Sorpresa! Al n.1 del ranking delle guardie troviamo Gordon, freshman di Indiana
1) Eric Gordon
Indiana – Freshman – 192 cm
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Ci voleva un pizzico di faccia tosta per non assegnare ad Eric Gordon la prima posizione di questo ranking proprio nel momento in cui fa consumare quintali di inchiostro per sperticati panegirici agli osservatori statunitensi, ma la tentazione è rimasta presente fino all'ultimo perchè personalmente ritengo Mayo ancora superiore. Che fosse e sia un fuoriclasse, era ed è piuttosto risaputo; che potesse essere così forte e dominante fin dal suo impatto NCAA, già era meno prevedibile, ma può ugualmente starci; che sia e sarà il terzo miglior giocatore al prossimo draft – anche meglio del povero OJ qui sotto – francamente mi pare al momento eccessivo.
E' un sublime realizzatore completo, perchè può alternare meccanica di tiro a primo passo importante con grande atletismo per arrivare al ferro, sempre con sorprendente feeling ed istinti naturali per il canestro sapendo inoltre resistere ai contatti e calamitare falli subiti. Anche l'inclinazione a crearsi un tiro in arresto dal mid range game è un dolcissimo amarcord per gli over 25 ed un fondamentale ormai sempre più desueto e polveroso nel basket moderno.
Se tuttavia si riesce a contenerlo nei primi palleggi, Eric può far fatica ad essere produttivo poichè il ball-handling è tutt'altro che entusiasmante e soprattutto la mano destra non è particolarmente presa in considerazione, preferendo non a caso andare molto più spesso verso sinistra; il progetto di farne un point man al piano di sopra (a causa dei pochi centimetri) naufraga oggettivamente al cospetto di palleggi chiusi anche senza eccessiva pressione e coinvolgimento dei compagni non impeccabile.
Coach Sampson – oltre a farsi indagare anche quando va in bagno – gli assegna infatti fittizie responsabilità da play, perchè in realtà lo utilizza solo per ricevere l'apertura da rimbalzo o da rimessa dopo canestro subito e per provare a sorprendere le difese avversarie con la sua velocità tutto campo; se non riesce ad arrivare al tiro dopo pochi secondi, si entra nell'attacco a difesa schierata ed Eric si muove senza palla tra i blocchi, ovviamente cercatissimo dai compagni.
In difesa non è certo galvanizzante con posizione troppo alta e scivolamenti pigri tipici dei grandi attaccanti che non si ritengono degni dell'altra fase del gioco; i tanti minuti di zona 2-3 a cui ricorrono gli Hoosiers non permettono tuttavia di dare un giudizio irrevocabile. Il parere complessivamente non entusiasta per il prodotto dell'Indiana resta circoscritto in queste righe, perchè a Febbraio 2008 Gordon è quasi ovunque indicato non oltre le prime tre scelte del prossimo draft; eppure il front office che sceglierà così in alto forse desidererebbe maggiori certezze dal proprio prescelto.
2) OJ Mayo
USC – Freshman – 195 cm
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Sul personaggio il quadro dovrebbe essere già completo, ma in brevi sintesi siamo ad una via di mezzo tra la venuta del Messia, il Marchese del Grillo, un tronista di Maria De Filippi e lo strangolatore di Boston. Se lasciamo da parte i troppi dubbi extra basket che alimentano il suo crollo nelle opinioni generali oltreoceano (fino a quattro mesi fa era la sicura prima scelta assoluta 2008), i momenti di scellerata anarchia in campo restano accompagnati da sprazzi di talento fuori norma.
Non è un play, anche se ormai trovare point guard della vecchia scuola nel territorio statunitense sembra più difficile che acciuffare Bin Laden. E' una guardia realizzatrice con nemmeno troppi centimetri (195) ma compensati da un mix di potenza, atletismo e velocità tale da far uscire – impropriamente – dalle labbra e dalle tastiere di qualche esperto l'accostamento con LeBron James, al quale però rende otto centimetri e circa venti chili.
La sua fase offensiva è veramente speciale: sorprende la maestria nel ritrovare equilibrio in poco tempo o spazio uscendo dai blocchi dopo la ricezione, con veloce e morbido rilascio e parabola davvero bella da vedere; l'arresto e tiro dal palleggio non è meno efficace e fluido anche in transizione (fase del gioco in cui si esalta) e dalla linea da tre punti; attacca con sfrontatezza la difesa e si prende anche conclusioni con la mano in faccia ed il corpo dell'avversario addosso, grazie soprattutto alla forza nella parte alta del tronco.
Quando si trova palla in mano nei primi secondi dell'azione ed è colto dai suoi raptus offensivi, in campo ci sono cinque disperati che provano vanamente a contenerlo e quattro simpatici figuranti con la sua stessa maglia che potrebbero anche giocare una mano di briscola, perchè tanto la palla difficilmente arriverà a loro nei secondi successivi. Quelle poche volte che porta palla al posto di Hackett e Lewis è più facile che faccia un cenno ai compagni per spostarli tutti su un lato e giocare in isolamento su un quarto di campo, per inciso battendo regolarmente il difensore uno contro uno.
Per altro quando invece è disposto a darla via mette in mostra quella visione del campo e quella comprensione del gioco tanto celebrata nei suoi trascorsi liceali, con accentuata ricerca della componente spettacolare dell'assist anche per il passaggio più banale. A tratti gioca una pallacanestro tutta sua con improvvise visioni palla in mano e tempi di passaggio a dir poco personali: penetra quando gli altri non penetrerebbero e la passa quando gli altri non la passerebbero. Forzature e palle perse restano sempre dietro l'angolo.
Sarà difficile avere a che fare con un grande difensore quale naturalmente OJ non è per un problema di approccio prima ancora che di fondamentali, anche se poi questi fuoriclasse che si risparmiano nella propria metà campo con momenti di assoluta astinenza possono trovare la voglia di sorprenderti quando il possesso è decisivo o quando l'avversario li motiva al duello. Coach Tim Floyd è già sulla buona strada nell'opera di persuasione, con primi segnali davvero confortanti specie grazie alle mani veloci ed alla voglia di recuperare palla.
Il suo impatto con il basket college giocato è stato tuttavia inevitabilmente inferiore alle insostenibili attese che lo circondavano, anche se parlare di delusione con un freshman che viaggia a più di 20 punti a partita fa sempre un certo effetto. I più appariscenti avvii di Rose e Beasley l'hanno scalzato dalla prima scelta assoluta nelle previsioni per il prossimo draft, scaraventandolo addirittura oltre la top five nei classici elastici invernali dei mock. Ma in un draft non del tutto decifrabile come quello che sta per arrivare, per la terza scelta assoluta non mi permetterei il lusso di sottovalutare così tanto OJ, fenomeno e talento nel bene e nel male.
3) Brandon Rush
Kansas – Junior – 199 cm
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Se aver massacrato Dominic James mettendolo al terzo posto del ranking USA delle point guard dello scorso anno è stata soprattutto errata valutazione, aver collocato Brandon ai vertici delle shooting guard gli ha invece più banalmente portato iella: il suo ginocchio ha fatto crac proprio quando stava per prendere la decisione sull'evenienza di rendersi o meno eleggibile al draft 2007, dopo un torneo NCAA nel quale fu l'unico a salvarsi nella consueta Caporetto pre Final Four dei suoi Jayhawks.
Talento offensivo in alcuni momenti elettrizzante ma decisamente troppo intermittente, al rientro dall'infortunio qualcosa è cambiato anche se non sembra aver perso moltissimo sul piano della fluidità e dell'atletismo, non necessariamente straripante ma soprattutto di eleganza rara. Non ha tecnica e fondamentali purissimi, come emerge dalla modesta perizia nel coinvolgere i compagni a difesa schierata, dalla meccanica di tiro difettosa – anche a causa di un grave incidente al braccio da bambino – e soprattutto dal trattamento di palla sotto standard per imporsi senza fronzoli nei piani alti della lega di David Stern.
Eppure è nella naturalezza e negli istinti con cui trova la retina in certe fasi delle partite che fa innamorare di sè l'osservatore: quando ispirato si muove nel mid range game come se fosse nel salotto di casa sua, con la facoltà felina di arrestarsi in poco spazio ed andare su per appoggi e sospensioni difficilmente marcabili. Sa andare fino in fondo nelle penetrazioni ed ugualmente nell'esecuzione dalla distanza può fornire notevole contributo realizzativo, in crescita quest'anno se messo in relazione al minor numero di minuti giocati per permettergli di recuperare al meglio poco alla volta e partendo anche dalla panchina.
Le braccia sono di una lunghezza disumana e gli permetterebbero di allacciarsi le scarpe senza piegare la schiena; diventa così onnipresente sulle linee di passaggio ed autentico rompiscatole in difesa sia sull'uomo che lontano dalla palla, come dimostra una predisposizione alla stoppata irreale per una guardia.
Non sempre muove i piedi con la rapidità richiesta ed accende e spegne troppo spesso nella propria metà campo, ma quest'ultimo è un problema che riguarda tutto il suo gioco – come testimoniato dal continuo ricorso alle locuzioni “in alcuni momenti” o “in certe fasi della partita” – e che racchiude buona parte delle perplessità che lo costringono ad una sofferta seconda metà di primo giro nelle previsioni per il prossimo draft. Ma se solo Brandon riuscisse ad innescare definitivamente la marcia superiore…
4) Chris Douglas-Roberts
Memphis – Junior – 200 cm
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Se ne parla poco e non viene indicato come uno dei migliori prospetti del ruolo nel lato occidentale dell'Atlantico, ma è certamente il più gradevole e fluido realizzatore sul piano estetico con una grazia ed una musicalità nei movimenti che rischiano di farlo apparire quasi lento o poco intenso ed aggressivo.
In effetti il suo difetto principale è la scarsa forza fisica e non a caso nasconde con la discutibile maglietta della salute i pochi muscoli nella parte alta del corpo, ma è un compromesso particolare e raffinato di agilità , corsa tutto campo e verticalità , pur non essendo certo esplosivo ed atleta appariscente di primissimo livello. Si muove come un gattone senza palla ed è pericoloso in qualsiasi zona del campo riceva perchè la versatilità offensiva è uno dei suoi marchi di fabbrica.
Prende le migliori linee di fondo dell'intero panorama NCAA ma è soprattutto formidabile nel gioco dalla media distanza con unica competenza nell'arrestarsi da 3-4 metri per appoggi raffinatissimi e mai scontati che richiedono estrema delicatezza nel tocco. Alla luce dei due metri di altezza che probabilmente raggiunge, è davvero sorprendente nel trattamento di palla ed il repertorio spazia a piacimento dalla virata nel traffico al palleggio arresto e tiro, senza trascurare esecuzione perimetrale dallo scarico e magnetica predisposizione ai falli subiti.
In difesa si impegna ma ha dei vuoti di sceneggiatura preoccupanti lontano dalla palla, con scarsa attenzione per ciò che gli succede intorno e conseguenti figure da tonto; anche nel contenimento in scivolamento sull'uomo ha il pessimo vizio di usare troppo le mani e di vanificare così la discreta volontà . Però ha braccia chilometriche che gli permettono interessanti lavori sulle linee di passaggio e buona presenza a rimbalzo.
Forse non ci sono ancora le stigmate del fuoriclasse, le sue cifre sono in parte pompate dall'altissimo livello dei compagni – Rose in primis – e le sue prestazioni traggono giovamento dalla tanta visibilità che inevitabilmente gli accreditati Memphis Tigers ricevono, ma così tanti sprazzi di talento offensivo meritano enorme attenzione per lo sviluppo e la sua crescita tra i pro, oltre ad una più che possibile scelta al primo giro del draft.
5) Wayne Ellington
North Carolina – Sophomore – 192 cm
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Scenari da guardia NBA per il sempre più in crescita Ellington, che però ancora non riesce a mettere tutti d'accordo, oltre a rinnovare le meno significative perplessità della prima ora di chi è alla digitazione. Arrivato a Chapel Hill con squilli di tromba e tappeto rosso – come spesso capita non a torto alle reclute di North Carolina – ha avuto una solida ma non entusiasmante prima stagione NCAA, mostrando qualche limite atletico e di forza fisica che unito ai centimetri crea incertezza sul suo scenario futuro.
La qualità offensiva al tiro e l'esecuzione del suo jump shot sia dallo scarico che dall'arresto che dal perimetro fanno Cassazione e non ammettono ulteriori ricorsi, nonostante tenda ancora a spostarsi verso sinistra mentre rilascia la palla. Ha in faretra una bella serie di movimenti tra cui fade away e sospensione dopo crossover, ma è notevole anche nella preparazione del tiro con costruttivo movimento senza palla e destrezza nel creare separazione dal difensore. Gioca sempre piuttosto in controllo stando alla larga dalle forzature come emerge nelle caratteristiche conduzioni del contropiede; il dato delle palle perse (1.5) è storicamente molto incoraggiante per il ruolo.
Il guaio è che quelle descritte rischiano di essere le uniche vere peculiarità del suo gioco, che al momento non è un azzardo definire tendenzialmente monodimensionale. Ha interessante primo passo ma gli manca successiva esplosività per attaccare il ferro e potenza per incidere in area; non ha mobilità laterale e rapidità di piedi per essere un fattore in difesa; non si rende particolarmente utile nel coinvolgimento dei compagni, anche se al liceo ha giocato anche da point guard accanto al nemico-amico Gerald Henderson.
Proprio a proposito di Duke, Wayne ha recentemente “bucato” il sentitissimo derby contro i Blue Devils, partita che può valere da sola una carriera NCAA degna di nota o di infamia a seconda degli eventi, giocando forse la peggiore partita di questa sua stagione da sophomore. La visibilità che UNC ha ed avrà è la solita medaglia di duplice lettura: tante occasioni per avere i riflettori puntati addosso da un lato, ma anche tanti compagni di simile valore assoluto che ne comprimono il peso specifico dall'altro. A seconda dei responsi nel torneo NCAA deciderà se rimanere ancora al college – come prevedibile ed auspicabile – o tentare subito l'assalto al primo giro del draft.
6) Courtney Lee
Western Kentucky – Senior – 195 cm
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Carneade, chi era costui? Il fascino della NCAA è spesso associato a storie di ragazzi in college minori che, dopo quattro anni di invisibile sbattimento a trascinare il proprio ateneo in conference secondarie, approdano finalmente al proscenio ed attirano le attenzioni di scout ed addetti: il mio pallino Courtney si avvicina finalmente a questo traguardo.
Si può azzardare a considerarlo il giocatore più completo tra i presenti e nel suo gioco apparentemente non manca nulla a livello di fondamentali. Emergono in primo luogo il tiro in tutte le sue sfumature – pur non essendo magari uno specialista – e soprattutto l'incredibile maturità in ogni elemento del gioco che può essere amministrato dal cervello prima che dagli istinti: controllo del corpo, gestione del ritmo, selezioni offensive, letture difensive, gioco senza palla, riconoscimento delle situazioni di vantaggio o di svantaggio, coinvolgimento dei compagni, altruismo… un'enciclopedia di questo gioco!
Non è un funambolo con la palla e non adora particolarmente attaccare il ferro con esplosività , ma può lo stesso stupirvi con effetti speciali sul piano atletico perchè è un corpo NBA già pronto con solide velocità e verticalità . E' quasi impossibile vedergli forzare una scelta, ma miglioramenti a livello di ball-handling sono comunque ampiamente richiesti per il rango superiore.
Entusiasma in difesa grazie alla solita celebrata combustione di intelligenza, comprensione del gioco e fondamentali, a cui aggiunge voglia e spiccato spirito competitivo. Acutissimo nel muoversi lungo le linee di passaggio o nel cogliere il momento giusto per il raddoppio o ancora nella posizione in aiuto, è anche un rimbalzista tutt'altro che da disprezzare specie in relazione a centimetri e ruolo.
Pesa come un macigno il fatto che si diletti e realizzi a piacimento venti e passa punti nella terrificante Sun Belt Conference, una sorta di serie C2 girone C della NCAA nella quale confluiscono college di scarsa tradizione cestistica del sud degli Stati Uniti. Ciò nonostante oltreoceano cominciano finalmente a filarselo e nei mock draft fa addirittura comparsate e camei in zone del primo giro che appaiono un filo eccessive anche per il sottoscritto e per gli altri suoi estimatori.
7) Jamont Gordon
Mississippi State – Junior – 192 cm
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Mancino del sud con trascorsi liceali presso la gloriosa Oak Hill Academy, è un giocatore unplugged di puri istinti ed a dir poco indecifrabile per quel mix di stili di gioco e per la versatilità che lo rende uno dei prodotti più atipici nell'attuale college basket.
Se trattare i prospetti nel ranking delle point guard voleva dire avere a che fare nella migliore delle ipotesi con combo ma spesso anche con vere e proprie shooting guard, con Jamont il processo è una volta tanto inverso. Benchè schierato tutt'altro che saltuariamente anche come ala piccola accanto ai due piccoli sophomore Hansbrough e Stewart, è sempre più frequente vedergli portare palla nell'altra metà campo in quel di Mississippi.
Il quadro per diventare potenziale play del futuro resta tuttavia come minimo interlocutorio: non è certo costruttore di gioco all'altezza specie a difesa schierata, pensa prima di ogni altra alternativa alla conclusione personale, crea opportunità per i compagni solo in situazione di emergenza estrema o in transizione, perde una quantità eccessiva di palle banali.
Però sa bene come inserire il suo nome a referto, in parte grazie ad un tiro perimetrale certamente degno di nota nonostante una meccanica sospetta ed un rilascio elaborato che ne affossa le velleità nel mid range game, ma soprattutto per l'ingegnosità in avvicinamento alla caccia del ferro, quasi regolarmente andando verso sinistra perchè in sede di distribuzione della mano destra pare aver marcato visita. I trucchi per battere il proprio uomo sono diabolici e personalizzati, ma non meno suggestiva è la padronanza nel chiudere le penetrazioni, sfruttando l'amico tabellone o cambiando assetto in volo.
Clamoroso rimbalzista per ruolo ed altezza, è battibile in difesa perchè ha mobilità laterale poco rassicurante e soffre sia le partenze in palleggio dei piccoli che la fisicità di giocatori più grossi ed atletici di lui. Qualche dubbio di troppo abbinato alle sue singolari caratteristiche non permette di svelare con sicurezza il suo destino, ma oltreoceano cominciano ad accorgersi della sua completezza e qualche segnalazione a cavallo dei due giri inizia ad arrivare.
8) Gerald Henderson
Duke – Sophomore – 196 cm
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Negli Stati Uniti il buon Gerald è ormai quasi più famoso per due aspetti che solo in parte hanno a che fare con il basket giocato: l'essere figlio dell'omonimo padre, pedina fondamentale dei Celtics anni '80, e l'episodio nel video qui sopra, quando nel mefistofelico derby contro North Carolina – che fa uscire fuori il meglio ma talvolta anche il peggio di tutti coloro che ne prendono parte – si è improvvisato lottatore greco-romano abbattendosi sul naso del malcapitato leader dei Tar Heels, Hansbrough.
Ritorna il consueto problema quando si tratta di affrontare ragazzi dall'altissimo profilo collegiale di provenienza: sbandierati perchè forti o forti perchè sbandierati e quindi in realtà sopravvalutati? A distanza di un anno continuo a propendere per la seconda ipotesi nonostante Gerald si possa considerare tra i candidati al premio come Most Improved Player, poco pubblicizzato e di troppo difficile applicazione nella NCAA.
E' un signor atleta e la sua crescita è ben evidenziata dalle cifre decollate dopo la stagione da freshman non certo eclatante per sè e per i suoi Blue Devils: è più verticale che orizzontale, gioca con aggressività , sa difendere, ha una vistosa iperattività che lo porta ad essere in costante movimento, ma non credo sia quel prospetto NBA che dal suo approdo a Durham viene contemplato.
Nei set offensivi di coach K parte quasi sempre in angolo preferibilmente sul lato sinistro del campo ed ha caratteristiche giocate in avvicinamento verso il centro anche voltando le spalle a canestro; sfrutta in penetrazione le braccia lunghe e la reattività nei pressi del ferro per l'appoggio con discreto tocco dai 3-4 metri, ma non ha primo passo così fulminante e soprattutto non convince dal palleggio e nel ball-handling, specie con una mano sinistra che francamente fatica del tutto ad intravedersi.
Anche il tiro non si può certo considerare una specialità della casa, sia nel piazzato dallo scarico che in situazioni dinamiche dopo palleggio ed arresto, e soprattutto dalla lunga distanza. La scelta di allinearsi il più possibile con le gerarchie ed i ranking oltreoceano, oltre alla visibilità che atenei come Duke inevitabilmente concedono, costringe ad inserire Gerald nella top 10, ma sarebbe tutt'altro che sorprendente il suo mancato successo ad alti livelli nella NBA.
9) Shan Foster
Vanderbilt – Senior – 198 cm
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Ci sono bambini che giocano a mosca cieca o a nascondino, che si dilettano con le macchinine o con i trenini, che vanno sull'altalena o che – nello scenario peggiore – dialogano con l'orsacchiotto di peluche. Ci sono poi bambini come Shan che si portano dietro ovunque una palla di qualsivoglia dimensione e la tirano in qualsiasi oggetto ricordi loro un cestino, fin dall'età di 4 anni. Risultato? Il migliore tiratore da tre punti della NCAA 2008.
Se vogliamo dirla tutta, le sue precoci sessioni di tiro gli valgono oggi una meccanica ben lontana dall'essere perfetta, ma quello che entusiasma è la rapidità e l'efficacia nelle conclusioni dinamiche dalla distanza, per le quali ha oggettivamente pochi eguali a questi livelli anche perchè il rilascio avviene dove sono appesi gli stendardi e le maglie ritirate grazie a centimetri e braccia lunghe.
Il dato curioso è che come spesso capita per questi specialisti non si può parlare con gli stessi termini entusiastici del riscontro ai liberi, ma più in generale il difetto dell'esecuzione si concentra nel portare la palla troppo dietro la testa e nel conseguente minor feeling con la retina in situazione statiche.
Resta tiratore di striscia che può essere indifferentemente buco nero offensivo o trascinatore dei suoi Commodores a seconda della serata, ma non ha un bagaglio tecnico offensivo completo: ball-handling, primo passo, mano sinistra, penetrazioni, sagacia nel subire falli e mid range game rappresentano tutti missing links che lo delineano come attaccante un filo troppo monodimensionale in prospettiva professionistica, considerando anche atletismo e forza solo nella media.
Piace invece per l'intensità e la voglia in difesa: deve rendere conto ad una mobilità laterale affannosa ma normalmente da questi specialisti offensivi è prassi aspettarsi un contributo ben inferiore nella propria metà campo. Un realizzatore e specialista dall'arco dei tre punti fa sempre gola ai front office NBA, che magari però tenderanno a non spendere per lui una prima scelta a causa del potenziale non elevatissimo che tarperebbe le ali ai sogni dei tifosi ed alle ambizioni della piazza. Possibile allora l'approdo in Europa nella prima parte della sua carriera tra i pro.
10) Chris Lofton
Tennessee – Senior – 188 cm
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Quando un dato statistico potrebbe bastare per definire un giocatore: circa il 75% delle conclusioni che prende dal campo arriva da oltre il perimetro. Sulla falsariga del Foster citato qui sopra, Chris è un funambolico tiratore da tre con meccanica inimitabile e del tutto immarcabile nonostante i pochi centimetri, poichè si sposta indietro con la parte superiore del corpo e con la testa in una sorta di fade away compatto.
E' per altro formidabile anche nel giocare senza palla o nelle finte per creare separazione col difensore, tutti trucchetti indispensabili per compensare l'irraggiungibile metro e novanta d'altezza da cui avviene il rilascio e lo scarso atletismo complessivo del ragazzo. Ogni tanto viene colto da raptus anche dagli 8-9 metri e si prende tiri allucinanti, quindi almeno il passaggio alla linea dei 3 punti NBA non sarà un problema.
Negli Stati Uniti per prospetti come lui si usa il termine “sniper”, ovvero “tiratore scelto”, etichetta che rende onore alla sua specialistica peculiarità ma che al tempo stesso fa aleggiare lo spettro della monodimensionalità , lato negativo di chi esegue troppo bene una fase del gioco rispetto alle altre.
Eppure è molto meno catastrofico di quanto si possa immaginare in penetrazione – ma sembra aver dimenticato che questo sport preveda tale eventualità – ed anche in difesa non fa mancare il suo apporto nonostante qualche limite di mobilità di piedi. Se riuscisse a salire di livello nelle doti di ball-handling e di playmaking coinvolgendo i compagni decorosamente, giocatori alla Eddie House o alla Boobie Gibson hanno un ruolo sempre più prestigioso nella NBA.
Seconda fascia
Stephen Curry
Davidson – Sophomore – 184 cm
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Segnare 25 punti a partita non è mai un caso, per quanto metterli a referto nella catastrofica Southern Conference e con i compagni che si ritrova a Davidson rende necessaria la dovuta conversione verso il basso nella scala reale dei valori. Figlio di quel Dell monumentale tiratore a cavallo tra anni '80 e '90, anche Stephen è prima di ogni altra cosa un grande realizzatore dalla media e lunga distanza con sontuoso rilascio della palla, ma oltre all'incompletezza tecnica ed ai pochi centimetri ci sono limiti atletici e fisici piuttosto enigmatici nel breve periodo in prospettiva NBA.
Paul Harris
Syracuse – Sophomore – 191 cm
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Personaggio istrionico e disinvolto in campo e fuori, ha parzialmente deluso nella sua annata da freshman ma mantiene un fascino ed un interesse NBA grazie al mix formidabile di forza fisica ed atletismo. Aggressività in difesa e leonino approccio alla gara i punti forti, attacca ed arriva al ferro come pochi ed è il migliore rimbalzista NCAA centimetro per centimetro, ma il suo jump shot si può considerare assente per gli standard richiesti ad una shooting guard.
Justin Mason
Texas – Sophomore – 192 cm
Piccola digressione che spesso mi concedo su prospetti pochissimo quotati, credo si possa considerare uno dei migliori difensori e dei più utili produttori di intangibles dell'intero panorama NCAA. Atleta buono ma non straordinario e poco esplosivo, attivo su palle vaganti, è riciclabile come point guard grazie a tollerabile ball-handling ed a causa dei pochi centimetri, ma può dire la sua come specialista difensivo tra i professionisti.
DeMarcus Nelson
Duke – Senior – 190 cm
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Indecifrabile. C'è atletismo, c'è forza fisica, c'è primo passo esplosivo e levatura nel concludere in penetrazione, c'è un interessante tiro in situazioni dinamiche (meno incisivo ai liberi e dagli scarichi), c'è tecnica difensiva, eppure non sembra esserci materiale da guardia NBA. Ball-handling, fondamentale di passaggio e comprensione del gioco vacillano, i pochi centimetri possono rappresentare il colpo di grazia per le sue ambizioni.
Richard Roby
Colorado – Senior – 197 cm
Se ne parla da tempo come del migliore tiratore puro della NCAA ed in effetti la sua regolarità produttiva nei quattro anni di carriera collegiale è spaventosa (sempre tra i 16 ed i 17 punti a stagione) e la sua meccanica di tiro è sentenza in giudicato (come spesso capita agli specialisti dal campo ha però un mediocre 70% ai liberi), ma è solo nella media in tutte le altre fasi del gioco, sia a livello atletico che tecnico. In crescita nelle selezioni di tiro e nelle percentuali grazie alla Princeton Offense di coach Bzdelik, può avere una chanche NBA.
Josh Shipp
UCLA – Junior – 195 cm
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Altro grande rebus di non facile soluzione. E' una delle chiavi silenziose e meno reclamizzate dei Bruins protagonisti di questi anni ma già a livello NCAA appare come un giocatore di ruolo senza quel salto di qualità definitivo per essere certezza nella NBA. Gioca da ala piccola, esce dai blocchi e si prende le sue esiziali conclusioni dal perimetro, ma mobilità laterale, primo passo ed atletismo latitano, anche a causa del rovinoso infortunio all'anca nella stagione da sophomore. Nello splendido sistema difensivo di coach Howland è inoltre quello che emerge meno.
Bryce Taylor
Oregon – Senior – 192 cm
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Niente male davvero in questi anni il backcourt dei Ducks, che dopo la perdita di Aaron Brooks può ancora vantare l'ugualmente interessante veterano Hairston, il minuscolo Porter e Bryce. Dopo anni tra alti e bassi piuttosto curiosi sia a livello statistico che di trasformazione tecnica individuale, conosce i suoi limiti (quasi tutti derivati dai pochi centimetri) e piace proprio per l'assennatezza nel giocare sotto controllo senza forzature, pur potendo contare su meccanica di tiro cinque stelle e fondamentali completi. Può fare sfraceli in Europa ma le porte della NBA sono tutt'altro che chiuse.
Robert Vaden
UAB – Junior – 195 cm
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Transfer da Indiana ed ora leader di Alabama Birmingham, entusiasmante e pirotecnico tiratore di striscia, ha meccanica e rilascio non velocissimi ma di clamorosa efficacia specie grazie alla forza nella parte alta del corpo che gli permette di tirare comodamente da distanze NBA. Si guadagna meritate attenzioni anche per la voglia e l'attenzione in difesa; poco esplosivo e poco rapido nei cambi di ritmo, non chiedetegli troppo di mettere palla a terra o di attaccare il ferro.
Kyle Weaver
Washington State – Senior – 198 cm
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Tantissimi centimetri per il ruolo e potenziale da point guard, non è ancora un attaccante NBA ma comprende il gioco e difende come pochi anche in prima fascia. Esaltato dal sistema dinamico (quintetto basso con sostanzialmente tre play in campo e ritmi altissimi) dell'emergente Coach of the Year 2007 Tony Bennett, è ad un tiro perimetrale dall'essere una certezza al primo giro. Merita comunque enorme attenzione.
Terrence Williams
Louisville – Junior – 197 cm
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Prima di ogni altro aspetto meraviglioso atleta swingman, è ovviamente migliorato negli anni grazie alle sapienti mani ed ai dotti consigli di quel venerabile reverendo della NCAA che risponde al nome di Rick Pitino, ma sta ora incorrendo in un terzo anno inferiore alle attese. C'è ancora qualcosa di eccessivamente selvatico ed inesplorato nel suo gioco, ma c'è tutta la base che serve per avere a che fare con uno dei progetti più interessanti su cui lavorare.
Altri freshmen
Chris Allen
Michigan State – 190 cm
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Maledetti centimetri. Tiro in uscita dai blocchi, maturità ed intelligenza, atletismo sotto controllo, gradevoli floaters e soluzioni dal palleggio verso centro area, splendido mid-range game ormai introvabile anche tra i professionisti, fluido uno contro uno. Repertorio completo ed interessantissimo, l'altezza sembra essere l'unico ostacolo alle sue aspirazioni.
Dominique Jones
South Florida – 194 cm
Combo guard dalla Florida, può essere impiegato e considerato anche play in prospettiva futura nonostante un trattamento di palla non sfavillante. E' soprattutto realizzatore completo con forza fisica per guadagnarsi molti viaggi in lunetta. Incostante dal perimetro, paga in termini di credibilità i risultati disastrosi dei suoi Bulls, Cenerentola della fortemente agonistica Big East.
LaceDarius Dunn
Baylor – 192 cm
Icona dalla Louisiana, se non prende almeno un tiro ogni due palloni ricevuti va in crisi di astinenza. Realizzatore e tiratore poco gestibile se entra in ritmo anche dal perimetro, siamo nei pressi del vuoto assoluto quando si tratta di coinvolgere i compagni ma può giocare anche play. Passa dai 27 ai 2 punti realizzati da una partita all'altra, totalmente imperscrutabile il suo futuro.
Austin Freeman
Georgetown – 193 cm
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Graffiti offensivi di assoluta classe per uno dei migliori e più completi tiratori del lotto, siamo ancora sotto la media per la combinazione di primo passo, mestiere nell'attaccare dal palleggio ed arrivare al ferro, verticalità e forza fisica. Georgetown è ambiziosa ed i minuti per lui non sono infiniti, ma la sua intelligenza ricaverà ulteriore tornaconto nel sistema di coach Thompson e nella Princeton Offense più pura degli Stati Uniti. Può venire fuori da un momento all'altro.
James Harden
Arizona State – 195 cm
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Retrocesso in questa sezione quasi unicamente per darle valore e prestigio, a Febbraio 2008 è il più interessante ed importante freshman del ruolo e potenziale top 3 proprio alle spalle del duo Gordon e Mayo. Sta ammaliando gli USA con il suo gioco offensivo favoloso fatto più di innati istinti e IQ cestistico piuttosto che di tecnica e fondamentali. Non ha un ball-handling di prima classe ma si esalta nel sistema offensivo di coach Hern Sendek (una Princeton Offense taroccata) grazie a letture senza palla tra tagli ed uscite dai blocchi per esecuzione anche dal perimetro. L'atletismo sospetto alimenta i dubbi sulle possibilità di trasportare questo gioco al piano di sopra, ma come maturità nessuna matricola può insidiarlo. Lotteria sicura nel 2009.
Manny Harris
Michigan – 194 cm
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Dal sempre più florido vivaio di Detroit, colpaccio e lascito prestigioso di coach Tommy Amaker a John Beilein che ne ha preso il testimone in panchina, è al momento l'unico vero motivo per andare a vedere i Wolverines ancora piuttosto derelitti nonostante il loro commuovente 5-fuori in salsa minibasket italiano. Prima di ogni altro aspetto uno splendido atleta e notevole attaccante con movimenti di rara fluidità , è tutto da impostare nel gioco di squadra ma è senz'altro da seguire con enorme attenzione.
Jamelle Horne
Arizona – 197 cm
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Atletone da San Diego, è inevitabilmente chiuso dai prospetti Budinger e Bayless ed in quel di Arizona fatica a trovare minuti. Tanti centimetri per il ruolo (può tranquillamente essere considerato anche ala piccola), sa andare a rimbalzo ed è completo senza ancora eccellere in determinati fondamentali, ecletticità che può essere al tempo stesso il suo miglior pregio ed il suo limite per i massimi aneliti di successo.
Taylor King
Duke – 197 cm
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Se coach K potesse disegnare i contorni del suo giocatore ideale, probabilmente non si sposterebbe molto dai tratti di Taylor, che non a caso è andato a reclutare dalla lontana California. Guardia bianca con fondamentali, comprensione del gioco, voglia e tanta qualità al tiro, sta incidendo fin da subito nell'ottima stagione della rinascita di Duke. Atletismo e conseguente difesa ovviamente poco pervenuti.
Corey Stokes
Villanova – 194 cm
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Difficile impatto NCAA per questo tiratore dalla non facile realtà di Newark, orrendo e delicatissimo quartiere del New Jersey. Può segnare dalla distanza ed ha probabilmente il miglior rilascio e la migliore meccanica pura tra le matricole, ma il resto del suo gioco offensivo presenta limiti assortiti di non scontata soluzione.
Durrell Summers
Michigan State – 196 cm
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Altro prodotto locale raccolto da coach Tom Izzo che ha in pugno i migliori prospetti di Detroit e dello stato, ha tanto potenziale e non parte da zero nei fondamentali ma deve ancora decisamente raffinarsi a livello tecnico e nel cosa fare in campo. Corpo atletico, enorme energia e tanti falli subiti, sorprendenti in particolare il fiuto ed il senso della posizione a rimbalzo.