Eli Manning lascia il campo da trionfatore.
Mike Martz e Eli Manning. Questi sono i due nomi per cui oggi, nel bene e nel male, due città si scaldano, due persone che dividono la critica e i tifosi. Da una parte un allenatore in grado di giocarsi un Super Bowl e mai troppo amato per le proprie idee di gioco. Dall'altra un figlio e fratello d'arte, buttato nella mischia lo scorso anno per uscirne con le ossa rotte e pronto, in questo inizio, a far vedere il proprio reale valore. Dietro i tifosi, pronti a scaldarsi per le prestazioni e, soprattutto, i risultati ottenuti; non è difficile intuire per chi tiri miglior vento dopo il 44-24 rifilato dai New York Giants ai Rams di Saint Louis.
Per un Manning che torna a livelli più consoni alla propria fama in quel di Nashville, un altro, più giovane e anch'egli figlio del celebre Archie, comincia a farsi strada con sempre più fermezza nella NFL. Eli Manning e i New York Giants spazzano via i Rams senza troppi problemi ed il giovane quarterback trova modo per mettersi in evidenza, nonostante qualcuno sia ancora in attesa di un graditissimo flop per incoronare Peyton come unico gioiello di famiglia.
Non sarà mai come il fratello maggiore probabilmente, ma Eli ha cominciato la stagione dimostrando di poter stare in NFL, e questo è il vero obiettivo che, attualmente, il quarterback pare essersi posto. Martz invece affonda nella propria (il)logicità di gioco, non trova più un attacco in grado di fare la differenza mentre la difesa, come sempre, fa acqua da tutte la parti. Il gioco dei Rams è prevedibile e funziona troppo ad intermittenza, con un attacco in grado di portare a casa buoni numeri ma non sempre sufficiente a guadagnare vittorie. Incredibile però come, per l'ennesima stagione di fila, la difesa appaia come una presenza così lontana dagli interessi dell'head coach di St. Louis.
Farsi amare a NY non è cosa facile, la Big Apple è una città lunatica e sempre piena di attesa per un titolo che, lontano dagli onori del baseball e degli Yankees, fatica ad arrivare nel football ed è preistorico per quel che riguarda il basket. Essere un eroe a NY non è semplice, soprattutto quando si ha il volto pulito e da bambino viziato del buon Eli e quando, per giungere tra i Giants, ci si è comportati come un bambino capriccioso. Le difficoltà aumentano, gli esami raddoppiano, la pressione è costante.
Non solo i salotti di Larry King, ma le attenzioni e i riguardi più stretti da parte di difensori minacciosi e polemici pennaioli pronti a farti a fette. Farsi amare a St. Louis sarà forse più semplice, al pari di una popolazione meno sofisticata e meno frettolosa nell'eleggere miti e bidoni e senza l'attitudine a convertire troppo spesso le proprie idee su questo o quel giocatore alla velocità della luce. Martz riesce comunque a scavare sempre più a fondo la propria fossa, anche perché a St. Louis c'è ancora voglia di tornare protagonisti veri in NFL e non sembra essere lui l'uomo adatto a riportare gli oro-blu ai fasti recentemente passati.
Domenica al Giants Stadium si scontravano due squadre con un record di 2-1, maturato da una parte (quella newyorkese) grazie a due incontri abbordabili, e dall'altra, nelle stesse condizioni, con la "disgrazia" di una sconfitta con i 49ers all'esordio che aveva rovinato i piani di una partenza col turbo.
I Giants distruggono i Rams vittime in primis dell'incapacità del proprio coach di dare logica al proprio book offensivo, di inserire iniziative capaci di sfruttare al meglio uomini come Steven Jackson o Marshall Faulk, tenuti scandalosamente a freddo per davvero troppi giochi. I Rams avrebbero potuto rientrare in partita più volte, ma il buon head coach aveva presumibilmente studiato a modo i filmati di NY, notando i buchi delle secondarie e la vulnerabilità sul gioco aereo. Scaltro com'è, il vecchio Martz, non si è lasciato sfuggire l'occasione di chiamare 62 giochi aerei, mettendosi nelle mani di un Mark Bulger che non ha certo tra le migliori qualità quella di leggere le difese e impartire audibles tempestivi e davvero efficaci.
I Giants controllano la partita, danno l'idea di non essere squadra brava a "mangiarsi" il cronometro, ma sicuramente di avere ottime potenzialità offensive spesso sufficienti a vincere da sole le partite contro squadre di un livello medio-basso. Eli Manning ha cominciato la stagione giocando tra alti e bassi ma, proprio nell'incontro perso contro i più quotati San Diego Chargers, anche di poter sfoderare prestazioni di altissimo livello.
Il protagonista della partita, colui che maggiormente ha completato il gioco offensivo, è stato Plaxico Burress, il quale tornava dopo essere stato sulla sideline tutto il primo quarto della week 3 per aver violato regole interne alla franchigia. Burress gioca forse la miglior partita della propria carriera per produzione offensiva, ricevendo per 204 yards con due td. Le altre due segnature avvenute su lancio di un Manning da 19/35 per 296 arrivano grazie ad Amani Toomer e al sempre grande Jeremy Shockey con una ricezione da 31 yards. Il tight end dei Giants chiuderà con 4 ricezioni per 51 yards.
Dall'altra parte Bulger trova una prestazione da ben 442 yards e due td, subendo però tre intercetti e non ricevendo il supporto di un running game quasi mai chiamato in causa da Martz e che produce 42 yards contro le 164 degli avversari, 128 delle quali portate in 24 giochi da Tiki Barber, a sua volta autore di un touchdown.
La partita è subito in salita per i Rams che si vedono rifilare 24 punti nei primi quattro drive, riuscendo solo con Jackson a ridurre le distanze. I Giants appaiono intenzionati da subito intenzionati a correre ben pochi rischi e, in virtù del vantaggio ottenuto, calano la pressione offensiva, ma non sono davvero in grado di gestire a meglio il tempo e danno la possibilità ai Rams di rimettersi in gioco tra l'arrivo dell'half time e l'inizio del terzo quarto lasciando loro almeno un possesso di troppo.
Una difesa assolutamente ridicolizzata quella dei Rams, con il solo Adam Archuleta a provare a mettere qualche pezza in un reparto paurosamente lento e spesso mal posizionato. Michael Hawthorne non regge al meglio la gara, DeJuan Groce appare spesso spaesato e i linebackers non riescono a giocare con forza in contenimento sul QB o sulle corse di Barber. Tagliati fuori dai lanci spesso in profondità di Manning, Claiborne e Coakley non si vedono quasi mai, mentre il povero Tinoisamoa cerca di mettere collante tra le pareti che lentamente si sfaldano.
I Rams che provano a rientrare in gara trovano dieci punti a fine secondo quarto di nuovo grazie a Steven Jackson e al kicker Jeff Wilkins. Il 34-17 è pesante, ma la prima palla giocabile del secondo tempo va agli arieti. Il drive giocato da Bulger è ottimo fino alle 6 yards avversarie quando arriva la ormai famosa e pazza chiamata di Martz: una reverse da giocare con Jackson e Shaun McDonald.
La posizione di campo consiglierebbe altra scelta, ma Bulger accetta e gioca la reverse che porta risultati osceni ed un fumble ricoperto dai Giants. NY convertirà questo pallone recuperato in sette punti d'oro e che, di fatto, andrà a chiudere la partita. Su questa chiamata il RB si assume ogni responsabilità "E' stata colpa mia" ha detto Jackson, "Non di Shaun. Ho lanciato un po' dietro di lui, e non sono stato deciso, essendo un individualista. All'ultimo, ho deciso di seguire lo schema e di lanciare, ma ho sbagliato". Ma è il commento di Martz a lasciare tutti un po' perplessi"
"Marshall (Faulk) lo fa sempre, ma non era in campo. L'abbiamo sempre provato in allenamento con Marshall. E doveva esserci lui in campo, così abbiamo fatto confusione".
Incredibile.
Ormai obbligato a lanciare per necessità Bulger rimediava ben tre intercetti nell'ultimo periodo, due dei quali a tempo ormai finito, riuscendo comunque a portare altri punti in casa con un td pass di 22 yards per Torry Holt. In due attacchi che hanno subito non troppa pressione sulla linea e che hanno avuto buon gioco nella protezione del quarterback, la differenza arriva quindi sui turnovers (5-0 per i Giants), anche se quelli fondamentali sono ovviamente i fumbles ricoperti da Greisen e Robbins con l'incontro che poteva essere riaperto dai Rams almeno come risultato, visto che il gioco non sembrava dare i propri frutti. La difesa dei Giants dal canto suo ha mostrato parecchie lacune nonostante l'evidente difficoltà di Bulger e soci, e non traggano in inganno le ottime prove della safety Gibril Wilson e del pacchetto linebackers.
L'assenza del gioco di corse ha semplificato le coperture delle secondarie, ma è anche vero che i tre intercetti sono arrivati in situazione davvero disperata per i Rams e con un'inerzia psicologica al 100% dalla parte dei Big Blue. Il resto della partita ha visto comunque una difesa concedere 476 yards all'attacco avversario e l'incapacità di bloccare giochi decisivi come il 7 su 14 concesso nelle conversioni di terzo down e il 2 su 2 in quelle di quarto.
A New York si godono il record di 3-1 senza dimenticare il crollo improvviso che raggiunse la squadra nel 2004 dopo un buon avvio, per molti dovuto all'affrettato inserimento di Manning al posto di Kurt Warner; ad onor del vero la squadra di coach Tom Coughlin arrivava comunque da una striscia di tre sconfitte quando il giovane QB venne gettato nella mischia. Manning ha giocato la miglior partita della sua giovane carriera, chiudendo con un rating di 120.7.
La squadra si è mostrata davvero solida e funzionale in attacco, la palla va per aria che è una bellezza, i lanci del QB da Mississippi tagliano l'aria con una precisione splendida e le mani di Shockey, Toomer e Burress reggono perfettamente il gioco. In attesa di incontri più duri NY è comunque in grado di vincere le partite che bisogna portare a casa per tentare un colpo grosso in stagione, ossia non scivola su avversari che dovrebbero arrivare dietro o, perché no, giocarsi una wild card proprio con i Giants. La difesa non sembra solidissima, concede molte yards e soffre tantissimo il gioco aereo, ma dopo l'incontro di domenica è la miglior squadra in fatto di palloni recuperati se si esclude la terribile brigata dei ragazzacci di Cincinnati.
Con una difesa così "morbida", ma almeno non priva del sempre fondamentale Michael Strahan (un sack anche contro Bulger) come un anno fa, l'attacco deve cercare di giocare anche per il cronometro visto che in quasi ogni occasione esce chiudendo meno primi down, guadagnando meno yards e tenendo per meno minuti il pallone rispetto agli avversari. Con squadre più concrete queste concessioni alla fine vengono pagate sul tabellino dei punteggi e se è vero che la rapidità di movimento del gioco offensivo e l'esplosività dello stesso dipendono proprio da scelte e giocate rapide che rendono questo attacco molto temibile, questo comporta comunque la possibilità di regalare tantissimi possessi agli avversari. E tutto ciò senza contare il fatto che, almeno per ora, la squadra ha subito poche perdite di palla, ma non sempre si può sperare che vada così: arriveranno anche difese più solide di quelle di Arizona o St. Louis.
Manning continua la scalata ai vertici NFL e all'Empire State Building come simbolo della rinascita del football di NY. La NY che ultimamente ha subito un dominio biancoverde piuttosto netto ma che oggi vede negli stessi Jets una squadra senza il proprio leader e in grandissima difficoltà . Per i Giants si sta forse avvicinando la stagione del sorpasso ai danni dei "cugini"?
Per i Rams c'è poco da dire. La squadra ha gli stessi problemi dello scorso anno con la differenza che nel 2005 l'attacco potrebbe fare la differenza molto meno frequentemente rispetto a quello che è stato per altre stagioni. La difesa continua ad essere un accenno di quello che dovrebbe apparire come un reparto da NFL. L'attacco ha i numeri e li tira fuori spesso, ma innegabile che vi sia stata un'involuzione nel gioco in generale e l'ultima uscita ne è la conferma.
Martz è un uomo certamente sull'orlo del licenziamento e dopo i 62 lanci chiamati domenica è un miracolo che non si trovi già ora a spasso in qualche parchetto con la famiglia. Verrebbe da usare termini duri nei confronti di un tecnico che adotta queste scelte, ma la stagione è lunga e, anche se lo conosciamo bene, non possiamo che attendere i prossimi incontri per valutare cosa porterà il lavoro alla sua sesta stagione nei Rams.