L'urlo liberatorio di Evan Brock copre il pianto dei Cardinals
Da qualche anno a questa parte tutti noi possiamo definirci un po' dei bracketologist, almeno per gioco, nei vari concorsi a pronostici che i principali portali sportivi americani organizzano mettendo in palio premi più o meno consistenti, che vanno dal milione di dollari messo in palio da Sports Illustrated, per chi azzecca tutte le gare dei tornei maschili e femminili (le probabilità sono prossime a quelle di un 5+1 al super enalotto, NdR), al semplice divertimento di quelle alla Yahoo, con cui anche noi di Play.it ci stiamo cimentando se non altro per sfotterci un po'. Bene! Quanti potevano prevedere Stanford a guardarsi il torneo davanti al televisore già al secondo round, dopo soli tre giorni di gare? Pochi, decisamente pochi, tanto che praticamente tutti gli addetti ai lavori davano assolutamente per scontato un Regional che avrebbe visto di fronte Stanford e UConn, in quella che per molti sarebbe stata addirittura la vera finale di questo Torneo 2004.
A porre la fine ad ogni dubbio ci ha pensato Alabama, un nome che fa sempre sensazione, che ha lanciato anche nella Nba giocatori molto importanti, ma che nell'edizione di quest'anno era per lo più composta da giocatori difficilmente rintracciabili nei mock draft.
Ma i Cardinals si sono scavati la fossa da soli? Con un bilancio annuale di 30 vittorie e 2 sconfitte, compresa quella del game over, la squadra di coach Mike Montgomery pareva essersi guadagnata quel rispetto e quella credibilità che negli scorsi anni, pur disputando sempre delle stagioni eccelse, si erano via via sbiadite nelle varie uscite anzitempo nella Big Dance. Alla luce dei risultati anche questa stagione si perderà nella mediocrità per l'ateneo californiano, che potrà comunque custodire nella sua bacheca un meritatissimo titolo della Pac-10 che le è valso all'unanimità il seed #1 di quello che probabilmente è il bracket più tosto in assoluto.
E' la legge del vinci o muori, di quella condizione sportiva che non ti offre una seconda chance ed è la crudele formula del successo della March Madness. Stanford in pochi minuti ha distrutto l'eccezionale castello di sabbia che aveva pazientemente edificato, curandolo in ogni singolo merletto, durante tutti questi mesi. I problemi di falli di Childress e Davis, che insieme a Lottich sono le colonne portanti di questa formazione, hanno condizionato le scelte di Montgomery che non ha avuto le risposte dalla panchina che probabilmente si aspettava. Mentre Matt Haryasz ha dato minuti di qualità sotto le plance, i vari Robinson, Grunfeld e Kirchofer non sono mai riusciti a garantire quel cambio di ritmo nel momento in cui 'Bama ha piazzato un tremendo 16-0 in suo favore, rimontando da una situazione di 53-40, frutto di un 12-0 Cardinals, ad un vantaggio per 53-55.
Ma i Crimson Tide possono considerarsi una vera Cinderella? Probabile, ma la casistica degli upset vuole che si facciano delle precise distinzioni. Potremmo dire che Stanford fosse sopravvalutata, dando ragione agli striscioni dei tifosi di 'Bama, ma ammetterlo sarebbe riduttivo, per cui probabilmente la verità sta nelle parole della guardia Antoine Pettway: “La gente pensa che non siamo una buona squadra guardando il nostro record, ma abbiamo appena battuto Stanford”. Occorre quindi dare del credito ad Alabama.
Le vere cenerentole nascono dal nulla, dalle conference minori, non certo dalla SEC, non certo quando hai un roster con almeno cinque giocatori in grado di andare con buona regolarità in doppia cifra. Sinceramente, ciò che francamente ci sorprende è come questa squadra arrivi a celebrare una simile impresa quest'anno, mentre l'anno scorso sia annaspata nella più totale mediocrità avendo in squadra giocatori come Maurice Williams, attualmente in Nba, ed Erwin Dudley, allora preseason All America poi rivelatosi una delle maggiori delusioni dello scorso campionato.
Nel finale di gara i Crimson Tide hanno concesso l'ultima chance ai Cardinals quando Earnest Shelton (14 punti, 1/10 dal campo, 11/14 dalla lunetta) ha sbagliato entrambi i tiri liberi su un sistematico a 7 secondi dalla fine, dando la possibilità a Matt Lottich di provare la bomba allo scadere che avrebbe per lo meno portato i suoi all'overtime. E pensare che Lottich è un autentico specialista dei buzzer beater, considerando quante sono state le volte in questa stagione in cui i Cardinals hanno salvato la loro imbattibilità grazie alla freddezza della loro guardia. Forse anche questo era un segno del destino, foriero di una sorte forse troppo amica quando serviva soltanto ad aumentare le aspettative su una squadra che aveva dato più di quanto potesse realmente dare. Ma è la legge della madness: se il tiro entra, vinci, vai avanti e puoi coltivare sogni di gloria, come farà Alabama sul parquet dell'America West Arena; altrimenti ti ritrovi fuori al secondo turno per la quinta volta negli ultimi sei anni, un ruolino di marcia molto scomodo da gestire per coach Montgomery, che tuttavia nega la possibilità di un condizionamento dalle sconfitte passate: “Il passato non conta nulla in ciò che è successo nella gara contro Alabama”, tutto questo mentre Chris Hernandez, più sinceramente ammetteva: “Sono veramente frustrato di venire qui ogni anno e dover dire Ci riproveremo l'anno prossimo“.