Trent Green esplode la propria gioia dopo un drive strepitoso: Johnson ha appena scavalcato la linea dei Raider, i Chiefs vincono allo scadere.
Se sei un giocatore dei Raiders ci sono pochi posti dove puoi sentirti amato, un po' per via della leggenda che accompagna le gesta di una difesa storicamente cattiva, un po' perché nessuno nel Black Hole ha vita facile. Nel "Buco Nero", la tua tana, nessuno può sentirsi al sicuro.
"No place like home" dicono i giocatori nero-argento ogni qualvolta possono tornare a calpestare il proprio terreno di gioco. Ma fuori da lì, dicevamo, non c'è posto peggiore in cui capitare se non all'Arrowhead Stadium, casa degli odiatissimi Kansas City Chiefs.
Che tu sia un Chiefs o che tu sia un Raiders poco cambia, quando si gioca questa partita devi battere l'avversario, non basta uscire a testa alta, devi sconfiggerlo, devi essere più forte e basta. Ieri le due squadre si sono affrontate dopo che nella prima gara a Oakland si erano imposti i Chiefs, e proprio Kansas City è diventata teatro dell'ultima spiaggia per le speranze dei Raiders e partita fondamentale per la corsa dei Chiefs.
Cosa avreste provato entrando in uno stadio che (sportivamente parlando) vi odia, vi fischia, ulula su ogni vostro snap e vi accoglie col pupazzo di un "predone" impiccato che penzola dagli spalti? Voglia di rispedire al mittente tutti questi sfottò, queste grida e vincere: è questo che carica i giocatori NFL, passeggiare nella endzone avversaria con qualche strano balletto mentre il pubblico di casa rode dall'invidia. This is football, you known man!
Ma ieri a Kansas si è consumata la più tremenda delle sconfitte per i californiani, con i Chiefs che, sotto di tre punti nel finale, si sono mangiati il campo in poco più di un minuto e trenta e, una volta raggiunta l'ultima yard, non si sono accontentati di calciare il field goal del pareggio, anzi… palla a Larry Johnson, tuffo oltre le due linee che si fronteggiano e touchdown.
L'esplosione di tutte quelle jersey rosse sugli spalti rimarrà nella memoria di questi Raiders per parecchio tempo, una vittoria che sfugge via sullo scoccare dell'ultimo tocco di lancetta, una sconfitta della quale non riesci a capacitarti immediatamente mentre di fronte a te scorrono solo immagini di gioia nell'attimo in cui tutto il "bench" dei Chiefs invade il campo invaso da una gioia irrefrenabile. In questi momenti non si ha la possibilità di concedere l'onore delle armi al nemico, l'adrenalina è alle stelle, la vittoria è giunta in modo quasi "epico". Una storia da raccontare ai nipotini.
Una scelta eroica quella di giocare l'ultimo snap invece di calciare, difficile e che pochi avrebbero fatto. Una scelta che può costare, quando si scioglie sulla difesa, solo una marea di critiche (per altro più che giustificabili), ma che quando entra, magari a Kansas, magari in una soleggiata domenica di NFL, magari contro i Raiders, bene: un piccolo pezzo di storia di questa franchigia, di questo sport, lo è stato scritto e chiunque può esserne testimone e preparare gesso per monumenti vari.
Mentre in California qualche tifoso avrà preso a testate il muro del salotto durante il passaggio televisivo di questo susseguirsi di emozioni, a Kansas i Chiefs raggiungono una vittoria che li tiene in piena corsa per i playoffs e che li rimette ad un'incollatura dai Broncos grazie ad un record vincente di 5-3. I Raiders crollano invece 3-5 dopo aver cullato per meno di due minuti l'idea di poter pareggiare il rapporto tra vittorie sconfitte.
Aldilà di quello che possa lasciare intendere la girandola di emozioni finale, costruita su rimonte e sorpassi continui, l'inizio della gara aveva lasciato molto a desiderare. Due attacchi solidi di fronte ben contenuti dalle rispettive difese che hanno obbligato i kicker ad un confronto tennistico per tutta la prima mezz'ora di gioco. Da una parte Kerry Collins (21/40 175 yds 2 TD 1 INT), orfano del proprio miglior receiver Randy Moss impegnato una sola volta (con tanto di TD), pronto a giocarsi tutte le proprie carte su Jerry Porter e sul fisico del "rompi-muri" LaMont Jordan (93 yards corse e 25 ricevute).
Sull'altra sponda il grande Trent Green (22/35 235 yds TD) pronto a valorizzare quello che secondo molti è il miglior tight end della lega, Tony Gonzalez (5/70), ma senza il supporto di un runningback del calibro di Priest Holmes. Ed allora spazio all'uomo che si rivelerà il vero "man of the match", l'ex prima scelta assoluta (2003) di Penn State Larry Johnson, che in settimana si era lamentato senza troppi fronzoli del poco spazio riservatogli da Dick Vermeil, che pur concedendogli un buon numero di portate non ha mai avuto la benché minima idea di mettere in discussione la posizione da starter di Holmes. Johnson ripagherà tutti con 107 yards corse e due touchdowns.
Il primo tempo è comunque in mano alle difese, con gli attacchi che non riescono mai trovare l'allungo giusto per guadagnare le zone calde del campo difeso dagli antagonisti di turno, con Collins che resta ben protetto da una linea in buona giornata che lo obbliga non troppo frequentemente agli scramble e lo vede colpito da un solo sack del linebacker Kawika Mitchell durante tutto il corso dell'incontro.
Dall'altra parte i Raiders contengono le corse come meglio possono, giocano su Johnson quasi beatificati dall'assenza del titolare Holmes e mandano in blitz quasi sempre Tommy Kelly, il quale trova buon gioco sulla propria parte di linea e si catapulta un po' troppo di frequente dalle parti di Holmes.
Kelly mette a segno tre sacks e forza due fumble sul quarterback che, dal canto suo, non perde un solo pallone gettato in aria ma ne molla ben tre a terra; per sua fortuna uno solo di questi finirà ai Raiders. Gran parte della battaglia la svolgono le secondarie che si trovano a fronteggiare due bocche di fuoco poco rassicuranti; senza Moss i Raiders fanno un po' meno paura, ma la reattività dei giocatori non può venire meno e Eric Warfield (11 tackles) dà dimostrazione di efficacia, tempismo e colpi al limite del naturale.
Dalla parte opposta saltano sulle barricate Fabian Washington e Stuart Schweigert, due defensive backs che si occupano di uomini (il primo) e zone del campo bloccando su ogni traccia dai malcapitati Eddie Kennison e Chris Horn. I due QB si trovano quindi spesso obbligati a cercare anche il proprio RB per giocare con degli screen o comunque lanci corti sulle flat tentando di spiazzare le difese giocando la palla il più vicino possibile al backfield.
La sostanza è che i protagonisti dei primi due quarti si chiamano Sebastian Janikowski e Lawrence Tynes, di professione kicker: 3 a 2 per il primo, quello dei Raiders, in una serie di esecuzioni perfette con il "fucile polacco" capace di infilare palloni da distanze da non considerarsi troppo comode (32, 49, 48). L'half time è quindi raggiunto con il risultato di 9-6 per i Raiders, ma la partita è apertissima e pronta a decollare.
La seconda metà di gara comincia pian piano a prendere ritmo. In attesa di uno dei quarti periodi più avvincenti di sempre, il pubblico si esalta subito per un td pass da sei yards ricevuto dal FB Tony Richardson (un po' in troppi a seguire Gonzales") al termine di un drive favoloso da 72 yards che ha avuto come protagonista proprio un "Gonzo" da 41 yards in due ricezioni mentre Green per poco non perdeva il pallone con un fumble a pochi passi dalla meta.
La reazione dei Raiders è rabbiosa, un tentativo di attaccare sul profondo i biancorossi che ribaltano di nuovo la situazione quando la safety Greg Wesley va a strappare il pallone dall'aria tagliata da un lancio di Collins. Altro drive di Kansas, si entra nel quarto periodo ed inizia lo show dell'uomo più discusso della settimana, Larry Johnson.
Durante la settimana le dichiarazioni del runningback non erano passate inosservate e di certo non avevano convinto i tifosi che nel metodo "split" preparato dal coaching staff vedevano una soluzione ottimale e molto produttiva sul campo. Johnson riesce a mettere tutte le polemiche a tacere e, approfittando della buona posizione di campo ottenuta con il turnover, abbatte la retroguardia avversaria a suon di corse, fino alla endzone.
La partita poteva finire qui, una mazzata incredibile per i Raiders e tutta l'inerzia psicologica dalla parte di Kansas con un "Arrowhead" sempre più infuocato. Ma Oakland non ci sta e Collins decide di abbandonare per un po' LaMont Jordan e lanciare, lanciare e lanciare ancora. Lo aiuta una penalità da 12 yards, ma il gioco ha effetto: arrivano sei punti, la conversione da due è sbagliata, ma la partita è viva, i Raiders sono vivi.
Forzato un three and out dalla difesa, l'ovale torna subito ai Raiders che bilanciando il gioco corse/lanci fanno correre il tempo, conquistano piano piano le loro yards e, senza correre troppi rischi, arrivano in piena redzone avversaria. Qui servono due mani di fata e Randy Moss è buttato nella mischia per il suo primo ed unico snap giocato con ricezione: meta e conversione da due trasformata da Jordan su corsa. Oakland a più tre in pieno "two minutes drill" e partita in pugno.
Tocca ora a Green abbandonare le corse e rovesciare il campo nel minor tempo possibile sul 20 a 17 per Oakland. Il drive comincia con un incompleto e cinque yards perse, ma sono gli ultimi veri errori dei padroni di casa. Green cerca Horn, cerca Johnson, li trova sempre e lascia correre il tempo conquistando dei completi grazie a palloni precisi e ben scagliati via aerea.
Infine arriva il colpo decisivo: parte lo snap, Green indietreggia, la linea regge mentre tutti i backs dei Raiders si preparano a coprire con una dime defense sul profondo le tracce dei WR; il box si scopre e il centro del campo resta indifeso poco avanti la linea di scrimmage. Dal backfield esce Larry Johnson che va a conquistarlo ricevendo il pallone dopo aver percorso una decina di yards. Il RB si gira e corre fino in fondo, fermato ad una yard dalla meta da un placcaggio…
Il resto lo sappiamo ed è un "dive" che regala il 24-17 finale, lo abbiamo raccontato all'inizio, ed è la storia di uno stadio rosso come il fuoco che sembra bruciare davvero in quel movimento inconsulto che da lontano solo tanti esseri umani che si dimenano in maniera spropositata riescono a creare.
Un effetto visivo spaventoso ed un urlo, l'urlo di Kansas, che avrà fatto fischiare molti timpani sulla baia alla fine del mondo. Il tutto per il salto di un uomo corazzato sopra due linee di giocatori che continuano a forzare l'una contro l'altra: che sport meraviglioso riesce ad essere il football.