Hayward, miglior giocatore di Butler, con la panchina di Duke sullo sfondo durante la finale
Si può essere vincitori senza avere vinto il titolo?
Se si guarda la stagione di Butler, di sicuro la riposta può essere solo una: sì. In questi giorni, subito dopo la finale NCAA, in tanti hanno detto che dalla partita di lunedì notte è uscita una sola squadra campione, ma due vincitrici.
Perché, come dice coach Stevens, i Bulldogs e i loro tifosi non possono non essere soddisfatti, sono arrivati ad un solo tiro da vincere il titolo, un risultato che, anche solo un mese fa, sarebbe stato considerato a dir poco improbabile: "Abbiamo giocato 145 possessi ed abbiamo perso di uno: il nostro margine d'errore era bassissimo. E' difficile arrivare qui, prima avevamo vinto quattro partite con tre possessi o meno di vantaggio".
Sarebbe stata una vittoria storica per la piccola Butler, l'ateneo più piccolo a raggiungere la finale maschile del Torneo NCAA negli ultimi quarant'anni (ha 4.200 studenti): e tutto sembrava essere scritto, i Bulldogs avevano fatto fuori una grande squadra dopo l'altra (Syracuse nelle Sweet Sixteen, Kansas State nella finale del Regional e Michigan State nella semifinale nazionale), arrivando fino alle Final Four che, come un segno del destino, si tenevano proprio a casa loro.
Butler, infatti, ha il proprio campus ad Indianapolis, a sole sei miglia a nord-est dal Lucas Oil Stadium dove si è giocata la finale: la città era impazzita per questi inaspettati eroi e l'atmosfera era decisamente casalinga, come dimostrava pure il fatto che a vederli c'era pure la mascotte dell'ateneo, (un bulldog) Blue II. Tutto sembrava perfetto, troppo bello per essere vero.
Erano arrivati alla finale con venticinque vittorie consecutive, una striscia seconda solo a quella proprio di Duke nel 1999; non ce l'hanno fatta a far allungare ancora quella striscia, ottenuta nonostante gli avversari, nel corso del Torneo non dessero loro molto credito.
Come ha detto Mack prima della finale: "La nostra squadra ha sorpreso molte persone. Quando eravamo a Salt Lake City e siamo scesi in campo, credo che Syracuse ci stesse ridendo i faccia, tiravano da metà campo. Ci siamo sentiti abbastanza offesi".
Duke, di sicuro, non ha sottovalutato i suoi avversari, anzi, e non solo perché non puoi sottovalutare nessuno che sia arrivato alla finale: è anche un segno del rispetto che Butler si è guadagnata.
Di sicuro gli Orangemen non ridono molto adesso. Loro se ne sono tornati a casa mentre invece Butler ha continuato ad mandare a casa un avversario eccellente dopo l'altro, grazie ad una squadra equilibrata in attacco, con una stella assoluta ed una serie di giocatori funzionali, ed una difesa di alto livello, che le ha permesso di vincere molte partite, riuscendo a stritolare gli avversari.
E proprio per la solidità della sua squadra, soprattutto a livello mentale e di impegno, coach Stevens è soddisfatto: "Lo dicevo, quando alleni questi ragazzi, puoi essere contento di qualsiasi risultato, perché puoi essere sicuro che danno sempre tutto quello che hanno. Gliel'avevo detto negli spogliatoi: quello che hanno fatto rimarrà nella memoria di tutti più a lungo di una notte, indipendentemente dal risultato".
E Butler, in un certo senso, sarà anche una fonte di ispirazione per altre squadre in giro per la nazione, quelle cosiddette mid-majors che fanno fatica a reclutare i talenti migliori, e rimangono sempre in una sorta di limbo.
Tutti i ragazzi di coach Stevens vengono dallo stato dell'Indiana: non che a Butler abbiano molte altre possibilità , soprattutto considerando le limitazioni economiche. Il college basket presenta al suo interno, infatti, una notevole disparità di risorse economiche tra i vari programmi: basti pensare che Duke, vincitrice del titolo, ha un budget di 13.8 milioni di dollari per il programma cestistico: quello dei Bulldogs è di 1.7 milioni. Noccioline.
Ma ora, per non essere considerati una squadra che ha ballato per una sola stagione, uno degli obiettivi per Butler deve essere quello di non rendere questa stagione fantastica una stagione unica nella storia: essendo riusciti a tirare su un programma interessante, la speranza è mantenerlo.
Considerando la prossima stagione, per quanto riguarda i giocatori, le prospettive sono buone: Gordon Hayward probabilmente partirà per l'NBA, ma la base è comunque buona, visto che il prossimo anno ritorneranno cinque dei primi sei realizzatori e sei dei primi sette rimbalzisti.
I problemi però sono molteplici: tutti parlano della partenza o meno di Hayward, ma i giocatori sono solo una parte del problema.
La notizia freschissima e più importante per i tifosi dei Bulldogs è il rinnovo del contratto di Brad Stevens (a trentatre anni, il secondo coach più giovane a portare una squadra alla finale): si pensava che Butler avrebbe rischiato di perdere il suo coach, che fino ad ora non aveva percepito uno stipendio di primissimo livello (230,000$ l'anno), per un ateneo con maggiore disponibilità finanziaria, ed invece ha rinnovato per dodici stagioni. Una bella notizia in vista del futuro.
Il futuro di Butler pare quindi essere sereno: intanto, niente e nessuno può cancellare questa fantastica stagione, questo mese di marzo nel quale Butler ha incantato l'America, arrivando a un tiro dal paradiso.