East: West Virginia alle Final Four!

I Mountaneers, in primo paino Mazzula e Butler, festeggiano la vittoria nell'East Regional

Ora è Duke, ultima numero uno rimasta nel tabellone, che deve tremare: tutte le altre sono già  state fatte fuori, presto o tardi, in modo più o meno clamoroso. Ieri notte, infatti, anche Kentucky ha dovuto salutare il Torneo; il risultato non è sorprendente in sé (West Virginia era comunque la numero due del seed), ma piuttosto per il modo in cui si è sviluppata la partita.

Alla fine, però, per i Wildcats non può rimanere che la delusione, perché questa sconfitta conclude molto più di una stagione sportiva, come dice DeMarcus Cousins: "Mi sono divertito tantissimo quest'anno, volevamo andare avanti anche per dare una soddisfazione ai nostri veterani, che ne hanno passate di tutti colori negli ultimi anni. Fa male, in particolare perché non avremo mai più la possibilità  di giocare di nuovo insieme, non potrò mai più giocare con i miei compagni, i miei fratelli".

Ed infatti è paradossale, pur essendo ormai parte del sistema, come non appena è suonata la sirena finale, sia immediatamente iniziata la discussione di giornalisti ed addetti ai lavori: tutti cercavano di sapere (anche dai diretti interessati, soprattutto Wall, Cousins e Patterson, ma senza particolare successo) quanti e quali giocatori di Kentucky, il prossimo anno, giocheranno nella NBA.

Il problema, per i Wildcats, è che la prossima stagione, o anche solo il draft di giugno, sono lontani: ora bisogna affrontare una sconfitta durissima da digerire perché, come dicevamo prima, insolita nelle sue modalità , per una squadra che ha perso la sua unica possibilità  di vincere il titolo nella carriera universitaria di molti giocatori.

Nelle previsioni prima della partita, infatti, tutti consideravano come decisamente a favore di Kentucky il matchup tra i playmaker: se, infatti, da una parte c'era John Wall, probabile prima scelta assoluta al draft NBA, dall'altra i Mountaneers avevano Joe Mazzula, playmaker di riserva trasformato titolare nella partita più importante, a causa dell'infortunio di Darryl Bryant.

La realtà  ha sconvolto tutte le previsioni, perché Mazzula non ha avuto timori reverenziali, partendo con uno spirito positivo: "Loro hanno quattro future scelte di lotteria. Se John Wall spedisce il mio tiro sul tabellone, fa quello che ci si aspetta da lui. Quindi, che cosa c'era da perdere?". Alla fine ha chiuso la gara con diciassette punti (massimo in carriera), dimostrando un carattere ed una capacità  di controllare la squadra inaspettate. Dopo aver sofferto tutta la stagione (ed anche la passata) per un infortunio alla spalla che avrebbe anche potuto terminare la sua carriera, si gode ora una serata magica: e che gli dei fossero decisamente dalla sua parte, lo dimostra anche il fatto che è riuscito a segnare un canestro da tre, cosa che non succedeva, addirittura, dal 28 novembre 2008.

La vera chiave della partita è stata, come ci si poteva aspettare, la difesa di West Virginia: coach Huggins, infatti, ha azzeccato la strategia. Sapendo che il punto debole di Kentucky era il tiro dalla lunga, West Virginia ha chiuso gli spazi, utilizzando spesso la zona 1-3-1, non permettendo ai penetratori di Kentucky di entrare in area; per quanto riguarda i lunghi invece, ha creato dei raddoppi sistematici che hanno fatto perdere lucidità  agli avversari, primi tra tutti DeMarcus Cousins.

A complicare le cose, per i Wildcats, ci si è messa proprio la percentuale da tre punti: è vero che Kentucky non era nota per la sua precisione, ma non era prevedibile che i ragazzi di coach Calipari avrebbero tirato con il 12.5% percento dalla lunga distanza. Con queste percentuali (hanno dovuto tirare da tre venti volte, prima di trovare un canestro) è obiettivamente difficile pensare di portare a casa la vittoria, soprattutto contro una squadra arcigna come West Virginia.

Se in attacco le cose non andavano bene, non si può dire che dall'altra parte del campo i Wildcats stessero facendo faville, come ha detto anche Cousins: "Ci sono state partite nelle quali sbagliavamo triple tiri liberi, ma oggi abbiamo giocato male in difesa, concedendo troppi layup, sbagliando anche cose semplici che sappiamo fare benissimo".

Calipari alla fine non cerca scuse ed accetta il risultato del campo, pur sottolineando come l'inesperienza, alla fine, ha avuto la sua importanza: "Non voglio scuse, loro hanno giocato meglio di noi, ma credo che la nostra gioventù ci abbia, oggi, creato dei problemi: non avevamo la capacità  di vedere le piccole cose. Oggi, per esempio, Mazzula ci ha fatto male: ha giocato bene e fatto girare la squadra. Ma alla fine, è stato anche l'essere giovani ad averci portato a trentacinque vittorie".

La vittoria di West Virginia entrerà  decisamente negli annali del torneo NCAA, in primo luogo perché i Mountaneers non raggiungevano la Final Four dal 1959; per dare un'idea di quanto tempo è passato, la stella di allora era Jerry West che, nel frattempo, ha fatto in tempo a diventare il logo della NBA.

Ovviamente soddisfatto è anche coach Bob Huggings, tornato nella sua Alma Mater con un solo obiettivo: "Dal primo giorno in cui sono arrivato, ho detto ai ragazzi che ero qui per vincere il titolo nazionale: vincerlo per l'università , perché io ho giocato qui, e per le persone di questo Stato".

Arrivare tra le migliori quattro della nazione, per lui, è un ritorno, anche se il ricordo è un po' sfuocato: c'era già  stato una volta, nel 1992, con Cincinnati ma, da quella Final Four, ne è passata di acqua sotto i ponti. Huggins è stato forzato a lasciare Cincinnati e, prima di tornare a West Virginia, ha avuto qualche anno complicato, sia dal punto di vista professionale che da quello personale, avendo un infarto ed allenando una anno a Kansas State.

Ma West Virginia, nonostante il traguardo storico appena raggiunto, non ha intenzione di mollare proprio adesso perché, come dice Butler: "Alla fine le vittorie intermedie non significano niente, se poi non conquisti il titolo".
Per dimostrare le intenzioni bellicose dei Mountaneers basta un numero, quell'80 scritto su una lavagna nello spogliatoi, subito dopo aver buttato fuori Kentucky.
Che cosa significa? Che mancano ancora ottanta minuti per diventare campioni NCAA.

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