Rabbit Maranville, Boston Braves 1914
Domenica prossima, Jacksonville ospiterà la trentanovesima edizione del Super Bowl, che sarà disputato tra Patriots ed Eagles: nonostante questo incontro sia inedito per la NFL, le città di Boston e Philadelphia si sono già incontrate numerose volte nelle altre discipline (MLB, NHL e NBA), regalando sfide emozionanti; con questo articolo di avvicinamento al Super Bowl, vorrei presentare ai lettori di Play.it gli storici scontri avvenuti tra Boston e Philadelphia nelle World Series, nella Stanley Cup e nei playoff NBA.
Il nostro viaggio nel passato inizia con il baseball e più precisamente con le World Series del 1914, che videro la sfida tra i Philadelphia Athletics e i Boston Braves. Gli A's furono senza dubbio una delle principali squadre nei primi quindici anni del XX secolo: guidati dallo storico manager Connie Mack, gli Athletics si erano conquistati il quarto pennant AL nelle ultime cinque stagioni, dimostrandosi i dominatori non solo del junior circuit, ma anche delle intere majors. Philadelphia aveva nel proprio roster ottimi giocatori quali Eddie Collins (eccellente seconda base e miglior battitore della AL), Frank “Home Run” Baker (miglior fuoricampista della lega) e il pitcher Chief Bender, che, con un record di 17-3 nel 1914, aveva completato una percentuale di vittoria dell'85%.
Se nella American League, le previsioni della vigilia furono rispettate, questo non avvenne nella NL, in cui a prevalere furono i sorprendenti Boston Braves. Eppure il 15 luglio, i Braves occupavano mestamente l'ultima posizione in classifica, con un mediocre bilancio di 33-43; nessun osservatore dava loro una minima speranza, quando improvvisamente, i ragazzi di coach George Stallings iniziarono un'incredibile serie vincente, che li condusse alla prima posizione tra lo stupore generale: con 51 vittorie ed appena 16 sconfitte, Boston era riuscita a conquistare il pennant NL, staccando di oltre dieci lunghezze i New York Giants, i grandi dominatori del Senior Circuit nelle passate stagioni.
Eppure per le World Series, nessuno aveva dubbi: gli Athletics erano troppo più forti dei Braves! Avevano vinto 99 partite, lasciandosi alle spalle i pericolosi Boston Red Sox ed erano i detentori del titolo mondiale! Nonostante la presenza dello shortstop Rabbit Maranville, del seconda base Johnny Evers (proveniente dai Cubs) e di due pitcher da 26 vittorie, Dick Rudolph e Bill James, la serie sembrava già decisa in partenza. Invece, il campo propose un esito completamente diverso: the Miracle Braves si laurearono campioni del mondo, realizzando un inaspettato sweep, con quattro vittorie in altrettanti incontri! Chief Bender fu punito in Gara 1, chiusasi 7-1, mentre i pitchers di Boston Bill James e Dick Rudolph si dimostrarono intoccabili per i battitori di Philadelphia.
Il momento decisivo della serie avvenne probabilmente in gara 3, che si chiuse agli extra-innings: nonostante due punti nella decima ripresa, gli A's non seppero mantenere il vantaggio, per poi concedere nel dodicesimo inning la segnatura decisiva, in seguito all'errore del pitcher Joe Bush.
Dodici mesi più tardi, le città di Boston e di Philadelphia si ritrovarono nuovamente nelle World Series, tuttavia questa volta sarebbero state rappresentate da Red Sox e da Phillies. Le Calze Rosse erano pronte a raccogliere il testimone dagli Athletics e diventare la potenza principale della American League: gli A's, infatti, erano stati completamenti smantellati ed i migliori giocatori erano stati ceduti ad altre squadre; la grande dominatrice della prima parte della decade chiuse il 1915 con un pessimo record di 49-103!
Dopo aver conquistato il pennant dell AL dopo una durissima lotta contro Detroit, i Red Sox si prepararono a conquistare il primo titolo mondiale dal 1912; Boston era una squadra completa, forte in ogni reparto: Tris Speaker, Harry Hooper e Duffy Lewis componevano un esterno senza eguali, mentre il pitching staff era formato da fuoriclasse come Babe Ruth, Smokey Joe Wood, Ernie Shore, Dutch Leonard, Rube Foster.
Nella NL, i Philadelphia Phillies staccarono i Boston Braves, campioni del mondo in carica, aggiudicandosi per la prima volta l'accesso alle World Series; la stella della compagine della Pennsylvania era senza dubbio il lanciatore Grover Cleveland Pete Alexander, che nel 1915 vinse la prima di tre consecutive pitching triple crowns: 31 vittorie, 214 strikeout e un'ERA di 1.22 gli permisero di guidare la National League in tutte e tre le categorie.
Le World Series si aprirono con un capolavoro di Alexander, che seppe fermare l'attacco di Boston, concedendo un misero punto; Philadelphia si portò sull'1-0 nella serie, ma poi fu costretta a cedere quattro volte consecutivamente, lasciando il titolo mondiale a Boston. Le quattro partite successive furono decise da un misero punto di differenza, che in addirittura tre occasioni fu segnato nella nona ripresa!
Le sfide del 1914 e del 1915 furono le uniche avvenute nelle World Series tra le due città , quindi la nostra attenzione si sposta alla Stanley Cup, precisamente al 1974.
I Boston Bruins erano senza dubbio una delle principali compagine dell'intera NHL, una delle poche che poteva competere contro la corazzata dei Montreal Canadiens: vincitori della Stanley Cup sia nel 1970, sia nel 1972, i Bruins si erano dimostrati la migliore squadra della lega anche nel 1974, dominando la regular season (da 78 partite) con 113 punti.
Bobby Clarke, capitano dei Flyers, contro Bobby Orr, leggendario difensore dei Bruins. Phil Esposito osserva la scena.
In attacco, Boston era assolutamente spettacolare, riuscendo a segnare addirittura 349 reti: le prime quattro posizioni della classifica marcatori furono occupate da altrettanti Bruins, quali Phil Esposito (145 punti), Bobby Orr (122), Ken Hodge (105) e Wayne Cashman (89); oltre a conquistarsi il quarto Art Ross Trophy (premio per il miglior marcatore) consecutivo (il quinto in sei anni), Esposito fu premiato anche con l'Hart Memorial Trophy, il riconoscimento destinato all'MVP della stagione. La difesa era comandata da Bobby Orr, colui che molti critici considerano addirittura il miglior giocatore di sempre!
Nei playoff, Boston eliminò Toronto per 4-0, per poi superare in sei partite i Chicago Black Hawks, meritandosi l'accesso alla finale per la Stanley Cup.
L'altra finalista fu appunto Philadelphia, squadra che debuttò nella NHL con l'expansion del 1967; i primi anni furono alquanto complessi, ma grazie all'innesto di Bobby Clarke, i Flyers iniziarono la loro ascesa verso le posizioni di prestigio: nel 1974, Philadelphia chiuse la stagione in vetta alla Western Division, con addirittura 112 punti, uno in meno rispetto a Boston.
I Flyers erano famosi per il loro gioco estremamente duro ed aggressivo, spesso ai limiti del regolamento: ben presto fu coniato il termine “Broad Street Bullies”, che descriveva alla perfezione il violento stile dei giocatori di Philadelphia; Clarke, il capitano, era ovviamente il punto di riferimento, ma non vanno dimenticati giocatori come Joe Watson, Bill Barber, Ed Van Impe, Gary Dornhoefer e Rick MacLeish. Infine è necessaria una menzione per Dave Schultz, che nel 1974 guidò la NHL con addirittura 348 minuti di penalità . Tuttavia, il vero protagonista era il portiere Bernie Parent, che, ritornato ai Flyers dopo le esperienze con i Toronto Maple Leafs e i Philadelphia Blazers della WHA, completò una stagione magnifica, come dimostrato dalle statistiche: 47 vittorie, 1.89 di media gol subiti, che furono coronate dal Vezina Trophy.
Philadelphia raggiunse la finale di Stanley Cup dopo aver eliminato gli Atlanta Flames (4-0) e i New York Rangers (4-3); indubbiamente, i Flyers erano una squadra temibile, eppure gli osservatori non sembravano molto ottimisti nei loro riguardi, preferendo i Bruins, che tra l'altro potevano usufruire del fattore campo nella serie: mai nella loro storia, i Flyers erano riusciti a violare il leggendario Boston Garden, quindi pochi avrebbero potuto prevedere un loro successo.
Gara 1 sembrò confermare le previsioni, ma nella partita successiva Philadelphia si prese la rivincita: i tempi regolamentari si chiusero sul 2-2, ma in overtime Bobby Clarke trovò realizzò una rete importantissima, che spostò l'inerzia verso la squadra della Pennsylvania. I Flyers conquistarono due successi consecutivi tra le mura amiche, prendendo un consistente vantaggio per 3-1, ma dopo la sonora sconfitta per 5-1 al Garden, i dubbi iniziarono a crescere: sarebbero riusciti i Flyers a chiudere la serie in casa oppure avrebbero dovuto compiere un'ulteriore impresa in trasferta?
Tra le superstizioni e credenze dei tifosi di Philadelphia, una delle più famose riguardava la cantante Kate Smith e la sua interpretazione di God Bless America: generalmente, quando la Smith intonava questo canto al posto del tradizionale inno “The Star Spangled Banner”, i Flyers vincevano; per cercare di spostare la fortuna dalla propria parte, Kate Smith fu invitata a cantare God Bless America prima di Gara 6!
Superstizione o meno, i Flyers riuscirono a sconfiggere per 1-0 i Bruins, grazie alla rete di Rick MacLeish, conquistando una memorabile Stanley Cup: quel successo, che sarebbe stato bissato dodici mesi dopo, fu il primo per una squadra d'espansione nella storia della NHL, quindi ancora oggi riveste un'importanza notevole. Per i Bruins, invece, quella sconfitta segnò l'inizio di un periodo sfortunato e complesso: nelle annate successive, Boston raggiunse la finale di Stanley Cup altre quattro volte, rimediando purtroppo altrettante sconfitte.
Larry Bird contro Julius Erving: i simboli delle 2 città nel basket negli anni '80
L'ultima parte del nostro articolo è dedicata alla NBA, che, sebbene non abbia mai presentato una finale tra Boston e Philadelphia, ha spesso incrociato i Celtics contro i Warriors (prima) e 76ers (poi): protagonisti come Bob Cousy, Bill Russell, Wilt Chamberlain, Julius Erving e Larry Bird hanno infiammato tutti gli appassionati e le loro imprese sono ancora oggi ricordate con emozione.
Il primo scontro tra Boston e Philadelphia avvenne nella finale della Eastern Division del 1958: i Celtics erano guidati da Bill Russell (che nel suo anno da sophomore, aveva conquistato il primo MVP della propria carriera) e riuscirono a sconfiggere i Warriors per 4-1, raggiungendo la finale NBA. La sfida si ripeté due anni più tardi, sempre nella finale della Eastern Division: nonostante il rookie Wilt Chamberlain, i Warriors furono nuovamente sconfitti da Boston, che stava per iniziare una fantastica quanto irripetibile dinastia.
Nel 1962, la sfida tra Warriors e Celtics raggiunse il proprio apice: nella finale della Eastern Division, Boston e Philadelphia arrivarono alla decisiva settima partita (da giocare al Garden), dopo che le due formazioni si erano alternate regolarmente vittorie e sconfitte; nonostante un eccezionale Wilt Chamberlain, i Celtics trovarono l'ennesimo successo, grazie al drammatico tiro di Sam Jones che fissò il punteggio sul 109-107 finale.
Al termine di quella stagione, i Warriors lasciarono la Pennsylvania per la California del Nord, ma nel 1963 Philadelphia accolse i Nationals, che abbandonarono Syracuse per diventare i 76ers. Durante la stagione 1964-65, i 76ers riportarono a Philadelphia Wilt Chamberlain, con la speranza di interrompere il devastante dominio di Boston.
Sixers e Celtics si affrontarono nella finale della Eastern Division, che ovviamente si prolungò alla settima partita: in vantaggio per 110-109 a pochissimi secondi dal termine, Boston poteva chiudere definitivamente la contesa, avendo a disposizione il possesso della palla; Bill Russell, tuttavia, sbagliò la rimessa, regalando agli avversari un ulteriore tentativo per ribaltare il punteggio.
Hal Greer voleva passare la palla a Chet Walker, ma John Havlicek intuì le intenzioni della guardia di Philadelphia e deviò il pallone, che finì tra le mani sicure di Sam Jones! Il successo di Celtics fu immortalato dalla celeberrima frase di Johnny Most (il leggendario telecronista bostoniano)
“Havlicek stole the ball! It's all over! It's all over!”
Due anni più tardi, Philadelphia si riprese la rivincita su Boston con un sonoro 4-1, che le permise di raggiungere la finale NBA; il regno dei Celtics sembrava ormai finito, ma Russell e compagni si risollevarono e due anni dopo, sconfissero i rivali per 4-3.
La rivalità tra Celtics e 76ers riprese vigore negli anni '80, quando a vestire le maglie biancoverdi e biancorosse furono i meravigliosi Larry Bird e Julius Erving: per tre anni consecutivi (1980-81-82), Boston e Philadelphia si sfidarono per il titolo della Eastern Conference, esaltando gli appassionati americani e non solo.
La prima sfida fu vinta abbastanza facilmente da Philadelphia (4-1), ma le successive due furono degli autentici capolavori: nel 1981, i 76ers si portarono sul 3-1 dopo quattro partite, ma un magnifico Larry Bird ribaltò una serie che sembrava ormai finita! Nonostante i cospicui vantaggi di Philadelphia in gara 5, gara 6 e gara 7, The Legend salì in cattedra, conducendo i suoi Celtics al successo finale: il canestro decisivo nella settima sfida è ancora oggi uno dei momenti più importanti nella storia della NBA.
Dodici mesi dopo, la finale della Eastern Conference propose lo stesso tema: vantaggio iniziale dei 76ers per 3-1, pareggio dei Celtics e gara 7 al Boston Garden; questa volta però, la storia era dalla parte di Philadelphia, che con un netto 120-106 raggiunse la finale NBA.
Come abbiamo potuto vedere, Boston e Philadelphia hanno sempre saputo creare degli scontri altamente spettacolari ed emozionanti: per questo motivo, siamo convinti che anche il prossimo Super Bowl tra Patriots ed Eagles sarà all'altezza delle altre sfide tra queste due storiche città .