Florida domina, Spurrier no

Steve Spurrier ha rimediato la peggior sconfitta di carriera contro la sua alma mater.

Inutile negarlo. Fino a questo momento le attenzioni principali della stagione collegiale se le sono accaparrate, con merito tra l 'altro, le squadre appartenenti alla Big 12. Texas è stata in cima al ranking per qualche settimana, Texas Tech sta coltivando il sogno di un National Championship per lei inedito, Oklahoma può fare ancora la voce grossa nel prossimo scontro con i Red Raiders medesimi, ed Oklahoma State, fino ad una ventina di giorni fa, era tra le compagini imbattute. Al di fuori di queste, solo Alabama era riuscita a catturare l'attenzione dei media americani, in virtù dell'attuale primo posto conservato con i denti nella classifica Bcs, nonché dal fatto che i Crimson Tide non hanno ancora conosciuto, in questo 2008, il significato della parola sconfitta.

Ci si dimentica troppo spesso e troppo volentieri che la Sec, raggruppamento di appartenenza proprio di Alabama, ha in serbo un'altra arma ad alto voltaggio, una squadra che nelle ultime settimane è sembrata insormontabile per chiunque, e che ha nelle proprie mani i destini di questa stagione. Il suo quarterback è reduce dalla vittoria dell'Heisman Trophy, il suo miglior wide receiver potrebbe benissimo fare il running back, la sua difesa è tornata degna di quella che portò al titolo nazionale del 2006, e l'allenatore è sempre quello. Si, sono loro. I Florida Gators.

Chiariamo subito il misfatto, se la squadra di Urban Meyer è andata fuori dal radar della Bcs un motivo c'è stato: Ole Miss. Come tradizione dell'ultimo biennio tiene a conservare, non è una stagione di football sensata se non vive almeno un sabato di ordinaria follia, all'interno della quale, in una giornata dove caddero tre super potenze in contemporanea, i Gators vennero catturati dalla rete dell'upset finendo per essere condannati a perdere per 31-30 contro i Rebels, a causa di un extra point bloccato, dopo aver rincorso i più deboli avversari per tutto il pomeriggio riuscendo quasi a rimediare a tre costosi turnovers, grazie anche ad una delle spiritate giornate di quel pazzesco ibrido macina-yards che risponde al nome di Percy Harvin.

Tim Tebow, il primo sophomore di sempre ad abbinare il proprio nome all'Heisman, non era lo stesso tipo di giocatore rispetto al 2007, e se ciò era motivato dal fatto che Meyer intendeva comunque risparmiargli diverse delle botte prese l'anno precedente, quando evoluiva facendo danni ovunque con le sue corse personali, lo stesso coach notava che c'era qualcosa di strano in lui, e che le decisioni prese in campo avvenivano dopo un procedimento più lento e laborioso, come se Tim avesse timore di aver appena effettuato la scelta errata, o meglio, come se non fosse sicuro che quella fatta fosse quella corretta. L'attacco, nel frattempo, commetteva errori su errori, mandando su tutte le furie lo stesso Meyer, uno per il quale l'esecuzione viene prima di tutto il resto.

Dopo quella sconfitta, i Gators si sono trasformati in una macchina da guerra, che ha triturato senza pietà  alcuna ogni tipo di avversario che abbia osato sfidarla: la striscia attualmente aperta corrisponde a sei vittorie consecutive, ivi comprese quelle contro Louisiana State, pur sempre campione in carica ma seppellita per 51-21, Georgia, la cui rivincita per la sconfitta di un anno fa (i Bulldogs avevano invaso la endzone avversaria alla prima segnatura di quella partita, offendendo Florida) si è concretizzata con un pesantissimo 49-10, ed infine il 56-6 contro South Carolina di sabato scorso, ennesima occasione nella quale il confronto è stato dichiarato chiuso ancor prima di cominciare.

Le statistiche parlano chiaro: la squadra ha segnato 49,8 punti a gara dopo quella sconfitta contro Ole Miss, ha demolito tutti gli avversari nei primi quarti vincendoli con un parziale di 101-0, la difesa ha contribuito con delle giocate di spessore, togliendosi la soddisfazione di segnare qualche touchdown (già  due quelli messi a referto dal linebacker Brandon Spikes), azione supportata anche dagli special teams, che hanno dato respiro ed ottime posizioni di campo quando più ce n'era bisogno, nonché bloccato qualche calcio levando punti e morale agli avversari di turno.
Tebow, dopo la scorpacciata di touchdowns dell'anno scorso (ne ha comunque segnati 10, tra corse e passaggi, contro Georgia e Vanderbilt nel giro di una settimana), ha imparato a giocare con semplicità , e l'attacco, pur rimanendo spettacolare da vedere, numericamente sta semplicemente facendo il compitino, segnando con estrema velocità  grazie ai big plays. Parola che sembra essere nel vocabolario del già  menzionato Percy Harvin, il quale si diverte di tanto in tanto a scombussolare le linee statistiche raggiungendo la tripla cifra di yards oggi in ricezioni, domani in corse, perché non importa come gli si dà  il pallone, lui sa senz'altro cosa farne. O meglio, sa dove si trovi la sua destinazione, e poco gli importa di recapitarlo in endzone con una ricezione di 70 yards, una corsa di 2 o una ricezione e corsa di 40, il risultato, ultimamente, è sempre quello: 6 punti in attesa della trasformazione.

Le statistiche appena elencate non avrebbero senso senza un ragionamento di fondo, il che porta ad una logica conclusione: Florida è la squadra del momento, ed i motivi sono ampiamente giustificabili. Anzitutto i giocatori principali sono sotto-utilizzati, nel senso che la tendenza a chiudere le partite così in fretta consegue dei secondi tempi dove lo spazio per le riserve si allarga parecchio, consentendo il risparmio di botte e potenziali infortuni ai titolari. Lo stesso Harvin, quando un giornalista gli ha recentemente chiesto lumi sull'argomento, ha ammesso di ricordare solo due partite in cui fosse entrato in campo per qualche snap della ripresa.

In secondo luogo la squadra non solo è produttiva, ma è molto cinica, attitudine che deriva tutta dalla filosofia di Urban Meyer: ottenere il massimo sempre e contro chiunque. Anche con il punteggio archiviato da ore, i Gators non mollano e cercano sempre di segnare. Recentemente l'head coach di Florida ha chiamato un paio di timeouts (contro Georgia) a gara acquisita per ottimizzare l'azione offensiva successiva nei pressi della endzone, ed ha allestito un gioco a lunga gittata contro i Gamecocks che avrebbe potuto, se realizzato, umiliare ancora maggiormente l'opponente. Se cercavate il Bill Belichick della Ncaa, l'avete trovato.

Molti dei nomi appena citati sono stati i protagonisti dell'ultimo dei massacri propinati al malcapitato di turno dai Gators, vale a dire South Carolina. E' stato in questa occasione, difatti, che Spikes ha aperto le segnature riportando in meta un intercetto di Chris Smelley. E' stato qui che la difesa ha recuperato altri due palloni in poco più di un minuto conseguendo altri 14 punti pressoché istantanei. Ed è stato qui che Percy Harvin ha registrato il massimo in carriera in fatto di rushing yards, 168. Con la differenza che di ruolo, sarebbe pur sempre un wide receiver.

Il che ci porta all'inevitabile, ovvero all'analizzare lo stato d'animo di chi ha subito questa tremenda disfatta, la sua peggiore di carriera, arrivata peraltro da una squadra cui aveva dedicato tanti anni con le cuffie saldamente in testa: Steve Spurrier. Colui che con i colori blu ed arancione non solo ha allenato, ci ha anche giocato da quarterback vincendo l'Heisman Trophy nel 1966, regalando in seguito, nei panni di head coach, il primo National Championship della storia dell'ateneo nel 1996, 5 titoli della Sec, innumerevoli stagioni consecutive al di sopra dei 500 punti segnati e 10 vittorie costanti di media, il tutto risultato dal suo modo di concepire il football offensivo, la Fun'N'Gun. Colui che ha creato la leggenda del Ben Hill Griffin Stadium, il campo di gioco di Florida, battezzandolo "The Swamp", la palude, sottolineando che "la palude è dove vivono gli alligatori, noi ci troviamo a nostro agio qui; la palude è calda e umida, solo gli alligatori ne possono uscire vivi", creando un mito che dura ancora oggi e probabilmente per sempre durerà .

Era stato proprio sotto le sue direttive offensive che i Gators avevano propinato ai Gamecocks la loro peggior sconfitta di sempre, 63-7, era il 1995 allora. Sabato, quando South Carolina ha incassato la seconda peggior batosta d'ogni epoca, quel 56-6 di qualche riga fa, Spurrier era invece sulla sideline opposta"
La cosa peggiore di tutte, forse, era lo status con cui la squadra era arrivata sabato in Florida, ovvero quella di miglior difesa della Sec, status prontamente smontato dalla cattiveria dei Gators, capaci di segnare 28 punti in neanche due quarti, frazione nella quale in tutta probabilità  i Gamecocks avevano concesso lo stesso numero di punti sommando tutte le altre precedenti apparizioni assieme. Spurrier avrebbe voluto portare anche questa partita alla risoluzione nel quarto periodo, c'era già  riuscito nel 2006 (finì 17-16 per i Gators), unica altra volta in cui aveva affrontato, perdendo, il suo passato. Ma non è andata esattamente così.
Quale futuro allora per l'"Old Ball Coach'? Non è chiaro e determinabile al momento, anche se ad oggi le premesse di riportare in alto il programma di South Carolina ed accorciare le distanze con le super potenze della conference non è stato rispettato, anzi, molte delle piccole squadre hanno a loro volta accorciato il gap nei confronti dei Gamecocks stessi, che nei quattro anni di regno di Spurrier hanno avuto una sola stagione vincente all'interno della Sec. E non sono mai riusciti a risolvere dei problemi offensivi che relegano la squadra agli ultimi posti statistici da oramai due stagioni per quanto riguarda i punti segnati, ma soprattutto che delineano un running game pressoché inesistente.

Lo Spurrier della conferenza stampa post-partita non era quello di sempre e non poteva esserlo. Non per chi lo conosce e lo ha visto per anni abbaiare ordini ed urlare improperi a chiunque osava sbagliare qualcosa. Affranto, probabilmente resosi conto dei reali risultati sinora ottenuti, ha ammesso di non sapere cos'altro avrebbe potuto fare per tenere almeno vicino il punteggio, dicendo di desiderare tutto il meglio possibile per l'avversario di giornata, Urban Meyer, augurandogli una striscia di quattro vittorie consecutive per chiudere la stagione, e dichiarando che questa Florida, a suo avviso, è ben migliore di quella che ha vinto nel 2006.

Quattro vittorie che significherebbero tutto per i Gators, contando che due (Citadel, Florida State) sono gli impegni di regular season rimasti: la terza partita sarà  la già  determinata finale di conference contro Alabama, ed una vittoria contro i Tide significherebbe non solo abbattere la numero uno del ranking, vorrebbe dire andare quasi sicuramente a giocarsi la finale di Miami. Il che equivale ad avere i destini della stagione nelle proprie mani.

Come finirà ? Non sappiamo. L'unica cosa certa è che stavolta decidono i Gators, quelli che una volta erano di Steve Spurrier.

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