Joe McKnight, votato MVP offensivo del Rose Bowl, è paragonato a Reggie Bush
Sembrava una classica sfida Davide contro Golia, di quelle epiche, che spesso negli Stati Uniti si trasformano in storie da raccontare ai nipoti, come l'anno scorso in cui Boise State sorprese tutti e sconfisse l'Oklahoma di Adrian Peterson, nel Fiesta Bowl.
Stavolta di fronte, nel Rose Bowl di Pasadena, c'erano i deboli, Illinois, dalla Big Ten, 2 vittorie negli ultimi due anni, prima di scoprirsi forti e diventare squadra da BCS Bowl, con 9 vittorie, tra cui quella sui finalisti nazionali di Ohio State, e c'erano i forti, USC, dalla Pac-10, i mitici Trojans, squadra dinastia dell'ultimo lustro, sempre alla ricerca del titolo, vanificato quest'anno da una sconfitta clamorosa contro Stanford e dalle decisioni controverse del boarding BCS. Sembrava l'antipasto giusto per vedere una serata da non dimenticare, per vivere delle emozioni che solo lo sport universitario riesce a dare, invece stavolta Golia era troppo forte e Davide non ha potuto fare nulla, se non soccombere.
USC domina il Rose Bowl, infliggendo una pesante sconfitta a Illinois, 49 a 17 il punteggio finale, terzo maggior scarto ogni epoca in un BCS Bowl, pareggiato il punteggio più alto del Rose Bowl e dato una grossa prova di forza a chi aveva dubitato dei Trojans nella votazione per le squadre da mandare alla Finale Nazionale.
Pete Carroll a fine gara non ha mancato di polemizzare con chi ha fatto quella scelta, considerandosi ancora il numero uno e proponendo con forza la possibilità di introdurre i playoff per decidere il campione nazionale, come succede tra i pro. In molti gli hanno dato ragione sul fatto che USC sia la più forte attualmente, soprattutto quando si parla di Bowls.
I numeri parlano chiaro, 633 yards di total offense, record all-time nel Rose Bowl, equamente distribuite, 344 su corsa e 289 su passaggio, 7 touchdowns totali, anche qui equilibrio, 3 su corsa e 4 su passaggio, 4 turnovers forzati, uno solo concesso e non capitalizzato dagli avversari, in pratica la partita perfetta, al momento giusto, ma nel luogo sbagliato, nei pensieri di Carroll e dei suoi ragazzi quel luogo doveva essere New Orleans.
Il protagonista della partita è stato il freshman Joe McKnight, runningback sensazione, già paragonato a Reggie Bush, che nel suo primo Bowl corre per 125 yards e 1 td e ne riceve per 45, spaccando in due la partita insieme con gli altri back dei Trojans, Stafon Johnson e Chauncey Washington, autori di 104 e 75 yards rispettivamente. Se si pensa che Johnson è un sophomore e il solo Washington è all'ultimo anno al college, si può immaginare quale futuro possa avere USC nel ruolo e quale mago del recruiting possa essere Pete Carroll.
La partita non ha avuto praticamente storia, se non per un piccolo periodo, all'inizio del terzo periodo, quando Rashard Mendenhall è riuscito per la prima volta a trovare il buco giusto tra i linebackers di USC e correre per 79 yards fino all'endzone avversaria, portando il distacco ad undici punti sul 21 a 10 per i campioni della Pac-10. Quella corsa sensazionale sembrava aver dato l'inerzia giusta ai Figthin Illini, c'era la possibilità di una rimonta, quel muro insormontabile costruito dal quartetto di linebackers avversari poteva essere oltrepassato.
Non a caso l'attacco successivo di USC non portava a nulla e Juice Williams trovava subito Mendenhall con uno screen pass, trasformato in 55 yards di guadagno. Sembrava l'ora della rinascita, ma il castello era debole ed è bastato un gioco alla difesa dei Trojans per farlo crollare. Williams sotto pressione trovava il kick returner Jacob Willis sul centro del campo per una ricezione che avrebbe portato Illinois vicina alla meta avversaria, ma Kaluka Maiava, linebacker di riserva, rinveniva da dietro e colpiva la palla, facendola schizzare fuori dalle mani del ricevitore e mandandola nella propria endzone, dove Brian Cushing la ricopriva per il più fruttuoso dei touchback.
Giocata da linebacker a linebacker, USC ha vinto con l'attacco, ma la difesa non è stata a guardare.
Maiava ha forzato il fumble decisivo, Cushing è stato il primo a ricoprirlo, Rivers ha placcato il placcabile e Maualuga è stato nominato defensive player of the game, in una partita assolutamente devastante, chiusa con 5 tackles, 3 sacks, di cui due consecutivi, 1 intercetto e 1 fumble forzato.
Le giocate della difesa hanno lanciato l'attacco, smorzando la poca inerzia guadagnata dai ragazzi di Ron Zook, definitivamente spenta pochi minuti dopo il fumble ricoperto da Cushing, quando McKnight, su uno screen di Booty, non controllava il pallone, ma riusciva a recuperarlo vicino alla sideline, correndo indisturbato per 65 yards e regalando una comoda posizione a Booty, che successivamente trovava il tightend Fred Davis per il touchdown del 28 a 10, che di fatto chiudeva la partita.
I successivi touchdowns di McKnight e Dennis su corsa, di Ausberry su passaggio e la meta finale della consolazione di Benn, da 56 yards su perfetto lancio del qb freshman Eddie McGee, non spostavano di una virgola la storia della gara.
Booty ha giocato una partita molto solida, senza farsi vedere troppo, pur guadagnando alla fine 255 yards con 3 td pass, sfruttando al meglio tutto quello che la difesa di Illinois concedeva e approfittando degli spazi costruiti da un running game che ha vivisezionato il campo in lungo e in largo. Solo in un momento si è visto il Booty che Carroll non vorrebbe mai vedere, quando nel primo tempo ha lanciato un intercetto nelle mani della safety Justin Harrison, portando Illinois vicina alla segnatura, poi non concretizzatasi, e successivamente ha rischiato di replicare la giocata, sempre con Harrison protagonista nel togliere dalle mani di Hazelton il pallone, ma sfortunato nel vederlo cadere dolcemente fra le mani di McKnight per la più incredibile delle ricezioni.
Momenti che decidono una partita, nel Rose Bowl sono sempre stati dalla parte di USC e quando oltre ad essere più forte, sei anche più fortunato, il risultato non può mai essere in discussione, nemmeno se hai di fronte una squadra del destino, che non arrivava al Rose Bowl da 24 anni, che era stata la peggior squadra della Big Ten negli ultimi due anni.
Per Illinois era un sogno, per Ron Zook era una missione, lui questo Bowl voleva vincerlo, voleva che la sua squadra dimostrasse di essere in grado di vincere. La sconfitta non è stata digerita, le sue parole a fine gara sono state eloquenti: "Ho detto ai miei ragazzi che noi rappresentavamo la Conference e abbiamo portato la Big Ten verso il basso. Noi possiamo competere, ma abbiamo bisogno di dimostrarlo.".
Parole dure, forse troppo dure, ma sono il viatico per ripetere quest'anno fantastico.
USC non ha bisogno di parole, solo di elogi. Sesta stagione consecutiva con 11 vittorie, secondo Rose Bowl consecutivo vinto, la dinastia, seppur non ai vertici assoluti, continua, la leggenda di Carroll non si placa, il futuro è ancora carico di doni per i Trojans, l'anno prossimo, anche senza playoff, potrebbe essere quello giusto per tornare a guardare tutti dall'alto.