Coach Howland ha guidato UCLA alla vittoria contro il suo passato..
In uno dei Tornei NCAA più equlibrati di sempre, la regola della testa di serie continua a fare il suo corso, e così anche le Sweet 16 archiviano le vittorie delle top seed, a cui non fa eccezione il West Regional, con le vittorie della n.1 Kansas e della n.2 UCLA, che si affronteranno in uno dei più nobili scontri di Elite 8 che si ricordano, per decidere quale sarà la finalista da mandare ad Atlanta.
I Jayhawks di coach Self, pronosticati come sempre, vista la storia recente, come una delle possibili vittime illustri del Torneo, hanno rispettato il pronosticato e la loro posizione di classifica, vincendo una sfida dai molti possibili ostacoli contro i Salukis di Southern Illinois, college non di primo rango, ma ormai entrato nel gotha del college basket, grazie ad alcune eccellenti apparizioni negli ultimi anni.
Kansas sapeva di non poter giocare fino in fondo il proprio basket offensivo, costruito per i puristi del gioco, spettacolare e creativo, probabilmente il miglior attacco di tutta l'NCAA, ma voleva cercare comunque di dimostrare di poterlo fare, anche con una squadra tosta e dalla difesa quasi impenetrabile come Southern Illinois.
Per i primi 7-8 minuti sembrava che i dettami di coach Self fossero stati recepiti in pieno dai suoi ragazzi, e che i Jayhawks sarebbero riusciti a sciorinare il loro basket nonostante la pressione difensiva di Southern Illinois, capace di tenere i propri avversari in stagione sotto i 60 punti di media.
Il vantaggio di 17-11 dopo nove minuti del primo tempo era frutto di un continuo movimento della palla di tutto il quintetto di Kansas, alla ricerca della soluzione migliore per andare a canestro, riuscendo sempre a pescare, con continui passaggi veloci, l'uomo smarcato vicino a canestro o a tre-quattro metri dallo stesso, e i canestri facili di Robinson e Rush erano una naturale conseguenza.
Invece da quel momento l'attacco di Kansas si inceppava improvvisamente, frutto di una mossa astuta da parte di coach Lowery, conscio dei problemi offensivi della propria squadra, con Jamaal Tatum molto al di sotto dei propri standard abituali, incapace di andare a canestro nonostante tiri relativamente comodi.
Il coach dei Salukis ordinava ai suoi di esasperare il controllo dell'azione, sfruttando a pieno i 30 secondi di possesso offensivo, senza particolari giochi di ribaltamento o di passing game, ma congelando la palla per i primi 15 secondi, per poi costruire il gioco d'attacco partendo dalle invenzioni di Tatum. Così facendo Southern Illinois rinunciava sostanzialmente ad attaccare in maniera pulita, chiudendo, infatti, con solo 24 punti segnati in tutto il primo tempo, ma levava completamente il ritmo offensivo a Kansas, costretta a difendere per molti minuti per poi cercare il più velocemente possibile il canestro, perdendo di conseguenza tutta la fluidità mostrata nei primi minuti della partita e finendo per essere risucchiata nelle sabbie mobili di una delle classiche partite dei Salukis, con un primo tempo chiuso sul 27 a 24 per i campioni della Big 12.
La ripresa si apriva nel peggiore dei modi per i Jayhawks con tre errori in fila al tiro, e un parziale di 9-0, firmato dalla coppia Tatum-Young, che portava Southern Illinois in vantaggio per la prima volta nell'incontro. I fantasmi delle grandi sconfitte di Kansas al Torneo degli anni recenti iniziavano a comparire nelle menti di tutti i fans accorsi a San Jose, ma in quel momento coach Self trovava linfa vitale dalla propria panchina, affidandosi al freshman Darrell Arthur, che rispondeva subito presente con cinque punti consecutivi che firmavano il contro sorpasso.
La tensione era alta, Kansas faticava molto a trovare una soluzione offensiva, costantemente raddoppiata sul perimetro dall'asfissiante difesa di Southern Illinois, ma rimaneva sempre a contatto fino alla schiacciata di Arthur su alley-hoop di Chalmers che pareggiava l'incontro, e dava una leggera inerzia ai n.2 del Ranking Nazionale, capaci di arrivare sopra di cinque a un minuto e mezzo dalla fine.
Nessuno però aveva fatto i conti con la voglia di vincere di Jamaal Tatum che, dopo un primo tempo chiuso con un solo canestro segnato, esplodeva con 17 punti nella ripresa, segnando praticamente uno contro cinque, i 5 punti che portavano i Salukis ad un punto di distanza da Kansas, con meno di un minuto da giocare.
Brandon Rush, fin lì perfetto, decideva nell'azione successiva di fare tutto da solo e con un'entrata a centro area chiusa da un jumper sopra il tentativo di difesa (12 punti con 6/6 dal campo) dava il 61 a 58 decisivo, a cui i Salukis non riuscivano a replicare, con gli errori dalla lunga distanza di Tatum e Young.
Dall'altra parte si affrontavano UCLA e Pittsburgh, due delle realtà difensive più efficaci dell'intero college basket, con un protagonista d'eccezione, coach Howland, ex allenatore e modellatore dei successi recenti dei Panthers, basati sulla ricerca maniacale dell'intimidazione fisica difensiva, e ora coach dei Bruins, a cui ha trasmesso i dettami tipici della East Coast e del basket lento, fisico e difensivo, difficilmente riscontrabile nel passato di UCLA, ma tremendamente vincente, come dimostra la Finale Nazionale dello scorso anno, e un ranking da top5 in questo.
La partita non ha disatteso i pronostici che prevedevano un incontro non spettacolare e molto tattico, incentrato sulla ricerca del "non far fare" canestro all'avversario, che ha visto numerosi errori su conclusioni all'apparenza facili, soprattutto di Pittsburgh, partita nei primi minuti con un orrendo 5/19, restando quattro minuti senza segnare a metà del primo tempo e altri cinque senza canestri dal campo, finchè a due minuti dalla fine della prima frazione Sam Young non ha mosso la retina, chiudendo un incubo che ha visto i Panthers segnare solo 26 punti.
UCLA ha mostrato un'applicazione difensiva perfetta, riuscendo sempre a raddoppiare sul gioco di sotto di Pittsburgh alla ricerca di Aaron Gray, e tenendo quasi tutti gli uno contro uno sul perimetro, per poi costruire, in attacco, giochi manovrati, fatti di continui blocchi per le uscite di Afflalo e Shipp, o per le penetrazioni di Collison.
Sono stati, però, i comprimari come Mata ad essere protagonisti, soprattutto nel primo tempo, sempre pronto sugli scarichi a centro area, e inaspettatamente preciso dalla lunetta, nonostante un 37% stagionale, e sono stati proprio i liberi a decidere la partita per i Bruins, come nel finale della prima frazione, quando tre coppie di canestri dalla lunetta di Shipp, Collison e Afflalo, all'interno di un parziale iniziato e finito dalle triple di Shipp e Afflalo, hanno dato il primo consistente vantaggio ai ragazzi di coach Howland.
Altri due canestri dalla distanza di Shipp hanno firmato l'allungo di UCLA nella ripresa, arrivato a dodici punti di vantaggio a metà della frazione, subito dimezzati da un paio di triple di Ramon e da un raro canestro facile da centro area di Aaron Gray, fin lì splendidamente marcato da Mata e dai raddoppi di Mbah a Moute.
Sembrava di rivivere le scene della partita precendente con Indiana, ma coach Howland sapeva che la sua squadra avrebbe mantenuto il controllo sulla gara, anche senza segnare canestri dal campo, attaccando la difesa di Pittsburgh e pescando continui falli che hanno contribuito a tenere il vantaggio, nonostante Ramon e Fields, con un paio di triple, avessero riportato i Panthers a cinque punti di distanza.
Da quel momento i liberi di Collison, Afflalo e Shipp, conditi da un perfetto canestro dalla media di Roll e da un'entrata a centro area di Collison, hanno lanciato definitivamente UCLA verso la vittoria e verso le Elite 8, con il 64 a 55 finale, chiuso dalla stretta di mano tra i due grandi amici Howland e Dixon.
Afflalo (17 punti), ancora una volta falloso al tiro, ha saputo essere perfetto dalla lunetta con un 10/10 che ha deciso la gara, coadiuvato dai 16 punti di Shipp, con 3 triple fondamentali, e dai 12 di Collison.
Ora spazio alla Finale del Regional tra Kansas e UCLA, sfida dal sapore nobile, che vede contrapporsi due stili di gioco all'opposto, e che sicuramente proporrà un duello equilibrato e intenso, come nelle migliori tradizioni del college basket.