OSU celebra il suo ritorno alle F4 del Torneo NCAA
Ohio State. Ecco la squadra che si è conquistata il viaggio verso Atlanta la prossima settimana, per giocare le Final Four del Torneo NCAA, dove sfiderà nella prima gara la vincente dello scontro tra North Carolina e Georgetown. Ma è ancora troppo presto per iniziare a parlare di quello che succederà in Georgia, ed è meglio invece concentrarsi su quello che è successo ieri notte all'Alamodome di San Antonio, dove Ohio State ha sconfitto Memphis 92-76.
I Buckeyes ieri sera hanno mostrato la loro faccia migliore, giocando di sicuro la loro miglior partita nel torneo fino a questo momento, partendo forte, concentrati, senza fare errori, sfruttando l'attività sul perimetro delle sue guardie e la presenza sottocanestro di Oden. Se i Buckeyes sono questi e non quelli che abbiamo visto nei primi tre match del torneo, le avversarie devono sicuramente iniziare a preoccuparsi, perché Ohio State ha veramente tutto per arrivare fino alla fine.
Una delle storie, se non la storia della partita, è sicuramente quella legata alle dichiarazioni pre gara di Joey Dorsey, che aveva garantito che avrebbe tenuto Greg Oden a massimo nove punti e cinque rimbalzi mentre lui avrebbe realizzato una quindicina di punti catturando venti carambole (mah..), costruendosi così un nome nella mappa del basket nazionale. Le cifre di Dorsey a fine gara? Zero punti, tre rimbalzi e quattro falli in diciannove minuti sul parquet. Direte voi: almeno avrà limitato Oden. Ebbene, il centro dei Buckeyes, pur in un'altra serata in cui è stato limitato dai falli, ha messo insieme diciassette punti, nove rimbalzi e una stoppata"ancora una volta Golia ha avuto la meglio su Davide.
Oden è stato, come sempre e come abbondantemente prevedibile, al centro dell'attenzione generale e, più che mai, al centro dell'attenzione dei difensori di Memphis nel corso dei suo ventiquattro minuti in campo. Oden ha, infatti, condizionato la gara, con la sua sola presenza in campo, che ha condizionato non solo in attacco, ma anche in difesa, costringendo i Tigers a cambiare le proprie abitudini e rendendo l'accesso in aerea decisamente complicato.
E non è un caso che la giocata decisiva, quella che probabilmente ha messo la partita decisamente sui binari favorevoli a Ohio State ha avuto come protagonista proprio lui, Greg Oden. Mi riferisco ad un fallo intenzionale che è stato chiamato a Chris Douglas - Roberts su un layup di Oden. Oden ha segnato il canestro, realizzato uno dei due tiri liberi che hanno portato Ohio State in parità (60-60) a nove minuti e quarantatre secondi dalla fine. Nel possesso immediatamente successivo due liberi di Jamar Butler hanno portato avanti di due (62-60) i Buckeyes, con Memphis che ha evidentemente sentito il contraccolpo psicologico di veder segnare agli avversari cinque punti in una azione, ribaltando il risultato.
Ma, guardando la partita, è ancora più sorprendente vedere come, ancora una volta e come nelle precedenti tre partite del torneo, sono state le due guardie Ron Lewis e Mike Conley a rubare la scena al loro ben più famoso compagno, togliendo ancora una volta le castagne dal fuoco per i Buckeyes. I due hanno combinato per quarantun punti nella gara (22 Lewis e 19 Conley), risultando fondamentali nella seconda parte del secondo tempo, quando i Buckeyes hanno chiuso la gara anche, se non soprattutto, grazie alla loro incredibile precisione dalla lunetta (18/18 negli ultimi tre minuti e quarantasette secondi).
Memphis, invece, deve accontentarsi, per il secondo anno consecutivo, di tornare a casa ad un passo dalle Final Four; e dire che, al contrario dello scorso anno, quando partirono con uno 0/14 da oltre l'arco dei tre punti che influenzò evidentemente tutto lo svolgimento del Regional contro UCLA, questa volta i Tigers sono partiti mettendo sette dei dieci tiri da tre punti tentati nel primo tempo. Il problema per la squadra di coach Calidari è che poi, nel secondo tempo, la percentuale è drasticamente scesa (3/12), non permettendo più di aprire la scatola difensiva degli avversari che, non a caso, hanno recuperato e si sono rimessi in partita.
Miglior marcatore della serata per i Tigers è stato Jeremy Hunt (26 punti), seguito da Douglas - Roberts che, nella seconda frazione, è stato limitato da problemi di falli ma che ha comunque segnato 14 punti, seguito a quota dodici, da Willie Kemp.
La buona gara e la buona stagione giocata (seconda consecutiva a quota 33 vittorie) consola solo parzialmente Memphis, che manca dalle Final Four ormai da ventidue anni. Tra l'altro i Tigers sanno di aver perso una partita che era abbondantemente alla loro portata, visto e considerato il fatto che, a dieci minuti dalla fine, come detto in precedenza, erano sopra di tre punti (60-57). Poi tutto è cambiato dopo il controverso fallo fischiato a Douglas – Roberts, di gran lunga l'argomento di discussione più gettonato nel dopo gara nello spogliatoi di Memphis.
Douglas -Roberts, infatti, sosteneva di non aver commesso un fallo antisportivo ma solamente un fallo di gioco duro per non permettere a Oden di andare a schiacciare a canestro, ma che non meritava di essere sanzionato così pesantemente; sulla stessa linea anche i suoi compagni di squadra, mentre invece coach Calipari preferisce mantenersi fuori dalla discussione, sostenendo di non aver visto l'azione del fallo e che, dunque, non può commentarla, augurandosi però che il fallo fosse veramente intenzionale soprattutto in considerazione del momento e dell'importanza che poi ha avuto all'interno dello svolgimento della partita.
Ma, al di là del fallo incriminato, è evidente che Memphis ha sofferto in difesa e, per quanto possa sembrare paradossale, ha sofferto di più la presenza della sua coppia di playmaker, Conley (soprattutto) e Butler che la presenza di Oden. Le due point guard, infatti, hanno controllato alla grande la gara, gestendo la squadra, dettando il ritmo e allargando la difesa dei Tigers che, in stagione, aveva concesso il 39% dal campo ai suoi avversari, mentre invece i Buckeyes hanno segnato con il 51% dal campo, una percentuale notevole, soprattutto in una partita così importante, che va sommata all'85% dalla lunetta.
I problemi dei Tigers sono dunque stati difensivi ma, anche, offensivi, visto che difficilmente Memphis è riuscita a velocizzare il gioco, andando poco in contropiede e soffrendo la presenza di Oden all' interno dell'area, tirando molto male da due punti (37%). Inoltre, Memphis ha sofferto a rimbalzo e sulle palle vaganti, dove i Buckeyes arrivavano spesso e volentieri prima di loro.
Adesso Memphis non può far altro che iniziare a pensare già nella prossima stagione, comunque soddisfatta dei risultati comunque conquistati in questa annata, quando il gruppo di quest'anno, ad eccezione di Hunt, dovrebbe ritornare compatto per tentare un altro assolto alla Final Four, guidati da coach Calipari che, nonostante le insistenti voci che lo vogliono su un'altra panchina NCAA (quella della gettonatissima Kentucky), ha smentito ogni voce ieri sera, confermando che rimarrà alla guida dei Tigers anche il prossimo anno.
E' quindi Ohio State ad andare alle Final Foudi Atlanta, per la prima volta dal 1999, quando la squadra allora guidata da Scoonie Penn e Michael Redd (ma cancellata dai libri di storia per le irregolarità commesse dal programma nel periodo di coach Jim O'Brien) perse contro la Connecticut che sarebbe poi diventata campione NCAA. Questa edizione dei Buckeyes ha veramente tutto quello che serve per arrivare fino alla fine. Ci si rivede ad Atlanta per vedere come va a finire.