Tony Pike non doveva nemmeno essere il quarterback titolare di questa squadra. E' lui uno dei motivi del successo di Cincinnati.
Tempo di ranking Bcs nel college football, tempo quindi di giudizi affrettati, polemiche perennemente in auge, di critiche feroci verso un sistema che i piani alti non desiderano cambiare, e via discorrendo. Finchè la situazione resterà tale, ovvero con le classifiche che da metà stagione in avanti vengono calcolate con il contributo dei cervelloni informatici, non sembra esserci scampo: qualcuno dovrà sempre recitare la parte dello scontento, piuttosto che del danneggiato.
Altri, come coach Brian Kelly, si godono il momento beato della propria squadra, ponendo giusto un appunto nei riguardi di chi in essa non aveva mai creduto, e si prepara ad affrontare altezze davvero vertiginose, fiducioso nella risposta dei suoi ragazzi da qui a fine stagione.
L'università di Cincinnati non aveva mai vissuto un momento di tale splendore, si pensi al fatto che ad un certo punto della loro esistenza i Bearcats non avevano giocato un Bowl per addirittura 47 anni consecutivi, e che la militanza nella Conference Usa, precedente all'approdo nella Big East, non permetteva di essere troppo in vista, fatto che l'approdo di Kelly da Central Michigan ha rivoltato come un calzino.
Questo perché sotto l'attuale head coach, presente in loco dalla fine della stagione 2006 e proclamato per due volte consecutive quale miglior allenatore della Big East, l'università ha raggiunto risultati eccellenti, che tuttavia non hanno ancora sortito l'effetto di far ritenere i Bearcats come una vera e propria potenza a livello nazionale, ma che ha comunque posto la squadra come favorita divisionale in mezzo a squadre come West Virginia, Pittsburgh e la sorprendente ed emergente South Florida di coach Levitt.
Nel 2007 Kelly ha difatti centrato l'obbiettivo di registrare 10 vittorie solamente per la seconda volta nella storia dell'ateneo, concludendo peraltro l'annata con un piazzamento finale alla diciassettesima posizione, impresa che nessun altro era mai riuscito a compiere, senza poi contare il primo titolo di sempre di division, conquistato nel 2008 contro ogni pronostico, in un viaggio concluso con una prestigiosa presenza all'Orange Bowl, perso contro Virginia Tech per 20-7.
Nonostante la fine d'eleggibilità di diversi elementi chiave di quell'avventura, i Bearcats sono tornati a giocare il ruolo di sempre, quello di primi della classe contro i favori dei pronostici. L'opera di reclutamento eseguita da Kelly ha dato ancora una volta i propri frutti, e donato alla squadra la continuità necessaria per continuare a presenziare a livelli inimmaginabili (per gli altri): da qui, il collegamento a quanto sostenuto in introduzione, visto che l'head coach, senza calcare troppo la mano su questioni Bcs, ha comunque trovato occasione di far notare che Cincinnati se la filano in pochi nei discorsi inerenti al National Championship, perché le votazioni per il ranking sono probabilmente troppo influenzate dalla storicità di tre delle quattro squadre che precedono ad oggi i 'Cats.
I quali non sono mai stati così in alto (numero 5 del ranking Bcs - ndr), anche se Kelly pare preparato a tutto pur di non far venire loro le vertigini.
Tra le caratteristiche di successo c'è senza dubbio un attacco molto prolifico, che sa segnare tantissimi punti, spesso utilizzando poco tempo.
Ironico il fatto che Tony Pike, l'attuale quarterback, sia stato pescato sostanzialmente dal nulla, dal momento che nei due anni precedenti a questo era addirittura precipitato al ruolo di quinto, massimo terzo regista della depth chart. Pike, che si era infortunato abbastanza gravemente all'avambraccio nel recente passato, ha fatto il suo lavoro nei camp e si è guadagnato la chance di partire titolare, mantenendo il posto a furia di accumulare vittorie, guidando con sicurezza un sistema costruito sulle sue abilità , che sono visione del campo, ed un pronto rilascio del pallone, caratteristica che lo rende difficile da placcare.
Persino il forzato abbandono del campo da parte di Pike nella delicata sfida vinta contro la rivale divisionale South Florida non ha sortito effetti negativi per il reparto: Pike, placcato ed atterrato sul medesimo avambraccio dove gli era stata inserita una placca di metallo, non ha giocato la ripresa della partita non riuscendo a prendere gli snaps dalla shotgun formation, fondamentale per giocare la spread offense di coach Kelly, facendosi sostituire da Zach Collaros; il backup, per non saper né leggere e né scrivere, si è inventato di segnare un touchdown su corsa di 75 yards alla sua prima azione, e pur non essendo un passatore eccelso, peraltro di statura visibilmente inferiore rispetto a quello spilungone di Pike, è riuscito a rimediare ad un paio di turnovers da lui stesso provocati ed a condurre la squadra verso la vittoria, completando il tutto con il secondo viaggio personale in endzone di quella serata.
Non male per un attacco che ha continuato ai suoi ritmi abituali (i 40.7 punti a gara sono la quarta miglior statistica d'America, al momento) pur avendo dovuto fare temporaneamente a meno (Pike sarà quasi sicuramente fuori anche sabato contro Louisville) dell'ottavo quarterback della nazione per passing yards di media.
Altra stella dell'attacco, nonché uno dei tre migliori ricevitori della Big East intera, è Mardy Gillyard, esploso nel 2008 con 1.276 yards ed 11 mete, e che nel corrente campionato, a metà strada, è già ad ottimo punto per eguagliare quei prestigiosi numeri. Gilliard, dei wide receivers a disposizione, è quello senza dubbio più pericoloso, il che significa che i continui raddoppi che gli vengono dedicati dalle difese avversarie servono ai compagni per aprire il gioco, motivo per cui la produzione di yards di squadra è così alta, e per il quale Pike ha sempre una valida opzione dove poter recapitare il pallone. Il gioco di corse, non molto produttivo qui, come in tutti i sistemi prettamente "aerei", ha recentemente goduto dei frutti di questi raddoppi: contro Miami (Ohio), il running back Jacob Ramsey è riuscito finalmente a superare la quota di 100 yards, impresa che non riusciva ad un giocatore dei Bearcats addirittura dal 2007, mentre Isaiah Pead, interessante sophomore capace di ricevere fuori dal backfield, ha accumulato 60 yards in sole cinque portate.
A volte i produttivi componenti offensivi della squadra sono così veloci ad accumulare punti e vantaggi importanti già nei primi tempi, che coach Kelly ha persino notato che la difesa sta in campo più di quanto non dovrebbe stare: la mentalità dell'allenatore richiede segnature veloci, che si accumulino in fretta per creare distacco immediato, filosofia che spesso nel college football paga, tuttavia con il rischio di far restare in campo una difesa che si stanca più del dovuto, e che quindi rischia di non ritrovarsi fresca per le occasioni più importanti.
Finora questo non è accaduto, anzi. Kelly, da buon motivatore qual è, usa parlare con i media solo ed esclusivamente del suo sfavillante attacco, perché secondo lui, così facendo, i compagni della parte inversa di trincea sono spronati a dare il meglio di loro stessi, visto che non rientrano mai nei discorsi inerenti ai successi di squadra. Nella gara vinta contro Miami (Ohio), il defensive end Alex Daniels ha accomodato a terra il regista avversario per ben quattro volte, e la difesa è attualmente tra le migliori per numero di placcaggi per perdita di terreno effettuati, tuttavia nessuno sembra essersi accorto di questi aspetti pur sempre fondamentali per il successo di una squadra di football, perché lo sfavillante reparto offensivo è pur sempre quello che ruba i titoli dei giornali.
L'attacco vende i biglietti, la difesa vince le partite, recita un vecchio detto del football americano.
La difesa di Cincinnati, per la quale è stato coniato il nomignolo "The Dark Side" (appropriato, visto che nessuno la bada più di tanto"), non è interessata alle luci della ribalta, a patto che l'opportunità di giocare per il titolo nazionale, se la squadra continuerà a vincere, possa essere alla pari di università di maggior blasone, su tutte Florida ed Alabama.
E mentre tutti parlano di Cincinnati come della novella Utah, 13-0 nel 2008, la missione di Brian Kelly continua imperterrita.