Il ritiro improvviso di Lute Olson ha lasciato Arizona in una situazione non facile…
"Oh my darling, oh my darling, oh my darling Clementine" diceva una famosa canzone del 1884 di Percy Montrose ambientata nel midwest americano al tempo della corsa all'oro; e la malinconia di quei versi si adatta bene a descrivere il momento storico attuale che sta vivendo il programma di basket della università con sede a Tucson fondata un solo anno dopo quei versi: Arizona.
Eh si, perché i Wildcats, produttori di tanti pro a stelle e strisce ma soprattutto presenti da 24 stagioni consecutive - 2° striscia più lunga di sempre e prima tra quelle attualmente aperte - nel Torneo NCAA, si sono infilati ormai da un annetto abbondante in una spirale che li sta portando sempre più in basso, con un tuffo verso la mediocrità che rischia di minare per qualche stagione la qualità e la competitività di un programma tra i più gloriosi dell'intera nazione.
Il responsabile di tutto ciò? Incredibile a dirsi ma proprio lui, il santone che dalla sua assunzione nel 1983 ha condotto 'Zona nel gotha del basket NCAA con 20 stagioni da 20+ vittorie, 3 partecipazioni alla Final Four ed il titolo 1997, battendo per la prima ed unica volta nella storia ben tre seed #1 - Kansas, North Carolina e Kentucky - sulla strada per tagliare la retina: Lute Olson.
La radice dei problemi dell'ateneo di Tucson, infatti, iniziano il 4 novembre 2007 quando il 73enne Robert Luther "Lute" Olson si prende un anno sabbatico per non meglio specificati problemi personali, che la stampa individua senza averne mai la certezza prima nel divorzio - ufficializzato il seguente 6 dicembre - dalla seconda moglie Christine e poi in non meglio specificati problemi di salute.
Fatto sta che Olson non è sul pino di Arizona per la stagione 2007/2008 ed i Wildcats, che vedono a roster giocatori di qualità come Chase Budinger, Jordan Hill ed il freshman Jerryd Bayless, vengono affidati al suo assistente - ed erede designato - Kevin O'Neill.
Ma la stagione sotto l'ormai ex assistente di Olson non va nei modi sperati per i Wildcats che chiudono con un modesto 19-15 totale; 7° con record negativo (8-10) nella RS della Pac10 ed eliminazione nei quarti del Torneo della Pac10 per mano dei fratelli Lopez. Da salvare solo la 24° partecipazione consecutiva al Torneo NCAA; ma anche lì l'avventura finisce ben presto visto che al primo turno Joe Alexander ed i suoi Mountaineers spediscono Budinger & C. a -10 facendogli riprendere immediatamente la via di casa.
Un annata di transizione in casa di Arizona, che però sembrava avere un futuro felice davanti a se con l'erede designato Kevin O'Neill al timone e freshman di livello in arrivo negli anni futuri: Brandon Jennings ed Emmanuel Negedu, su tutti, quest'anno ed Abdul Gaddy nella classe 2009.
Ma le cose non vanno così: prima Jennings non riesce a raggiungere i requisiti minimi per essere ammesso ad Arizona - peraltro tra i più blandi dell'intera Pac10 - optando per una esperienza romana prima di rendersi eleggibile al draft, e poi il 10 marzo coach Olson rientra in scena dalla porta di servizio facendo sapere che lui a quel ruolo, quello di coach appunto, non avrebbe rinunciato: nella stagione 2008/2009 sarebbe stato nuovamente lui l'Head Coach dei Wildcats fino al termine naturale del suo contratto, il 2011.
Passa meno di un mese ed O'Neill, a cui nel frattempo si è cercato di indorare una pillola amara nominandolo successore nel momento in cui Olson avrebbe mollato, sbatte la porta e se ne va irritato per l'incertezza che aleggia sul suo futuro, preferendo andare a fare l'assistente a Iavaroni nel gulag di Memphis. E come lui salutano anche altri due assistenti: Josh Pastner e Miles Simon.
Dopo Jennings, però, la recruiting class 2008 di Arizona perde anche Negedu: l'ala nigeriana capisce che qualcosa non va a Tucson e chiede di essere rilasciato dalla propria LOI (letter of intent - impegno scritto vincolante a frequentare e giocare per un determinato ateneo, ndr); richiesta accettata e Negedu si accasa a Tennessee alla corte di Bruce Pearl.
Anche Gaddy sente puzza di bruciato; si tira indietro dal suo verbal (promessa verbale non vincolante, ndr) e riapre il proprio recruiting ma alla fine sceglie ancora i Wildcats sulla finalista UCLA regalando un po' di respiro ad Olson ed alla Wildcat Nation.
Si arriva, quindi, a martedì scorso quando Olson inaugura ufficialmente la nuova stagione di Arizona al Media Day incontrando i giornalisti con il suo roster al completo, tra cui anche Hill e soprattutto Budinger che in estate ha rifiutato le lusinghe - ed i presidenti morti - dell'NBA per essere allenato ancora una stagione dal coach.
Peccato che nemmeno 24 ore dopo Lute Olson non si presenta all'allenamento, ed il 23 ottobre l'Athletic Director di Arizona, Jim Livengood, annuncia ufficialmente il suo ritiro dal programma.
Problemi di salute, sussurrano gli spifferi che escono da Tucson, fatto sta che Arizona offre in fretta e furia il posto di head coach ad interim all'associate H.C. Mike Dunlap che però rifiuta dopo una notte di valutazioni vista l'incertezza sul suo ruolo futuro con un recruiting aperto su scala nazionale per trovare il "vero" successore di Olson.
Al suo posto è nominato head coach dei Wildcats ad interim da Russ Pennell, coach dell'Arizona Premier Team di AAU e radio broadcaster per i cugini di Arizona State arrivato nello staff in estate con precedenti esperienze da assistente ad ASU, Mississipi ed Oklahoma State.
E visto che piove sempre sul bagnato non si fa attendere nemmeno il secondo, e stavolta definitivo, marcia indietro di Abdul Gaddy. La talentuosissima guard da Bellarmine Prep (WA) saluta senza neanche esserci mai arrivato Tucson e sceglierà ora tra UCLA, l'opzione della "testa", e Washington, l'opzione del "cuore" visto che è la scuola di casa e del suo amicone di Isaiah Thomas.
Comunque vada una cosa è certa: non andrà ad Arizona la cui classe di recruit 2009 è ora diventata desolatamente vuota; vuota come le certezze dei Wildcats, lasciati da questo addio a più riprese - e sempre con il timing sbagliato - di Olson alla deriva totale con un futuro incerto ma di sicuro non roseo nel breve periodo ed un presente che come unica sicurezza ha l'incertezza ed il caos.
"Oh my darling, oh my darling, oh my darling Clementine"."