Bcs, un sistema da rivedere

Mack Brown ed i Longhorns sono stati superati dai Sooners sul filo di lana.

E' arrivato il momento della verità , ed insieme ad esso, com'era d'altra parte molto prevedibile, è arrivato il momento di polemizzare contro il sistema Bcs. L'ultima giornata di regular season ha svelato gli scenari finali, dopo che da tempo si attendeva un esito piuttosto di un altro di una qualsivoglia partita divisionale della Big 12 per dare un benedetto ordine al famoso trio di squadre che la stagione l'ha voluta finire alla pari, lasciando ai computers l'onere di selezionare la finalista di conference che scenderà  in campo sabato contro la vincitrice della North Division.

Texas, Oklahoma, Texas Tech. Tre sorelle, tre scimmiette dispettose che hanno fatto impazzire per tutto l'anno chi desiderava maggiore tranquillità  per poter pronosticare un più facile esito delle questioni, chi avrebbe voluto una decisione più chiara e trasparente per mandare una di queste università  in finale senza penalizzarne un'altra, decisione che invece ha dato adito alle solite considerazioni di scontata auto-lode per chi è rimasto dentro, ma anche a quelle di chi è rimasto fuori dall'ascensore mezzo secondo dopo che le porte si chiudevano, perdendo la possibilità  di salire al piano superiore.

E' fin troppo evidente che qualcosa non va, e non è da oggi che viene segnalato.

Saranno i Sooners a rappresentare la South Division nella finale contro Missouri di questo sabato, e se Texas Tech aveva in ogni modo segnato il proprio destino facendosi massacrare dalla medesima Oklahoma, chi rimane a guardare dalla finestra un treno per il National Championship che è passato, escludendo a priori un improbabile harakiri dei Sooners contro Mizzou, è Texas, rea di aver perduto a sua volta lo scontro diretto con i Red Raiders, e se è pur vero che una sconfitta ha messo tutte sullo stesso piano, altrettanto non si può dire del metro di giudizio utilizzato per stilare la classifica finale che ha rotto il pareggio.

La Big 12, difatti, utilizza, per risolvere i cosiddetti tie-breakers, la classifica Bcs, e non lo scontro diretto, fattore invece utilizzato da Acc, Sec e Conference Usa, nonché da tutti gli altri sports professionistici americani dove si ragioni con un minimo di logica. E l'elemento che risuona in maniera peggiore degli altri, evitando accuratamente di nascondersi dietro ad un dito e di giustificarsi con il fatto che certe cose siano già  successe in passato, è che i Longhorns rimarranno esclusi dalla finale di conference e dovranno rodersi il fegato stando a guardare due squadre, Sooners e Tigers, che McCoy e compagnia bella hanno entrambe battuto in momenti precedenti di questa stagione, corrisposti alla loro ascesa al numero uno assoluto del ranking nazionale.

Una settimana fa le classifiche che mettono ordine al caos collegiale dicevano che Texas era seconda nel ranking Bcs, quello elaborato dai cervelloni per intenderci, ma solo terza nelle votazioni degli allenatori, statistiche che avevano fatto presagire che cosa sarebbe andato a succedere nel weekend appena passato. Molti temevano, scrutando il nebbione di polemiche all'orizzonte, che il vantaggio minimo dei Longhorns sui Sooners nella classifica Bcs non potesse durare, fatto peraltro confermato dai calcoli e dai coefficienti applicati dai computers per il nuovo ranking, questo perché mancando lo scontro diretto come metro di giudizio si è guardato solamente alla qualità  delle vittorie ottenute nell'ultima di stagione regolare.

Si spiega solo così la prevedibile impossibilità  dei Longhorns di raggiungere una quotazione credibile per la finale della Big 12, perché il largo successo contro Texas A&M nel giorno del ringraziamento, visto e considerato il valore dell'avversario durante l'anno (4-8), non poteva mai in questo mondo essere paragonato all'imposizione di Oklahoma contro la forte Oklahoma State po effettivamente verificatasi sul campo, dato che i Cowboys, della South Division, erano la quarta forza ed hanno presenziato nella Top 25 per la maggior parte dell'anno.

Come al solito la critica è divisa.

Molte persone, tra cui presumiamo Mack Brown, coach dei Longhorns, ritengono che il sistema così com'è concepito oggi non possa garantire un giudizio equo per determinare chi siano le due squadre più forti del campionato. Lungi da Brown e da chi la pensa come lui definire la situazione una ladroneria od un furto, come si costuma in un paese di nostra conoscenza, tuttavia non gli si può dare torto quando considera che le vittorie dei Sooners sono probabilmente state considerate qualitativamente migliori rispetto alle sue perché più fresche nelle menti dei giudicanti, e che se Oklahoma avesse battuto Texas Tech ad inizio stagione, quando non si poteva sapere se i Red Raiders potessero essere stati una potenza da Top 5, e che se Texas avesse posticipato il 45-35 contro i Sooners medesimi anche solo ad un paio di settimane fa, le menti dei votanti sarebbero state condizionate in altri modi, e quell'unica sconfitta rimediata contro la premiata ditta Harrell- Crabtree a partita oramai scaduta non sarebbe pesata così tanto nell'economia del campionato.

Ciò non significa che Bob Stoops, coach di Oklahoma, si sarebbe potuto sentire defraudato di qualcosa a posizioni invertite, ed avrebbe avuto sicuramente delle valide giustificazioni per esserlo, visto che Texas ed Oklahoma, in un mondo giusto, sarebbero dovute andare entrambe in finale.

C'è poi l'altro lato della medaglia, un lato dove i computers vengono tirati in ballo non solo come fautori dei calcoli necessari ad uscire dal caos, ma pure come giudici imparziali, incapaci di provare emozioni e quindi di essere condizionati dagli eventi, quindi da una vittoria di grandi proporzioni avvenuta di recente. Al di là  di queste considerazioni stile "Corto Circuito", c'è chi ha fatto notare che Oklahoma ha terminato al primo o al secondo posto della classifica in cinque dei sei cervelloni interpellati per effettuare i conteggi, e che la media dei Sooners per posizionamento era di 1,5 contro il 2,5 rimediato dai Longhorns, e stessa cosa per la percentuale attribuita nella classifica Bcs alle due università , rispettivamente .935 contro .922, numeri che hanno consentito al team di Stoops di salire dalla terza alla seconda posizione ed a Texas di fare il passo contrario, pur avendo vinto ugualmente la propria gara. E' come calciare un field goal fuori di neanche un millimetro all'ultimo secondo. Una beffa.

L'istinto ci porta ad una sola domanda: la tanto decantata imparzialità  dei computers significa uniformità . Perché tale uniformità  non può essere applicata anche nelle decisioni per i tie-breakers, facendo in modo che ogni conference spezzi i pareggi allo stesso modo? Se uniformità  si richiede a gran voce, che uniformità  sia fino in fondo.

Si è quindi aperto una sorta di caso nazionale, puntuale come un orologio svizzero, che in questo momento dell'anno non manca di riempire le sezioni collegiali dei giornali e dei siti americani.
Dal passato non si è imparato, visto che quella di questo finale di stagione è una situazione analoga a quella di otto anni fa, quando Florida State andò al National Championship al posto di Miami nonostante gli Hurricanes si fossero aggiudicati lo scontro di stagione regolare. Ogni volta che succede qualcosa del genere, e succede quasi tutti gli anni, non si finisce mai di discutere, di polemizzare, di cercare l'ago nel pagliaio che attesti l'inadeguatezza di chi prende un posto che qualcun altro avrebbe ritenuto lecito per sé.

E' davvero arrivato il momento di cambiare qualche cosa in questo meccanismo perverso.

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