Drew Naymick va a schiacciare contro Vermont
A prima vista il tabellone del regional di Austin sembrava essere quello con minori probabilità di upset: i pronostici davano un buon margine per le prime quattro teste di serie (nell'ordine Duke, Kentucky, Oklahoma e Syracuse), e il gruppo di college cosiddetti "mid-major" alla caccia di gloria era sulla carta il più debole dei quattro regionals.
Ma, per quanto razionali e fondati siano i pronostici, siamo al torneo NCAA, la cui attrattiva nei primi due turni sono proprio le sfide secche delle aspiranti Cenerentole ai Golia delle grandi conference. E proprio in questo bracket si è verificata al primo turno una delle sorprese più clamorose, ossia la sconfitta di Syracuse, quarta testa di serie, contro Vermont, per 60-57 dopo un tempo supplementare.
L'incontro era di per sé stimolante, poiché si incontravano a Worcester, Mass., nel cuore del Nordest, due dei college più forti della regione. E per quanto positiva fosse stata la stagione di Vermont, Syracuse sembrava troppo forte e soprattutto in forma, venendo dal recente successo nel torneo della Big East.
Ma, come inevitabile in questi casi, la combinazione della gran partita dei Catamounts e della serata di scarsa vena degli Orangemen ha generato la prima grande upset del torneo (e non sarebbe stata l'ultima). Oltre ai noti Taylor Copperanth e B.J. Sorrentine (16 e 17 punti rispettivamente), l'eroe della serata è stato il camerunese German Mopa Njila, autore del massimo in carriera con 20 punti, simbolo del giocatore sconosciuto che emerge nella March Madness.
Metteteci poi il coach Tom Brennan, che aveva già annunciato il suo ritiro dopo 19 stagioni e per il quale ogni partita poteva essere l'ultima, ed avete tutti gli ingredienti per la perfetta Cenerentola marzolina, capace di catturare per un weekend l'interesse di una nazione. Per gli Orangemen hanno pesato in maniera decisiva le 24 palle perse, 10 dall'All-America Hakim Warrick, e la pessima serata al tiro di Gerry McNamara, 11 punti e 1/7 nelle triple.
Le altre partite del primo turno non hanno riservato particolari emozioni, con risultati tutti secondo pronostico, anche se varie squadre (Duke, Michigan State, Utah) hanno avuto i loro problemi; ma al secondo turno la musica è stata ben diversa.
Nella parte bassa del tabellone Kentucky e Cincinnati hanno dato vita ad una autentica battaglia (in senso sportivo), per di più tra due college in stati confinanti, distanti poco più di 100 chilometri, in uno Hoosier Dome con oltre 40000 spettatori, per la maggior parte legioni di tifosi Wildcats.
La partita non è stata certo spettacolare, ma l'intensità era quella delle grandi occasioni; il punteggio è stato in equilibrio per quasi tutta la gara, fino al break finale di Kentucky, che ha tenuto senza canestri i Bearcats negli ultimi 5 minuti (13 errori di fila dal campo), chiudendo 69-60.
Cincinnati è nota soprattutto per il gioco fisico e raccoglie molti dei punti sotto canestro con Maxiell e Hicks, ma UK, un po' a sorpresa, ha dominato sotto le plance, come indica il 34-12 per i Wildcats nei punti dentro l'area. Oltre ai "soliti" Hayes e Azubuike, decisive sono state le prove dei freshman Rajon Rondo (16 punti) e Randolph Morris, alla prima doppia doppia in carriera con 11 punti e 12 rimbalzi.
Ad Austin i Wildcats non troveranno come previsto Oklahoma ma Utah. Gli Utes erano scivolati alla sesta testa di serie dopo la sconfitta nel torneo di conference, forse un po' troppo in basso dopo una stagione nelle top 20, e hanno dimostrato di valere un ranking elevato superando in maniera convincente i Sooners per 67-58. A dire il vero Oklahoma è incappata in una giornata disastrosa al tiro, chiudendo con appena il 32% complessivo, e con apporto quasi nullo da Bookout e Lavender; questo però non deve far passare in secondo piano la prova di Utah, che al contrario di OU ha tirato con un eccellente 59% dal campo.
Utah è rimasta sempre avanti nel punteggio, con almeno sette punti di vantaggio in tutto il secondo tempo. Da rimarcare la prestazione della stella Andrew Bogut: pur segnando solo 10 punti, minimo stagionale, il centrone australiano ha distribuito sette assist, massimo in carriera, e con una serie di passaggi dal post a tagli di compagni che non si vedevano a questo livello da tempo (e che hanno ricordato a chi vi scrive tale Arvydas Sabonis".). I principali beneficiari sono stati Justin Hawkins, Marc Jackson e Bryant Markson, autori di 20, 17 e 16 punti rispettivamente.
Da sottolineare inoltre che l'approdo alle Sweet 16 degli Utes avviene alla prima stagione in panchina di Ray Giacoletti, che ha preso il posto di uno dei coach storici del college basket come Rick Majerus, assurto oramai a leggenda nello Utah.
Nella parte alta del tabellone Duke ha rispettato il ruolo di favorita, superando a fatica Delaware State per 57-46 e Mississippi State per 63-55. La partita con i Bulldogs è stata tirata fino alla fine, J.J. Redick è stato tenuto a un modesto 5/17 al tiro, ma ci ha pensato Daniel Ewing con i suoi 22 punti a trascinare i Blue Devils alla vittoria, oltretutto regalando a coach K il successo n. 66 nel torneo NCAA, ennesimo record della carriera.
Che per Duke non si sarebbe trattata di una passeggiata si sapeva, la rotazione è ridotta all'osso, il talento non è quello di altre squadre e difficilmente arrivano vittorie con ampi margini; ma la forza dei Blue Devils quest'anno è la difesa, forse mai così efficace e che li mantiene sempre e comunque in partita.
Nelle Sweet 16 ad aspettarli c'è Michigan State, che al primo turno ha superato Old Dominion per 89-81 mentre al secondo ha posto fine all'avventura di Vermont con il punteggio di 72-61. Gli Spartans provengono da una stagione al di sotto delle aspettative: pur con un roster completo, esperto e talentuoso non hanno mai ottenuto vittorie convincenti e nemmeno nei primi due turni hanno impressionato particolarmente. Il loro dovere comunque lo hanno fatto, sulla carta possono giocarsela alla pari con Duke e cercare la rivincita della sconfitta di novembre.
In prospettiva Sweet 16, sia MSU che Utah sono avversarie toste, ma è davvero difficile pronosticare una finale di regional diversa da Duke-Kentucky, sfida di grande fascino tra due programmi che non hanno bisogno di presentazioni (e che farebbe la felicità della CBS").