Michael Crabtree segna il touchdown della vittoria contro Texas. Per lui il futuro è dritto in Nfl.
Per una settimana, magari anche di più ma in tempi così precari non ci giureremmo, il centro del mondo collegiale in formato palla ovale si trova a Lubbock, sita nel grande stato del Texas, sede di quei Red Raiders che man mano che passano le settimane fanno sempre più rumore, sotterrando (finora) ogni malcapitato avversario di yards offensive ed arrampicandosi fino ad altezze vertiginose del ranking nazionale, sperando che il prendere una gara alla volta continui a portare loro bene, e che il calendario particolarmente duro che li separa dalla fine della stagione regolare non sia loro d'ostacolo per una papabile spedizione al National Championship.
Texas Tech. La squadra di Graham Harrell, già dipinto in pre-stagione come uno dei migliori potenziali quarterbacks dell'anno, ragazzo che sa come far funzionare una spread offense ad alto numero di ottani, che sa scegliere sovente l'opzione giusta tra le numerose disponibili, che si è già impadronito del record all-time d'università in materia di yards lanciate in carriera senza nemmeno aver terminato l'annata da senior. La squadra di Michael Crabtree, wide receiver dal fisico possente e dalle mani pregiate, capaci di prendere con frustrante (per gli altri) facilità tutto quello che gli passa vicino anche in situazioni precarie di equilibrio, diventato una superstar già nell'esperienza da redshirt freshman, capace com'era stato di fare incetta di riconoscimenti individuali e di records statistici solamente nella prima stagione da titolare.
Harrell e Crabtree sono la coppia più bella del college football in questo momento, la stessa che ha dato quel qualcosa in più ad un college che di esposizione nazionale non ne aveva mai avuta troppa. I Red Raiders erano già in precedenza conosciuti come una macchina da guerra offensiva, non si spiegherebbero altrimenti le 5.700 yards accumulate dall'uno lanciando e le 1.962 dell'altro ricevendo (ah, pure con 22 mete e 134 ricezioni"), l'unico particolare che tuttavia saltava all'occhio nella campagna 2007 erano i punti segnati, tantissimi, una valanga, tuttavia minori di quelli registrati dagli avversari, che non troppo coincidentalmente erano quelli di maggior prestigio nel calendario e sovente appartenenti alla medesima conference, la Big 12. Oklahoma State ne aveva presi 45, ma aveva vinto di quattro lunghezze. Texas, con la brutta difesa che aveva, ne aveva concessi 43, mettendone però a referto 59. Oklahoma aveva vinto per 34-27.
La storia è cambiata, e parecchio, in questo 2008, dato che alla coscienza di poter contare su un reparto offensivo esplosivo si sono aggiunte quelle cose, tra le quali una difesa che si possa definire tale ed un gioco di corse finalmente funzionale, che fanno vincere anche le partite importanti, superando quell'amarezza che si prova quando si ha in mano un bel giocattolo che smette di funzionare quando trova il primo ostacolo difficile.
La differenza tra un'edizione e l'altra è data in sintesi da tre fattori: 1) ci si può permettere il lusso di una coppia di running backs, Shannon Woods e Baron Batch, duo che ha già sforato le 1.100 yards un anno dopo che lo stesso Woods era stato il miglior corridore stagionale con 439; 2) si dispone di un reparto ricevitori oscurato dalla pubblicità comprensibilmente attirata da Crabtree: Detron Lewis, Edward Britton, Eric Morris e Tramain Swindell hanno tutti almeno 430 yards su ricezione e mancano tre gare da disputare; 3) si può contare su una difesa drasticamente migliorata per punti medi concessi, yards su corsa elargite (70 a partita in meno rispetto al 2007) e soprattutto turnovers a favore.
Il preludio al salto di qualità era arrivato lo scorso 25 ottobre, quindici giorni esatti dopo lo spavento sventato contro Nebraska, l'unica a far vedere da vicino la sconfitta ai ragazzi di Mike Leach nella prima parte di campionato, minaccia poi eliminata in overtime, partita chiusa proprio dalla criticata difesa grazie all'intercetto decisivo di Jamar Wall, il miglior cornerback della squadra, e gara nella quale il signorino Crabtree si era permesso pure il lusso di diventare il leader ogni epoca d'ateneo per ricezioni trasformate in meta, questo con due stagioni e mezzo (se non farà il salto in Nfl prima del tempo) ancora mancanti all'appello.
Quel 25 ottobre si giocava contro Kansas, la stessa squadra che era arrivata quasi imbattuta alla fine dell'anno passato, ed i Jayhawks vennero pesantemente puniti da 63 punti al passivo, Harrell si rese responsabile di 5 passaggi da touchdown, il reparto accumulò 556 yards di total offense ed arrivò la miglior partenza di bilancio degli ultimi 32 anni, che cominciava a diventare un serio indizio per l'interpretazione del tipo di campionato giocato fino a quel momento dalla squadra. La quale non solo riusciva ad ottenere il cosiddetto rispetto per la qualità dei successi archiviati, ma dimostrava contemporaneamente di poter contare su una difesa che un anno prima aveva fatto accomodare troppe persone all'interno della propria endzone, una difesa capace di intercettare per 3 volte uno dei quarterbacks più prolifici della conference, Todd Reesing, limitato a 154 yards di fronte ad una produzione media molto, molto più alta di quella.
Poi la partita dell'anno. Mai come sabato scorso a Lubbock si respirava l'aria delle grandissime occasioni, l'arrivo in città dei Longhorns non significava solamente vantare, in caso di vittoria, la supremazia statale fino all'anno venturo, voleva dire anche far cadere per l'ennesima volta una numero uno del ranking, tra l'altro in serie positiva da diverse settimane, che aveva (ed ha) in Colt McCoy quello che in tutta probabilità è attualmente il miglior giocatore del college football odierno.
Ogni elemento sin qui descritto aveva funzionato come meglio poteva. Texas era rimasta inspiegabilmente impassibile per quasi tre quarti interi di gara mentre i Red Raiders mettevano 19 punti consecutivi sul tabellone viaggiando per il campo a piacimento, annientando con estrema efficacia un attacco che non avrebbe segnato fino a secondo tempo inoltrato, sul tramontare del terzo periodo, dopo che kicker e Jordan Shipley (ritorno di punt in meta per 45 yards) si erano rivelati quali unici motivi di sopravvivenza per gli increduli Longhorns.
Nonostante ciò, un mai domo McCoy aveva comunque trovato il modo di ribaltare a proprio favore la situazione, per nulla scioccato da un suo intercetto riportato in endzone dal linebacker Daniel Charbonnet, ennesimo big play di una difesa che aveva dominato in lungo ed in largo, e che aveva già in precedenza placcato Chris Ogbonnaya nella propria area di meta per la safety che aveva dato il via alle segnature: pochi minuti e quanto costruito rischiava di cadere nella più beffarda delle maniere, il sogno stava per svanire, perché altrettanto incredibilmente il forte regista di Texas aveva condotto tre drives aventi per minimo comune denominatore il proprio esito, touchdown, e Texas s'era d'un tratto ritrovata sopra di un punto con un minuto e mezzo da giocare. Non si sapeva come, ma i Longhorns sembravano averla scampata.
Quindi il capolavoro, scaturito da infinite sessioni estive di allenamento, ripetute fino alla nausea per perfezionare una no-huddle offense confezionare con un fine unico: affrontare situazioni come queste.
Sei giochi, 62 yards, ed 88 minuti, questo era tutto ciò di cui Harrell aveva avuto bisogno per non deludere i presenti e portare a casa una partita indubbiamente meritata, concretizzata dalla presa decisiva del compagno di merende, Crabtree, che ad una facile uscita dal campo per permettere il field goal della vittoria aveva preferito fare di testa sua e scrollarsi qualcosa come tre difensori dalle calcagna, mettendo la parola fine sulla questione in modo del tutto personale, non con uno, ma con dieci punti esclamativi. 39-33 Texas Tech. Studenti in campo prima della fine della gara. Red Raiders numeri due del ranking davanti persino a Penn State. Texas domata, ritrovatasi all'inizio di una caduta che si sarebbe poi fermata al numero quattro della classifica Bcs.
Durerà ? La domanda, quando una squadra raggiunge questo tipo di cime, è sempre la stessa, in questo mondo precario del college football. Risposta: non si sa, vedremo.
Prima di osare anche solo a pensare alla parola National Championship ci sono ancora da affrontare vecchi nemici quali Oklahoma State, numero 9 del ranking, Oklahoma, numero 6, Baylor, ed un'ipotetica finale di conference che se il campionato terminasse oggi vedrebbe opporsi ai Red Raiders nientemeno che Missouri, la quale nonostante l'annata inferiore alle aspettative in singola partita potrebbe mettere sotto chiunque.
Texas Tech vive il suo sogno e se lo tiene stretto fino al prossimo sabato, quando saprà se questo avrà modo di continuare o meno verso le terra promessa, che quest'anno sarà Miami. Il desiderio di fare ciò che nessuno, vestendo questa uniforme, è mai riuscito a fare è molto forte, specialmente in occasione dell'ultimo anno di eleggibilità di Harrell, che oltre a lasciare numerosi records a proprio nome, vorrebbe lasciare qualcosa di più prestigioso. E per chi crede che tale sogno sia sempre azzardato, coach Leach ha sempre risposto alla stessa maniera: one game at a time, and then we'll see".