Pettitte torna a casa…

Ecco il grande Andy Pettitte con la nuova casacca, ed il figlio in braccio…

Si è conclusa con l'affermazione degli Houston Astros, la corsa per accaparrarsi i servigi di uno dei free agents più ambiti dell'intera offseason MLB, quell'Andy Pettitte di cui solo poche settimane or sono, venivano decantate le lodi, per dei playoffs giocati da protagonista(3-1, 2.10 ERA).

In pochi però, avrebbero scommesso sulla franchigia texana, vista soprattutto la presenza, tra le pretendenti, di squadre dal grande prestigio (e lo sconfinato portafoglio) quali Yankees e Red Sox. Ancor meno nutrite, le fila di coloro che pensavano che la maglia di Pettitte potesse essere diversa da quella sinora indossata nei suoi nove anni di carriera tra i professionisti, nove anni in cui il mancino nativo di Baton Rouge, ma da sempre legato indissolubilmente allo stato del Texas, ha collezionato 23 complete games, segnalandosi come unico pitcher dal 1930 a collezionare almeno 12 vittorie in ognuna delle sue prime nove stagioni.

Per non parlare della postseason, in cui le 13 vittorie conseguite da Pettitte, ne fanno il primo ogni epoca, in buona compagnia di John Smoltz.

Cifre del genere, se rapportate alla sua ancor relativamente giovane età  (31 anni compiuti a giugno) e ad un fisico integro, non possono far altro che giustificare l'entusiasmo scatenatosi a Houston, per quello che viene considerato uno dei più grandi free agents arrivati alla corte degli Astros.

Ma come si è arrivati, alla presentazione di giovedì scorso, in cui un sorridente Pettitte, mostrava la sua nuova casacca ed il suo nuovo numero (il 21!) accanto ad un ancor più sorridente Drayotn McLane ed al GM Hunsicker? Come spesso accade, una componente di fattori ha senza dubbio lavorato a favore degli Astros, i quali sono stati però bravi ad approfittare degli spiragli che si son parati loro davanti.

Si parla spesso, in occasione di trasferimenti importanti, di "scelte di vita" e, seppur spesso, queste scelte di vita vengano innaffiate da fiumi di fruscianti banconote, si tende a far passare il denaro come una componente secondaria dell'accordo: le opinioni possono essere le più disparate, ma in questo caso, seppur la "componente pecunia" sia comunque stata trattata in modo che le prossime tre generazioni di Pettitte non debbano necessariamente lavorare per portare a casa pane e diversi tipi di companatico, è stato probabilmente l'approccio veramente interessato della dirigenza texana a convincerlo a rifiutare la corte non proprio serrata degli Yankees o i milioni dei Boston Red Sox.

"Mi volevano veramente qui - commentava il pitcher - il mio cuore ha cominciato a strattonarmi per convincermi a restare in Texas e lanciare di fronte ai tifosi di Houston". Se, come universalmente noto, al cuor non si comanda, i 39 milioni per 3 anni offerti da Steinbrenner e i 52 per 4 stagioni, provenienti da Boston, sono stati declinati senza troppi rimpianti da un Pettitte allettato dalla possibilità  di rimanere più vicino alla propria famiglia e di andare più di frequente a vedere il proprio figlio maggiore (Josh, di 9 anni) giocare: "volare ogni giorno libero per vedere i suoi allenamenti è abbastanza duro. Mi chiamava ogni giorno per raccontarmi come erano andati gli allenamenti o le partite" adesso è molto eccitato dall'idea di avermi intorno per molto più tempo"".

Dal punto di vista familiare, dunque, logico che gli Astros abbiano avuto vita facile nel trattenere Pettitte nella sua casa di Deer Park. Dal punto di vista contrattuale, invece, la famiglia ha avuto poca voce in capitolo, ma l'aiuto, stavolta, è giunto proprio dal diretto interessato: il contratto di 31.5 milioni di dollari per lanciare al Minute Maid Park per i prossimi 3 anni, infatti, è stato reso possibile solamente dalla disponibilità  del lanciatore, ad accettarne la particolare struttura, una struttura che consentirà  alla franchigia texana di spalmare il pagamento di 7.5 dei 17.5 milioni previsti per il 2006, sino al 2008.

"E' stata una parte fondamentale dell'accordo - sosteneva un raggiante Hunsicker - senza la volontà  di Andy di accettare un simile modello, tutto questo non sarebbe successo"".

Questioni economiche a parte, non si è trattato certamente di un salto nel buio per un giocatore non esattamente a fine carriera, abituato a vincere e ad avere accanto eccellenti compagni di squadra.

Nei primi incontri con la dirigenza degli Astros, infatti, anche a sentire le parole di Randy Hendricks (uno degli agenti del giocatore) al centro dell'interesse del proprio cliente era più l'aspetto tecnico, a sollecitare la richiesta di alcune garanzie: la conferma della presenza del catcher Brad Ausmus (due volte Gold Glove) e rifirmato da Hunsicker, contribuiva a far pendere la bilancia verso lo stato della stella, mentre il particolare contratto offerto a Pettitte, andava visto nell'ottica del mantenimento dell'organico, nelle sue componenti fondamentali, in modo da garantire una assoluta competitività  ad una squadra che già  nella passata offseason, si era resa protagonista di un grosso colpo di mercato, andando a firmare il seconda base Jeff Kent, strappandolo alla corte di Giants e Dodgers.

"Non sarei venuto qui, se non avessi pensato che c'erano concrete chance di vittoria"" dichiarava ancora Pettitte, che continuava "tutto quello che so fare è vincere ed è tutto ciò che ho imparato a New York"".

Con quattro anelli e sei World Series giocate, è proprio lo spirito vincente di Pettitte, ancor più del suo indiscusso valore tecnico, che dirigenti e tifosi texani sperano riesca a far fare agli Astros il definitivo salto di qualità : "Non è nostra intenzione mettere sulle sue spalle tutto il peso delle nostre aspettative"vogliamo vincere e Andy potrà  darci una grossa mano, ma avrà  anch'egli un grande aiuto"" continuava Hunsicker, cosciente che una rotazione partenti, con Pettitte, Roy Oswalt e Wade Miller, è merce rara anche a questi altissimi livelli.

Tra i molti che ormai ritenevano Pettitte uno Yankee a vita, non va annoverato senza dubbio Lance Berkman, consapevole dell'enorme influenza che lo stato del Texas può esercitare sui nativi: "E' senza dubbio un grandissimo fattore"la gente che non è nata qui non se ne rende conto, ma questo stato esercita una fortissima attrazione"sono sicuro che è stato questo a riportarlo a casa"".

Ed allora, i tifosi degli Astros, non potranno che sperare che il grande stato della stella, compia un altro piccolo sforzo per andare a rimpinguare quella già  ricca rotazione di cui sopra, firmando quello che è considerato il padre putativo di tutti i power pitchers texani delle nuove generazioni: the Rocket, Roger Clemens.

L'arrivo di Pettitte a Houston, infatti, ha dato il via ad una ridda di voci che volevano un Clemens affascinato dall'idea di "uscire" dal proprio ritiro per unirsi al suo grande amico e figlioccio.

In occasione di una seduta di allenamento pochi giorni or sono, era stato proprio Clemens ad avere una implicita conferma delle decisioni del suo ex (al momento) compagno, quando Pettitte gli aveva chiesto se, nel caso avesse firmato per gli Astros, gli sarebbe dispiaciuto se avesse indossato il "suo" numero 21, un numero che il sei volte Cy Young Award ha indossato ai tempi della University of Texas, dei Boston Red Sox e dei Toronto Blue Jays, abbandonandolo solo all'arrivo a New York, in quanto già  indossato da Paul O'Neill.

Se fino a poco tempo fa, il ritiro di Clemens, era sicuro al 99,99 per cento, adesso, a sentire il diretto interessato, è sicuro solamente al 99,9, una percentuale che indubbiamente sembra scongiurarne un ritorno all'attività  ma che non sembra far perdere le speranze a McLane: "Gli parleremo quando sarà  il momento giusto, ma credo che in ogni caso, sia giusto rispettare le sue decisioni"solo lui può dirci quel che ha intenzione di fare"".

Gli Astros troveranno senza dubbio uno sponsor importante in Pettitte, ma la molla che potrebbe dare il via all'operazione potrebbe essere ancora una volta, quella autentica "droga" che è la "competizione", cui un professionista, sia pure (o forse a maggior ragione) plurititolato come il vecchio Roger, difficilmente sa dire di no.

Tra poche ore, Clemens, che si è preso il week-end per pensarci su, dovrebbe sciogliere ogni dubbio e chiarire se la franchigia di McLane, avrà  compiuto un ulteriore passo verso un obbiettivo che da aprile a ottobre accomuna un gran numero di squadre: "essere i campioni" essere i migliori"".

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