L’upset è sempre all’erta

I Nittany Lions di Darryll Clark sono caduti di nuovo contro Iowa. Il ranking è di nuovo rimescolato.

Per seguire il college footbal bisogna prestare attenzione. Una settimana è sempre diversa dall'altra, o almeno questo ci hanno insegnato gli ultimi tre o quattro campionati, dove gli equilibri spesso non sono stati rispettati, i rankings sono stati puntualmente stravolti e l'upset è sempre stato lì, dietro l'angolo, tanto che se non arriva, la sorpresa è addirittura maggiore. Meglio così, ci si annoia di meno!

Sabato scorso non ha fatto eccezione alcuna, e ben tre delle prime dieci squadre della Top 25 sono uscite dai rispettivi scontri con le ossa rotte, scendendo verticalmente nella classifica, oppure sparendovi direttamente. Altre tre appartenenti alla parte bassa della lista hanno perso, confermando che al momento, di continuità  ce n'è davvero poca.

Doveva essere una rivincita, ad esempio, quella che Penn State avrebbe dovuto far patire ad Iowa, ovvero a quell'avversaria che aveva così pesantemente cancellato i sogni di National Championship del college allenato dal grande Joe Paterno. Darryll Clark, il quarterback dei Nittany Lions, aveva dichiarato apertamente che non si sarebbe ripetuta una situazione di quel genere, ma il fatto che gli Hawkeyes si siano presentati più che agguerriti nel campo degli ospiti (quest'anno Penn State giocava in casa) e non avessero intenzione alcuna di perdere, ha cambiato, e non di poco, i progetti della squadra che un anno fa era stata capace di aggiudicarsi la Big Ten. Impresa che non è assolutamente esclusa, a questo punto del campionato, al limite sarà  più difficoltosa, certo è che nemmeno stavolta si potrà  parlare di National Championship.

Clark, a conti fatti, non è riuscito a tenere fede alle sue dichiarazioni e si è fatto intercettare ben 3 volte, mentre gli special teams hanno concesso un importante bloccaggio di punt, trasformato in un touchdown da Adrian Clayborn, defensive end di Iowa. Almeno qui s'è trovato un minimo di continuità , poco importa se l'anno scorso la condanna era arrivata beffarda con un calcio allo scadere e quest'anno con 21 punti presi al passivo consecutivamente dopo l'iniziale vantaggio, (21-10 il finale - ndr), perché in ambedue i casi è stata la lettera L e non la W a venire impressa nel tabellino dei Nittany Lions.

Nella Acc, Jacory Harris era stato spedito in orbita dalle sue eccellenti prestazioni, che avevano dato a Miami la fondata impressione di aver trovato un quarterback giovane, futuribile, dal sangue freddo, e dal braccio potente. Grazie a lui, ad un reparto ricevitori affidabile, ed a una difesa che sembrava essere tornata agli antichi fasti gli Hurricanes avevano addirittura raggiunto la nona posizione assoluta del ranking, ponendosi come seri candidati per un Bowl prestigiosi, di quelli che erano abituati a giocare per tradizione, un po' di tempo fa.
Lo scontro con Virginia Tech, avversaria diretta di raggruppamento, aveva il compito non solo di rinsaldare questa posizione alta, ma anche di porre una prima potenziale candidatura sulla vittoria della Coastal Division, che ora potrà  essere vinta solo grazie ai passi falsi della concorrente.

Gli Hokies, difatti, nonostante un Tyrod Taylor che aveva faticato ad ingranare (chiaro, escludendo il TD pass a tempo scaduto contro Nebraska della settimana scorsa – ndr) ed una difesa che non era nemmeno lontana parente dello stoico reparto che si era costantemente classificato tra i primi della nazione in ciascuno degli ultimi campionati, ha piegato i 'Canes per 31-7, limitandone quindi l'esplosivo attacco. Il football di Frank Beamer sarà  pure noioso, anti-spettacolare, votato alla difesa, al controllo del pallone in attacco, ed alle giocate spezza-inerzia degli special teams, e con questa stessa ricetta ha ottenuto gli stessi risultati di sempre: Miami è stata smontata in fretta e furia, Harris è caduto sotto i sacks della difesa avversaria terminando con il 36% di completi, e gli Hokies sono ancora là , in cima alla classifica della loro divisione.

Persino California aveva illuso di poter essere una potenza quest'anno, magari lo sarà  ancora più avanti, ma lo stop, un brusco stop, contro Oregon, il cui Autzen Stadium sembra essere stregato per le big, significa soprattutto ridimensionamento. Solo sette giorni prima Jahvid Best era il miglior running back della nazione, e si era posto prepotentemente quale candidato all'Heisman Trophy, ed è bastata una sola partita a mortificare le prospettive sia di squadra che quelle individuali, dal momento che il 42-3 con cui i Ducks hanno umiliato i californiani ha spedito gli stessi dal quinto al ventiquattresimo posto del ranking, e Best, pur essendo risultato il "meno peggiore" dei suoi, si è visto superare statisticamente da LaMichael James, freshman di Oregon, autore della seconda partita consecutiva sopra le 100 yards ed entrato in campo da titolare grazie alla sospensione inflitta a LeGarrett Blount, la cui stagione è terminata praticamente ancor prima di cominciare.

Per il resto, la ex numero 18 Florida State ha perso in casa contro l'apparentemente più debole South Florida, peraltro priva per la stagione del proprio condottiero Matt Groethe (occhio al suo sostituto B.J. Daniels, 341 total yards nella gara di sabato), trovandosi quindi con nuovi interrogativi che sembravano essere stati risolti dalla sonante affermazione ottenuta contro Brigham Young; North Carolina non ha rispettato le attese ed ha perso il ventiduesimo posto a causa di Georgia Tech, la quale sembrava in crisi irreversibile solo pochi giorni fa; Washington, infine, la medesima che aveva inflitto una dolorosissima sconfitta a Southern California, è stata battuta da Stanford in un'altra disputa all'interno della Pac 10.

Tutto questo senza considerare che Louisiana State, Houston (una delle sorprese dell'anno), Kansas, Cincinnati e Georgia, hanno vinto a fatica, e che nel giovedì di anticipo, Ole Miss, sopravvalutata ex numero quattro, aveva offerto un pessimo spettacolo perdendo conseguentemente contro la South Carolina di Steve Spurrier.

Certezze, quindi, ne restano ben poche, ed il quadro delle possibili finaliste è tutt'altro che delineato. Solo le prime tre posizioni sembrano saldamente nelle mani delle rispettive proprietarie, ovvero Florida, Texas ed Alabama, le quali finora non hanno dovuto affrontare dei test particolarmente difficili.
I Gators, spaventati dall'incidente occorso a Tim Tebow (per fortuna non grave) contro Kentucky, non avevano giocato al massimo delle loro potenzialità  contro Tennessee nella week 3, riuscendo ad imporsi ugualmente senza fatiche eccessive e dovendo, piuttosto, fare ammenda pensando ai propri turnovers; per i Longhorns l'unico scoglio degno di tale nome è stata la sparatoria contro Texas Tech, vinta anche senza un Colt McCoy al meglio; per i Crimson Tide, infine, particolari problemi non si sono ancora presentati, come aveva già  confermato la sontuosa affermazione nella prima settimana contro Virginia Tech.

Come l'anno scorso, e d'altro canto come l'anno ancora precedente, chi rincorre non aspetta altro che un errore di chi sta davanti. Il campionato è ancora nella sua fase acerba, la vera corsa al titolo non è nemmeno cominciata, in quanto i veri giochi di forza stanno per arrivare per tutti. Qualche sfida interna alle conferences è già  cominciata, qualcuna si intravede all'orizzonte.

Se le tre favorite del momento vorranno restare in piedi, meglio che comincino a prepararsi, perché qui, di continuità  di risultati, si fatica a vederne.

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