Utah appartiene alle grandi

Brian Johnson è stato il migliore in campo con le sue 336 yards, oltre a 3 passaggi da TD.

Le chiacchiere, quelle inutili si intende, sono andate avanti per mesi, gonfiando a dismisura l'orgoglio di quelle bistrattate squadre definite dai più come minori, in quanto non appartenenti ad una conference targata Bcs, molte delle quai motivate e caricate a molla per dare un senso all'epilogo che ha finalmente zittito tutti i critici.

Utah ha vinto il Sugar Bowl ed ha completato una storica perfect season, che ha consentito all'università  di fregiarsi per la prima volta nella sua storia di un numero di vittorie in precedenza mai arrivato a quota 13, impedendo a chiunque di mettere in discussione il proprio valore in confronto con le potenze più prestigiose del college football. Gli Utes dovevano provare a tutti di poterci stare, in mezzo a quelle squadre, e con una prova complessivamente completa ed efficace hanno persino dimostrato di potersi sbarazzare di una compagine del livello di Alabama, che aveva passato l'ultima parte della regular season al numero uno del ranking ed era stata sconfitta in questo 2008 solamente dalla finalista Florida nello showdown della Sec.

Con questa fanno tre vittorie in quattro tentativi, ovviamente non riferiti ai soli Utes, che per primi, nel Fiesta Bowl del 2005 avevano ottenuto un successo prestigioso conclamandosi come prima squadra non Bcs a vincere un Bowl tra i cinque più importanti, esempio in seguito imitato anche da Boise State con la leggendaria vittoria contro Oklahoma nel gennaio del 2006 e steccato solamente dall'opaca prestazione di Hawaai di dodici mesi fa, facilmente ricoperta di punti dall'attacco inferocito di Georgia.

Le decisioni sulle questioni se sia un bene o meno invitare un certo tipo di squadre a determinate manifestazioni resta ancora in sospeso, anche se gli indizi sin qui raccolti dimostrerebbero che gli Utes visti quest'anno, unici della Fbs a non conoscere il termine insuccesso, si sarebbero potuti misurare molto probabilmente con diverse altre squadre prestigiose, e che Alabama, fosse andata in finale, avrebbe rischiato di diventare la nuova Ohio State.

I Crimson Tide hanno pagato a carissimo prezzo un'imprevendibile impreparazione difensiva emersa durante il primo quarto, determinante ai fini del risultato finale, 31-17: 21 di quei 31 punti ad opera di Utah sono arrivati nei soli primi quindici minuti, il quarterback Brian Johnson, meritatamente premiato come Most Outstanding Player (27/41, un season high di 336 yards, 3 TD) ha centrato le mani di ben sette ricevitori diversi nel medesimo lasso di tempo, facendo funzionare un attacco che non ha mai mostrato di dover necessariamente dipendere da un gioco di corse.
Un errore di John Parker Wilson (18/30, 177, TD, 2 INT) è conseguito direttamente nel secondo touchdown della gara, siglato dal running back Matt Asiata dalla formazione Wildcat, mentre i primi e faticosi punti di color amaranto sono arrivati dal piede del kicker Lane Tiffin, che ha centrato una potente conclusione di 52 yards prima di mancarne ben due più ravvicinate, entrambe spedite di un nulla sul lato sinistro del goal post.

La partita non era nemmeno sembrata così scontata come lo era in apparenza quando Javier Arenas (punt return da 73 yards) aveva deciso che era arrivato il momento di ritornare il suo sesto calcio stagionale in endzone, riaprendo di fatto il tutto e dando una spinta emotiva con pochi eguali alla propria squadra, trasformatasi in una maggiore convinzione dei propri mezzi definita dal touchdown su ricezione di Glen Coffee ad 11:41 dalla fine del terzo quarto, che aveva portato a quattro le minime distanze da percorrere per i Tide e riaperto, visto l'enorme quantità  di tempo a disposizione, una contesa iniziata mai così male quest'anno dai ragazzi di Nick Saban.

Ma la capacità  di reazione di Utah è stata la stessa che ha tenuto in piedi la squadra per tutto questo tempo senza subire sconfitte, la caparbietà  intuita nella presa vincente di David Reed, che ha fatto suo un difficile pallone girando contemporaneamente le spalle al marcatore per poi percorrere una quindicina di yards indisturbato, è stata il simbolo della voglia di vincere di questa squadra, parsa ben più motivata e preparata rispetto alla blasonata avversaria.
La linea difensiva degli Utes ha nettamente vinto la battaglia contro la pesante unità  offensiva dei Tide, cui l'assenza del prospetto professionistico Andre Smith, alle prese con un provvedimento disciplinare, non è giustificazione in grado di spiegare da sola una partita giocata così sotto tono dal reparto, il quale aveva concesso un misero totale di 13 sacks in stagione regolare.

La difesa degli Utes ha invece atterrato John Parker Wilson per ben 8 volte, l'ultima delle quali ha provocato il fumble che ha sotterrato le rimanenti speranze di rimonta, il defensive end Paul Kruger, ben più leggero della media di tonnellaggio che aveva davanti, ha fatto il diavolo a quattro creando il giusto scompiglio, ed il linebacker Stevenson Sylvester ha finito il lavoro scolpendo nella sua personale gara ben 3 sacks, risultando con chiarezza il miglior difensore visto in campo.

Una delle chiavi della partita è stata proprio la pass rush, giunta da ogni dove per dare a Wilson sguardi sempre differenti in lettura alla difesa, e la perenne forzatura creata ai danni del medesimo quarterback, sovente costretto a lanciare in maniera innaturale in quanto costretto a correre dalla parte opposta a quella del braccio lanciante. Velocità  ed efficacia hanno quindi sovrastato la fisicità , la migliore caratteristica di Alabama, parte del motivo per cui la coppia Coffee-Ingram, che per una stagione intera ha portato le corse sulle proprie spalle, ha terminato con sole 62 yards totali a referto.

Utah ha surclassato l'avversaria in fatto di yards totali prodotte, 349 contro 208, distribuite da Brian Johnson con eguale efficacia nelle mani di Freddie Brown, 12 ricezioni per 125 yards, Bradon Godfrey, 6 per 75 ed una meta, David Reed, 2 per 58 con un TD, e Jereme Brooks, 4 prese per 45 yards. Julio Jones, fenomeno di Alabama al primo anno di college, ha concluso con 7 ricezioni per 77 yards, ed è stato il vero faro di un attacco che non ha trovato grosse alternative all'infuori di lui.

La soddisfazione, per coach Kyle Whittingham, è davvero grande, e lo stesso non ha mancato di sottolinearlo una volta alzato il trofeo: "So dove posizionerei questa squadra nel 2008, al numero uno. Non ne conosco il motivo, e non capisco perché i miei ragazzi non abbiano meritato la considerazione che hanno dimostrato di valere oggi. Siamo l'unica università  di prima divisione in tutti gli States ad aver terminato il campionato imbattuti. C'è qualcosa che mi sfugge."

Vi fosse stato un sistema di playoffs, Utah avrebbe superato il turno, ed avrebbe fatto un passo in più verso una finale che così stando le cose non vedrà  mai"

Il messaggio, insomma, risulta chiaro e lampante. Se non volete che squadre come gli Utes rivaleggino contro le conferences più forti, la prossima volta ditelo sottovoce. Potreste rischiare di motivarle come non mai, e procurare altre figuracce a quelle che tutti i giorni vengono chiamate contendenti.

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