Timothy J. Mara è stato il primo proprietario dei New York Giants
Fin dal 1925 parlare di football a New York vuol dire parlare dei Giants. In quasi ottanta anni la squadra ha costruito un legame indissolubile con la città ed è stata fondamentale addirittura per il successo della lega di football di cui fa parte, la National Football League.
Negli anni venti del secolo scorso, infatti, l'American Professional Football Association (l'attuale NFL) decise, per dare più visibilità ad uno sport fino ad allora poco seguito, di fondare una franchigia nella città più popolata degli Stati Uniti d'America, New York (ben 5 milioni e mezzo di abitanti).
Pagando la cifra di 500 dollari Timothy J. Mara, uno dei più importanti bookmaker dello stato, si aggiudicò una squadra di football nella città che proprio in quegli anni venne soprannominata "The Big Apple".
Nascono così, nell'aprile del 1925, i New York Football Giants. Mara scelse quel soprannome perché New York avrebbe giocato al Polo Grounds, stadio dei mitici New York Giants di baseball. La prima partita ufficiale, terminata con una sconfitta per 14 a 0, è stata giocata nell'ottobre 1925 contro i Frankford Yellow Jackets.
Mara sapendo ben poco di football decise di affidare la gestione della squadra al dottor Harry March che fece del suo meglio per pubblicizzare la neonata franchigia, arrivando anche ad ingaggiare il mitico Jim Thorpe (fu uno dei primi a giocare a livello professionale sia a baseball che football e qualche anno fa l'ABC lo ha proclamato atleta del secolo).
Non bastò il nome di Thorpe, ormai in visibile declino, come richiamo per il pubblico perché i rinati programmi di football delle università di New York e i "soliti" baseball e boxe toglievano spazio sui quotidiani ai Giants, che chiusero il primo anno in passivo di circa 50 mila dollari.
Nonostante le prime difficoltà finanziarie Mara non si arrese e l'anno successivo riuscì, in una sola partita, a rifarsi delle perdite passate. Ben 70 mila spettatori, infatti, si ritrovarono al Polo Grounds, situato sulla 155th Street di Manhattan.
L'attrazione era il miglior giocatore di football di quei tempi, Red Grange dei Chicago Bears. L'evento, anche se si è concluso con una sconfitta della squadra locale, ebbe così tanto successo da far guadagnare al proprietario dei Giants 143 mila dollari.
Proprio Grange l'anno successivo, in cui arrivò il primo titolo per i Giants, tentò in tutti i modi di portare una seconda squadra a New York. La forte opposizione di Mara gli impedì di entrare nella lega e Grange, insieme al suo agente "Cash and Carry" Pyle, decise di formare una seconda lega professionale di football in cui far giocare i New York Yankees.
L'American Football League durò un solo anno ma quella stagione bastò a Mara per lanciare un'idea che sarebbe poi stata ripresa solo nel 1967 con la nascita del Super Bowl. Il proprietario dei Giants propose alla squadra campione della AFL, i Philadelphia Quakers, di giocare una delle prime partite ufficiali fra squadre di due leghe diverse nella storia del football professionistico. La partita si concluse con una sonora vittoria dei Giants (31 a 0).
La squadra continuò ad ottenere ottimi risultati fino al 1929, anno della Grande Depressione. Il sindaco della città , Jimmy Walzer, propose a Mara di organizzare una partita amichevole per raccogliere denaro da destinare al fondo per i lavoratori disoccupati.
Il proprietario dei Giants accettò e venne quindi organizzato l'incontro con un'altra leggenda del football statunitense: Notre Dame. I Giants vinsero 21 a 0 contro la squadra dei famosi Four Horsemen. Più importante del successo sul campo fu quello al botteghino: il fondo ricevette 115 mila dollari.
I problemi finanziari della città ovviamente ebbero conseguenze anche sulla squadra di Mara che in più di un occasione rischiò di fallire. L'unica nota positiva di quegli anni è la presenza di un personaggio che entrerà nella storia dei Giants e della NFL e che ancora oggi è il presidente della squadra: Wellington Mara.
Il figlio più giovane di Timothy è sempre stato coinvolto fin dal 1925 nella gestione della franchigia e si è sempre occupato dei Giants con l'unica eccezione di un periodo di 3 anni in cui prestò servizio come Tenente Comandante della Marina durante la seconda guerra mondiale.
Dopo aver seguito per 26 anni le partite dalla panchina, Wellington decise nel 1951 di occuparsi delle questioni amministrative diventando uno dei maggiori esperti dell'intera lega ed arrivando anche ad essere nominato nella Hall of Fame nella sezione dirigenti nel 1997, 34 anni dopo il padre.
"Mio padre non voleva assolutamente che mi occupassi dei Giants", ha dichiarato Mara, "Secondo lui dovevo diventare un illustre avvocato anche se io proprio non volevo. Solo dopo una decina d'anni ha accettato l'idea dicendomi 'Immagino che non diventerai avvocato'. Aveva ragione".
Wellington è entrato nella storia del football anche per un altro motivo. Per un certo periodo di tempo (precisamente dal 1941 al 1969) ha dato anche il nome al pallone di gioco. Il figlio di Timothy era soprannominato "Duke" perché aveva preso il nome dal duca di Wellington e nei primi anni quaranta la Spalding decise di rinominare il suo modello J5-V chiamandolo "The Duke". Il nome fu poi abbandonato nel 1969 per usare un anonimo "NFL Ball".
Proprio durante i primi anni di Wellington i Giants, loro malgrado, furono coinvolti in uno dei primi casi di tentativi di "compravendita" delle partite. Prima della finale per il titolo del 1946 fra New York e Chicago Bears un famoso allibratore dell'epoca contattò Merle Hapes, back dei Giants, offrendogli una sostanziosa somma di denaro per perdere la partita.
Hapes rifiutò ma commise l'errore di non informare nessuno dell'offerta tranne un compagno di squadra, Frank Filchock. La famiglia Mara decise di giocare lo stesso la partita che si concluse con la vittoria dei Bears per 24 a 14 nonostante i 2 touchdown lanciati da Filchock.
Il commissioner di allora della NFL, Bert Bell, quando seppe della cosa decise di squalificare a vita entrambi i giocatori solo perché erano a conoscenza del tentativo di truccare la partita. In seguito Bell decise di annullare la squalifica di Filchock ma di confermare quella inflitta a Hapes.
Wellington ha assistito anche alla "Golden Era" dei Giants, dalla metà degli anni cinquanta ai primi anni sessanta. In quel periodo New York vinse 6 titoli anche grazie al lavoro svolto da due coordinatori che entreranno nell'olimpo della NFL qualche anno dopo.
Vince Lombardi (5 titoli NFL con i Green Bay Packers, Hall of Famer dal 1971) si occupava dell'attacco mentre Tom Landry (2 Super Bowl vinti con i Dallas Cowboys e record di vittorie in carriera nella NFL) si occupava della difesa. "Non c'è mai stata tanta genialità tutta insieme nella stessa squadra", ha dichiarato Wellington Mara.
Alla fine degli anni sessanta però i Giants, a causa del ritiro di molti giocatori importanti e della fusione fra AFL e NFL che portò in città un'altra franchigia, i Titans (diventati poi Jets), iniziarono un lento declino di cui nessuno, in un primo momento si accorse. "Eravamo troppo impegnati a far meglio dei Titans anno dopo anno per pensare ad una strategia a medio-lungo termine", ha dichiarato in seguito Wellington.
Negli anni settanta i Giants cambiarono 4 volte lo stadio in cui giocare le partite casalinghe, muovendosi in 3 stati diversi, fino a stabilirsi nel 1976 al Giants Stadium, nelle Meadowlands. Otto anni dopo anche i New York Jets si trasferirono al Giants Stadium, a dimostrazione degli ottimi rapporti fra le 2 franchigie, iniziati proprio in occasione della fusione fra le due leghe quando i Mara non si opposero all'ingresso dei Titans.
Al di là dei cambiamenti del campo di gioco, poco era mutato riguardo la competitività della squadra che continuava a restare fuori dalle partite che contano. I Giants chiusero all'ultimo o al penultimo posto per ben 8 volte negli anni settanta.
Con l'arrivo di Bill Parcells come capo allenatore i Giants sono tornati ai vertici della lega vincendo il Super Bowl nel 1986 e nel 1990, anno in cui Wellington Mara ha venduto metà della proprietà della franchigia ad uno degli uomini più ricchi della nazione, Robert Tisch.
Pochi mesi dopo la vittoria del secondo Super Bowl, Parcells a sorpresa si dimette da head coach costringendo i Giants a promuovere Ray Handley, allenatore dei running back. Handley dimostrò palesemente i suoi limiti soprattutto in quella che è passata alla storia come una delle peggiori controversie fra quarterback nella storia della NFL.
I giocatori coinvolti erano Phil Simms, titolare nel primo Super Bowl e MVP della partita, e Jeff Hostetler, titolare nel secondo a causa di un infortunio di Simms. Handley scelse Hostetler ma fu costretto a schierare Simms quando il titolare fu vittima di un infortunio.
Trattandosi di New York la disputa fra i due venne ingigantita fino all'impossibile creando anche pericolose divisioni fra i tifosi. Uno dei punti bassi della carriera di Handley è stata la conferenza stampa in cui aggredì un giornalista che gli aveva fatto una domanda sulla controversia.
Nonostante tutto Handley venne confermato per un'altra stagione prima di essere invitato ad andarsene insieme a Hostetler. Al suo posto venne assunto Dan Reeves che in precedenza aveva guidato i Denver Broncos a 3 Super Bowl. Le sue stagioni nella Grande Mela non saranno certo ricordate come le migliori nella storia della franchigia: 1 solo approdo ai playoff ed 3 anni mediocri conclusi con un record totale di 20 vittorie e 28 sconfitte.
Gli unici momenti degni di nota sono la figuraccia rimediata dai tifosi nell'ultima partita del 1995 contro i San Diego Chargers (furono cacciati dallo stadio oltre 200 fan dei Giants per aver mandato K.O. un allenatore dei Chargers lanciandogli contro palle di neve) e il ritiro del mitico linebacker Lawrence Taylor nel 1993.
Nel 1997 al posto di Reeves è stato chiamato colui che ancora oggi allena i Giants, Jim Fassel. Dopo 2 anni di problemi nel ruolo di quarterback New York riesce finalmente ad assicurarsi un giocatore di alto livello in Kerry Collins.
Nella stagione 2000 i Giants vengono ancora considerati una squadra in transizione ma sotto la guida di Collins e del difensore Michael Strahan, diventato ormai uno dei leader della franchigia, riescono ad arrivare al Super Bowl. Nella finale per il titolo New York però non riesce a superare una delle migliori difese nella storia della NFL, quella dei Baltimore Ravens, e vengono sconfitti 34 a 7.
L'unico motivo di festeggiamenti nella stagione 2001 è stato il record NFL di sack in una stagione fatto segnare da Strahan con 22 e mezzo. Il giocatore è riuscito nell'impresa soltanto nell'ultima partita e con una giocata piuttosto dubbia da parte dell'avversario, il quarterback Brett Favre, che sembra quasi aver voluto regalare a Strahan l'ultimo sack necessario per battere il precedente record.
Anche il finale di stagione dello scorso anno è stato accompagnato dalle polemiche, questa volta rivolte agli arbitri. In una partita di playoff, decisiva quindi per l'avanzamento al turno successivo, gli arbitri hanno dichiarato conclusa la gara su un field goal mancato dai Giants viziato da un fallo degli avversari.
Il regolamento prevedeva per New York la possibilità di calciare nuovamente il field goal ed eventualmente vincere così la partita ma gli arbitri non hanno voluto sentire le proteste dei Giants. Nei giorni successivi è arrivata una lettera di scuse da parte della NFL per l'arbitraggio scadente ma questo non ha fatto altro che unire la beffa al danno subito dalla franchigia.