal sbagliato dai Giants punta proprio su un calcio del proprio kicker, Josh Brown, che dalle 36 chiude l'incontro sul definitivo 24-21. La stagione sembra quella giusta, perlomeno per passare quel maledetto primo round di playoffs che ha sempre visto la fine delle ambizioni dei Seahawks nelle ultime tre stagioni.

Non solo, in una conference così aperta come la NFC, il fattore in campo potrebbe portare qualcosa di ben più grosso in casa Holmgren, anche se è decisamente presto per parlarne. Seattle ha certamente mostrato per l'ennesima volta di avere un attacco concreto anche se molto dipendente dalle serate di un Alexander strepitoso e già  arrivato a 1339 yards in stagione. Limitare Alexander è dura e anche quando si ha buon gioco è impossibile tenerlo sotto le 100, è inevitabile quindi che sia lui l'arma decisiva di questa squadra, runningback robusto e capace di sfondare nel mezzo rompendo un placcaggio dopo l'altro tenendo il pallone in cassaforte.

La difesa è cresciuta tantissimo rispetto al 2004 grazie ad innesti come il rookie LB Lofa Tatupu e alla maggior esperienza di alcuni tasselli come Jordan Babineaux e Michael Boulware che hanno reso le secondarie di Seattle un tantino più credibili. Eppure un attacco come quello dei Giants ha messo tante (troppe) volte in difficoltà  ogni settore del gioco difensivo dei padroni di casa; vero che NY ha forse uno degli attacchi potenzialmente più devastanti della NFL, vero anche che ai playoffs si possono incontrare partite come questa dietro ogni squadra e tutto deve essere perfetto se si vuole avanzare.

Ma a Seattle ormai è certo che per battere le "aquile del mare" serve sempre concentrazione massima e non è possibile concedere alcun regalo. I ragazzi di Holmgren, ormai è noto, sono peggio dei gatti" hanno più di sette vite e non si è ancora capito quante volte si debba metterli alle corde per vederli cadere del tutto.

Una squadra che concede rimonte incredibili e, a sua volta, riesce a fare altrettanto, una squadra un po' a intermittenza ma assolutamente capace di ogni impresa, nel bene e nel male. Non sappiamo dove potranno arrivare alla fine, ma dovrà  certamente fare i conti con loro qualsiasi squadra ambisca al raggiungimento del gran ballo nella fredda notte di Detroit.

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