Griffin, Harangody e Blair

Blake Griffin degli Oklahoma Sooners è il più serio candidato alla prima chiamata assoluta del prossimo draft.

Nella stagione del College Basketball di quest'anno, ci sono giocatori che stanno facendo parlare molto di sé, per le loro caratteristiche, per le cifre che producono e per il ruolo che potranno avere in futuro, da professionisti e non.

Gran parte degli scout si concentrano sui lunghi anche perchè nell'Nba sono sempre più merce rara e ormai spopola il modo di giocare cosiddetto "small ball", ovvero con quattro esterni tiratori, anche da tre punti, e un solo giocatore che stazioni vicino al ferro e che si occupi di intimidire, prendere rimbalzi e permettere ai tiratori di eseguire con un minimo di spazio sul perimetro.

Questo è il motivo per cui al prossimo draft, i top pick potrebbero essere dei pivot. Se di Hasheem Thabeet si è già  parlato in altra sede, in questo pezzo analizzeremo tre giocatori molto diversi e che avranno ruoli molto differenti al prossimo o eventualmente nei successivi Draft Nba. Sto parlando di Blake Griffin, Luke Harangody e DeJuan Blair.

Blake Griffin

Blake Austin Griffin, nato il 16 Marzo 1989, gioca negli Oklahoma Sooners con il fratello Taylor. È al suo secondo anno di università , un sophomore dunque, ma già  dopo la sua stagione da freshman era considerato una probabile lottery pick per l'Nba.

Il ragazzo ha dominato nei quattro anni di High School nello stato dell'Oklahoma e ha fatto incetta di premi, anche a livello nazionale dove ha fatto parte dei roster di McDonald's Tournament e Jordan Classic.

Nonostante abbia avuto offerte di borse di studio dalle migliori università  della nazione, ha preferito seguire il fratello a Norman, sede della University Oklahoma con il chiaro obiettivo di portare i Sooners a qualche riconoscimento importante anche nel basket: infatti, Oklahoma, che come il Texas è considerato un "football state", in questa stagione ha perso la finale nazionale del college football contro i Florida Gators del quarterback Tim Tebow.

Torniamo al Griffin: nella sua stagione da matricola, questa ala forte dal discreto tasso atletico (eufemismo….), ha prodotto cifre notevoli con 15 punti e 9 rimbalzi in 28 minuti di impiego. Piccolo problema: nella Big 12 lo scorso anno giocava tale Michael Beasley a Kansas State e tutte le luci erano sul nativo di Baltimore e amico d'infanzia di Kevin Durant quindi la stagione di Blake è rimasta un pochino sotto il radar.

Quest'anno, considerato la prima scelta assoluta al draft fin da settembre, Griffin sta viaggiando a cifre impressionanti: 22 punti, 14 rimbalzi col 63% al tiro in 32 minuti di media di impiego.

Il miglioramento è stato notevole e non è passato inosservato tra gli scout dell'Nba. Per quanto riguarda le caratteristiche del ragazzo, Griffin è fatto per essere un eccellente numero quattro a livello professionistico.

È alto (2,07), molto atletico, corre il campo in maniera incantevole per uno con quella corazza, va a rimbalzo con notevole voglia e le cifre lo dimostrano. Figlio di allenatore, conosce il gioco, ha grande attitudine all'apprendimento. Sta lavorando per costruirsi un discreto numero di movimenti spalle a canestro anche se per il momento si limita a giocare molto nei pressi del ferro: i suoi punti vengono per lo più da schiacciate, lay up, semi ganci, tap in. Gli manca un po' di gioco sul perimetro ma il ragazzo ha ancora grossi margini di miglioramento. È un vincente, tutti i titoli a livello scolastico lo dimostrano.

Molto bravo nell'andare a rimbalzo, aprire il contropiede, e andare lui molto spesso a chiuderlo quel contropiede, a volte su un alley oop. Inoltre è tutt'altro che un cattivo passatore: i compagni beneficiano molto della sua presenza in post per tirare frequentemente coi piedi per terra e molto spazio a disposizione.

Ovviamente non ci sono solo i pregi, qualche difetto il ragazzo ce l'ha: non un grande stoppatore nonostante l'altezza e l'atletismo, per il livello Nba deve ampliare il suo arsenale offensivo, aggiungendo, se possibile, un jump shot dai 5-6 metri, e i tiri liberi, la cui percentuale è addirittura inferiore a quella dal campo (59% contro 63%).

Ma quello che più preoccupa gli scout sono i suoi infortuni: nel 2008 si è infortunato ad entrambe le ginocchia (legamento colleaterale mediale al sinistro e intervento sulla cartilagine al destro). In questa stagione, il 21 Febbraio ha dovuto abbandonare la gara con Texas dopo un colpo al naso subito da Dexter Pittman: ma questo è nulla…..

Guardiamo qualche numero: aldilà  delle doppie doppie, nella gara del 14 Febbraio contro Texas Tech, Griffin ha scritto 40 punti e 23 rimbalzi (entrambi career highs), diventando il terzo Sooner nella storia con almeno 40 punti e almeno 20 rodman's dopo Wayman Tisdale (61+22 nel 83) e Alvan Adams (43+25 nel 1975).

In previsione Draft, Griffin può essere insediato come prima chimata solo da Hasheem Thabeet di Connecticut oppure dal playmaker tuttofare James Harden di Arizona State, anche se resto dell'idea che due lunghi come Blake o l'africano siano talmente rari che andranno via con le prime due scelte.

Il sogno, suo, degli abitanti dell'Oklahoma, e di Sam Presti, GM dei Thunder e spesso a bordocampo a seguire i Sooners, è che Griffin vesta il prossimo anno la canotta dei Thunder. Squadra giovane, con talenti assoluti come Durant, Green e Westbrook che necessita proprio di un lungo per completare il pacchetto.

E poi, vuoi mettere l'enfant du pays??? Il Ford Center, che già  in questa prima stagione si sta divertendo nonostante le sconfitte, avrebbe ancora l'idolo locale da ammirare ad ogni partita e anche le finanze della franchigia ne gioverebbero, a maggior ragione in questo periodo di forte recessione. Un matrimonio perfetto: manca solo il bene stare della fortuna e della lotteria.

Chiudiamo con il giochino: ma Griffin a chi assomiglia di quelli che giocano ora al piano di sopra?? Testa Tim Duncan, croce Paul Millsap, anche se non è lontano nemmeno da Amarè Stoudemire e Carlo Boozer: logico che il passaggio da Ncaa a Nba lascia fin troppe incognite. Se riesce ad affinare la sua tecnica ancora selvaggia, per i centimetri che madre natura gli ha dato, può riproporsi come una versione più atletica anche se meno educata del caraibico. Male che vada, resterà  un grade atleta che esce dalla panchina e darà  grosse cariche di energia con svariate escusrsioni sopra il ferro. Un mezzo, tante belle cose. La cosa certa è che sono tanti gli scout che hanno perso la testa per lui e altrettante sono le squadre che ne farebbero la loro prima scelta.

Luke Harangody

Altro giocatore intrigante, al momento però piuttosto tralasciato dagli scout Nba, è il ragazzone bianco da Notre Dame Luke Harangody. Nato il 3 Gennaio 1988 a Decatur nell'Illinois, è numero quattro fatto e finito di poco sopra ai due metri.

Fisico più da tight end del football che da giocatore di basket, il ragazzo è unanimemente uno dei Top Players del college basketball tanto che lo scorso anno è stato nominato "Giocatore dell'Anno" nella Big East, forse la miglior conference d'America, e secondo quintetto All American per l'Associated Press con una doppia doppia di media, 20+10 col 50% dal campo, il 33% da tre in quasi trenta minuti di impiego.

Luke è cresciuto nell'Indiana con la famiglia. Il padre è stato un giocatore di football a Indiana University, carriera proseguita da Ty, il fratello maggiore di Luke, terminata però da un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio.

La rivalità  con Ty è stata sempre molto accesa, sia nel basket che nel football: alla fine però Luke ha scelto il basket, anche per la rapida crescita negli anni dell'high school. Negli ultimi due anni a livello scolastico, è stato premiato due volte come miglior giocatore dello stato, un notevole riconoscimento nello stato dove il basket è religione.

L'inizio della carriera a Notre Dame non è stata facile a causa della concorrezza di Rob Kurz, qualche partita coi Warriors quest'anno, e i dubbi di coach Brey. Dubbi svaniti dopo averlo lanciato finalmentein quintetto. Nelle ultime 16 gare ha prodotto miglioramenti tali da entrare nel primo quintetto di freshmen della Big East.

Il secondo anno lo ha consacrato. Dopo un'estate fatta di lavoro, diete e un regime nutrizionale molto controllato, Harangody è diventato il leader degli Irish, che ha portato al Torneo Ncaa. E poi sono arrivati i premi di cui sopra. Nonostante l'ottima annata, Luke è rimasto a Notre Dame per la stagione da Junior, convinto di far bene con il compagno ed amico McAlarney, grande tiratore e cuore degli Irish.

In questa stagione viaggia a 24+12 col 48% dal campo, il 36% da tre e l'80% ai liberi. Impressionante il 29+13 contro Texas al Maui Tournament, in cui gli Irish hanno poi perso la finale contro North Carolina di Tyler Hansbrough. In questo inizio 2009, gli Irish stanno faticando parecchio e nonostante fossero pronosticati come un Top Ten Team, hanno avuto una striscia di sette sconfitte consecutive in cui Harangody però ha sempre prodotto grandi numeri.

Sempre in doppia doppia, e che doppie doppie: 25+16 sul campo di Syracuse, 24+15 contro Thabeet, 29+17 contro Marquette e 27+11 contro Pittsburgh e DeJuan Blair, di cui vedremo poi. Gli Irish si sono un po' rifatti nelle gare successive. Super la prova contro Louisville e il freshman Samardo Samuels a cui ha letteralmente spiegato basket: 32+17 con una varietà  di canestri incredibile e vittoria Notre Dame 90-57 contro i Pitino boys.

Harangody non è un grande atleta, gioca sostanzialmente sotto il ferro, non riesce a saltare il classico foglio di giornale ma compensa questi limiti con un grande gioco fronte e spalle a canestro, da giocatore del passato.

In area è assolutamente immarcabile nonostante i limiti fisici di cui sopra. Ha grande senso per il rimbalzo e i numeri lo provano. La cosa che più piace è il fatto di saper segnare nonostante i contatti e la grande capacità  di resistere ai contatti stessi, cosa che lo rendono un possibile prospetto anche per la Nfl.

Ha mani dolcissime, è discreto passatore e tiratore, anche da tre, seppur a livello collegiale. Inoltre ha grande determinazione. Logicamente i limiti atletici non ne fanno esattamente un prospetto Nba: non ha i centimetri per fare l'ala forte (2.02 scarsi), ma nemmeno la velocità , la rapidità  di piedi e il raggio di tiro per fare l'ala piccola.

La sensazione di molti è che, pur essendo all'unanimità  uno dei primi 5-6 giocatori della nazione a livello collegiale, un elemento assolutamente dominante, il suo destino sembra essere quello di un numero 11-12 di un roster Nba oppure un buon giocatore da Europa. Il paragone che mi sembra più adatto: Brian Scalabrine. Per i Celtics è l'ultimo uome del roster ma il "rosso" è stato un garnde al college a USC. Altro giocatore cui si avvicina è Mark Madsen: ovviamente meno difensore e più attaccante.

DeJuan Blair

Per chiudere questa carrellata, il leone di Pittsburgh DeJuan Blair. La casacca dei Panthers era nel suo destino: Blair è nato il 22 Aprile 1989 a pochi metri dal campus ed è cresciuto con il mito di quest'università . Sophomore col fisico da wrestler e autentica macchina da doppie doppie, Blair è il motivo principale, con i compagni Young e Fields, per cui i Panthers sono transitati già  un paio di volte quest'anno al numero uno del ranking.

Al liceo Blair è stato nominato per tre anni di fila miglior giocatore della Pittsburgh City leader trascinando la Schenley High School ad un record di 103-16 nel suo quadriennio liceale. Tante università  lo volevano, oltre ai Panthers anche Tennessee, Florida, Indiana, Marquette e Wake Forest ma la nonna ha preso la decisione per il nipotone: "Si va a Pittsburgh!!".

Per due semplici motivi: alla big mama garbava il coach, Jamie Dixon, e perchè il campus dista da casa meno di un miglio e poteva così tenere sott'occhio il nipote. Inoltre, dopo la partenza di Aaron Gray per i pro al termine della carriera collegiale, i Panthers necessitavano di un pivot.

Blair è il più classico dei pivot undersized: è un blocco di granito che non arriva a 1.98 ma supera abbondantemente i 130 chilogrammi e compensa con un'apertura alare che sfiora i 220 cm, quindi nettamente più alto della sua reale altezza. Giocatore dominante, sempre titolare con Pittsburgh, che ha portato al titolo della Big East lo scorso anno che gli è valsa la convocazione per il primo quintetto All American delle matricole. 12+9 le sue medie lo scorso anno in 26 minuti.

Quest'anno, il suo miglioramento è stato notevole: coach Dixon lo utilizza sempre 26 minuti a gara, ma DeJuan arriva a 16 punti e 13 rimbalzi. Quando lui va in doppia-doppia, Pittsburgh ha un record immacolato di 21 vittorie in altrettante gare.

Blair è un vincente nato, ha determinazione, voglia, lotta su ogni pallone e aumenta notevomente il suo rendimento quando ha di fronte avversari di grande valore. Un esempio? 20+17 contro Georgetown e Greg Monroe, 23+22 dominando il povero Harangody contro Notre Dame, ma soprattutto 22+23 sul campo di UConn contro quello che è considerato il miglior lungo del College Basket ovvero Hasheem Thabeet. Blair lo ha letteralmente distrutto, e non è tanto per dire. Su YouTube le immagini lo attestano.

È una vera forza della natura. Se avesse qualche centimetro in più e qualche movimento spalle e fronte a canestro da mettere sul piatto, staremmo parlando di una possibile prima chiamata assoluta. Altro problema, aldilà  del gioco che può migliorare, chiere a due come Paul Millsap e Carlos Boozer, privi di movimenti offensivi vari al college, ora dei più che discreti attaccanti a livello Nba, è il controllo del peso. In prospettiva Nba, quel corpo deve diventare più tonico: Blair deve perdere peso e aggiungere muscoli, ma soprattutto curare l'alimentazione che ad oggi non si allontana molto dal classico cheesburger di McDonald's o dal pollo fritto cucinato da Big Mama.

Attualmente Blair viene pronosticato intorno a metà  primo giro ma con una buona dose di lavoro sulla forma fisica, sul ball handling, sul jump shot e sui tiri liberi, potrebbe essere un autentico steal of the draft. Anche se non è eslusa la possibilità  che ritorni al campus per l'anno da junior.
Paragoni? Paul Millsap e Carlos Boozer di cui sopra, anche se a me ricorda Danny Fortson per la carica agonistica, la forza fisica mostruosa e tutto il resto che porta nella partita.

Questi tre profili hanno ciascuno qualcosa di interessante in prospettiva Nba anche se Griffin sembra destinato ad una solida carriera nei pro. Poi metter Blair, che potrebbe costrursi un ruolo importante da specialista che esce dalla panchina e dà  energia, magari in una squadra di vertice, un po' come succede con Leon Powe a Boston.

Per quanto riguarda Harangody ribadisco che le chance Nba non saranno molte ma non mi stupirei se riuscisse a costruirsi una carriera, chessò, alla Brian Scalabrine o anche alla Matt Bonner, che invece è arrivato piuttosto tardi nella Lega.

L'appuntamento è al Torneo Ncaa prima, e al Draft di Giugno poi, anche se gli scout Nba sono già  al lavoro, e non da ora….

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