Fine di un’era?

Bobby Bowden, qui ritratto con il caratteristico cappello di paglia.

Non importa quanto successo abbia avuto un head coach nella sua carriera, l'immagine che il tifoso ed i media avranno di lui, rispecchieranno la memoria dell'ultima gara allenata, specialmente se essa è stata perdente, peggio ancora se fa parte di una striscia negativa, che contribuisce a fare dell'annata una delle peggiori del proprio regime.

Descrizione che corrisponde perfettamente al periodo difficile che sta attraversando Bobby Bowden, un'autentica leggenda vivente, un coach che ha legato a triplo nodo il suo nome all'università  di Florida State, portata ad altissimi livelli ed a due titoli nazionali, arrivando ad ottenere una sola stagione perdente in 33 anni passati sulla sideline dei Seminoles, stagione che fu proprio quella del suo esordio con quei colori, il 1976.
Nessun allenatore, nella storia del college, è riuscito a vincere almeno 10 partite per 14 anni di seguito, e per la stessa durata temporale, Florida State si è qualificata tra le prime 5 squadre della nazione, evento mai accaduto prima. Le sue vittorie sono numericamente seconde solamente a quelle dell'altrettanto mitico Joe Paterno, e potrebbero essere state di più se uno scandalo accademico non avesse colpito l'università  nella scorsa offseason.

Curriculum, quello appena citato, che farebbe impallidire chiunque.

Da un po' di tempo, le cose non sono più le stesse, e spesso si è parlato dell'inadeguatezza di Bowden a portare avanti il suo mandato, della sua età  (saranno 80 anni a novembre – ndr), nonché a ricordare, tra le pagine dei quotidiani locali, che i tempi migliori sono oramai visibili dallo specchietto retrovisore, con l'immagine dei trofei conquistati diversi anni fa che diventa ogni anno sempre più piccola. La straordinaria potenza inarrestabile degli anni novanta fatica a piazzarsi dignitosamente nella sua divisione, la Atlantic, e non vince una finale Acc dal 2005, un tempo troppo lungo per le esose esigenze dei tifosi, e soprattutto per quei signori che controllano entrate ed uscite di cassa dell'ateneo.

Nonostante il 2009 non fosse partito nel migliore dei modi, da tempo immemore, difatti, Florida State non perdeva consecutivamente le prime due sfide dentro la conference, non si pensava che le cose potessero in qualche modo degenerare, e che l'ingratitudine degna di questo mondo moderno, nel quale chi ha fatto e dato tanto viene puntualmente trattato come uno straccio qualunque, potesse persino arrivare a compromettere, psicologicamente, un'annata già  complicata di suo.
Vero, Boston College, affrontata sabato, doveva essere l'ultima della classe della Acc, in pieno clima di ristrutturazione, con tanti giovani da mandare allo sbaraglio, e per questo la sconfitta rimediata da Seminoles ha fatto perdere la pazienza a più di qualcuno, vero anche che certe uscite pubbliche andrebbero pesate con calma e ponderatezza, ma non sempre va così.

Il caso Bowden, semmai ve ne fosse il bisogno di averne uno, è esploso lunedì scorso, quando il presidente del consiglio di amministrazione Jim Smith ha criticato l'operato dell'head coach, montato presunte illazioni (anche se la verità  noi non la sappiamo – ndr) su contrasti esistenti tra allenatori di reparto, e detto molto apertamente che "Bobby Bowden dovrebbe seriamente pensare di ritirarsi alla fine di questo campionato."
D'accordo, i risultati sono abbondantemente al di sotto delle attese, i quotidiani vicini alla squadra ed i cosiddetti "insiders" hanno sparato a zero sull'allenatore ed espresso lo stesso parere di Smith, ma un conto è leggere certe dichiarazioni quando vengono fatte o scritte da un giornalista, un altro è sentirsele propinare da una figura importante del college a cui hai sostanzialmente dedicato la tua vita, peraltro con risultati memorabili.

Il meccanismo vizioso che si è messo in moto non è né corretto e né simpatico: Bowden, che già  in un'occasione venne "costretto" a decidere di far fuori suo figlio Jeff in quanto fallimentare nel far funzionare l'attacco, è titolare di un contratto che termina alla fine della stagione 2010, dopo la quale le redini passeranno direttamente nelle mani di Jimbo Fisher, l'attuale offensive coordinator, la cui posizione è di head coach in waiting, in forza di un accordo che lo promuove alla massima carica entro e non oltre il 2011, pena un risarcimento di 5 milioni di dollari. Fisher, stando agli accordi contrattuali, ha anche la possibilità  di scegliere il suo intero staff a partire dalla prossima offseason, in modo da oliarne i meccanismi con i dovuti tempi d'anticipo.

Il messaggio, seppure di scarsa classe, è stato fin troppo chiaro: il coach è anziano, da pensionare, è stato un grande ma ha fatto il suo tempo, l'università  arranca e continua a mancare gli obbiettivi preposti, e di conseguenza l'ambiente che vi circola attorno, specialmente chi paga il biglietto per andare allo stadio il sabato, ha perso la pazienza da un po', perché non vede il termine di questa crisi che tutti sperano sia passeggera (sembra di parlare della situazione economica italiana - ndr).

E' un buon motivo per voltare le spalle all'uomo che ha scritto pagine di storia in garnet & gold?

La risposta non è semplice, anche se i principi morali indicano chiaramente che c'è qualcosa che non va, e questo qualcosa non contribuirà  a migliorare una stagione già  partita con il piede sbagliato.

La confusione, ad ogni modo, regna sovrana. La dirigenza dell'ateneo sta cercando di fare marcia indietro, e dall' "enough is enough" contenuto nelle dichiarazioni di Smith, si è passati ad un papiro di nove pagine rilasciato mercoledì mattina da T.K. Wetherell, presidente dell'università , comunicato dal quale traspare a tratti la volontà  di supportare lo storico head coach.
Nel documento, si legge la volontà  di andare avanti con l'attuale coaching staff fino al termine dell'anno, in quanto cambiare a stagione in corso "is not the Seminole way", non rientra nello stile dei Seminoles, ma non si menziona la validità  del contratto di Bowden, citata qualche riga più sopra in questo articolo, che rimane sempre e comunque la fine del 2010.
Tra l'altro, il coach, comprensibilmente e presumibilmente toccato nel profondo dall'intera faccenda, ha fatto sapere che farà  conoscere ai piani alti le proprie intenzioni a fine 2009, con un anno di anticipo quindi, cosa che fa intuire nuovi elementi di costrizione, soprattutto quando si legge nel comunicato di Wetherell che "Coach Bowden ama questa università , e senz'altro, quando sarà  ora di compiere la sua scelta, prenderà  la via più saggia."

La traduzione, adducendovi uno dei molteplici significati che dichiarazioni di facciata come queste possono dare, potrebbe essere "Bobby, grazie veramente di tutto, ma vedi, ci stai causando diversi problemi, ti consigliamo di toglierti dalle scatole, per il bene dell'università  a cui sei legato da più di trent'anni."

Ora, a ventiquattro ore dalla sfida interna contro Georgia Tech, il cui risultato finale sarà  determinante per capire se questo autentico caos possa avere soluzione, e se un po' di pressione possa essere alleggerita, l'università  è divisa in due: c'è, tra gli studenti, chi parteciperà  al blackout ideato da qualche tifoso stanco della situazione odierna, il quale prevede che più persone possibili si rechino allo stadio vestite di nero per protestare e per sottolineare la necessità  di un cambiamento, e c'è chi difende a spada tratta Bowden, evidenziando che senza di lui Florida State non sarebbe in possesso dei trofei di cui dispone oggi. Attestati di stima, di lealtà , e di sdegno verso quanto fatto dall'università , sono arrivati persino da giocatori professionisti, che da Bobby sono stati allenati e resi grandi.

La consolazione sarà  anche magra, ma perlomeno qualcuno che ricorda quanto questa persona abbia fatto per loro sembra esistere ancora. In un mondo come quello d'oggi, dove non ci si deve mai attendere nulla da nessuno e dove le soddisfazioni umane contano sempre meno di quelle economiche, non è una cosa da poco.

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