Mulligan e Benton festeggiano la loro vittoria su Florida
Manhattan contro Florida può essere definita uno stereotipo della partita 'bizzarra' di torneo Ncaa. Ce n'è a bizzeffe, ovviamente; ma qui tutte le componenti richieste sono al posto giusto.
Manhattan, che onde evitare fraintendimenti gioca e si allena nel Bronx, in realtà , arriva al torneo con il numero 12 del bracket di East Rutherford. E se hai il numero 12, vuol dire che ad attenderti al primo turno hai una non troppo simpatica squadra che come numero ha invece il 5. Il che vuol dire che non solo è molto superiore a te, ma che, forse, non ti darà neanche una chance di vittoria.
Ma questo è il College Basketball. Questo è il torneo Ncaa. E nel torneo Ncaa, i forse contano, e anche tanto.
La numero 5 in questione è niente meno che Florida. Una Florida che bene o male tutti gli anni un pò di paura la mette, vuoi perchè di McDonald's in squadra ne ha sempre, vuoi perchè comunque ha un coach rispettato (sebbene non abbia mai vinto nulla di importante…), vuoi perchè gioca in una conference, la SEC, con eccellente tradizione.
Eppure Florida quest'anno non ha brillato. 9 vinte e 7 perse nella regular season, un misero 20-11 totale. Cifre che da una squadra con quel nome non ti aspetteresti.
Una stagione complicata, non solo per i risultati più che mai altalenanti, ma anche, ad esempio, per l'abbandono di Drejer, destinazione Barcellona. E sebbene lo stesso Drejer non stesse certo brillando, era perlomeno un uomo estremamente versatile che allungava la lista di giocatori utilizzabili, una cosa di cui al torneo si ha sempre bisogno.
Il coach di Manhattan, Gonzalez, sapeva che la gara sarebbe stata in salita. Negli spogliatoi aveva ripetuto ai suoi ragazzi che “se scendete in campo spaventandovi del nome che leggerete sulle maglie dei vostri avversari, allora non avete neanche una chance di vittoria“.
Ma il nome di Florida, quest'anno, fa un pò meno paura e la partita ha assunto la fisionomia dell'upset fin da subito, e i sentori di allarme sono probabilmente scattati nella testa di coach Donovan già dopo le prime tre azioni.
La difesa di Manhattan pressa furiosamente, e continua a farlo anche nei minuti successivi, perchè questa è per loro una gara da giocare alla morte, il più classico dei primi turni di torneo, dove se vinci fai il colpaccio, e per una sera sei sulla bocca di tutti, dopo mesi di semi-anonimato.
Florida sembra essere impacciata, cerca di correre, di dare la palla dentro a Lee e a Moss, ma le palle perse fioccano ripetutamente. Chiariamoci, anche Manhattan ne perde parecchie, ma l'impressione è che le perse dei Jaspers siano più dovute a errori propri, che ad una buona difesa dei Gators.
Il vantaggio di Manhattan aumenta lentamente. Prima tre, poi cinque punti. Cinque dannati punti conquistati sudando, e aggredendo i tabelloni, per tutta la partita. Holmes, di rimbalzi, a fine serata potrà contarne ben 12.
Il fatto singolare è che Holmes, che di Manhattan è poi il centro, è appena 6-7 di statura. Eppure, anche a soli 2 metri di altezza, si può dominare una partita sotto i canestri.
E' una squadra di undersized Manhattan, e quasi quasi dà l'aria di essere una squadra 'campata per aria', dove ci si arrangia con quello che si ha.
Il playmaker, Minor, è sostanzialmente tascabile. Corre come un forsennato, fa più movimento rispetto ai suoi compagni di squadra, in playmaking diciamo che potrebbe essere rimandato, anche perchè i Jaspers giocano una pallacanestro con molte invenzioni dei singoli.
O forse, magari, dovremmo parlare DEL singolo. Perchè a Raleigh, di protagonista ce n'è stato uno solo.
Flores, 24 punti a partita in stagione (quinto nella Ncaa), 5 trentelli nelle ultime 12 gare disputate, newyorkese, dominicano di importazione e il nome nella media-guide rilasciata dal suo ateneo scritto sbagliato, all'inglese, ovvero “Louis”.
Luis, questo è il nome corretto, Flores è il leader dei Jaspers, e dire leader è riduttivo. Luis Flores E' i Jaspers, con buona pace degli altri componenti della squadra. Palleggi-arresti e tiri con padronanza, capacità di segnare dopo il contatto, e in generale paura estremamente ridotta di prenderlo, il contatto, per usare un eufemismo.
Flores ha chiuso la serata con 26 punti, regalando a Manhattan (che, lo ricordiamo, è l'università che frequentò Rudolph Giuliani, ex sindaco di NYC) una vittoria insperata. Una vittoria che rimanda l'appuntamento con l'ultima gara in maglia Jaspers, visto che Luis è un senior.
“Sapevamo che avremmo dovuto giocare al di sopra delle nostre possibilità – dice Flores, col suo consueto atteggiamento che ti suscita rispetto anche solo guardandolo – Siamo rimasti uniti, ed era l'unica strada per vincere“.
Anche coach Donovan non nega complimenti agli avversari, sottolineando come la presenza più che mai deficitaria a rimbalzo e in generale il cattivo approccio mentale alla gara dei suoi, abbiano regalato meritatamente la vittoria ad una squadra che invece non ha sbagliato nulla, perlomeno sotto il piano dell'intensità .
Manhattan affronterà ora la numero quattro del suo tabellone, ovvero i Deamon Deacons di Wake Forest. E, come sempre, sognare non costa nulla.