Grande Sam Young per Pittsburgh contro UConn…
Diciamo la verità : non poteva esserci un finale migliore per la regular season della Big East di quest'anno.
Connecticut si presentava all'ultima gara da numero 1 del ranking e da imbattuta in trasferta. Peccato che l'avversario non fosse dei più malleabili, ossia quella Pittsburgh che già aveva saputo imporsi in casa degli Huskies.
Con una vittoria, UConn avrebbe chiuso al primo posto in classifica. Le cose si sono messe subito male per la squadra di Jim Calhoun, che non trovava ritmo in attacco. La partita poteva cambiare con il secondo fallo di DeJuan Blair a 6 minuti dalla fine del primo tempo, ma a quel punto saliva in cattedra Sam Young, che decideva di festeggiare nel migliore dei modi la senior night, segnando a ripetizione attaccando il canestro degli Huskies, che a inizio ripresa sprofondavano a -14.
Dieci azioni di fila senza canestri da parte delle Panthers (0/9 al tiro e 1 persa) e il tardivo ingresso mentale nella partita di AJ Price (11 punti all'interno di un break di 13-4) riportavano UConn sul 50-52 a 8 minuti dal termine, ma era ancora Young a chiudere il discorso con altri sette punti che portavano il suo totale a 31 (con 10 rimbalzi e 13/23 dal campo, tanto per gradire). Pittsburgh nella sua storia non aveva mai battuto una numero 1 del ranking, quest'anno lo ha fatto addirittura due volte (in entrambi i casi gli Huskies), un'impresa riuscita finora solo ad altre sei squadre.
A questo punto la palla passava a Louisville, impegnata in casa di West Virginia alla presenza di Jerry West. Con una vittoria i Cardinals avrebbero conquistato la regular season. Vittoria che, a fatica, è arrivata, grazie a una gran prestazione di quel Terrence Williams del quale avevamo accennato nello scorso recap, con riferimento però alla sua discontinuità .
Ebbene contro i Mountaineers Williams ha dimostrato quanto sia un gran giocatore di basket quando è in giornata. Non ci riferiamo solo ai 20 punti (con 5/6 da 3), che potevano essere anche di più se non fosse incocciato nel solito difetto ai liberi (1/6 con l'errore sul finale che ha dato l'ultima chance a West Virginia; in stagione ha il 55% e i numeri dalla lunetta sono sempre calati nei suoi 4 anni al college).
Ci riferiamo alla prestazione globale, che le cifre aiutano a sintetizzare: 6 rimbalzi, 7 assist, 6 recuperi. Williams è senior e probabilmente a giugno lo vedremo salire sul palco a stringere la mano a David Stern.
Il suo talento potrebbe portarlo a essere una scelta da lottery, ma sarà difficile non tenere in considerazione la questione dei liberi e il fatto che non sai mai quale versione vedrai in campo, se il giocatore dal talento straordinario visto contro West Virginia o magari quella da 5 punti in 33' contro Notre Dame.
Louisville ha vinto le ultime sette partite e 17 delle ultime 20. Come detto nello scorso report soffre le squadre che hanno presenza sotto canestro, ma resta un avversario decisamente ostico per chiunque.
Come promesso nello scorso report, passiamo ora ad analizzare la sorpresa e le delusioni di questa regular season, premettendo che ovviamente nel torneo della Big East può succedere davvero di tutto, come dimostra la scorsa edizione che vide la vittoria di Pittsburgh, #7 del bracket.
L'appuntamento è come sempre al Madison Square Garden, dal 10 al 14 marzo.
Al termine del pezzo troverete la classifica finale della Conference e il tabellone del torneo.
La sorpresa: Providence
Pittsburgh ha vinto 10 delle ultime 11 gare in stagione regolare: l'unica sconfitta di questa striscia è arrivata contro Providence. I Friars avevano chiuso il 2008 con un bilancio di 6-12, e l'inizio della nuova stagione non lasciava presagire grandi cose, con un inizio lento (4-3 nelle prime 7). La svolta è arrivata con il pieno recupero di Sharaud Curry, il play junior che lo scorso anno aveva giocato solo 8 minuti prima di rompersi un piede.
Se a inizio stagione era contratto, realizzando solo 8.3 punti di media nelle prime 12 gare, con il 35% al tiro e il 30 da 3, con l'inizio della Big East le cose sono cambiate. Curry ha recuperato la confidenza con il gioco, i suoi numeri sono cresciuti (da allora 13.9 di media con 44% al tiro) e con lui anche i Friars, squadra chiaramente alla fine di un ciclo visto l'alto numero di senior.
I miglioramenti di Curry – che assieme a Efejuku è l'unico a tirare con più del 35% da 3 in una squadra che non fa delle conclusioni dall'arco l'arma prediletta (32% totale) – hanno di conseguenza generato un miglioramento delle prestazioni dei compagni. Tra tutti, Weyinmi Efejuku, 26 punti di media nelle ultime quattro. Ma anche Geoff McDermott, guardia/ala dal tiro rivedibile ma in grado di avere la media più alta in rimbalzi (8.6) che punti (8.2).
I Friars sono nella cosiddetta “bubble” (ne parleremo in settimana, ndVitor), ossia – a meno di una vittoria nel Torneo della Big East – aspetteranno con ansia la Selection Sunday per sapere se parteciperanno o meno al Torneo NCAA, al quale mancano nel 2004, quando in squadra comparivano nomi poi noti in NBA (Ryan Gomes) o visti in Italia (Donnie McGrath, Tuuka Kotti).
Il calendario non è stato dei più complicati e le vittorie sono arrivate in gran parte contro squadre dotate di un RPI bassino, però Providence può mettere sul tavolo lo sweep contro Cincinnati, il 100-94 contro Syracuse a fine gennaio e soprattutto la vittoria contro Pittsburgh nella settimana in cui le Panthers erano fresche numero 1. Passare almeno un turno nel Torneo della Big East potrebbe aiutare parecchio.
Le delusioni: Georgetown
Se un tifoso di Georgetown avesse deciso, a metà gennaio, di farsi un viaggetto su Marte e, tornato oggi, volesse spulciare la classifica della Big East, probabilmente penserebbe a un refuso. Al momento della sua ipotetica partenza, infatti, gli Hoyas erano tra le squadre più “hot” del momento, nonostante le due sconfitte contro Pittsburgh e Notre Dame avessero iniziato a far intravedere qualche falla nella squadra di coach John Thompson III.
La squadra giocava alla grande, trascinata da Greg Monroe, mancino di 6-11 dalle incredibili capacità di passaggio (secondo miglior assistman della squadra), per il quale già iniziavano a farsi sentire le sirene di un'altissima scelta al draft, non potendo gli scout Nba fare a meno di notare l'abilità , nonostante l'altezza, nel battere l'uomo dal palleggio e un senso già sviluppato per il pick and roll e – dall'altra parte del campo – per la stoppata grazie a un innato istinto per il gesto e a lunghissime braccia che in questi casi aiutano non poco.
Le cifre nude e crude parlano, dal giorno della sconfitta con Duke, di 10 sconfitte e 3 vittorie, conseguite tra l'altro contro Rutgers, South Florida e – ecco l'eccezione – Villanova. Si, perchè la vittoria di due punti sul difficile campo dei Wildcats rappresentava, nonostante i risultati disastrosi di cui sopra, lo spiraglio che poteva rivelarsi decisivo per l'ammissione al Torneo NCAA.
Infatti gli Hoyas, nonostante il record di conference inferiore al 50%, avevano disputato uno dei calendari più difficili della nazione e avevano come assi nella manica le vittorie contro Connecticut, Memphis, Syracuse e appunto Villanova.
Per partecipare al gran ballo bastava quindi concludere (seppur in affanno) la regular season, con due vittorie contro St. John's e quella che in America hanno crudelmente battezzato “la squadra precedentemente conosciuta come DePaul”, ferma a un clamoroso 0-17 nella Big East prima del match con gli Hoyas, terza squadra nella storia della conference a concludere la stagione senza vittorie.
E invece le cose sono andate diversamente, e la partita contro i Red Storm probabilmente incarna alla perfezione la stagione di Georgetown. Avanti 45-30 a dieci minuti dal termine, gli Hoyas – complice anche una ritrovata intensità difensiva dei padroni di casa – perdevano la cosiddetta bussola (e la partita) lasciandosi scappare dalle mani palloni in quantità , forzando tiri da fuori e facendosi dominare a rimbalzo (46-25 il conto totale, e non è che St. John's eccella per fisicità ), con il canestro decisivo all'overtime arrivato proprio in seguito a un rimbalzo offensivo.
Non è stata la prima volta quest'anno che gli Hoyas hanno ceduto nella ripresa: contro Seton Hall i punti di vantaggio dilapidati erano stati sette, contro Cincinnati dodici.
La sconfitta esclude di fatto Georgetown dalla partecipazione al Torneo NCAA, a meno di una a questo punto clamorosa vittoria nel torneo della Big East. Per intenderci, parliamo di un college che due anni fa conquistò l'accesso alla prima Final Four in 22 anni, e che anche nella scorsa edizione del Torneo era considerata per un possibile bis. Peccato che Stephen Curry non fosse della stessa opinione.
Il ciclo potrebbe essere ancora aperto, anche se a questo punto molto dipenderà da quanto farà a giugno Monroe, che ha dimostrato di poter essere giocatore di alto livello ma che allo stesso tempo sembra dover crescere come rimbalzista e difensore.
Degli uomini del quintetto solo l'esterno Jessie Sapp è senior, e quindi l'ossatura di base dovrebbe essere la stessa, ossia quella di una squadra dotata di grande atletismo con Chris Wright a portare palla, DaJuan Summers in ala a sfruttare le sue caratteristiche di tweener in grado sia di attaccare il canestro che di colpire dall'arco (40% per lui quest'anno), e infine Austin Freeman con la sua atipicità di guardia in grado di saper utilizzare un fisico un po' abbondante sui fianchi, anche se c'è da invertire la tendenza che quest'anno lo ha visto passare dal 40 al 32% da 3.
Le delusioni: Notre Dame
Notre Dame ha compiuto un percorso analogo a quello compiuto da Georgetown: squadra totalmente on fire fino a metà gennaio, con un calendario non complicatissimo ma con affermazioni di rilievo proprio sugli Hoyas e su Texas, il raggiungimento della posizione #7 del ranking nazionale, poi il crollo.
Nelle ultime 15 gare il bilancio è stato di 5-10, compresa una striscia di 7 sconfitte consecutive, tra le quali va inserita quella casalinga con Connecticut che ha spezzato l'imbattibilità interna dei Fighting Irish che andava avanti da ben 45 partite.
Alla sconfitta contro gli Huskies ha fatto seguito quella con Marquette e poi, lo scorso 2 marzo, la terza disfatta casalinga, contro Villanova. Un crollo inspiegabile, avvenuto nonostante la squadra fosse imbottita di senior (McAlarney, Ayers, Hillesland e Zeller) e nonostante il grande impatto di Luke Harangody, Giocatore dell'anno della Big East nella passata stagione, uno degli attaccanti più devastanti del college basket, in grado di colpire – con la sua meccanica di tiro magari non proprio convenzionale, ma con un rilascio rapidissimo – tanto sotto canestro quanto dalla media e dalla lunga distanza. Harangody quest'anno ha migliorato ulteriormente i già ottimi numeri (da 20 a 24 punti di media, da 10.6 a 12.1 rimbalzi), ma non ha esitato a prendersi il suo carico di responsabilità per la striscia di sconfitte e per la brutta stagione della squadra.
Come Georgetown, anche Notre Dame ha la parziale giustificazione del calendario: la striscia di 7 sconfitte consecutive è arrivata contro squadre di altissimo livello: Louisville, Syracuse, Connecticut, Marquette, Pittsburgh, Cincinnati, UCLA. Una sequenza da incubo, e venirne fuori con uno 0-7 ha tagliato le gambe di una squadra comunque piena di talento. Harangody a parte, i Fighting Irish hanno potuto contare quest'anno su uno dei migliori tiratori della nazione: basso per giocare da guardia, istinti troppo da tiratore per fare il play, il senior Kyle McAlarney ha chiuso la stagione con oltre 15 punti di media e il 43% da 3, dimostrando quanto possa essere letale dall'arco e prenotandosi di fatto per un posto al prossimo Portsmouth Invitational Tournament.
Vale la pena ricordare la striscia a fine novembre, quando in cinque gare ha tirato con un totale di 37/68 da 3, con il fiore all'occhiello dei 39 punti nella sconfitta contro North Carolina. Ma le cifre di McAlarney sono crollate nel momento nero di Notre Dame, e la mancanza di un secondo violino affianco ad Harangody si è fatta sentire, visto che gli altri realizzatori della squadra non eccellono per continuità .
Su tutti Ryan Ayers, guardia senior di 6-7 che ha chiuso anche lui con un invidiabile 43%, ma che nelle due sconfitte casalinghe consecutive contro Connecticut e Marquette ha messo a segno due punti totali per un avvilente 1/17 al tiro.
Classifica
Louisville 16-2 (25-5)
Pittsburgh 15-3 (28-3)
Connecticut 15-3 (27-3)
Villanova 13-5 (25-6)
Marquette 12-6 (23-8)
Syracuse 11-7 (23-8)
West Virginia 10-8 (21-10)
Providence 10-8 (18-12)
Cincinnati 8-10 (18-13)
Notre Dame 8-10 (17-13)
Georgetown 7-11 (16-13)
Seton Hall 7-11 (16-14)
St. John's 6-12 (15-16)
South Florida 4-14 (19-21)
Rutgers 2-16 (11-20)
DePaul 0-18 (8-23)
Tabellone
Ecco il tabellone del Torneo della Big East. Spero mi perdonerete la scarsa resa grafica, ma vi sintetizzo il tutto rapidamente.
Di seguito leggete gli accoppiamenti del primo turno, e tra parentesi la squadra che la vincente affronterà al secondo. Dopo la freccia, invece, quella che la vincente del secondo turno troverà ai quarti di finale.
DePaul-Cincinnati (Providence) –> #1 Louisville
St. John's-Georgetown (Marquette) –> #4 Villanova
Rutgers-Notre Dame (West Virginia) –> #2 Pittsburgh
South Florida-Seton Hall (Syracuse) –> #3 Connecticut