Jacory Harris potrebbe diventare la prossima grande star di Miami.
C'era un clima di estesa delusione, quando il primo sabato collegiale aveva sancito i suoi primi risultati Acc della stagione: quella che fino a poco tempo fa era una conference di tutto rispetto non faceva che confermare il livellamento delle forze verso il basso, nonostante l'ottimismo persistente dei media americani, che indicavano un paio di squadre troppo prematuramente in corsa per il titolo nazionale. A conti fatti, la partenza era stata semi-disastrosa: passi il 54-0 propinato da Boston College alla debole Northeastern, passi pure il 40-6 di North Carolina contro"The Citadel, avversari non esattamente mostruosi, mentre ciò che saltava più all'occhio non poteva che essere la dolorosa sconfitta di Virginia contro William & Mary, l'upset di Baylor ai danni di Wake Forest, ed il rullo compressore sotto il quale era passata Maryland, seppellita dai 52 punti di California, senza dimenticare che una delle squadre dipinte tra le migliori del gruppo, North Carolina State, si era rivelata pressoché inesistente offensivamente.
Curioso e particolare, il fatto che in un momento di tale crisi, due vecchie forze in passato costantemente a caccia del National Championship come Florida State e Miami, da anni in caduta libera, potrebbero aver scelto il momento propizio per tornare prepotentemente alla ribalta, dopo lunghi periodi di ricostruzione, passata per uno schema offensivo oramai digerito a dovere dai Seminoles, grazie al lavoro di Jimbo Fisher (futuro head coach, una volta che Bobby Bowden avrà deciso che può bastare), e grazie alla disciplina imposta da Randy Shannon, al suo terzo anno sulla sideline degli Hurricanes.
La partita più spettacolare dell'intera prima settimana di football collegiale, è stata con tutta probabilità questo scontro territoriale, che ha posto all'attenzione nazionale diversi giocatori emergenti, i quali un anno fa andavano di apprendistato o tiravano la carretta in attesa di tempi migliori, e che in questo 2009 sembrano pronti all'esplosione definitiva, con la missione di restituire, all'uno ed all'altro ateneo, il prestigio che manca da molto tempo.
Spettacolo intuibile nel punteggio, 38-34 in favore degli Hurricanes, dallo svolgimento della gara, il bilico fino al triplo zero con continue alternanze nel comando del punteggio, ma soprattutto dalla nuova vena frizzante trovata da due reparti offensivi che solo un anno fa sembravano inevitabilmente ancorati a terra, costringendo le rispettive difese ad una mole di lavoro extra per tenere la squadra in partita.
La Acc sulla carta dominata da una Virginia Tech incapace di imporsi sul palcoscenico nazionale contro Alabama, ha dunque dei volti nuovi da proporre, uno su tutti Jacory Harris, quarterback di Miami. Da tempo immemore, difatti, i 'Canes non avevano goduto della necessaria stabilità nel ruolo, passando dai disastri combinati fino a poche stagioni fa dalla coppia Kyle Wright/Kirby Freeman, e terminando la corsa con le promesse non mantenute da Robert Marve, entrato in squadra con un anno di ritardo in seguito ad un brutto incidente automobilistico che gli aveva fatto perdere l'annata da freshman, e ritrovatosi fuori squadra per alcuni problemi di carattere accademico, dopo che aveva passato la stagione 2008 a dividersi il tempo passato in campo proprio con Harris. Il quale, nella gara di lunedì notte, ha stupito per la maturità tecnica raggiunta, per il livello delle decisioni prese, e per la potenza di un braccio probabilmente sottovalutato in passato.
Se difatti Miami ha potuto rimanere attaccata alla gara anche nei momenti in cui è andata sotto nel punteggio, lo deve senz'altro al proprio quarterback, che ha concluso con 386 yards aeree la sua prova: in tre diverse occasioni, il coraggioso playbook offensivo proposto dal nuovo coordinator Mark Whipple ha risposto a segnature dei Seminoles con un primo down a lunga gittata, spesso avente per destinatario l'ottimo wide receiver Travis Benjamin (4, 128, TD), mentre Harris ha dimostrato soprattutto carattere rientrando da un errore potenzialmente costoso, quando un suo passaggio era stato riportato in meta dal defensive lineman Markus White, peraltro di conseguenza ad un pesante colpo riportato da un blitz avversario, il quale aveva persino fatto temere per il prosieguo della gara del quarterback titolare.
Harris non ha mai mollato, nemmeno dopo aver assorbito non completamente l'entità del dolore provocato da quella stessa azione, ha combattuto, diretto drive dopo drive, finendo per connettere con lo stesso Benjamin per la bomba decisiva, da 40 yards, che a poco più di un minuto dal termine della gara ha sancito il definitivo sorpasso degli Hurricanes con il conseguente touchdown di Craig Cooper, grazie ad un'azione di corsa partita dalle 3 yards, lì posizionata proprio dalla grande giocata appena descritta.
Dall'altra parte è arrivata la conferma che Christian Ponder è il tipo di regista di cui Florida State necessitava da almeno cinque anni, leader dal buonissimo braccio, capace di muoversi agilmente nella tasca, di correre, e di selezionare alla svelta il miglior ricevitore disponibile, partendo dall'ottimo sistema di screen costruitogli attorno da Fisher, il quale richiede, oltre ad estrema precisione del quarterback sul corto, una batteria di ricevitori in grado di produrre yards dopo la ricezione medesima.
Non fosse stato per quell'ultimo, decisivo, passaggio, scivolato per un nulla dalle mani del comunque ottimo wide receiver Jarmon Fortson (3, 53), le statistiche di Ponder, 24/41 per 294 yards e 2 mete, tra cui una su corsa, sarebbero potute essere ancora migliori: la chiamata è stata difficile anche per la crew arbitrale, che ha dovuto rivedere più volte l'azione per decidere se il pallone avesse o meno toccato terra annullando la ricezione, e quando l'episodio a tempo scaduto è stato determinato come incompleto, si è concretizzata una comunque elettrizzante conclusione di una rivalità che già l'anno scorso aveva ricominciato a fare fuoco e fiamme.
Sia chiaro, per ambedue le compagini è solamente l'inizio di un lungo cammino, pieno di ostacoli, colmo di squadre pronte a tutto pur di riuscire a vincere la division, ma se delle indicazioni si attendevano per capire a quale livello fosse giunta la ristrutturazione delle due ex-potenze, ecco che le indicazioni sono arrivate, e per giunta molto più positive di quanto non si potesse presumere.
In entrambi i casi c'è ancora molto lavoro da svolgere, la difesa di Miami appare ad esempio troppo vulnerabile contro le corse, quella dei Seminoles dispone invece di una secondaria i cui elementi non hanno perfezionato la comunicazione nella zona prevista dallo schema giocato, ed anche in attacco ci sono dei margini di miglioramento, su tutti l'accoppiata di running backs degli Hurricanes, composta da Javarris James e dal già citato Cooper, la quale, aumentando la produzione, andrebbe a renderebbe ancor più letale la playaction che Harris ha ampiamente dimostrato di saper vendere.
Se poi questi due grandi atenei siano o meno pronti per tornare a giocare i Bowls che contano sul serio, quelli di gennaio, è tutto un altro discorso, che andrà valutato più avanti, quando si avranno idee più precise soprattutto sulla continuità che le squadre sapranno dimostrare, e sulla fortuna che avranno nell'evitare di perdere con infortuni pezzi troppo importanti per esse. La Acc, inoltre, si è già dimostrata molto ballerina un anno fa, quando l'equilibrio delle forze in gioco è stato massimo, e non era emersa una squadra che potesse sembrare decisamente superiore ad un'altra.
Certo è che le premesse sono davvero buone"