Curry, Hansbrough e Thabeet

Uno sguardo verso il futuro, verso il draft…

Si è sentito molto parlare di loro, le più disparate opinioni, le critiche più aspre e i complimenti più lodevoli; sono giovani, sono esuberanti, sono in tre, sono eleggibili al prossimo draft e i maggiori siti specializzati in previsioni di scelte future li pongono tutti e tre nei primi 15 posti. Forse un po’ poco.

Ma conosciamoli meglio partendo dai loro nomi: Wardell Stephen Curry II o più semplicemente Stephen Curry, Tyler Hansbrough e ultimo rigorosamente in ordine alfabetico Hasheem Thabeet.

Stephen Curry

Nato a Charlotte, North Carolina il 14 marzo 1988, figlio di Dell Curry, assistente allenatore nei Charlotte Bobcats, gioca come point-guard per i Wildcats di Davidson college. Altezza 1.91 metri per 84 kg, già  all-american, con il numero 30 sulle spalle nella Southern Conference sta facendo faville.

Ma facciamo un piccolo passo indietro: dopo aver frequentato la Charlotte Christian School si trasferisce al Davidson College dove esordisce con il botto con un bottino di 32 punti, 4 assist e 9 rimbalzi. Nella stagione da freshman infrange vari record quali punti segnati, tiri da tre realizzati ricevendo in premio la convocazione nella selezione americana under-19. Chiuderà  l’anno con statistiche ottime: 21.5 punti, 4.6 rimbalzi, 2.8 assist, 1.8 palle rubate.

La stagione seguente, quella da sophomore, è atteso al varco per l’esplosione definitiva che lo riconfermi ad alti vertici a livello universitario. E il ragazzo non delude le aspettative migliorando praticamente in ogni singola voce delle statistiche: 25.9 punti, 4.6 rimbalzi, 2.9 assist e 2.1 palle rubate; ma la delusione è nella finale regionale persa contro Kansas.

Un’idea inizia a prendere corpo, un’idea affascinante, stimolante e rischiosa: il draft per passare al piano superiore. Stephen si sente pronto per essere una guardia protagonista anche tra i professionisti ma è la stessa voglia di rivincita causata dalla bruciante sconfitta nella finale che gli fa dire di si ad un altro anno a Davidson.

Cosi, quest’anno, da Junior sta demolendo qualsiasi record di Davidson e facendo ammattire gli allenatori avversari che non sanno più come fermarlo (lo raddoppio? Lo triplico? Perdo lo stesso ma non da lui??).

Curry ogni qual volta appoggia il suo delicato piede sul parquet da spettacolo con cifre da urlo: 29.2 punti, 4.2 rimbalzi, 6.9 assist e 2.9 palle rubate il tutto condito dal suo massimo stagionale che è di 44 punti e ben tre doppie doppie contro West Virginia, Winthrop e Guilford.

Probabilmente l’anno di college supplementare l’ha fatto maturare e gli ha insegnato che le sconfitte fanno crescere e a furia di prestazione convincenti si sta ritagliano un pick molto alto nel prossimo draft che, a detta di molti, non è qualitativamente molto alto.

Ma, concludendo, una persona che fin dall’inizio ha visto l’immenso talento del ragazzo c’è: Bob Mckillop, head coach di Davidson, per cui Steph è qualcosa di veramente speciale. Chiedere informazioni alla John M. Belk Arena.

Tyler Hansbrough

Nato a Columbia, Missouri il 3 novembre 1985, figlio di Tami Wheat e del dottor Gene Hansbrough, gioca come power forward per i Tar Heels, squadra in cui militò anche Dio travestito da Micheal Jordan.

Altezza 2.06 metri per 113 kg, diplomato alla Poplar Bluff High School, che guida al back-to-back nella vittoria del campionato statale, arriva in North carolina nella ACC (Atlantic Coast Conference) preceduto da grandi aspettative. Il primo anno viaggia a delle buone cifre quali 18.9 punti, 7.8 rimbalzi e 1.3 assist. La ciliegina sulla torta della stagione da freshman la regala il season-high di 40 punti contro Georgia Tech.

La seconda stagione si conferma esattamente ai livelli della prima, da sophomore le sue cifre sono: 18.4 punti, statistica in cui peggiora, 7.9 rimbalzi e 1.2 assist, statistiche pressoché invariate. Sembra che il ragazzo non riesca ad esprimersi e all’inizio della sua stagione da junior in molti sono perplessi.

Proprio in quella stagione Tyler esplode finendo con numeri che gli regalano una doppia doppia di media stagionale: 22.6 punti, 10.2 rimbalzi e 1.9 assist a partita. È finalmente giunto l’anno della chiamata nei professionisti…

Invece no, il 25 aprile 2008 l’università  annuncia che ritornerà  per il suo anno da senior.
Una scelta scellerata come noto altri come lui o meglio di lui, Kevin Love su tutti, faticano e non poco al piano di sopra e un altro anno di college sembra a questo punto inutile. Si prospetta una chiamata tra le prime venti per lui, ma nulla di più. Peccato, poteva essere ben altro.

Hasheem Thabeet

Nato a Dar es Salama, Tanzania il 16 febbraio 1987 figlio di Thabit Manka, purtroppo venuto a mancare, e Rukia Manka, gioca come centro per la University of Connecticut e svetta, tra gli UCONN Huskies, dall’alto dei suoi 2.21 e dei suoi 119 kg.

Trasferitosi al college dopo essersi diplomato alla Cypress Christian School di Houston, nella sua stagione da freshman ha fatto registare 6.2 punti, 6.4 rimbalzi e 3.8 stoppate a partite con un massimo di 10 stoppate, record per Connecticut. Nella seconda stagione con il crescere proporzionale del minutaggio a sua disposizione anche le sua cifre sono lievitate verso l’alto: 10.5 punti, 7.9 rimbalzi e 4.5 stoppate hanno fatto ritornare alla memoria un giocatore che nella NBA è conosciuto come: Dikembe Mutombo.

Anche quest’anno, inoltre, il ragazzo ha confermato le sue qualità  e nonostante giochi leggermente meno le sue cifre sono ulteriormente salite: 13.5 punti, 10.2 rimbalzi e, nota dolente, 3.6 stoppate.
Sicuramente Hasheem deve migliorare la velocità  di piedi, e alcuni movimenti di attacco e difesa.

Per lui, vista la strabordanza fisica e atletica, la chiamata alla lotteria potrebbe essere tra le prime 10. Anche se alcuni dubbi rimangono, quali la consistenza contro avversari grossi e grandi quanto lui, il saper reggere la pressione in partite delicate e importanti e il raffinamento della tecnica. Ovviamente una chiamata abbastanza la spunterà  visto i sopraccitati mezzi fisici.
Forse Sacramento? Ai posteri l’ardua sentenza.

Che dire dopo aver presentato i tre giocatori?
Se io fossi un general manager NBA la mia chiamata, esigenze particolari a parte, la spenderei sul talento di Stephen Curry. Sicuramente dopo di lui chiamo Thabeet, abbandonando salomonicamente al suo destino il buon Hansbrough.

Ora li conoscete anche voi.
Si preannuncia un draft piccolo piccolo ma sia mai che dalle ceneri nasca una fenice???

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