Chase Budinger e la sua inconfondibile chioma…
1) Chase Budinger
Arizona – Sophomore – 200 cm
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Le doti istrioniche del personaggio sono sempre più fuori discussione, perchè l'espressione da surfer ed i riccioli rossi sono ora supportati da pizzetto intellettuale bolscevico che non permette di chiudere definitivamente il cerchio sul suo profilo inafferrabile, un pò ammaliante sogno californiano ed un pò compagno di banco buontempone.
Si può senza timore di smentita parlarne come di uno dei migliori atleti bianchi impegnati in sport di squadra, aspetto che emerge ancora più vistosamente nelle immagini liceali delle sue evoluzioni nell'altra grande specialità della casa (il volley), quando scherzava contro muri avversari del tutto non credibili se relazionati alla sua elevazione. Ha tuttavia un particolare mix di esplosività e fluidità che fa di lui una figura estremamente elegante sul parquet, non dando mai la sensazione di compiere sforzi fisici e muscolari eccessivi.
I tanti centimetri gli permettono a questi livelli clamorosi vantaggi sul difensore che sfrutta chiedendo palla appena fuori dall'area anche spalle a canestro; dopo la ricezione si muove leggiadro verso canestro, ma sa anche districarsi senza palla ed uscire dai blocchi con proprietà , potendo poi sia andare al tiro – con esecuzione enciclopedica e rilascio dove l'aria è rarefatta – che mettere palla a terra magari dopo esitazioni e finte, sempre con ammirabile coordinazione, passi felpati e controllo del corpo.
Solo il trattamento di palla prolungato nel traffico è leggermente sotto standard anche a causa del baricentro alto, ma resta ovviamente un esterno perimetrale con gioco fronte a canestro, magari non da guardia NBA. Convince per la capacità di giocare sotto controllo e per la maturità nel stare alla larga da forzature ed errori banali; anche a livello di comprensione del gioco, letture offensive e fondamentale di passaggio è nettamente ad uno stato evolutivo più avanzato persino rispetto alle point guard più quotate. Completano la vasta gamma di fondamentali la posizione ed il fiuto a rimbalzo, specie offensivo.
In difesa si volta pagina: siamo ad una via di mezzo tra “ma quanto manca alla fine dei 35 secondi?” e “prego, si accomodi”, con un pizzico di enigma Morettiano sulla falsariga di “mi si nota di più se faccio finta di provarci rischiando solo falli stupidi o se non ci provo nemmeno?”. Salti su qualsiasi finta anche poco credibile, posizione e schiena troppo alte, piedi mossi male e con ritardo, ma soprattutto tanto tanto spirito di osservazione per tutto ciò che gli accade intorno: un disastro!
A livello NBA creerà qualche grattacapo di non facile soluzione al proprio staff tecnico, perchè non è accoppiabile con guardie e non ha la forza per contenere certe ali piccole (quasi sicuramente suo ruolo futuro) che girano nella lega. Ma sono esattamente gli stessi enigmi che avranno i coach avversari per contenerlo in attacco, oltre alle ragioni che fanno di lui il più credibile – ma a mio avviso inferiore – rivale di Danilo Gallinari al prossimo draft, in un duello intrigante tra due giocatori distanti anni luce sulla carta ma in realtà molto più simili di quanto si possa pensare.
2) Donte Greene
Syracuse – Freshman – 207 cm
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Il fatto che il pur ottimo ma ancora molto acerbo Greene si trovi così in alto tra i migliori prospetti del ruolo, è l'evidente segnale che sarà difficile trovare ali piccole migliori del nostro Gallinari al prossimo draft, soprattutto perchè nella maturità e nell'approccio al gioco (senza contare ovviamente l'esperienza ad alti livelli) tra l'ala di Syracuse e quella di Milano c'è un abisso chiaramente a favore di Danilo. Ciò premesso, era dai tempi di Carmelo Anthony che al Carrier Dome non si vedeva un talento del genere.
Donte ha rilascio da tre punti di rara naturalezza ed efficacia, anche senza ritmo o senza bisogno di mettere palla a terra, con caricamento leggiadro e senza sforzo fisico anche da distanza perimetrale NBA; tende tuttavia ad accontentarsi oltremodo di soluzioni perimetrali o dalla media distanza ed in generale è troppo concentrato nella ricerca del modo di mettere punti a referto, tralasciando così il gioco di squadra, l'esecuzione degli schemi ed il coinvolgimento dei compagni.
D'altronde non è ancora del tutto affidabile nel trattamento in palleggio e nell'attaccare il canestro in penetrazione, incorrendo in non sporadiche infrazioni di passi specie in partenza e mancando dell'esplosività per arrivare al ferro nel traffico. Coordinazione ed agilità non mancano e sono di altissimo profilo se messe in relazione ai centimetri, ma sul piano atletico e della fisicità non credo sia il migliore del lotto.
Nei quaranta minuti filati di zona 2-3 che coach Boeheim impone da trent'anni agli Orangemen, è quasi sempre impossibile giungere ad una conclusione affidabile sulle qualità difensive di un singolo: Greene si piazza dietro in uno dei due posti laterali e la sua principale occupazione è chiamare i tagli dal lato debole o chiudere i varchi in penetrazione; mette in mostra però un notevole senso della posizione per il rimbalzo e fiuto per la stoppata.
La stagione di Syracuse sta procedendo partita dopo partita verso sud e tra le ragioni delle sconfitte recenti – oltre al livello eccelso della competizione nella Big East – c'è anche la luna calante di Donte, stuzzicato spesso con linguaggio del corpo interlocutorio – tende a piacersi troppo – e doti da trascinatore e cattiveria sospette. Resta sicuramente potenziale fuoriclasse e materiale da primissime scelte, ma è sceso di molte posizioni nei mock draft ed in caso di flop tra i professionisti (inteso come mancato raggiungimento del grado di All Star) ci si può anche non sorprendere.
3) Anthony Randolph
LSU – Freshman – 208 cm
Il punto esclamativo in movimento. E' uno stuzzicadenti, magrissimo con arti lunghissimi e privi di muscoli tanto da poter essere considerato la cosa più esile che si è affacciata sui parquet NCAA in questa stagione, ma ha una base atletica e sprazzi di talento naturale che fanno di lui uno dei maggiori prospetti per upside e dei progetti più intriganti su cui scommettere.
Mette palla a terra con naturalezza e può impostare il contropiede direttamente dalla propria metà campo, anche se il baricentro è talmente alto che in caso di raddoppio o nel traffico è inevitabile qualche difficoltà . Può ricevere dalla media distanza anche spalle a canestro per imporre costanti mismatch alla difesa e prendersi conclusioni immarcabili semplicemente alzando la palla oppure mettendo in mostra il repertorio offensivo di rara ecletticità .
Fade away, jab step, esitazioni e finte, primo passo e gioco in avvicinamento: sulla carta non manca niente, anche se ancora deve mettere insieme i pezzi del mosaico e selezionare i momenti per eseguire i vari numeri del repertorio. Comprensione del gioco, intensità ed approccio, letture e selezioni di tiro rappresentano infatti il vasto assortimento di difetti che lo distanziano dall'essere una realtà nel breve periodo.
La meccanica di tiro è per altro un pugno in un occhio sferrato all'osservatore, ma di quelli che fanno male: in estrema sintesi è quasi tutto sbagliato, dal posizionamento delle spalle all'angolazione del gomito che si allarga verso le prime file, senza contare lo scarso ritmo con cui avvengono preparazione e movimento e le conseguenti misere percentuali dal perimetro (11%, ma con pochissimi tentativi avendo ormai compreso che per ora è inutile perderci tempo) e dalla lunetta (65%, ma con qualche sassata preoccupante sul secondo ferro). Tuttavia la mano ed il rilascio sono certamente e pericolosamente morbidi, giusto per alimentare l'interesse su cosa potrebbe diventare Anthony dopo un attento lavoro di perfezionamento tecnico.
In difesa siamo alla rivisitazione del concetto di torero, con preoccupante incapacità di piegarsi sulle gambe per il contenimento fin dal primo palleggio ma tanta bravura quando si tratta di lasciar passare l'avversario, fondamentale in cui è insuperabile. Va detto che quando apre quelle interminabili braccia si può permettere un recupero, una stoppata o un rimbalzo anche con il minimo sindacale della voglia, ma il più generoso ed appropriato termine per definire la sua fase difensiva è “imbarazzante”, così come quelli per denominare l'intrigo che suscita un progetto del genere sono “seducente e suggestivo”.
4) Bill Walker
Kansas State – Freshman – 198 cm
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Amicone del cuore fin da bambino di OJ Mayo – al quale è legato a filo doppio per numerosi gossip, casini e vicende extra basket tra le quali spiccano i presunti pessimi rapporti con il nostro Daniel Hackett – e compagno di squadra di Michael Beasley in quella Kansas State abbandonata dal guru degli scapestrati Bob Huggins, non si può certo dire che in fatto di public relations il ragazzo si faccia mancare i contatti giusti.
E' reduce da un brutto infortunio al legamento crociato del ginocchio sinistro che gli ha fatto saltare la prima stagione di college ma che non sembra aver minato la sua deflagrante esplosività nell'andare verso l'alto, con tempi di reazioni immediati e potenza inusitata nelle gambe.
Re assoluto ed inavvicinabile della schiacciata, ne fa proprio un fatto di principio e non concepisce il layup come una conclusione lecita per andare a canestro: se si trova palla in mano negli ultimi due metri, infatti, va solo ed unicamente all'assalto del ferro a prescindere da qualsiasi altro fattore difensivo o esigenza della sua squadra. In questo senso ha bisogno di maturare tanto nelle letture per non rischiare paurose legnate andando a sbattere contro i Camby ed i Dwight Howard della lega in cui aspira ad entrare.
Non torna qualcosa sul piano del ball-handling ancora non sufficientemente naturale e fluido; non a caso gioca ancora da ala piccola nonostante l'altezza gli assegni un possibile futuro riciclo da guardia per legittimare la sua presenza in NBA, ma più in generale ha un approccio ancora troppo selvaggio malgrado i progressi enormi al tiro, nella comprensione del gioco ed il naturale talento per i rimbalzi.
Per altro è curioso come il suo atletismo detonante non sia sempre accompagnato da una convincente mobilità orizzontale, rapidità nei brevissimi spazi e primo passo degno di nota, a cui si aggiunge l'oscillante impegno in difesa. Anche sul piano somatico ha una particolare forma con gambe lunghe e magre ma busto corto e stretto, mix che lo rende comodamente riconoscibile in campo. Se trova disciplina e continuità , c'è potenziale da primo giro zona lotteria.
5) Austin Daye
Gonzaga – Freshman – 208 cm
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La genetica è una scienza con dei risvolti affascinanti, per quanto non ne conosca tecnicamente alcuno. Non possono che essere d'accordo tutti quegli over 25 che hanno potuto ammirare in prima persona il papà di Austin, Darren Daye, autentica icona del basket nostrano a cavallo degli anni '90 ed idolo incontrastato delle folle pesaresi nella Scavolini più forte e vincente di tutti i tempi, con i vari Magnifico, Costa, Gracis e l'altro americano Darwin Cook guidati dal Vate Bianchini prima e Sergio Scariolo poi.
Le movenze da gattone, l'atletismo non devastante sia in orizzontale che in verticale ma sempre sotto controllo, l'eleganza e la fluidità unite ad una rara classe nel trovare il canestro, gli istinti per questo sport, il corpo magro e longilineo con arti interminabili, persino lo sguardo da cerbiatto: sono tutti elementi che a distanza di quasi venti anni tornano ineluttabilmente nel figlio, rendendo impressionante e quasi imbarazzante l'effetto dejà vu.
Ma Austin, nato per altro pochi giorni dopo il primo dei due scudetti del papà a Pesaro, ha più talento (e più centimetri) di Darren, la cui carriera NBA non è stata così sfolgorante come potrebbe essere quella del virgulto. Spicca in primo luogo la raffinata esecuzione al tiro dal palleggio in arresto, con rilascio della palla che avviene ad altezze fuori dalla norma per combinazione di centimetri e braccia lunghe; anche ball-handling e fondamentale di passaggio sono chiaramente sopra la media, mentre in penetrazione non ha ancora la consistenza per resistere ai contatti ed arrivare fino in fondo senza problemi.
C'è da lavorare un po' ovunque per lo sviluppo del suo enorme potenziale, non solo in partita ed in allenamento per migliorare le letture, la comprensione del gioco e la fase difensiva, ma soprattutto in sala pesi perchè la muscolatura specie nella parte alta del corpo è davvero ai minimi storici anche per il livello collegiale, rendendo inevitabile la maglietta della salute di rito per nascondere le braccine. “Credo che possa avere un futuro nella NBA, ma farà un altro anno al college prima di ascoltare le proposte”: garantisce papà Darren.
6) Kyle Singler
Duke – Freshman – 206 cm
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C'è poco da fare, la copertina e la confezione di un prodotto sono importanti ovunque, dal supermercato al campo di pallacanestro. Quando poi entra in gioco anche il classico stereotipo di Duke – ovvero il lungo bianco con fondamentali ed intelligenza ma pochissimo atletismo, super al college ma deludente nella NBA sulla scia del filone che parte da Laettner ed arriva a McRoberts – l'inganno per l'osservatore è pressoché compiuto.
Ma se con un pò di pazienza si supera il primo impatto e si scaccia via l'effetto evocativo con il primo Scalabrine che viene in mente, Singler sembra avere qualche marcia e qualche credenziale in più, pur suscitando identici dubbi rispetto ai suoi predecessori senza fisico NBA. L'attitudine, la conoscenza del gioco, il feeling per le scelte corrette ed in anticipo, i trucchi offensivi e l'astuzia a rimbalzo sono in estrema sintesi le maggiori qualità del ragazzo.
Un'ulteriore premessa sarebbe stata doverosa: si trova nel ranking delle ali piccole solo ed esclusivamente perchè questo era ed è considerato il suo ruolo naturale e futuro (oltre al fatto che le small forward quest'anno scarseggiano costringendomi a raschiare il fondo del barile per completare il ranking), ma nell'attuale versione vincente ricamata da coach K – in totale carestia di lunghi – è schierato quasi esclusivamente da ala grande e spesso persino da centro.
E' così più facile vederlo ricevere spalle a canestro anche in post basso, situazione in cui non può certo considerarsi credibile in prospettiva NBA a causa dell'assente esplosività , specie se gioca in avvicinamento; più concreto quando invece si allontana verso la media distanza con solidi fade away o esecuzioni frontali dopo finte assortite. Appare ancora troppo legnoso nei movimenti e la sua fluidità offensiva mi pare un filo sopravvalutata, mentre la meccanica di tiro e la dolcezza del rilascio anche dalla distanza trovano maggiori conferme nei fatti.
Il suo impatto nella rinascita dei Blue Devils è tanto evidente quanto sorprendente: le cifre dicono al momento 14 punti e 6 rimbalzi, ma stanno impennandosi partita dopo partita proprio con l'arrivo delle sfide più importanti della ACC (all'interno della quale Duke comincia tuttavia a perdere i primi colpi); spicca la doppia doppia e la presenza al di là dei numeri nel colpaccio in quel di Chapel Hill contro la nemesi North Carolina. Anche per rivivere altri emozionanti derby e viaggi al torneo NCAA, vieterei a Kyle di dichiararsi eleggibile per i prossimi tre anni, ma se le sirene NBA dovessero intensificare il loro suono…
7) Tyler Smith
Tennessee – Sophomore – 200 cm
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Transfer da Iowa presso la quale aveva ugualmente impressionato ed anzi messo a referto cifre superiori in un contesto meno ambizioso, è con Lofton ed il suo omonimo JaJuan Smith il protagonista di questa miracolosa stagione dei Volunteers, saliti al numero uno del ranking dopo la vittoria nella memorabile sfida contro i fino ad allora “perfetti” Memphis Tigers, precedenti detentori dello scettro.
Tyler è il collante ideale per coach Bruce Pearl ed uno degli uomini che può più facilmente avvicinarsi alla tripla doppia, grazie soprattutto alla principesca versatilità atletica (corsa più salto) che tanto può stuzzicare gli scout NBA. E' onnipresente tutto campo per rimbalzi, stoppate, recuperi e presenza difensiva, sia su giocatori più dotati fisicamente che contiene con aggressività e discreta forza fisica, che su giocatori perimetrali dai quali non si fa battere facilmente sfruttando notevole mobilità di piedi.
Non è un attaccante sopraffino e soprattutto nel tiro dalla distanza e nella dimensione perimetrale proprio non ci siamo, anche con segnali preoccupanti di scarsa fiducia ed insicurezza quando si trova palla in mano oltre la linea dei tre punti. Il trattamento di palla e la capacità di crearsi un tiro dalla media distanza sono altri missing links rognosi, ma grazie alle braccia lunghe, all'agilità ed a zompi paurosi in avvicinamento può comodamente raccattare punti anche al piano di sopra, più facilmente in transizione o facendosi trovare pronto su scarichi da sotto o su palloni sporchi e vaganti.
Per altro il tocco non è nemmeno così terrificante, ma quello che sembra mancargli è proprio la mentalità da primo attore, preferendo il coinvolgimento dei compagni e mostrando in effetti un cardinalizio fondamentale di passaggio che lo distanzia dagli altri prospetti qui presenti, sia per tecnica che per visioni del campo e lettura dell'azione offensiva. Materiale NBA ma con la doverosa pazienza, come dimostrato dai non scontati debutti in epoche diverse di due giocatori che possono oggettivamente ricordarlo: Josh Howard e Julian Wright.
8) Earl Clark
Louisville – Sophomore – 206 cm
Potrebbe essere uno dei segreti più affascinanti e meglio conservati dell'intera NCAA, ma potrebbe anche diventare un giocatore semplicemente incompiuto, il classico nè carne nè pesce. Innalza il concetto di versatilità al rango di scienza esatta: porta palla con proprietà nell'altra metà campo e la passa come un play, attacca il ferro in penetrazione come uno swingman, va a rimbalzo e porta blocchi come un'ala grande, difende contro i centri in post basso. Buona fortuna a chi deve capirci qualcosa!
E' un matchup vivente, ma stringendo il campo sulle sue prospettive future è destinato ad essere il classico tweener diviso tra i due ruoli di ala. In crescita al tiro specie dal mid range con meccanica e rilascio tutt'altro che male, gli manca però l'esecuzione dalla distanza ed anche ai liberi tentenna, superando di poco il 60%. Può battere l'avversario dal perimetro ma in generale sorprendono l'altruismo nel coinvolgimento dei compagni e la spontaneità nel ball-handling in relazione ai tanti centimetri, anche partendo in palleggio dopo il rimbalzo difensivo ed impostando l'azione in prima persona.
Nel sistemo offensivo di quel genio della panchina di coach Pitino è chiamato a numerosi blocchi in serie ed all'esecuzione di “pick and pop” nei quali quindi si apre per ricevere invece di rollare a canestro; preferisce d'altronde giocare fronte a canestro o al massimo mettere in mostra un solido turnaround jumper dai 4-5 metri sfruttando i blocchi dei compagni invece di eseguirli, mentre non sono pervenuti movimenti spalle a canestro dal post basso.
Splendido atleta, ha braccia intramontabili, un fisico esile ed agile, solo all'apparenza poco potente perchè sa in realtà farsi sentire in area ed entusiasmare per la naturale propensione al rimbalzo; per maggiore credibilità NBA dovrà ad ogni modo certamente aggiungere qualche chilo nella parte superiore del corpo. Totalmente indecifrabile in difesa a causa delle assenze dei Cardinals che l'hanno costretto anche a giocare centro, forse non ha la mobilità di piedi per contenere certe ali piccole professioniste. Punto interrogativo tanto grande quanto il fascino che un progetto del genere può suscitare.
9) Joe Alexander
West Virginia – Junior – 204 cm
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Poichè sono intimamente convinto che il nostro Danilo Gallinari possa essere considerato la migliore ala piccola disponibile al draft 2008, lo uso addirittura come punto di riferimento e termine di paragone per Joe, che è certamente il giocatore che più si avvicina per caratteristiche tecniche, atletiche e mentali al giovane fenomeno di papà Vittorio.
Ragazzo bianco dal repertorio e dagli istinti offensivi veramente interessanti, è giocatore di fittizia prevalenza perimetrale perchè adora ricevere in punta oltre la linea da tre punti ma in realtà raramente si alza per prendere tiri dalla distanza. Predilige così partenze in palleggio dal perimetro con fluide virate e giocate in avvicinamento, ma può anche ricevere dal post medio intorno ai 4-5 metri e prendersi tiri senza ritmo magari con favoloso ed intelligente uso del tabellone, fondamentale che da solo vale il bollo di giocatore mentalmente svelto ed adeguato.
Mi ricorda tantissimo Gallinari soprattutto nel trattamento di palla e nel palleggio, sia spingendo palla in contropiede o comunque portandola nell'altra metà campo, sia nei movimenti sotto controllo a difesa schierata, con grande attenzione per il coinvolgimento dei compagni grazie a selezioni e fondamentale di passaggio assolutamente speciali. Anche quell'atletismo solo apparentemente sotto standard alimenta l'effetto dejà vu, ma forse almeno in questo Joe è superiore all'azzurro come confermato da solide partecipazioni a slam dunk contest nel suo curriculum e dal suo soprannome (“Vanilla Sky”).
In difesa con coach Bob Huggins non si scherza, ma proprio come Danilo anche Joe non riesce a convincere completamente sul piano della mobilità orizzontale e dei piedi, per quanto il livello di impegno e soprattutto le letture in anticipo con giocate in aiuto o di posizione siano nuovamente segnali oggettivi di maturità , così come il fiuto e l'abilità a rimbalzo. Naturalmente l'ala di Milano ha vagonate di talento, di esperienza e di potenziale in più rispetto a lui, ma non sarebbe affatto sorprendente vedere il nome di Alexander aggirarsi ugualmente nel primo giro di uno dei prossimi due draft NBA.
10) Damion James
Texas – Sophomore – 203 cm
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Sembra aver impresso in fronte il marchio di secondo violino NCAA, che rischia di tramutarsi però al piano superiore in giocatore di chimica per qualche quintetto di vertice nella migliore delle ipotesi o più facilmente in misero panchinaro con minuti di energia. Dopo essere infatti stato uno dei pretoriani dell'imperatore Kevin Durant nella sua stagione da freshman, quest'anno osserva per lungo tempo le evoluzioni del compagno Augustin, padrone assoluto della scena offensiva di Texas.
Giocatore di non scontata inquadratura, è schierato spesso anche nello spot di ala grande ma ha qualche sprazzo e lascia qualche flash interessante addirittura per un potenziale da guardia, nonostante sia ancora decisamente spaesato in ricezioni statiche in area o nel traffico. Eppure sa partire in palleggio anche da rimbalzo difensivo conducendo il contropiede in prima persona ed ha raggio di tiro perimetrale da distanza NCAA (presumibilmente molto meno efficace tra i pro).
Si trova decisamente più a suo agio dalla media distanza e con spazio come richiesto da una meccanica lenta e non pulita; anche come passatore è per lo meno sospetto specie dal gomito o nei passaggi dentro, mentre è molto più convincente nelle conclusioni da sotto con educato uso del tabellone e nell'energia per arrivare al ferro.
Quello che veramente fa di lui il decimo prospetto di questo ranking (posizione che suona più come un regalo del sottoscritto che un suo valore reale) è infatti la generosità e l'attività mostruosa tutto campo ed in ogni fase del gioco: è sempre tra i primi in contropiede e nelle transizioni difensive, è favoloso nella voglia e nel dinamismo a rimbalzo specie offensivo, è sveglio e con rapidi istinti per la palla, più in generale è un atleta verticale di primo livello. Carriera NBA ancora tutt'altro che certa e posizione in top 10 largamente immeritata, ma ragazzo a cui ci si affeziona facilmente.
Seconda fascia
Pat Calathes
Saint Joseph's – Senior – 209 cm
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Cosa succede se giochi playmaker da sempre e non arrivi al metro e ottanta, ma nel giro di poco tempo cresci di circa trenta centimetri pur mantenendo le precedenti caratteristiche tecniche? Facile, diventi come Pat! Ibrido del tutto imperscrutabile, ha centimetri da centro, gioco da guardia, un passato collegiale da ala grande e prospettive da ala piccola, ruolo che occupa attualmente. Fratello maggiore del non meno interessante Nick protagonista nei nuovi Florida Gators, non è la fattispecie (lungo bianco atipico e versatile) di giocatore che spopola nella NBA di questi tempi, ma se azzecca il finale di stagione ed i workout si candida per una scelta al draft.
Marcus Dove
Oklahoma State – Senior – 205 cm
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Da quattro anni a questa parte guardando le partite dei Cowboys c'è sempre qualche giocatore dal ventello facile che ruba la scena a Marcus, eppure ogni volta le sue prestazioni mi costringono al circoletto rosso alla Rino Tommasi per ricordarmi della sua presenza e di quanto sia interessante a dispetto delle cifre e della fase offensiva non pervenuta (nemmeno 10 punti a partita quest'anno, ma costante crescita rispetto ai 5 della scorsa stagione). In estrema sintesi e tralasciando l'elenco analitico: il migliore e più versatile difensore della NCAA sulle ali, sotto qualsiasi punto di vista. Potrebbe persino non essere scelto, ma in un roster NBA anche di vertice comparirà di sicuro prima o poi.
Gary Forbes
Massachusetts – Senior – 201 cm
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Nativo di Panama e transfer da Virginia, grazie ad una stagione impeccabile, venti punti e sette rimbalzi per i suoi Minutemen si è aggiudicato il prestigioso titolo di giocatore dell'anno della Atlantic 10. Tipico swingman – a cavallo tra il ruolo di guardia e di ala – che sa fare un pò tutto ma non eccelle in particolari fondamentali, è il classico prospetto che non si fila quasi nessuno per i pochi margini di miglioramento ed il presunto modesto upside, salvo poi diventare di colpo la tipica scelta di sicurezza da secondo giro. Unico problema: ha già 23 anni.
Alonzo Gee
Alabama – Junior – 198 cm
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Classico giocatore non riverberante ma che può essere facile ritrovare in qualche quintetto di vertice NBA come uomo di chimica per quadrare il cerchio attorno ai quattro giocatori più talentuosi. Bellissimo atleta verticale con ancora troppa irruenza in difesa e con necessari progressi da compiere nella gestione del corpo, è svelto e sempre presente tutto campo ma va anche rispettato al tiro ed in attacco come testimoniato dai 16 punti a partita, con i quali tuttavia non riesce a raddrizzare le sorti dei suoi Crimson Tide.
Danny Green
North Carolina – Junior – 197 cm
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Dal sottobosco e dal dietro le quinte dei come sempre profondissimi Tar Heels, emerge un pò a sorpresa anche questo Neyorkese doc, famoso anche come coreografo degli inquietanti balletti della panchina di North Carolina, sulla quale d'altronde è rimasto a lungo seduto nei precedenti due anni. Solido attaccante e tiratore in crescita soprattutto dal perimetro, ora non scende più sotto i venti minuti nella rotazione di coach Williams grazie in primo luogo alle doti difensive, specialità della casa ed unica autentica peculiarità per le sue ambizioni NBA.
L.R. Mbah a Moute
UCLA – Junior – 201 cm
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Il Principe di Bafia scala in seconda fascia perchè i tanto richiesti miglioramenti in attacco stentano a farsi largo, eppure non riesco ancora a togliermi dalla mente che possa avere una carriera NBA solidissima, anche solo da lavoratore sporco ed in difesa. Ha cominciato a giocare a basket tardi dopo l'approdo dal Camerun, aspetto che emerge nella troppo grezza e rustica gestione dell'azione palla in mano, ma per versatilità , energia, agilità , intensità , velocità sui 28 metri, apertura di braccia e rapidità nei piccoli spazi non ammette troppi rivali. Freschezza ed inarrivabile attitudine difensiva esaltate dal sistema dei Bruins non possono sfuggire agli scout USA, ma giocatori a rischio palla persa ogni volta che la mettono a terra non sono più merce molto gradita in NBA.
Raymar Morgan
Michigan State – Sophomore – 203 cm
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Atleta di qualità , bel fisico, buona corsa, gioco offensivo sia attaccando il canestro con solide partenze in palleggio (nonostante trattamento nel traffico complessivamente inadeguato) che al tiro dalla distanza sugli scarichi (nonostante meccanica non pulita), efficaci chiusure delle penetrazioni in singolari controtempi, rimbalzista di indiscusso valore, eccellente passatore ed insospettabile visione del campo, intelligente. Se ancora non fosse chiaro, è il solito mio pallino presente al di là della sua reputazione oltreoceano.
Quincy Pondexter
Washington – Sophomore – 201 cm
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Indecifrabile californiano trapiantato a Seattle, non ha ancora confermato le rimarchevoli aspettative che gravavano su di lui dal liceo. Non è sufficientemente completo a livello offensivo e mentale per compensare con i punti segnati l'eccessiva quantità di punti concessi, nettamente il suo punto debole sia per approccio che per fondamentali. Atleta extra lusso con potenza e forza fisica, ha una discreta multidimensionalità in attacco ma anche nei numeri individuali in quel di Washington fatica a fare il salto di qualità .
Stanley Robinson
Connecticut – Sophomore – 205 cm
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Ottenebrato nelle cifre e nelle opinioni dai più celebrati compagni Price, Dyson, Adrien ed ovviamente dal pennellone della Tanzania Hasheem Thabeet, potrebbe avere qualche carta NBA in più di alcuni di loro. Buon jumper anche da fuori o uscendo dai blocchi, attaccante completo ma non talento purissimo, difensore sveglio e molto attivo, rimbalzi, stoppate, centimetri, voglia ed applicazione. Solo qualche eccessivo problema di falli, ma sicuramente da seguire.
DaJuan Summers
Georgetown – Sophomore – 203 cm
Prodotto del sud dal nome a dir poco stuzzicante, ebbe un impressionante impatto nella cavalcata dei cagnacci alla Final Four dello scorso torneo NCAA, quando si fece sentire soprattutto sul piano realizzativo e per l'approccio sfrontato nonostante il peso di quelle gare. Non è un giocatore che fa innamorare di sè i puristi, perchè la tecnica ed i fondamentali sono decisamente perfettibili, ma è un corpo interessante che può lottare a rimbalzo e nel gioco interno e fronteggiare canestro perimetralmente.
Altri freshmen
James Anderson
Oklahoma State – 199 cm
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Atleta formidabile, bisogna lavorarci sopra parecchio per formare il giocatore ma sta già lasciando un segno fin dalla sua stagione da matricola nei Cowboys. In crescita al tiro dal perimetro, più che buona presenza difensiva, c'è oggettivo potenziale da swingman NBA.
Robbie Hummel
Purdue – 205 cm
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Il sogno di ogni allenatore. Qualsiasi cosa faccia sul parquet trova un senso a prescindere e sulla fiducia perchè è semplicemente il giocatore più intelligente tra i presenti. Meccanica di tiro esteticamente e tecnicamente aberrante, atletismo e soprattutto forza sotto standard, difesa ai minimi storici, ma è un passatore memorabile e la vera chiave della sorprendente stagione dei Boilermakers.
Davon Jefferson
USC – 205 cm
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Boh. Trattato coi lustrini dagli osservatori oltreoceano che lo considerano anche per la prima metà del primo giro del prossimo draft, è certamente tra le migliori matricole che non ha trovato spazio nella top 10 assoluta ma ancora non si riesce ad intravedere potenziale da lotteria. Bellissimo atleta fluido con braccia lunghe e fisicità in crescita, ha enormi problemi nel controllo del corpo specie in traffico ed ha range piuttosto limitato, anche se sa partire in palleggio frontalmente; i tanti centimetri portano per altro coach Floyd a schierarlo come ala grande/centro in coppia con Taj Gibson.
James Johnson
Wake Forest – 204 cm
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Sta venendo fuori in questa seconda fase della stagione con prestazioni importanti nella sostanziosa ACC, ma fa ancora degli alti e bassi un concetto irrinunciabile. L'atletismo è l'elemento prevalente del suo gioco ancora da perfezionare sul piano tecnico, ma i centimetri sono tanti ed anche punti e rimbalzi arrivano copiosi per i Deamon Deacons. Lavori in corso nel lungo cantiere che deve necessariamente convertirlo da ala grande in ala piccola.
Chandler Parsons
Florida – 204 cm
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E' il lavoratore occulto della nuova nidiata di coach Donovan per i due volti campioni di Florida. Poco talento complessivo e carenze offensive specie quando si tratta di creare un tiro o nel gioco in traffico dalla media distanza, ma non fa mai mancare un solido ed intenso contributo difensivo ed energia tutto campo come tipico giocatore di ruolo per i giovanissimi Gators. Atletismo e potenza sotto il minimo sindacale, può segnare dalla distanza e conosce il gioco.
Jeff Robinson
Memphis – 198 cm
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Poco spazio negli ambiziosi e profondissimi Memphis Tigers per questo mancino del New Jersey che sicuramente troverà maggiori opportunità nei prossimi anni, sfruttando le imminenti nuove destinazioni di Rose, Douglas-Roberts e soci. Tantissimo lavoro su ogni singolo fondamentale per coach Calipari soprattutto per adattarlo al più consono ruolo di guardia, ma il ragazzo sa fare canestro e soprattutto saltare.
Dar Tucker
DePaul – 196 cm
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Notevole swingman con inevitabile panoramica da guardia in prospettiva anche a causa dei pochi centimetri, è il classico atleta di primo ordine sul quale costruire poco alla volta il giocatore. Realizzatore completo al suo meglio quando può attaccare il ferro, è ancora decisamente troppo vandalico nelle scelte e nella comprensione del gioco per aprirsi scenari NBA.
Evan Turner
Ohio State – 198 cm
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Compagno del qui sotto presente Wallace, completa con l'uomo d'area Koufos – ponendosi a metà strada tra i due per interesse e potenziale – il terzetto di reclute convinte da coach Matta per il dopo Oden-Conley. Giocatore intrigante, è correttamente comparato a Brandon Roy per versatilità , feeling e stile di gioco sotto controllo, ma ovviamente il profilo è troppo elevato ed irraggiungibile per Evan. Personalità da vendere specie alla luce dei duelli al liceo contro Derrick Rose, sicuramente sfizioso e da tenere d'occhio.
Eric Wallace
Ohio State – 199 cm
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Tristissimo mezzuccio del sottoscritto che per arrivare al minimo sindacale di 10 “altri freshmen” ricorre ad un giocatore mai visto personalmente. Se ne parla come di un atleta puro, esplosivo ma in grado di gestire e controllare il proprio corpo, ed in effetti dall'unico video raccolto in rete qui sopra emerge una sfavillante faccia tosta per l'affondata, anche se uno che fa sessioni di schiacciate in allenamento mi puzza già di fregatura. Ball-handling da minibasket e tiro sembrano i punti deboli maggiori, pochissimi minuti per lui ad Ohio State appaiono come il definitivo colpo di grazia.
Chris Wright
Dayton – 202 cm
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Uno dei più celebrati del gruppo, ha preso parte nella primavera scorsa al Nike Jordan All-American Classic insieme ai prospetti di elite dell'high school, mostrando qualità atletiche fuori discussione da cui trae origine il soprannome “top flight”. Va altissimo anche a rimbalzo ma una frattura alla caviglia l'ha messo ko proprio quando si cominciava a fare sul serio nella Atlantic 10. Tutto da costruire come giocatore.