UAB alle sweet 16

Morris Finley: ha portato UAB tra le 16 squadre migliori d'America

Kentucky Wildcats: analisi di una disfatta (non) annunciata.

Qualcosa è andato storto nel meccanismo che governava i ragazzi di coach Tubby Smith in quel di Columbus, Ohio, dove Kentucky, testa di serie numero uno del suo bracket, avrebbe dovuto affrontare, e teoricamente battere senza problemi, la University of Alabama at Birmingham: non esattamente l'università  più prestigiosa d'America.

Già , avrebbero dovuto; e quella vittoria avrebbe dovuto lanciare Kentucky verso la parte calda del tabellone, quella che conta, quella che è più dura, ma che se la passi arrivi all'interno di una ristretta cerchia di squadre, che sono lì, tutte, non come comparse, ma per giocarsi il titolo.

Bisogna comunque dire che UAB, durante la partita, una comparsa non lo è davvero stata. Partita con il numero nove del seeding, ha eliminato, faticosamente, Whashington al primo turno, ma se elimini una numero otto, si ok, il tuo nome sui leaderboard è scritto in grassetto, ma guadagnarsi un minimo di credito è un'altra cosa. E quale occasione migliore per ottenerlo se non un bel match contro una delle squadre più blasonate d'America?

Kentucky d'altra parte arrivava da una più che agevole vittoria contro Florida A&M, maturata principalmente durante la ripresa, quando i Wildcats decisero di aumentare la pressione difensiva nei confronti degli avversari.

La partita è stata per Kentucky differente dalla precedente sin da subito e praticamente per tutta la durata della gara UAB è stata sopra ai Wildcats, anche con vantaggi abbastanza consistenti. Il coach dei Blazers, Mike Anderson (al secondo anno sulla panchina di UAB), ha 'studiato' pallacanestro sotto Nolan Richardson, ad Arkansas, e ha replicato in tutto e pertutto quell'attacco dal nome vagamente (ma proprio vagamente) sinistro di “40 minuti d'inferno”. Una replica decisamente ben riuscita, che non solo ha pagato notevolmente durante la stagione, ma soprattutto l'ha fatto contro Kentucky, una squadra che notoriamente quest'anno aveva poco talento puro, ma molta voglia e competenza nella fase difensiva.
Peraltro lo stesso Richardson è stato visto, e sentito, urlare e incitare il suo allievo quasi come se in campo ci fossero stati i “suoi” Razorbacks: “sapevo che avevano almeno una chance di vittoria. L'hanno saputa sfruttare”.

Le due squadre sono arrivate sostanzialmente a contatto nella seconda parte della ripresa, dopo una grande rimonta di Kentucky, che ha dovuto strappare ogni singolo punto dei settantacinque che alla fine il suo scoreboard segna. UAB ha avuto il pregio di non mollare mai, di non lasciarsi intimidire, né dalla foga con cui gli uomini di coach Smith erano rientrati in partita, né, se volete, dal blasone che il nome che quegli uomini avevano stampato sulle loro maglie portava con sé. Una rimonta della quale è stato protagonista il sophomore Ravi Moss, con due triple che avrebbero tagliato le gambe a chiunque.

E così si arriva ad un finale punto a punto, dove però tutto cambia con il quarto fallo di Daniels, che lo condanna dapprima alla panchina, e poi a rientrare, ma giocando in un modo chiaramente diverso, potendo rischiare molto meno. Daniels, era membro, insieme a Hayes e Fitch, del cosiddetto “triumvirato” di giocatori che avevano portato Kentucky fin qui, triumbirato che per quanto possibile dava consistenza ad un attacco altrimenti troppo stagnante.

Qualcosa è andato storto, perchè la gara è stata atipica, perchè tutti si aspettavano che Kentucky sarebbe uscita contro una squadra dal grande potenziale offensivo e invece si è dovuta piegare a Morris Finley, senior, e al suo canestro che ha portato i punti dei suoi a 76.

Uscito Daniels i Wildcats hanno limitato fortemente le loro possibilità  di sorpasso “prolungato”, e complici alcuni errori al tiro, e qualche palla persa di troppo, si sono ritrovati a giocarsi tutta la stagione, o forse qualcosa di più, in appena 12 secondi. Quelli di cui disponevano per la rimessa in gioco, e che avrebbe sancito il loro passaggio del turno, o il loro ritorno a casa, magari tra le note, meste, di “My Old Kentucky Home”, e le facce di chi è lì, con la faccia pitturata di blu, e si guarda in giro chiedendosi perchè.
In quei 12 secondi, in quell'azione convulsa dove sembra di avere cinque mastini che ti corrono dietro, si sono spente le speranze di Kentucky. Le speranze dei quattro seniors che lasceranno l'ateneo senza aver mai visto in quattro anni neanche l'ombra di una Final Four. “E' un vuoto pesante”, commenta amaramente Fitch.

Emozioni diametralmente opposte nell'altro spogliatoio, dove si comincia timidamente a pensare che l'aver battuto quelli là  non sia stato del tutto una casualità . Finley, che è da due partite che crede che quella sarà  la sua ultima partita in maglia Blazers dice “Difficilmente potrò assaporare un momento bello come questo. Tuttavia spero di avere ancora qualche gara al torneo. Quello che provo adesso è comunque stupendo”. E ci proveranno, sicuramente, a battere anche Kansas, perchè battuta una leggenda, perchè non se ne può battere un'altra.
Come piace dire un pò a tutti, la vittoria su Kentucky è stata l'ennesima replica di “Davide contro Golia”. Ma, si sa, Davide, contro Golia, vinse gara 1, avremmo voluto vederlo nelle altre 6.

Comunque il dato rimane: UAB raggiunge le sweet 16 per la prima volta dal 1982 e non sembra volersi fermare, come sottolinea un Anderson più che mai euforico per la vittoria: “Forse sto solo sognando – dice squotendo la testa – Ma di sognare non voglio smettere“.

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