La disperazione di Kelvin Torbert
La seconda semifinale delle Final Four era sulla carta la più interessante delle due; molta era la curiosità nel vedere se il ritmo frenetico degli Spartans avrebbe mandato fuori giri i Tar Heels o se al contrario avrebbero prevalso la stazza e il talento di UNC.
E il primo tempo dà ragione ai sostenitori della prima ipotesi: per MSU tiri rapidi o contropiede ad ogni occasione possibile, rimbalzi in attacco e tiri liberi a compensare le percentuali di tiro deficitarie (sotto il 40%), buon contenimento dentro l'area del temuto Sean May. Dall'altra parte difesa quantomeno disattenta in più occasioni, molte palle perse, scelte discutibili e affrettate del tiro da tre. Il risultato è un 38-33 per gli Spartans all'intervallo, guidati da uno Shannon Brown che sembra non essersi ancora raffreddato dalla partita contro Kentucky: 12 punti e le due triple che segnano sul 35-27 l'unico break di un primo tempo fino ad allora equilibrato e al termine del quale il punteggio e il ritmo sono tutti per Michigan State.
Per North Carolina Sean May è fermo a soli 4 punti con 2/8 al tiro; a tenere a galla UNC ci pensa il Jawad Williams che non ti aspetti con 12 punti (dopo che era andato una sola volta in doppia cifra nelle ultime 8 partite).
Ma quando una squadra ricca di talento gioca male eppure rimane a contatto, le basta davvero poco per cambiare l'andamento della gara; chi avesse avuto ancora qualche dubbio sul valore di North Carolina, farà bene a rivedere e conservare la registrazione dei primi 10 minuti del secondo tempo della semifinale contro Michigan State. Una dimostrazione di efficienza offensiva e intensità difensiva disarmante per chiunque, con tiri da fuori, contropiedi, schiacciate e layup da un lato del campo, palle rubate e stoppate dall'altro. In quel frangente decisivo i Tar Heels mettono a segno 34 punti, più di quanti segnati nel primo tempo.
UNC sorpassa subito con un 6-0 iniziale, e dopo qualche minuto di equilibrio gli Spartans devono cedere il passo; si arriva fino al 67-52 per Carolina, che viaggia con il 70% al tiro nel secondo tempo. Tom Izzo cerca più volte di fermare il momento negativo con dei timeout ma senza esito; negli ultimi minuti MSU non scende mai sotto gli 11 punti di distacco, i Tar Heels controllano senza problemi fino al 87-71 finale, concedendo numeri in serie con schiacciate in alley-hoop e contropiede.
Sean May domina la ripresa con 18 punti e finisce con 22 complessivi, Jawad Williams lo supporta a dovere chiudendo con 20 e 9/13 al tiro, ma altrettanto decisivi sono i 16 di Raymond Felton e i 17 di Rashad McCants, che non tengono conto delle palle recuperate e della intensità a rimbalzo di questo talento smisurato. A descrivere quanto sia cambiata la partita, basta solo questo dato: nel primo tempo 0/1 nei tiri liberi, nel secondo 10/16.
Evidentemente quanto detto da coach Williams all'intervallo è servito ad innalzare (e non poco) l'intensità emotiva dei suoi giocatori, viene confermata l'impressione che sia questa il fattore che decide in un senso o nell'altro le sorti delle partite dei Tar Heels. In previsione della finale, coach Weber non sarà certo tranquillo dopo quanto visto in semifinale, specie per lo strapotere (teorico) dei Tar Heels sotto le plance, e dovrà contare su una difesa efficace e soprattutto su buone percentuali nel tiro da tre per reggere il confronto.
Per Michigan State resta l'amarezza per la conclusione di un torneo fino a ieri superlativo; North Carolina è sembrata imbattibile nel secondo tempo, ma c'è comunque il rimpianto per le prove deludenti di alcuni giocatori chiave, come i senior Alan Anderson (nessun punto) e Chris Hill (3), e per un 34% complessivo al tiro con il quale difficilmente si vince a qualsiasi livello.