Nuovi Hall of Famers

Dennis Eckersley, uno dei più grandi pitcher della storia MLB…

Nei giorni scorsi sono state effettuate le votazioni per la Baseball Hall of Fame, il celebre museo di Cooperstown, NY, in cui sono ricordati i più importanti protagonisti della storia della palla e del guantone.

Nella lista dei giocatori eleggibili erano presenti numerosi beniamini degli appassionati, tuttavia soltanto due sono riusciti ad ottenere i voti necessari per ricevere la prestigiosa onorificenza, Dennis Eckersley e Paul Molitor, le cui biografie saranno raccontate in questo articolo.

Dennis Eckersley, nato a Oakland, California il 3 ottobre 1954, fin da giovane dimostrò grande attitudine per lo sport, eccellendo non solo nel baseball, ma anche nel basket e nel football: nel 1972, appena diciottenne, fu ingaggiato dai Cleveland Indians, i quali ritenevano a ragion veduta che il giovane Eckersley potesse avere un futuro come pitcher.

Ovviamente, Eckersley fu spedito nelle leghe minori, dove avrebbe dovuto sviluppare il proprio talento, prima di debuttare nelle majors nel 1975; le prime apparizioni a livello di MLB furono davvero eccellenti, come dimostrato dalle 13 vittorie e la ERA di 2.60. Inizialmente, Eckersley fu utilizzato come rilievo, tuttavia le continue ottime performance convinsero lo staff tecnico degli Indians ad inserirlo nella rotazione dei partenti.

Nel 1977, Eckersley, alla prima stagione da starter effettivo, ricevette la prima convocazione per l'All-Star Game, partita da lui disputata altre sei volte; la caratteristica principale di Eck era il movimento side-arm, con cui riusciva a produrre delle fast-ball e degli slider molto efficaci.

Purtroppo, Cleveland era una squadra mediocre, lontana dalle posizioni di vertice, quindi nel poco prima dell'inizio della stagione 1978, Eckersley fu ceduto ai Boston Red Sox, i quali speravano di poter sfidare la corazzata dei New York Yankees.

Il confronto Yankees-Red Sox del 1978 per il titolo della AL East è ancora oggi ricordata con estremo affetto dagli appassionati di baseball, anche se il successo finale arrise ai Bronx Bombers, che superarono i rivali al termine di un memorabile spareggio; nonostante la delusione finale, la prima annata di Eck in Massachussetts poteva essere valutata assai positivamente, viste le 20 vittorie e l'ERA di 2.99. Per altre 5 stagioni Eckersley rimase ai Red Sox, completando sempre statistiche di tutto riguardo, ma purtroppo il sogno di gloria rimasero sempre un'utopia.

Nel 1984, Eckersley fu ceduto ai Chicago Cubs, dove disputò alcune ottime stagioni, anche se nel 1986 dimostrò i primi segni di cedimento (6-11, ERA di 4.57): visto il calo delle prestazioni, la dirigenza dei Cubs decise di rinunciare ai servigi di Eck, scambiandolo con gli Oakland Athletics; tornato a casa, Eckersley cessò la propria “carriera” da starter, rientrando nel bullpen, e nel 1988 diventò il closer ufficiale della squadra allenata da Tony La Russa, che era pronta a dominare il panorama delle majors sul finire della decade.

In quella mitica formazione, spiccavano ovviamente i Bash Brothers (Jose Canseco e Mark McGwire), tuttavia il ruolo di Eckersley si rivelò decisivo, infatti, ogni volta che Oakland terminava l'ottavo inning in vantaggio, Eckersley saliva sul monte per chiudere la contesa, bloccando i tentativi di rimonta avversari; dopo aver totalizzato 45 salvezze in stagione regolare, Eck diventò il primo pitcher a conquistarne quattro consecutive in una finale di lega.

Nelle World Series del 1988, gli A's erano pronti a laurearsi campioni del mondo per la prima volta dopo la celebre tripletta del 1972-73-74, anche perché i loro avversari, i Los Angeles Dodgers, non sembravano in grado di fermare la compagine di Oakland.

In gara 1, Eckersley era pronto a guadagnarsi l'ennesima salvezza e regalare il primo successo nella serie ai suoi compagni: tuttavia dopo due facili out, Eck concesse una base su ball a Mike Davis, prima di subire il celeberrimo HR di Kirk Gibson, che ribaltò il punteggio ed incanalò il titolo mondiale verso la California del Sud.

Nonostante la delusione, gli A's continuarono il proprio dominio nella American League, anche se solamente nel 1989 la stagione si chiuse con la vittoria nelle World Series: Eckersley, dal canto suo, confermò il proprio talento, totalizzando 33 salvezze nel 1989, 48 nel 1990, 43 nel 1991.

Il 1992 fu forse il migliore anno dell'intera carriera di Eck, che non solo fu premiato con il Cy Young Award (evento piuttosto insolito per un rilievo), ma ricevette anche il titolo di MVP, riconoscimento assolutamente meritato, visto le statistiche: 51 salvezze, 1.91 di ERA, 93 K ed appena 11 basi su ball.

Nel 1996 Eckersley lasciò Oakland per St. Louis, dove ritrovò coach La Russa: in due stagioni con la maglia dei Cardinals, Eck totalizzò 30 e 36 salvezze, sebbene il sogno delle World Series rimase sempre tale; nel 1998 Eckersley rientrò a Boston, dove chiuse la propria carriera nelle majors dopo 24 stagioni.

Complessivamente i dati statistici di Eckersley sono eccellenti e giustificano appieno l'elezione nella Hall of Fame: 1071 partite giocate, 197 vittorie, 171 sconfitte, ma soprattutto 390 salvezze, che lo inseriscono in terza posizione nella speciale classifica dietro Lee Smith (478) e John Franco (424), i quali però sono stati dei lanciatori di rilievo per tutta la durata della loro carriera. Per questo motivo si può affermare che Dennis Eckersley sia stato il miglior closer nella storia del Major League Baseball.

Paul Molitor si distinse, invece, per la grandissima abilità  nel box di battuta, diventando uno dei migliori hitter della storia: tuttavia in gioventù Molitor (nato il 22 agosto 1956 nel Minnesota) aveva dimostrato un talento da pitcher, meritandosi una chiamata da parte dei St. Louis Cardinals nel free-agent draft del 1974.

Molitor rifiutò le offerte professionistiche, decidendo di iscriversi all'Università  del Minnesota, dove lasciò il monte di lancio per passare all'infield; tre anni più tardi, fu selezionato dai Milwaukee Brewers, i quali usufruirono la loro prima scelta (terza assoluta) per accaparrarsi i servigi del giovane talento.

Il periodo di apprendimento nelle minors durò appena una stagione, infatti, lo staff tecnico dei Brewers rimase impressionato dal comportamento di Molitor, invitandolo al proprio spring training; approfittando dell'infortunio a Robin Yount, Mollie fu convocato per l'Opening Day del 1978, debuttando come shortstop.

Molitor non fu “fissato” ad un'unica posizione difensiva, anzi fu impiegato in ogni ruolo all'interno dell'infield, disputando qualche partita anche come esterno; purtroppo, Molitor fu spesso colpito da numerosi infortuni, che alla fine lo obbligarono a trasformarsi in un DH a tempo pieno.

Nonostante i problemi fisici, Molitor in attacco era davvero una minaccia per i pitcher avversari, ottenendo con regolarità  risultati di estremo rilievo:

– Nel 1982, Molitor totalizzò 201 valide, segnando 136 punti.

– In gara 1 delle World Series del 1982, Molitor collezionò 5 valide (su 6 turni), record per una partita di finale.

– Nel 1987 Molitor completò una striscia di 39 partite consecutive con almeno una battuta valida (la quarta di sempre nella American League).

Molitor era un battitore dotato di un eccellente controllo, sapeva aspettare il lancio migliore (difficilmente veniva eliminato al piatto) ed era capace di effettuare perfettamente ogni tipo di battuta, bunt compresi; Molitor, tuttavia, non eccelleva solo nel box, ma anche sulle basi, correndo sempre con estrema intelligenza.

Nel 1993, dopo 15 memorabili stagioni a Milwaukee, Molitor lasciò il Wisconsin per trasferirsi ai Toronto Blue Jays, vincitori delle World Series l'anno precedente: Paul voleva coronare il suo sogno di conquistare quel titolo mondiale che lo aveva sempre eluso ed era convinto che la squadra canadese fosse la scelta migliore.

In Ontario Molitor trovò l'ambiente adatto e completò una stagione magnifica da .332 di media e 111 RBI; guidati da un attacco strepitoso, i Blue Jays ritornarono alle World Series, dove a sfidarli sarebbero stati i sorprendenti Philadelphia Phillies.

Al termine di sei partite spettacolari, Toronto si confermò campione del mondo e Molitor poté festeggiare il sospirato titolo, non prima di essersi meritato il titolo di MVP della serie: con 12 valide in 24 turni, due doppi, due tripli, due HR, 8 RBI e 10 punti segnati, il riconoscimento come miglior giocatore della serie era praticamente scontato.

Dopo altre due ottime annate in Canada (sebbene i mediocri risultati dei Blue Jays), Molitor passò ai Twins, dove disputò le ultime tre stagioni della propria carriera: nonostante l'età , Paul continuò ad esprimersi ad altissimo livello, superando quota .300 in due occasioni.

Al termine del 1998, Molitor chiuse definitivamente la propria carriera, lasciando dietro di sé dei ricordi memorabili: pochissimi altri giocatori sono stati rispettati, apprezzati come Paul Molitor, che spesso fu premiato per il proprio comportamento fuori dai diamanti; per onorare il loro vecchio campione, i Milwaukee Brewers hanno ritirato in suo onore il #4.

Le sue statistiche finali sono eccezionali, 10835 turni alla battuta (dodicesimo all-time), 3319 valide (nono), media battuta di .306, 234 HR, 1307 RBI, 504 basi rubate e 504 basi rubate; tuttavia, se non fosse stato colpito da numerosi infortuni, avrebbe potuto collezionare dati ancora maggiori e magari raggiungere la mitica barriera delle 4000 valide. Inoltre, Mollie è uno dei cinque giocatori con 3000 valide e 500 basi rubate.

Di Ignitor (questo fu l'altro suo soprannome) si potrebbe parlare a lungo, tuttavia vorrei terminare questa biografia con il ricordo delle World Series del 1993: i Blue Jays avevano appena sconfitto i Philadelphia Phillies e Paul Molitor, con le braccia alzate, iniziò a piangere; fu davvero commovente vedere il grandissimo fuoriclasse in lacrime, dopo aver vinto il meritatissimo titolo mondiale.

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