Caso Tillman: ultimi sviluppi

Il caso di Pat Tillman ha commosso l'America…

Afghanistan, aprile 2004. La nuova frontiera della guerra al terrorismo, lo spettro di Osama Bin Laden da rincorrere per i canaloni della regione di Khost, ai confini con il Pakistan. I moderni guerrieri del 75° Reggimento Rangers si preparano per l'ennesima azione di "search and destroy", la caccia ai guerriglieri talebani che ancora sfuggono al controllo del governo centrale e che potrebbero nascondere il nemico pubblico numero uno degli Stati Uniti.

Mentre si prepara all'azione, il caporale veterano non riesce a non lanciare un'occhiata ai suoi libri, lì, nella tenda. Una copia della Bibbia, una del Corano, una del libro dei Mormoni, volumi di Henry David Thoreau, e di Ralph Waldo Emerson. E proprio un passo di Emerson, le pagine aperte, è sottolineato: "Grande uomo è chi, nel mezzo della folla, mantiene con perfetta soavità , l'indipendenza della solitudine". Sorride, agguanta l'M-16 e l'elmetto "Fritz" in kevlar, ed esce dalla tenda.

Il safety degli Arizona Cardinals era davanti alla TV, in quel giorno marchiato a fuoco nella storia dell'umanità . Numero 40 proveniente da Arizona State, era stato scelto dai Cards e si era guadagnato i gradi da titolare giorno dopo giorno. Non velocissimo o potentissimo, giocava però con una grinta e con una intelligenza fuori del comune, e con uno spirito di sacrificio che compagni ed allenatori trovavano ammirevole.

Ma quel giorno, lì, davanti al televisore, si sentiva inutile, mentre centinaia di persone come lui venivano spente da un pugno di terroristi. Era l'11 settembre 2001, e dopo l'attacco alle Torri Gemelle di New York ed al Pentagono a Washington, il mondo intero fissava sotto shock le immagini di quegli edifici sventrati ed in fiamme, il cuore del mondo occidentale sotto attacco. "Mio nonno era a Pearl Harbor, ed io finora non ho fatto niente per il mio paese. Giocare a football sembra così stupido se paragonato a quello che stiamo vedendo"."

Cos'hanno in comune questo caporale dei Rangers con un salario da 18,000 dollari all'anno ed il safety dell'NFL pagato più di un milione di dollari a stagione? Semplice, sono la stessa persona. Patrick Daniel Tillman è il safety degli Arizona Cardinals che, dopo l'11 settembre 2001 ha deciso di rinunciare al suo contratto milionario per arruolarsi nell'esercito del suo paese.

Ha completato l'addestramento di primo livello nel luglio del 2002 e quello avanzato in ottobre. In novembre si è cucito sul petto le ali da paracadutista, ed in dicembre, dopo aver completato il programma a Fort Lewis, Washington, è stato assegnato al secondo plotone, Compagnia A, Secondo Battaglione del 75° Reggimento Rangers.

Nel marzo 2003 ha iniziato un "tour of duty" di un anno in Iraq, e nel suo primo conflitto a fuoco ha visto morire al suo fianco il mitragliere del "Humvee", la classica jeep a passo largo, sulla quale si trovava. Ha reagito istintivamente prendendo il posto del compagno caduto per coprire i compagni col fuoco della "M-60". Dopo il primo anno in Iraq, ha pure ricevuto un'offerta per tornare a giocare a football, ma l'ha respinta dicendo di non avere ancora terminato il suo compito. E così nella primavera del 2004 è partito per il secondo turno in prima linea, nel sud-est dell'Afghanistan tra le vallate a sud di Islamabad che sono ancora feudo dei guerriglieri talebani.

Ma questa volta, a differenza di quanto accade nei film, non c'è lieto fine. L'azione militare, del 22 aprile 2004, costellata da una sagra di errori tattici, culmina nella separazione dei due plotoni che non possono neppure mettersi in contatto radio a causa della configurazione del terreno. E quando i reparti si reincontrano, alla testa della Compagnia "A" c'è uno "scout" afgano che viene erroneamente scambiato per un nemico talebano.

Il dito del sergente Greg Barker, sullo "Humvee" del Comando Compagnia "B" si irrigidisce sul grilletto ed il monotono latrato della mitragliatrice rompe il silenzio della valle: l'afgano crolla bocconi mentre altri rangers aprono il fuoco in un caos riempito dalle assordanti detonazioni e dal miagolio dei proiettili, in un parossismo di terrore. Tillman ed i suoi compagni si trovano sul terreno scoperto, e consci dell'errore dei commilitoni, cercano di farsi riconoscere urlando a squarciagola nel rumore infernale provocato dalle detonazioni.

La Compagnia "A" lancia pure una bomba fumogena che fa interrompere il fuoco ai mitraglieri della "B", ma quando Patrick Daniel Tillman si alza, un'ultima raffica lo investe in pieno. E' ferito mortalmente, eppure fa ancora in tempo a gridare "Cessate il fuoco, siamo amici" prima che la luce si spenga nei suoi occhi. Per sempre.

E' questa una delle dieci, cento, mille storie di guerra nell'inferno medio-orientale di un tranquillo inizio di Terzo Millennio. Una storia di valori, di onore, e di sacrificio in quella pazzia senza fine che è la guerra, che è ogni guerra.

Eppure è notizia di questi giorni che l'Esercito degli Stati Uniti, preoccupato per l'effetto negativo che avrebbe avuto la notizia di un campione sportivo morto a causa dell'incompetenza di alcuni commilitoni, ha cercato con una menzogna di regalare al suo popolo una versione edulcorata della morte di Pat Tillman, vestendolo dei panni dell'eroe caduto mentre combatteva il nemico più reietto: i terroristi di Al Qaida.

La "Silver Star" che è stata attribuita a questo ragazzo dell'Arizona è la giusta ricompensa per il sacrificio di quanto più prezioso avesse: la propria vita. Ma il modo in cui altri hanno gestito la sua morte è la sconfitta peggiore per una società  civile e democratica come quella occidentale.

E' più importante la verità  o il senso del dovere che porta pochi a decidere, nel bene e nel male ciò che è giusto per la maggioranza? Pat Tillman ha voluto, a torto o a ragione, dimostrare che c'è ancora qualcuno pronto a rinunciare ad una vita comoda e ricca per dedicarsi all'affermazione dei propri ideali, e a rischiare la vita per difenderli.

Ma gli alti ufficiali del 75° Reggimento Rangers si sono arrogati il diritto di decidere che la verità  è un pericolo per le deboli menti dell'opinione pubblica statunitense. Ed in questo forse sta tutta la contraddizione dell'America, a volte grandissima, a volte piccola piccola"

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