Austin Pettis segna il touchdown della vittoria.
Il dibattito è nuovamente aperto, e fino a che gli allineamenti non cambieranno o si deciderà che i playoffs sono forse l'unico modo indolore di risolvere la questione, tale rimarrà fino a data da destinarsi. Le piccole sono diventate grandi e tali vogliono essere considerate dal giro che conta, leggi Bcs, innescando una serie di eventi, giustificati dalle pesanti vittorie ottenute soprattutto da Boise State in situazioni che contano, e sfociati nella più classica delle battaglie nello scorso Fiesta Bowl, quando due appartenenti a conferences non Bcs, per l'appunto i Broncos e Texas Christian, si sono scontrate davanti ad una platea per loro inusuale cementando ulteriormente il loro status di little bigs.
Le stesse due squadre appena menzionate sono ripartite in questa prima giornata di campionato con le stesse intenzioni, ovvero finire imbattute il loro cammino e vedere che cosa il futuro riserverà loro, perché i loro calendari sono molto più agevoli rispetto a quelli delle big, ma una perfect season, come ben sanno molte grandi università , ha sempre il suo fascino quando si tratta di votare il ranking, per il quale le considerazioni nascono, oltre che dal computer, anche da ragionamenti umani.
In attesa di sapere quale sarà il loro destino, chiaro, sempre che non cadano prima vittime di un upset da parte di qualche collega della Wac piuttosto che della Mountain West, le compagini hanno ricominciato un nuovo duello ideale a distanza, con Boise State spedita in orbita dalla vittoria per 17-10 nel Bowl menzionato prima, conseguito in un posizionamento a ranking pre-stagionale arrivato al numero 3, dove cominciano le vertigini, in quanto un fatto del genere per quella scuola è stata una completa e piacevole novità .
Se Tcu aveva, non senza difficoltà , arginato l'ostacolo Oregon State nella nottata di sabato di fronte alla vasta platea del nuovo stadio dei Dallas Cowboys, i Broncos avevano tantissima pressione addosso per quella che è stata considerata la partita più importante nella storia di questo college, una sfida contro la storicità e la tradizione vincente di Virginia Tech, prima colosso della Big East e quindi della Acc che sotto Frank Beamer si è costruita un palmares di tutto rispetto.
Sempre parlando di considerazioni di National Championship, per quanto improbabili esse possano essere, quanto importante era vincere una partita del genere per tallonare le prime due posizioni del ranking? Quanta pressione avevano addosso i ragazzi di coach Petersen di fronte ad un evento di proporzioni gigantesche per un ateneo così piccolo?
La gara ha mostrato i due volti dei Boise State Broncos, che per l'occasione, sfoggiavano pure una nuova ed aggressiva tenuta di gioco con il logo del casco appositamente ridisegnato.
Per gran parte del primo tempo si è assistito alle giocate di una difesa organizzata, ben congegnata contro uno dei giochi di corse potenzialmente più pericolosi della nazione, ed un attacco che, sfruttando gli errori altrui, approfitta di ogni occasione buona per rimpinzare il proprio lato dello scoreboard.
Ed è stato così che davanti agli occhi degli increduli spettatori del Fed-Ex Field di Washington, nel quale gli Hokies giocavano praticamente in casa dinanzi ad un frastuono che avrebbe dovuto intimidire parecchio i piccoli ospiti, i Broncos hanno annichilito il trio formato da Ryan Williams, freshman delle meraviglie nel 2009, Darren Evans, il grande rientrante dall'infortunio al ginocchio, e David Wilson, troppo buono per essere lasciato un anno da parte con in redshirt e quindi inserito nel roster attivo, lasciando che fosse Tyrod Taylor, sicuro mvp di Virginia Tech di serata, a fare praticamente tutto da sé.
La formula ha funzionato fino al momento degli aggiustamenti da parte di Beamer e del suo staff: gli Hokies, che detengono storicamente una delle migliori difese d'America, reparto che dal 2005 ad oggi non ha mai concesso in singola stagione più di 17 punti a partita ora ne avevano elargito il medesimo ammontare in neanche un quarto di gioco; proprio loro, che sotto l'attuale head coach sono diventati famosi per cambiare le partite con gli special teams avevano commesso degli errori quasi imperdonabili per una gara di questa importanza permettendo agli avversari di capitalizzarvi, il tutto mentre la difesa di Bud Foster, composta da tantissimi giovani con poca esperienza da titolari, cercava di non far rimpiangere le passate edizioni.
Una flea flicker giocata con successo era stata quindi l'unica azione offensiva degna di nota per gli Hokies, andati sotto, come detto, attraverso ciò che dovrebbe essere il loro pane quotidiano.
Un mancato assegnamento in fase di bloccaggio ha difatti permesso al decisivo Austin Pettis di bloccare un punt nel territorio di Virginia Tech, posizione dalla quale Kyle Moore, quarterback molto propenso al touchdown e poco propenso all'errore (39 mete contro 3 intercetti nel 2009), non si è fatto pregare più di tanto per pescare in endzone lo stesso Pettis dopo una playaction che è tra le specialità di casa.
Quindi, in una dimostrazione di scarsa disciplina, ai Broncos è arrivato da cielo un primo down automatico in situazione di punt, causa un atterramento (sospetto) del punter e contemporanea azione di eccessiva veemenza a gioco fermo, da cui era nata la splendida meta del tight end Tony Gallarda. Ed ecco servito il 17-0 di cui si parlava in precedenza.
Quindi, ecco l'altra versione dei Broncos, quella che ha commesso qualche turnover di troppo, due fumbles persi per strada, attraverso i quali Virginia Tech ha riguadagnato inerzia sulla partita, fino a riuscire a metterci le mani sopra quasi definitivamente, con Ryan Williams a produrre solamente 44 yards su corsa ma con 3 mete che potevano essere determinanti e Taylor a produrre giocate su giocate, sia con il braccio per connettere con il playmaker Jarrett Boykin (6, 102, TD), e sia con le proprie gambe racimolando alla fine 73 yards, miglior risultato di squadra e risoluzione più che idonea per muovere le catene quando non si trovavano ricevitori liberi.
D'un tratto un preciso Kellen Moore non aveva più modo di disporre liberamente dei suoi numerosi bersagli, Pettis e Tytus Young su tutti, in quanto gli Hokies bene avevano preso le misure alla spread formation avversaria grazie al fatto di possedere giocatori atletici al punto di giocare contemporaneamente da linebackers ibridi e marcare un wide receiver addirittura verso la sideline (in particolare molto buona la prestazione di Jeron Gouveia-Wilson, 206 libbre posizionate da weakside linebacker ed in saltuaria marcatura del ricevitore numero due), e la difesa s'era ricordata di come si cambia una partita, ovvero restituendo il possesso al proprio attacco.
Tuttavia è bastato un solo errore da parte della ciurma semi-esordiente, ovvero quello che ha permesso al running back D.J. Harper di convertire un disperato terzo down con i Broncos sotto per 21-20 e bisognosi come l'acqua nel deserto di un primo e dieci, involandosi, non senza il merito/colpa del placcaggio mancato dal linebacker Lyndell Gibson, di trasformare un guadagno sufficiente in una volatona di 71 yards per il nuovo vantaggio di Boise State a 5 minuti dalla fine del terzo quarto, prima azione offensiva degna di nota per i ragazzi di coach Petersen di tutto il secondo tempo.
Ma la partita delle grandi difese era presto diventato uno shootout degno di un western, con la conseguenza che Taylor, bravissimo a dimostrare di saper giocare molto bene sotto pressione dando tanta leadership ai suoi, esaltava la sua continuativa connessione con Boykin andando a convertire un quarto down direttamente in meta per il nuovo +1, allargato a quattro punti di distacco dal field goal di 34 yards di Chris Hazley a poco più di 7 minuti dalla fine, dopo che lo stesso, in precedenza, aveva pure malamente mandato all'aria altri due tentativi.
La difesa dei Broncos, oramai stremata, si è tuttavia ripresa al momento giusto: con il rushing game a disposizione gli Hokies, una volta mandato sulla sideline Moore per l'ennesima volta, avrebbero potuto tranquillamente chiudere la partita facendo scorrere il cronometro macinando un primo down dietro l'altro con il mostro a tre (a volte quattro) teste, ma proprio nel momento topico le giocate atletiche della linea ed alcuni provvidenziali interventi delle secondarie, in special modo un paio di interventi colossali del corner titolare Brandyn Thompson, hanno regalato a Moore l'ultima possibilità , quella che ha coronato una partita di grande sostanza, fatta di 215 yards e 3 mete, tra cui quella decisiva per il 33-30 finale, lanciata ancora per il suo punto di riferimento, Austin Pettis. Moore ha gestito quel drive finale di 5 giochi per 56 yards da quarterback sicuro delle sue possibilità , conscio di potersi inserire nella corsa per l'Heisman Trophy che gli è stato negato dalla scarsa esposizione mediatica di cui ha goduto, raggiungendo l'obbiettivo del touchdown forzato in soli 38 secondi.
Una, quella più importante, è vinta. Ora mancano tanti ostacoli, tanti potenziali sorprese (negative, s'intende), un solo grande scoglio rappresentato da Oregon State, dopodiché il calendario prenderà una piega molto favorevole per un'altra stagione da imbattuti, portando chissà a quali altezze una squadra che da quando Petersen la allena è a quota 50-4. Intanto i Broncos si godono il momento ed i sette voti di primo posto ricevuti in settimana, continuano a vincere sperando che qualcuno si accorga di loro e li faccia giocare la partita che pensano di meritare di disputare. Un passo alla volta, e vediamo dove si arriva.