NCAA: Center Ranking

La grinta di Brook Lopez: centro puro, merce rara…

1) Brook Lopez

Stanford – Sophomore – 214 cm
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Qui c'è qualcosa che non torna. Lopez è sicuramente un solido – ed a tratti dominante – centro NCAA che si avvia ad una solida – e sicuramente meno dominante – carriera NBA, ma il fatto che sia ormai considerato il terzo miglior giocatore disponibile per il prossimo draft ed il miglior centro puro del college basket è come minimo l'indizio della difficoltà  in cui versa questo ruolo nel territorio USA. Per non parlare poi dell'eccessiva sproporzione tra la sua reputazione e quella del gemello Robin, appuntamento rimandato a quattro posizioni più in basso nel ranking.

In questa seconda stagione a Stanford Brook è senza dubbio cresciuto ulteriormente nel gioco offensivo, partendo da una base nel tocco tutt'altro che disprezzabile e mostrando ora anche una completezza davvero degna del piano di sopra: gioco spalle a canestro in post basso, gancio e semigancio destro, turnaround jumper, piazzato frontale dai 4 metri, il tutto clamorosamente moltiplicato per efficacia quando riesce ad andare subito al tiro dopo la ricezione senza dover mettere palla a terra.

E' credibile nell'andare su da sotto con discreta resistenza ai contatti specie alla luce del lavoro in palestra estivo che fa di lui un corpo NBA ben strutturato, ma fondamentali e comprensione del gioco non sono il pezzo forte come emerge da selezioni di tiro e tempismo nel passaggio piuttosto rivedibili. Merita un plauso invece la crescita nella tecnica e nel rilascio ai liberi e le qualità  da vincente che ha sfoggiato al torneo NCAA con tanto di canestro decisivo allo scadere nella vittoria contro Marquette.

In difesa è prima di ogni altro aspetto uno scintillante stoppatore grazie a sontuoso tempismo, intuito per la palla specie in situazioni statiche dell'attaccante ed anche per un paio di volte consecutive con salti ravvicinati, ma mi pare sopravvalutato come valore assoluto. Quando deve intervenire in recupero si affida sì alle braccia lunghe, ma è spesso fuori controllo, lento e distratto lontano dalla palla incorrendo non a caso in frequenti problemi di falli; non svolge inoltre un lavoro di piedi efficaci nella difesa dal post, è a tratti dannoso nei giochi a due con letture difensive sospette ed è rimbalzista sotto standard per l'altezza.

Stanford University pone storicamente l'asticella del “sei politico” molto in alto ed il buon Brook è così incorso in una sospensione dell'ateneo per voti insufficienti, saltando le prime nove poco significative partite stagionali. Come già  successo per altri profili, le perplessità  sul prospetto in questione restano circoscritte in queste righe, smentite dal primo posto nel ranking e dalle previsioni USA che danno Lopez subito alle spalle di Beasley e Rose per il prossimo draft. Ma i centri, una volta, erano tutta un'altra cosa.

2) DeAndre Jordan

Texas A&M – Freshman – 213 cm
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Avete presente il Dwight Howard di quattro anni fa, quello cioè arrivato diciannovenne nella NBA senza un solo minuto di college basket giocato, ben lontano dalla versione Superman e dalla candidatura come MVP in questa magica stagione di Orlando? Ecco, aggiungete un paio di centimetri, una decina di chili e braccia ancora più lunghe, togliete un pò di qualità  palla in mano, mescolate il tutto ed ottenete DeAndre Jordan, il vostro prospetto dei sogni. Sì, ma in funzione del 2012!

In estrema e cruda sintesi, il ragazzo non sa giocare a pallacanestro. Ma è al tempo stesso il corpo e l'atleta migliore dell'intero panorama NCAA per il mix di centimetri, agilità , velocità  e verticalità , risultando di conseguenza il giocatore dal maggiore potenziale disponibile nel prossimo draft, sempre qualora non prenda la saggia (ma improbabile) decisione di rimanere un altro anno a Texas A&M per capirci qualcosina in più di questo sport.

Palla in mano il pargolo è a tratti desolante: sono completamente assenti movimenti affidabili spalle a canestro dal post basso, muove i piedi quasi sempre male, ha problemi di posizionamento e di letture, è nelle più strette vicinanze del dannoso se esce dall'area o peggio ancora se mette palla a terra, vanta una preoccupante fantasia nei modi per calamitare palle perse, ha nello straziante dato ai liberi (43%) una sentenza della Corte di Cassazione, per quanto le mani ed il tocco non siano poi così da buttare.

Però schiaccia, schiaccia, schiaccia ed ancora schiaccia, arrivando ad altezze che nessuno raggiunge e con un mirabolante 60% dal campo come naturale effetto. E' ovviamente anche importantissimo rimbalzista perchè gli basta essere nei paraggi per poi raggiungere la biglia con i suoi mostruosi salti e le innaturali prolunghe che gli escono dalle spalle, mostrando tuttavia già  ora un discreto senso della posizione oltre a tempismo e fiuto interessanti.

Non si può escludere che qualche avventuroso front office NBA fiuti il colpaccio e provi a scommettere su questo progetto di lunga gestazione persino nelle prime quindici scelte, mettendo così sul piatto la propria reputazione ma soprattutto sperando – e sicuramente avendo la facoltà  – di avere tra le mani non prima del 2010 uno dei rari giocatori dominanti in area, in grado di insidiare il prevedibile triumvirato del prossimo decennio composto da Howard, Bynum e (si spera) lo zio Greg Oden.

3) Roy Hibbert

Georgetown – Senior – 218 cm
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Per tutti coloro che hanno ancora negli occhi le immagini del torneo NCAA 2007, quando Roy elevò il livello del suo gioco e risultò determinante per portare i cagnacci alla Final Four ed alla bellissima sfida (persa) contro Greg Oden, potrebbe rendersi necessario un rilevante passo indietro: non si può infatti sfuggire dalla considerazione che Hibbert sia stata forse la più grande delusione della stagione di college ormai in dirittura d'arrivo.

Il repertorio è sempre di primo livello e resta un simbolo affidabile dello storico concetto di centro puro: buona mano e notevole gioco in post, sotto controllo in attacco con ottime selezioni, più che interessante opera di smistamento della palla grazie a buon fondamentale di passaggio e soprattutto comprensione del gioco all'interno della Princeton Offense degli Hoyas, tutt'altro che facile da battere in difesa uno contro uno dal post ma ancora meglio nella voglia e nella sapienza sui raddoppi o sugli aiuti nonostante la lentezza cronica, etica del lavoro a cui si aggiunge ora l'esperienza ad alti livelli acquisita in questi quattro anni.

Ma i difetti restano tutti presenti ed in bella mostra: troppo meccanico nei movimenti spalle a canestro (tranne il meraviglioso e fluido movimento dorsale in avvicinamento dopo palleggio sul posto in virata), scarse aggressività  e forza fisica e conseguente mediocre resistenza ai contatti, mobilità  laterale e reattività  in area sotto il minimo sindacale, annosa difficoltà  a saltare anche un foglio di giornale, rimbalzista sotto standard per l'altezza, inconsistenza al tiro frontale oltre i quattro metri.

Aveva fatto la sua comparsa nelle prime cinque posizioni dei mock draft dell'anno scorso ed era tutt'altro che da escludere una preferenza di Atlanta per lui al posto di Al Horford, ma Roy ha poi optato per il prestigio che una laurea a Georgetown comporta ed oggi quel credito è fortemente ridimensionato dalla mancata crescita nella sua stagione da senior. Resta ovviamente un big man da zona lotteria per le tante qualità  che ha messo in mostra e che fanno parte del suo bagaglio a prescindere, ma dovrà  sicuramente aspettare qualche minuto in più per ascoltare il suo nome pronunciato da David Stern a fine Giugno.

4) Hasheem Thabeet

Connecticut – Sophomore – 221 cm
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Il pennellone dalla Tanzania cresce, anche in maniera piuttosto vistosa poichè la base di partenza era davvero sconfortante ed il basket giocato alle sue spalle davvero poco, ma ancora non ci sono le garanzie per potergli assicurare una scelta nella top 10 del prossimo draft. E' certamente tra le cose più strane che si muove su parquet NCAA, perchè si porta in giro i suoi duecentoventiepassa centimetri con una naturalezza impressionante ed una coordinata agilità  che centimetro per centimetro non può che definirsi irreale.

In attacco eleva a scienza esatta il concetto di buco nero, quasi rivalutando persino DeAndre Jordan. Mettere palla a terra significa per lui quasi sicuramente regalarla alla difesa, ma oltre all'assenza di movimenti spalle a canestro e di tiro frontale, ogni tanto fa persino fatica a concludere a canestro da sotto pur avendo solo il compito di ricevere e buttarla dentro contro i puffi che si aggirano nei pressi del suo addome.

Merita tuttavia un enorme encomio e rappresenta un'interessante base per i suoi progressi futuri la crescita ai liberi, sorprendente nella percentuale (dal 50% al 70%) ma allucinante nella meccanica e nel rilascio trasfigurati ed irriconoscibili rispetto all'anno precedente, corredati dalla parabola finalmente più accentuata (l'anno scorso erano misericordiose preghiere al ferro che partivano dritte per dritte parallele al terreno).

Entusiasma per la voglia e la mobilità  di piedi in difesa del tutto incomprensibili a quelle altezze, mentre non c'è troppo bisogno di soffermarsi sulle qualità  da stoppatore, alimentate proprio dalla capacità  di arrivare in aiuto o dal lato debole e di mantenere sempre coordinazione nel gesto verso la palla. Quando tuttavia si tratta di mettere il corpo per il contenimento dal post basso o di tenere botta nell'uno contro uno le cose vanno decisamente peggio, perchè la forza fisica e la resistenza ai contatti non sono punti forti della casa.

Dalembert, Mutombo e Ratliff sono i grandi filoni e punti di riferimento per Hasheem, ovvero tre grattacieli che si sono costruiti negli anni una solidissima carriera NBA grazie ad applicazione, voglia ed intensità  – che per la verità  non sembrano affatto mancare a Thabeet – partendo da una base offensiva non del tutto presentabile ad alti livelli. Non aiuterà  Hasheem nella reputazione generale la disastrosa uscita di Connecticut al primo turno del torneo NCAA, ma la famiglia bisognosa in Africa gli imporrebbe moralmente di fare quest'anno il grande salto.

5) Robin Lopez

Stanford – Sophomore – 213 cm
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Pur riconoscendo il primato in famiglia al gemello ormai in rampa di lancio nell'immaginario collettivo a stelle e strisce, io fatico storicamente a giustificare tutta questa incondizionata preferenza per il fratellone, segnalato addirittura 20 posizioni più avanti nei mock draft. A livello di qualità  assoluta specie nel tocco al tiro e sul piano offensivo Robin paga oggettivamente dazio a “quello buono”, ma in tutte le altre fasi del gioco non sono così lampanti le differenze tra i due, fatta ovviamente eccezione per i riccioli in contrasto con i capelli cortissimi di Brook.

Anzi, se ci concentriamo esclusivamente sul lato difensivo Robin si può considerare un prospetto migliore, pur avendo a sua volta quella particolare combustione di pregi e difetti: enciclopedico per la stoppata da un lato, in ritardo di posizione se c'è da muoversi troppo fuori dall'area e con tendenza a caricarsi di falli dall'altro. E' però più sveglio, attento e reattivo di Brook, anche a rimbalzo ed al di là  delle cifre, con aggressività  superiore forse proprio per compensare il minor talento complessivo nell'altra metà  campo, per quanto anche lui sia in crescita ai liberi e nelle soluzioni offensive.

Non ha tecnica pura nel gioco dal post basso come dimostra per esempio la brutta abitudine di palleggiare sul posto in traffico senza costrutto, però è agile nei movimenti e sa sorprendentemente mantenere il possesso anche in situazioni complesse, se pressato o quando chiude il palleggio. Sa farsi trovare pronto dai due metri per ricezioni con mani forti e rimarchevole rapidità  nell'andare su, ma è certamente nei movimenti offensivi che Brook scava il gap a suo favore, nonostante un fondamentale di passaggio di “quello scarso” assolutamente sottovalutato.

La lunga rincorsa di “Caino” Robin nei confronti di “Abele” Brook sfocerà  in inevitabili e suggestivi confronti sull'andamento delle rispettive carriere, a mio avviso non così sfacciatamente distanti già  ora; più in generale, il sogno di vedere i due gemelli giocare contemporaneamente a discreti livelli nella NBA può essere comodamente cullato dai romantici di queste vicende extra parquet e dallo stesso David Stern che può costruirci sopra interesse ulteriore su scala mondiale per la lega che commissiona.

6) JaVale McGee

Nevada – Sophomore – 212 cm
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Attenzione al potenziale enorme di questo ragazzo originario del Michigan, piuttosto soffocato dalla non sfolgorante stagione del Wolf Pack, ma francamente il progetto più intrigante e meno in vista dell'intera NCAA. Sintetizzando all'eccesso, si tratta di un 2.12 che corre e si muove per il campo con la velocità  e l'agilità  di un playmaker, il tutto corredato da mostruosa apertura alare degna solo di rettili volatili ormai estinti.

Vederlo muoversi in campo aperto, partire in palleggio frontalmente e sporadicamente persino tirare dalla distanza sono tra i gesti tecnici più commuoventi a cui si può assistere nel basket college odierno. Il solo mix somatico gli permette di andare a canestro dominante con il semplice ed affidabile semigancio destro, mentre la qualità  e la velocità  di piedi nei piccoli spazi ancora va registrato, così come il tempismo e la voglia per rimbalzo e stoppate che naturalmente partono da una base fisico-atletica che non ammette constatazione amichevole con l'avversario.

Il suo movimento offensivo spalle a canestro più insistito (semigancio destro a parte) creerà  sicuramente forti malesseri ai vari Kareem, Hakeem ed Ewing: ricezione dai tre metri, palleggio sul posto del tutto insensato per entrare in ritmo (per modo di dire) e poi via verso canestro, vada come vada, succeda quel che succede; di fatto non è ancora al momento un credibile giocatore di post basso ed è ancora grezzo e dozzinale non solo sul piano tecnico (spicca il preoccupante 52% ai liberi) ma soprattutto nella comprensione del gioco e per l'approccio estemporaneo al limite dell'indolente.

Sotto standard ancora la forza fisica ed il tenore muscolare nella parte alta del corpo, non dovrebbe essere un enorme problema irrobustirsi pur facendo grande attenzione a non perdere quell'entusiasmante prerogativa di agilità  e fluidità . Salvo crolli inattesi di rendimento è destinato a non uscire dalla prima metà  del primo giro nel draft 2009 (lo sciagurato in realtà  non nasconde il proposito di volersi dichiarare già  quest'anno), ma potrebbe bastare un ulteriore salto di qualità  complessivo per avere a che fare con una delle primissime scelte assolute.

7) Kosta Koufos

Ohio State – Freshman – 215 cm
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Dovendo scegliere la posizione filosofica più adeguata per questa stagione da freshman del greco, forse lo Scetticismo rappresenta l'opzione ideale perchè Kosta ha creato tutte le premesse per l'iscrizione al partito dei perplessi su colui che avrebbe invece dovuto non far rimpiangere lo zio Greg Oden in quel di Ohio State. Tutto ciò premesso, stiamo pur sempre parlando di un 2.15 con mani e mobilità  fuori dalla portata anche di prospetti con una ventina di centimetri in meno.

Ci sono momenti in cui fa letteralmente quello che gli pare con la mano destra, non solo in post basso alternando jump-hook a turnaroud jumper pur senza una grande varietà  di movimenti anche per colpa di una mano sinistra latitante, ma soprattutto dai quattro metri con alcuni flash nientemeno che alla Tim Duncan, per esempio in quel caratteristico modo di portare palla verso il basso per qualche secondo di surplace rilasciandola poi improvvisamente con pitagorico appoggio al tabellone.

Tuttavia si tratta di movimenti che è ancora faticoso leggere come minaccia totale al piano di sopra, specie quando in isolamento si ritroverà  contro non più sbarbati teenager ma enciclopedici e smaliziati professionisti NBA. E' un solido attaccante dal mid-range game ed anche dal perimetro sia per buttarsi fuori sui pick and pop che per partenze insospettabili specie in relazione ai centimetri da cui evolve, ma sarebbe forse il miglior lungo della NCAA se si giocasse uno contro zero.

Il suo problema fondamentale è infatti l'esistenza in questo sport di quella cosa chiamata difesa, sia perchè non conclude i suoi talvolta più che discreti movimenti con la necessaria combinazione di aggressività  mentale ed esplosività  atletica, andando già  in enorme difficoltà  contro avversari collegiali che gli impongono la maggiore fisicità  e rapidità ; sia perchè i sospetti aumentano se ci si sposta nella fase difensiva ancora titubante ed indecifrabile, protetta da molti minuti di zona 2-3 da coach Matta.

La sensazione è che il basket universitario sia esattamente lo scenario peggiore per l'emersione delle qualità  del Koufos, ma dopo la favolosa apparizione ed il titolo di MVP agli Europei Under 18 vinti la scorsa estate scomodando gli abitanti dell'Olimpo per quanto è stato divinizzato dalla stampa ellenica, il ragazzo si è messo in testa solo ed unicamente il basket USA, rifiutando i quattro milioni di dollari offerti dal solito Panathinaikos. NBA arrivo, mi manda Zeus; meglio se l'anno prossimo però.

8) DeVon Hardin

California – Senior – 209 cm
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Posizione che suona come ulteriore simbolo della crisi generazionale del ruolo storicamente più determinante nella NBA ed evidente prova che il basket USA con cui sono cresciuti gli over 25 ormai non esiste più. La sua completezza fisico-atletica è infatti inversamente proporzionale a quella tecnica, per quanto in quest'ultima siano fuori discussione i progressi compiuti rispetto al suo approdo ai Golden Eagles.

Forza, potenza, verticalità , esplosività , velocità  tutto campo, mobilità  laterale, braccia lunghe: il credito di DeVon nei confronti di Madre Natura (o del suo personal trainer nella da lui frequentatissima palestra) è francamente infinito. Ha un'attività  costante e quasi piacevole nel gioco interno in vernice, soprattutto in difesa tanto da poter intravedere in lui enorme potenziale come specialista nella propria metà  campo, non solo per stoppate e rimbalzi (aspetti in cui può ancora crescere) ma anche per posizionamento ed intangibles che non ti aspetti da un rustico del gioco come lui; deve tuttavia assolutamente placare l'irruenza per evitare di finire in costanti problemi di falli.

Palla in mano cambia drasticamente lo scenario: fatica a creare per se stesso e per gli altri, non ha gioco in post basso e movimenti realmente affidabili spalle a canestro così come è quasi deleterio frontalmente ad eccessiva distanza da canestro. La mano ed il tocco non sono affidabili come testimoniato dal misero 60% ai liberi, anche se almeno negli anni ha cominciato a far capolino un più che discreto gancio o semigancio destro; la maggior parte dei suoi (pochi: 9.3) punti arriva tuttavia dalla contagiosa attività  sotto i tabelloni e da schiacciata.

Una frattura al piede proprio in prossimità  dello scorso draft non gli ha permesso di vedere legittimata nei fatti una presunta promessa di scelta alla fine del primo giro da parte di Detroit. Si ripropone ora con un anno in più ma immutato credito nella considerazione generale e difficilmente sfuggirà  alle attenzioni di tutti coloro che a cavallo dei due giri cercano un corpo muscolare d'area da buttare nella mischia.

9) Andrew Ogilvy

Vanderbilt – Freshman – 209 cm
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Non è un grande periodo per questi centri bianchi con comprensione del gioco e fondamentali dal post basso nelle più strette vicinanze dell'enciclopedico, ma forza fisica, esplosività , presenza difensiva ed abilità  a rimbalzo sotto standard. Precursore di Ogilvy con un anno di anticipo è quello Spencer Hawes assolutamente sfolgorante in alcuni momenti offensivi NCAA ma inevitabilmente progetto a lunga gittata al piano superiore.

Andrew ha fatto il bello ed il cattivo tempo con la sua Australia ai mondiali under 19 del 2007, occasione che gli ha permesso di inserire il suo nome nelle mappe internazionali. Può partire in palleggio frontalmente e concludere con sorprendente agilità  in avvicinamento, ma ha anche un interessante soluzione piazzata al tiro dai cinque metri almeno da rispettare se non temere. Notevole il suo gioco spalle a canestro, con sorprendente ambidestrismo e repertorio davvero vasto sia verso il fondo che verso il centro con sapiente uso delle spalle e del piede perno.

Come ogni australiano che si rispetti, tuttavia, da Bogut a Ogilvy il livello di fisicità  e testosterone non cambia e si aggira in posizione sospetta per i requisiti NBA; non è esplosivo, non è veloce e non rappresenta un corpo credibile come lungo professionista a causa di un mix non ideale di forza, centimetri e mobilità  che paga carissimo a rimbalzo (solo normale) ma soprattutto in difesa, con difficoltà  sia come intimidatore che nel contenimento dal post basso.

Diciassette punti a partita nella stagione da freshman e nella solida South Eastern Conference non passano inosservati ed infatti Ogilvy si affaccia in zona lotteria per il draft 2009, ma Andrew dovrà  superare anche lo scetticismo che accompagna presunti mollaccioni bianchi dopo una serie di attese non rispettate di suoi simili in questi anni. Per i puristi del gioco, invece, sono questi i prospetti da sponsorizzare e da tenere in simpatia.

10) Kenny George

UNC Ashville – Junior – 232 cm
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Il nostro amico Kenny ha fatto il botto sul piano mediatico, raccogliendo le attenzioni di testate nazionali che come prevedibile si sono occupate di lui per quell'inevitabile curiosità  da guinness che si porta dietro di palazzetto in palazzetto. Ovviamente non è il decimo miglior prospetto del ruolo ed avrebbe sicuramente avuto problemi ad entrare anche nella seconda fascia qui sotto, ma è ormai diventata una piacevole abitudine seguire le evoluzioni di questo grattacielo da Chicago.

Il repertorio è più o meno il medesimo, sempre sul filo tra giocatore di basket e fenomeno da baraccone: struttura fisica ben diversa dai grissini intorno ai 2.30 del passato (Manute Bol e Shawn Bradley pesavano la metà  di Kenny, solo Muresan può competere con lui), esilaranti schiacciate in punta di piedi, impossibilità  fisica e scientifica di tirare in sua presenza negli ultimi tre metri o di avere la visuale del canestro dal perimetro, il tutto condito da quell'espressione da gigante buono a tratti commuovente. Si segnala tuttavia una netta crescita di fiducia ed intraprendenza offensiva, ovviamente a seguito di ricezioni profonde, unica possibilità  di coinvolgimento in attacco che non sia il rimbalzo offensivo.

Sempre meglio anche nel tocco ed ai liberi, quello che però ha fatto strabuzzare gli occhi ad osservatori più o meno profani del basket USA è l'interessante miglioramento delle capacità  aerobiche e l'evidente crescita sul piano della comunque goffa mobilità , specie sfruttando i flussi lunari positivi sulle sue ginocchia che paiono avergli dato meno noie che in passato, ma che inevitabilmente torneranno ad angustiarne vita e carriera in futuro; ha ridotto i secondi di attesa e di panico dei compagni prima del suo arrivo in attacco o del suo ritorno in difesa, vero lato oscuro del suo gioco.

Potrebbe ritagliarsi da qualche parte nel mondo uno spazio da giocatore professionista, sperando magari di non essere semplicemente un'attrazione bulgara da circo per vendere più biglietti. Questi pennelloni non sono mai stati realmente incisivi anche negli anni '80 in ben altro basket e non vedo proprio come Kenny possa tenere il campo nella NBA attuale, ma se qualche adepto estremo della strutturazione Nelsoniana con quattro piccoli e centro intimidatore volesse fare le cose in grande…

Seconda fascia

Kentrell Gransberry

South Florida – Senior – 207 cm
Per quei ragazzi costretti ai due anni di Junior College (una sorta di biennio di recupero per chi in uscita dal liceo non ha i requisiti necessari per accedere ad un college “maggiore”) non è certo scontato salire alla ribalta delle cronache nazionali, fosse solo per quella diffidenza causata proprio dal profilo basso nel pedigree scolastico ed atletico. Kentrell prova a far tacere queste perplessità  grazie ad una rara presenza fisica ed a rimbalzo, nonostante i pochi centimetri, i tanti chili e l'apparente immobilità  da terra che in effetti lo dirottano in un tutt'altro che ipotetico ruolo da ala grande.

Steven Hill

Arkansas – Senior – 212 cm
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Interessante corpaccione maturo che si è costruito anno dopo anno una solida reputazione come specialista difensivo. Ci sono centimetri, chili ed atletismo che aggiunti alle doti tecniche di anticipo e posizionamento fanno suonare l'allarme generale agli scout che possono spendere una scelta al secondo giro per un intimidatore in vernice, ma la fase offensiva oserei dire “cavernicola” del Razorback (comprovata dai 4.2 punti a partita) lo condanna a quasi nulle prospettive NBA.

Sasha Kaun

Kansas – Senior – 210 cm
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Il video qui sopra è in effetti di una cattiveria luciferina ed è almeno corretto dare al russo quello che gli spetta con quest'altro che completa perfettamente il quadro su Sasha: tecnicamente limitato con alcuni vuoti di sceneggiatura allarmanti (liberi, rilascio al tiro dal campo, passaggio), è però un corpaccione che ci mette tanta voglia in difesa soprattutto per un fondamentale di stoppata davvero di primo livello. Specialista NBA dalla panchina o protagonista nella sua Europa.

Maarty Leunen

Oregon – Senior – 205 cm
Curiosissimo lungo atipico con stile vecchio stampo e più che probabile futuro riciclo come ala grande, è il tuttologo della NCAA: ha sfiorato la doppia doppia di media stagionale (15 punti e 9 rimbalzi), è arrivato ad un passo dai tre assist a partita, viaggia col 50% da tre punti con circa quattro tentativi a partita, col 60% dal campo e col 79% ai liberi. Intelligente, fondamentali completi, grande etica del lavoro e costanti miglioramenti durante la sua carriera collegiale, non ha il corpo, i centimetri, l'atletismo e l'esplosività  per essere garanzia al piano di sopra.

Aleks Maric

Nebraska – Senior – 210 cm
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Australiano di Sydney, è più o meno esattamente tutto quello che ci si può aspettare da un lungagnone Aussie di seconda fascia. Corpaccione con presenza fisica in area (10 rimbalzi a partita), imprevedibile intensità , momenti di gioco offensivo degno di nota grazie a più che solido gioco in post basso (16 punti a partita), doppia doppia sempre disponibile ma atletismo e mobilità  nelle più strette vicinanze del tipico eucalipto oceanico ben piantato per terra. Un posticino come cambio o terzo lungo di rotazione in un roster NBA non si nega a nessuno, ma un bel viaggio in Europa può rappresentare la scelta obbligata per Aleks.

Luke Nevill

Utah – Junior – 214 cm
Australiano di Perth, è esattamente tutto quello che ci si può aspettare da un lungagnone Aussie di seconda fascia. Più intrigante e con più potenziale rispetto al Maric qui sopra descritto, con Nevill abbiamo anche qualche centimetro in più, piedi mossi meglio orizzontalmente e soprattutto un tocco ed una qualità  parecchio superiore palla in mano, ma anche un pizzico di testosterone e fisicità  in meno ed abilità  inferiore a rimbalzo, come copione per la fattispecie. In calo per minutaggio e statistiche, può tornare un prospetto nella sua ultima stagione a Salt Lake l'anno prossimo.

David Padgett

Louisville – Senior – 209 cm
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Scienziato del gioco plasmato come sempre in modo impeccabile da coach Pitino in questi anni dopo il transfer da Kansas, ha fatto un passo indietro nei numeri anche a causa dell'ennesimo problema al martoriato ginocchio ad inizio stagione, ma ha gioco in post a tratti enciclopedico con ghiotto repertorio di finte e soprattutto caratteristiche virate sul perno, per quanto vada inesorabilmente sotto contro avversari più forti e/o atletici. Rimbalzi offensivi e fondamentale di passaggio fuori norma per un lungo completano il podio delle qualità ; velocità , eleganza e rapidità  di piedi assestano invece un duro colpo alle sue velleità  NBA.

Trent Plaisted

Brigham Young – Junior – 210 cm
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Ci sono college che abbinano il proprio nome a tradizionali fattispecie di giocatori: Georgetown al centrone di origine africana, Duke al tiratore o al lungo bianco poco atletico, Notre Dame all'irlandese dai fondamentali impeccabili, Gonzaga al play tanto mingherlino quanto geometrico. Lo stereotipo di Brigham Young è invece il mormone con pochi muscoli e scarsa fisicità  per gioco interno in area, versatile repertorio in post basso, tocco e mobilità  insospettabili per certe altezze, testosterone al minimo sindacale: Trent vi rientra perfettamente.

Marreese Speights

Florida – Sophomore – 208 cm
Tenuto nascosto l'anno scorso dai Gators pluridecorati Noah, Horford e Richard, gli è bastato trovare con regolarità  una ventina di minuti in campo per fare il botto ed attirare anche le attenzioni per una scelta in lotteria. C'è tanto potenziale da centro NBA – anche se è leggermente undersized e per questo considerato altrove come ala grande – per il mix di fisicità  e tecnica non certo da disprezzare, ma coach Donovan è costretto a dosi tutt'altro che omeopatiche di pazienza per i limiti difensivi e di comprensione del gioco di Marreese. Vietato sorprendersi di vederlo nella top ten del draft 2009.

Jason Thompson

Rider – Senior – 209 cm
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Per gli amanti del sommerso e del sottobosco NCAA rappresentato da quei college di secondo piano e da quei giocatori che solo dopo quattro anni di onorata carriera raccolgono le dovute soddisfazioni, ecco il ragazzo che fa per voi. Se ne parla pochissimo (anche perchè parlare troppo della MAAC Conference e dei Rider Broncos farebbe crollare mostruosamente indici di gradimento e di interesse nazionale), ma è uno dei prospetti più intriganti per versatilità  offensiva e completezza atletica, decisamente meno per abilità  difensive. Possibile scelta da primo giro e cambio dei lunghi NBA anche nel breve periodo.

Altri freshmen

Solomon Alabi

Florida State – 215 cm
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Dalla Nigeria con relativo furore, dopo la sagra degli australiani di seconda fascia inaugura quella dei prospettoni africani che si sono affacciati quest'anno al basket college: corpo atletico-fisico da scoprire, centimetri e braccia interminabili, verticalità  e mobilità  insospettabili, ma ovviamente fondamentali per questo sport tutti da inventare e comprensione del gioco a dir poco primitiva. Una frattura da stress alla gamba destra gli ha di fatto negato questa prima stagione da freshman (solo nove presenze a dieci minuti di media). Li chiamano “progetti”, parte I: atto iniziale.

Cole Aldrich

Kansas – 209 cm
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Bianco solido fisicamente ma non necessariamente atletico, è senz'altro colui che parte più avanti come IQ cestistico tra le matricole di questa sezione, come dimostrato da imprevedibile qualità  nel passaggio (spicca un outlet pass da rimbalzo difensivo davvero degno di nota) e soprattutto dalla voglia di mettere il corpaccione in difesa ed a rimbalzo. In rampa di lancio per i prossimi anni in casa Jayhawks.

Jeff Allen

Virginia Tech – 203 cm
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Un centro che supera a mala pena i due metri causa inevitabile ilarità  all'osservatore, ed in effetti l'ubicazione più corretta per Jeff sarebbe dovuta essere nel ranking delle power forward, ma il ragazzo sta piazzando una grande stagione nel pitturato con circa dodici punti a partita e soprattutto otto rimbalzi ad uscita dagli spogliatoi. Inevitabile la conversione in ala grande per la verità  già  iniziata ed a buon punto, davvero da tenere d'occhio il gioco spalle a canestro e la mobilità  di piedi del ragazzone dalla capitale.

Papa Dia

Southern Methodist – 207 cm
Dal Senegal come il compagno di squadra junior Bamba Fall abbastanza interessante per l'Europa, ha qualche centimetro in meno dello standard richiesto per il ruolo ed è dirottato più spesso nel ruolo di ala proprio per la presenza del conterraneo. Tira giù rimbalzi che è un piacere ma sa anche andare a segno quando trova minuti in quel mondo a parte rappresentato dai Mustangs; la comunque mediocre Conference USA gli permette inoltre di affrontare almeno qualche avversario degno di nota nei prossimi anni. Li chiamano “progetti”, parte II: la rivincita.

Mamadou Diarra

USC – 212 cm
Dal Mali come il suo quasi omonimo centrocampista del Real Madrid, ha saltato la stagione di debutto (tranne tre fugaci apparizioni) a causa di fastidiosa ernia. Rispetto al classico stereotipo africano si intravede qualche qualità  in più nel fronteggiare canestro e tenere palla in mano, tanto da far maturare a molti osservatori USA la convinzione di poterne costruire un'ala grande. Li chiamano “progetti”, parte III: il ritorno.

Keenan Ellis

UAB – 211 cm
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Oltre ad aver attentato alla vita dei quattro bimbi miracolati del video qui sopra, al liceo ha anche giocato nella stessa squadra di OJ Mayo essendo a sua volta prodotto dell'Indiana. E' un bastoncino dello Shangai, stretto, lungo e magro con prodotto finito realmente impressionante, ma come conseguenza di tutto ciò è anche un atleta verticale vertiginoso. Totalmente fuori controllo in attacco, necessari gli straordinari per coach Mike Davis al fine di cavarne fuori un prospetto.

Alex Jacobson

Arizona – 214 cm
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Decente tocco e crescita tecnica liceale per questo prodotto della California che come Budinger si sposta verso Est allontanandosi dal Pacifico pur di diventare un Wildcats, ma che ancora non raccoglie la fiducia e minuti in campo dallo staff tecnico che lo relega fuori rosa. Meglio nel gioco frontale con un solido piazzato che spalle a canestro, deve ancora rinforzare il corpo con qualche muscolo per maggiore credibilità  in area e nei contatti fisici.

Mac Koshwal

DePaul – 208 cm
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Nato e cresciuto come ala grande, è decollato tardivamente sul piano dei centimetri tanto da essere ormai dirottato nel ruolo di centro sia nel presente che in prospettiva; rimbalzi, presenza e forza fisica in area si aggiungono così ad una più che interessante capacità  di finire a canestro. DePaul al momento non vince anche per caso, ma dall'anno prossimo con la quasi certa doppia doppia di media di Mac si potrà  rialzare il profilo.

Boubacar Sylla

Auburn – 213 cm
Dalla Francia per modo di dire (è nato a Parigi ma è in realtà  di origine “bambara”, Mali), sembrava potesse essere un crack dopo flash di grande rilievo a livello giovanile e liceale, ma a fare crack è stato il piede con una frattura da stress che gli ha fatto saltare questa prima stagione. Corpo importante, ABC del gioco ancora tutto da imparare, ma fondamentali e tecnica non poi così frutto dell'immaginazione dell'osservatore. Li chiamano “progetti”, parte IV: la vendetta.

Ibrahima Thomas

Oklahoma State – 211 cm
Video
Dal Senegal per chiudere in bellezza, è stato a lungo inseguito nel 2006 da parecchi atenei NCAA perchè un 2.11 che si prende esecuzioni in arresto e tiro da tre o partenze in palleggio andando a chiudere verso centro area con coordinazione è certamente merce prelibatissima; vietato perderlo di vista. Li chiamano “progetti”, parte V: atto finale.

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