Bill Stewart, coach ad interim di WVU portato in trionfo dopo la vittoria al Fiesta Bowl
Oklahoma cade per il secondo anno di fila al Rose Bowl, West Virginia riesce ad andare oltre all'infortunio di Steve Slaton nel primo quarto, oltre l'abbandono del capo allenatore non più di un mese fa e, perché no, oltre anche un pronostico che non la vedeva certo favorita dopo le vicissitudini di fine anno.
Reduce dalla quasi fiabesca sconfitta subita in due overtime nel 2006 da Boise State coi suoi pazzi giochi chiamati da coach Chris Petersen, Oklahoma si ripresentava carica di speranza anche al Fiesta Bowl di quest'anno, con il #3 del ranking BCS (#4 AP) e contro una squadra uscita di nuovo delusa dalla regular season, West Virginia appunto.
I Mountaineers sono stati a un passo dal guadagnare l'accesso alla finale per il titolo nazionale prima di cadere in disgrazie sul proprio campo contro Pittsburgh e dire addio ai sogni di gloria che una pazza stagione NCAA sembrava aver organizzato per Rich Rodriguez e i suoi ragazzi. Proprio quel Rich Rodriguez che a dicembre accettava il posto di capo allenatore a Michigan, prestigiosa panchina lasciata libera da Joe Carr, e che metteva in difficoltà West Virginia, costretta a trovarsi un allenatore ad interim per preparare la gara di ieri notte.
E' stato così Bill Stewart a prendere le redini del gioco, a preparare i ragazzi, a caricarli e a gestire la situazione; ed è stato poi Patrick White, quarterback junior molto mobile, a decidere le cose sul campo. E' stata una partita che i Sooners sono anche riusciti a controllare sul campo per alcuni tratti ma che al tempo stesso li ha visti vulnerabili alla strategia di WVU (tanta corsa e lanci a sorpresa) orchestrata alla perfezione da White, MVP della serata con 176 yard lanciate e 150 corse.
Un vero flagello sulla difesa di Oklahoma assolutamente incapace di controllare il gioco via terra e di porre un rimedio efficace contro chiunque degli avversari portasse il pallone, fosse questi Noel Devine (13/108), che andava a sostituire lo sfortunato Slaton, o Owen Schmitt (3/64) oppure il WR Darius Reynaud, a sua volta capace di un'unica corsa da 30 yard.
Tanti i giochi di corsa eccessivamente produttivi per i Mountaineers, infilati uno dopo l'altro nella creazione di drive spesso brevi ma spesso terminati in endzone o a distanza field goal, dove Pat McAfee ha colpito due volte e due volte ha sbagliato, sparando prima a lato e vedendosi bloccare un quarto calcio dagli special team avversari. E quando Oklahoma, mai in grado di ottenere qualcosa di altrettanto devastante dai propri possessi palla che le hanno regalato quasi 35 minuti di gioco offensivo, ha cominciato a sgretolarsi sempre più, per Pat White la serata è esplosa nel modo più trionfale.
La dimostrazione sta anche e soprattutto nel quarto periodo, dove i timidi tentativi di rincorsa dei Sooners si sono spenti su tre giochi avversari, grazie alla connessione aerea tra White e Tito Gonzales per 79 yards (il gioco più lungo nella storia di WVU in un bowl) e a una corsa da 65 di Noel Devine.
Una West Virginia forse troppo risentita per il trattamento subito dal suo vecchio head coach e troppo arrabbiata per potersi permettere una nuova inaffrontabile delusione dopo le batoste che negli ultimi due anni ne avevano minato le prospettive di giocarsi qualcosa di più importante.
Ma dopo un 2006 davvero negativo, il 2007 aveva comunque regalato questo accesso al Fiesta Bowl che, insieme a coach Stewart, è stato onorato più che mai da un gruppo di ragazzi che hanno voluto mostrare il proprio valore nel momento più delicato e difficile; ragazzi che hanno voluto dire al mondo del football che con o senza Rodriguez questa squadra poteva vincere e meritava certamente più credito di quanto la sconfitta con Pittsburgh non avesse palesato.
"Se lo merita davvero" ha detto White a proposito di coach Stewart a fine gara. "E' un grande uomo, un grande allenatore. Tutti i giocatori lo rispettano e lo amano, non avremmo potuto chiedere di meglio per farci guidare a una vittoria oggi". Un attestato di stima, certo, ma anche un discredito lanciato sul vecchio allenatore e la consapevolezza di poter valere tanto, tanto di più.
Non si è trattato solo di una gara dominata grazie ai big play, ma anche e soprattutto di una partita dove la difesa avversaria è stata messa immediatamente sotto scacco e non ha più trovato forza e idee per contenere il gioco di White e compagni. Usciti sconfitti dal quarto BCS Bowl consecutivo (Sugar 2004, Orange 2005, Fiesta 2006 e 2007) i Sooners, campioni nazionali nel 2000, non sanno a cosa aggrapparsi per trovare giustificazioni in una gara che li ha visti pressati da una difesa rapida e decisiva come sull'intercetto a Sam Bradford (21/33, 2424, 2 TD) in endzone e capace di togliere punti di riferimento al gioco aereo annullando la possibilità di lettura da parte del quarterback il quale è apparso spesso troppo confuso.
Solo nel terzo periodo, dopo che il primo tempo si era chiuso 20-6 per i Mountaineers, Oklahoma ha tentato il colpaccio giocando il tutto per tutto dopo aver avviato una buona rimonta. Con un parziale di 10-0 che metteva i Sooners a sole 5 lunghezze dai rivali, Bob Stoops chiamava due giochi abbastanza discutibili, i quali se avessero però avuto buon esito avrebbero trasformato il coach in un genio assoluto e i suoi ragazzi in eroi assoluti. Ma la conversione da 2 punti chiamata per tentare il -3 (e fallita da Bradford su lancio) e l'onside kick subito dopo, non ricoperto dalla propria squadra, trasformavano la speranza in fallimento.
"Avevamo l'inerzia dalla nostra, così se avessimo realizzato l'onside kick avremmo avuto davvero l'opportunità di togliergli il respiro e affondarli" ha dichiarato Stoops a fine gara. "Ho pensato che quello fosse il nostro momento per lanciarci, l'opportunità c'era, solo non l'abbiamo sfruttata".
Cero, molto facile per noi, ora, dire che quelle chiamate sono state un azzardo, quasi un suicidio; non tanto per la conversione da 2 punti, quanto per il kick off, che ha regalato una posizione di campo favolosa a una squadra come West Virginia, ridandole coraggio, forza, creando l'appiglio a cui aggrapparsi per uscire dalle sabbie mobili nell'unico momento in cui è sembrato che White e soci potessero non uscirne più.
Sfruttare l'inerzia della partita è possibile senza troppi trucchi: il meno cinque in tabellone e la partita che stava girando nei favori erano un ottimo segnale, e spedire palla dentro le 20 avversarie avrebbe creato ancora più pressione ai Mountaineers, i quali hanno invece ringraziato per l'occasione lasciata e ritrovandosi sulle 39 avversarie hanno gestito il drive sulle corse di White e Devine, divenuti di nuovo due imprendibili saette per la retroguardia avversaria.
La meta di Devine nata da questa azione ha definitivamente chiuso la gara, ha permesso a WVU di portarsi a +12, poi a +19, quando dopo quell'onside kick non ricoperto i Sooners non sembrati capaci di ricominciare il discorso dove si era interrotto.
E' stato il classico lancio della moneta, l'affidarsi al momento positivo della gara e incrociare le dita sperando che un gioco così delicato entri alla perfezione. Se così fosse stato la difesa avversaria sarebbe dovuta tornare in campo per il secondo drive consecutivo, con molti più minuti nelle gambe ed un avversario a una meta dal sorpasso.
Le cose però sono andate all'opposto e questo ha ritrasformato la preda in cacciatore, ha rimescolato le carte, ha ridato fiato alla difesa mentre l'attacco chiudeva con rara semplicità il drive del break decisivo ed ha tolto ogni speranza ai Sooners.
E' finita così 48-28 per West Virginia, con un quarto periodo di puro spettacolo dove a ogni meta dei Sooners rispondevano i Mountaineers, e dove non si è potuto fare altro che attendere il finale per lasciar sì che fossero i ragazzi di West Virginia ed i loro tifosi asserragliati sugli spalti a dare il via alla festa.
Il Fiesta Bowl 2008 va ai Mountaineers, ed è già ora di pensare a un nuovo coach e a una nuova stagione, anche se la magica notte dei "protagonisti per caso" come Bill Stewart, Patrick White e Noel Devine sembrerebbe scritta appositamente per essere ripetuta, una volta in più, nella prossima stagione.