Il weekend degli upset

A Minnesota non sono state sufficienti le 197 yard guadagnate da Marion Barber III per superare Michigan

Che quello appena concluso sarebbe stato un weekend da non perdere per il football NCAA lo si sapeva ma quello che è successo sul campo è andato ben oltre ogni previsione. Oltre alla sfida fra Miami e Florida State (di cui parliamo in un altro articolo) erano molte le partite degne di attenzione e si può tranquillamente affermare che nessuna di queste ha deluso le aspettative.

Già  venerdì, con la sfida fra Michigan e Minnesota, si era avuto un assaggio di quello che sarebbe accaduto il giorno successivo. La squadra di casa, i Minnesota Gophers, numero 13 del ranking, si presentava imbattuta all'appuntamento e sperava in una vittoria che le desse credibilità  a livello nazionale. I Michigan Wolverines, invece, dopo aver rinunciato ad ogni speranza di Sugar Bowl, volevano a tutti i costi evitare una sconfitta proprio contro uno dei rivali nella corsa al titolo della Big Ten.

I Gophers, però, riuscivano a portarsi avanti di 3 touchdown grazie ad una strategia offensiva che sfiancava la difesa avversaria con le corse di Marion Barber III (197 yard in 21 tentativi). A questo punto i padroni di casa erano sicuri di aver strappato agli avversari il trofeo che viene assegnato ai vincitori della partita, il Little Brown Jug, che finisce nelle mani di Michigan dal 1987.

Non avevano fatto però i conti con l'orgoglio degli Wolverines. Il loro allenatore decideva di abbandonare i giochi di corsa in favore dei lanci di Navarre e così facendo la squadra riusciva, a 6 minuti dal termine, a ristabilire la parità  segnando 4 touchdown in meno di 10 minuti. Il protagonista è stato ovviamente il quarterback che non solo ha lanciato 2 touchdown ma che aveva anche iniziato la rimonta ricevendo un passaggio di 36 yard di Steve Breaston in occasione di un trick play.

Con la partita in ballo l'attacco di Minnesota spariva letteralmente e, complici anche alcune penalità , non riusciva a segnare neanche un punto nei 2 possessi finali. Michigan, invece, nell'unico drive trasformava un field goal di 33 yard con Garrett Rivas e fissava il punteggio sul 38 a 35 finale, evitando così una sconfitta che avrebbe dato una svolta negativa alla stagione degli Wolverines (sarebbe stata la 3 in 4 partite). A fine gara Navarre ha dichiarato che "durante il secondo tempo non ho mai avuto la sensazione di aver buttato al vento la stagione ma sapevo che se non avessimo fatto qualcosa alla svelta sarebbe successo proprio quello".

"Quando sei sotto di così tanti punti è facile deconcentrarsi perché sono tante le cose negative che affollano la mente", ha detto Markus Curry, cornerback di Michigan, "Noi però non ci siamo fatti prendere dal panico e a bordo campo abbiamo discusso di quello che non andava e abbiamo risolto la situazione. Per questo dico che oggi nell'ultimo quarto avete visto in campo non un quarterback o un running back ma una squadra in grado di superare chiunque".

Se Michigan d'ora in poi giocherà  tutte le partite come il quarto contro Minnesota è difficile non dare ragione a Curry. La squadra ha dominato gli avversari, l'attacco non si è fatto disturbare neanche dai rumorosissimi 62 mila spettatori presenti frustrando gli avversari e la difesa ha contribuito al successo con un intercetto e facendo sfigurare quello che fino ad allora era stato uno dei quarterback più accurati della Big Ten.

L'emozionante rimonta finale non può però far dimenticare quello che si è visto o meglio che non si è visto nei primi 3 quarti di partita. Nel primo tempo l'attacco è rimasto a secco mentre la difesa ha concesso troppo spazio agli avversari, specialmente contro le corse (424 yard guadagnate dai Gophers).

"Fino al touchdown del terzo quarto in campo non c'eravamo. Poi abbiamo deciso di passare ad un attacco di tipo no-huddle e gli avversari non sono più riusciti a fermarci", ha dichiarato l'allenatore di Michigan, Lloyd Carr, che almeno per il momento non dovrà  rispondere a domande su un possibile licenziamento a fine stagione.

Minnesota ha pagato evidentemente la scarsa esperienza nelle partite che contano concedendo 31 punti nell'ultimo quarto ma i fischi a fine partita da parte dei tifosi dei Gophers sono parsi ingenerosi per una squadra che ha provato in tutti i modi a vincere e poteva fare ben poco contro un avversario molto più dotato tecnicamente. "Non è la prima partita che perdiamo qui a Minnesota. Siamo tutti adulti quindi supereremo la cosa anche se non ci fa certo piacere. Ora dobbiamo pensare alle altre partite perché siamo ancora in corsa per la Big Ten", ha dichiarato il safety dei Gophers, Justin Isom.

Sempre dalla sfida fra due squadre della Big Ten è arrivato l'upset che più farà  parlare questa settimana: la vittoria di Wisconsin sui campioni nazionali in carica, Ohio State. Questi ultimi erano reduci da 19 vittorie consecutive ed anche se molte non avevano convinto a fondo (10 su 19 vinte per un touchdown o meno), niente faceva presagire quello che poi è accaduto.

Il ritorno in campo del quarterback titolare, Craig Krenzel, non ha aiutato i Buckeyes nella loro prima trasferta stagionale. La scorsa settimana Ohio State osservava un turno di riposo e l'allenatore Jim Tressel aveva posto molta enfasi sulla necessità  di ricostruire un gioco di corse che è diventato praticamente nullo dopo la sospensione di Maurice Clarett.

Nonostante le raccomandazioni dell'allenatore, gli junior Lydell Ross e Maurice Hall hanno raccolto la miseria di 46 yard ed il miglior back della squadra è stato addirittura il quarterback. I Buckeyes hanno allora provato a sopperire a questa mancanza con i lanci di Krenzel ma, complice anche la pioggia incessante che si è abbattuta sulla città  per tre quarti di gara, hanno fatto ben poco.

La squadra di coach Barry Alvarez, invece, ha limitato al minimo il numeri di lanci dei quarterback Jim Sorgi e Matt Schabert ed ha sfruttato quella che è la sua arma migliore, il tailback Booker Stanley. Il freshman ha guadagnato 125 yard in 31 tentativi contro quella che viene considerata una delle migliori difese contro la corsa della nazione ma che sabato ha opposto poca resistenza, anche per il fatto di essere stata in campo a lungo (nel primo quarto ben 11 minuti su 15).

Anche questa partita, come quella vinta da Michigan, è entrata nel vivo soltanto nell'ultimo quarto. Quando a 6 minuti dalla fine un drive di 75 yard di Ohio State riportava in parità  la gara si pensava che ancora una volta i Buckeyes sarebbero riusciti a vincere sul filo di lana. Invece nel possesso seguente Wisconsin rispondeva subito segnato un touchdown e si portava avanti sul 17 a 10, punteggio con sui si è conclusa la partita.

Il gioco decisivo del drive è stata la ricezione del wide receiver Lee Evans che proprio contro la squadra dello stato in cui è nato ha confermato di essere uno dei migliori nel suo ruolo in una sfida che lo contrapponeva a Chris Gamble, miglior cornerback della Big Ten. Evans riceveva il pallone lanciato dal quarterback di riserva, Schabert, e correva per 79 yard fino alla end-zone.

Schabert era in campo perché il titolare era stato messo K.O. da Robert Reynolds, linebacker di Ohio State, che durante un azione di gioco nel terzo quarto ha afferrato per il collo il quarterback ed ha stretto la presa così tanto da causare problemi respiratori al giocatore. Sorgi ha saltato il resto della partita perché, come ha riportato a fine gara Alvarez, "quasi non riusciva a respirare, aveva problemi a deglutire e non era in grado di parlare".

Gli arbitri non hanno visto quello che è successo ma se ne sono accorti i giocatori di Ohio State che hanno quasi provocato una rissa con il compagno. I dirigenti di Ohio State e quelli della Big Ten invece non sono stati altrettanto sportivi. I primi hanno soltanto sospeso il giocatore per una partita mentre la conference addirittura si è limitata a richiamare verbalmente Reynolds. A questo punto c'è da stupirgli che non gli abbiano dato una medaglia per aver portato in prima pagina università  e conference.

Se mister Reynolds non attenta anche alle nostre di corde vocali passiamo ora ad un altro upset di una squadra della Top 10: le vittorie di Florida su LSU (numero 6). Le due università  vincenti sono accomunate entrambe da un difficile inizio di stagione che potrebbe però essere riscattato se riuscissero a sfruttare quello che oltreoceano chiamano "momentum" per avere una marcia in più sull'onda dell'entusiasmo per il successo.

Chris Leak, quarterback di Florida, nonostante i blitz di LSU, i 6 sack subiti e il pubblico assordante della Louisiana ha guidato i suoi al successo mostrando una calma che è raro vedere in una vera matricola.

I 2 touchdown lanciati da Leak hanno senz'altro reso meno precaria la posizione di coach Ron Zook che non riscuote più la fiducia di tutti i tifosi dei Gators, abituati alle vittorie di Steve Spurrier, ed anche qualche dirigente inizia ad avere dubbi sulla scelta effettuata un anno e mezzo fa.

A fine vittoria il direttore della sezione atletica dell'università  ' ha dichiarato che "questa è stata una gran vittoria per Ron. Battere la numero 6 del ranking non capita ogni giorno e lui se l'è meritato perché è un guerriero. L'ho sempre detto".

Zook da parte sua ha attribuito tutti i meriti ai giocatori che per la prima volta si sono allenati per tutta la settimana e non hanno fatto solo atto di presenza in campo: "Ne abbiamo parlato dopo la partita e penso che anche loro si rendano conto che bisogna lavorare sei giorni per vincere il settimo".

Entrambi i touchdown segnati da Florida sono arrivati su uno schema disegnato da Zook per contrastare la difesa di LSU, abituata a blitzare quasi sempre, che prevedeva il lancio del pallone verso il tailback. Nelle due occasioni in cui Leak ha eseguito lo schema prima Ran Carthon (lasciato completamente solo dai Tigers) e poi Ciatrick Fason non hanno avuto problemi ad entrare nella end-zone.

I Gators sono stati aiutati anche dall'inefficienza dell'attacco di LSU che non è mai riuscito a superare le 30 yard avversari. LSU aveva l'occasione di iniziare con un record di 6-0 per la prima volta in 30 anni ma davanti a 92 mila spettatori (solo in 2 occasioni ce n'erano di più) ha raccolto soltanto un touchdown (per di più su un punt return) contro i 40 di media che segnava nelle precedenti partite stagionali.

Un altro programma che spera di essersi lasciato alle spalle i problemi passati è Notre Dame che lo scorso weekend ha superato Pittsburgh, numero 15 del ranking. Il merito della vittoria va tutto al tailback Julius Jones che all'Heinz Field ha disputato la miglior partita della sua carriera collegiale guadagnando 262 yard (record di ND per yard in una singola partita) e segnando 2 touchdown.

Il cammino dei Fighting Irish è stato ancora più difficoltoso rispetto a quello di Florida perché Notre Dame aveva vinto soltanto la prima stagionale cui erano seguire 3 sconfitte. I problemi della linea offensiva, troppo inesperta ad alti livelli, aveva costretto coach Willingham ad affidarsi, con poco successo, ai lanci di Holiday prima e di Quinn poi.

Contro Pittsburgh invece la linea ha giocato un'ottima partita aprendo gli spazi sia per Jones che per Ryan Grant (84 yard guadagnate in 27 corse) e consentendo ai Fighting Irish di controllare la partita. Esemplare l'ultimo possesso di Notre Dame che ha fatto scadere il tempo dopo aver tenuto il pallone per più di 9 minuti.

La difesa non ha avuto difficoltà  a controllare il quarterback avversario, Rod Rutherford, ottenendo 8 sack e permettendogli di completare soltanto 12 lanci su 30. Dall'altra parte è andata ancora peggio perché Quinn ha completato la miseria di 5 passaggi su 17 ma Notre Dame non ne ha risentito perché i giochi di corsa hanno fruttato ben 352 yard (13 in meno di quelle guadagnate in totale nelle precedenti 4 partite). Willingham è in ogni caso soddisfatto del giocatore perché "i quarterback non si valutano in base alle yard lanciate ma semplicemente in base alle partite che vincono".

L'ultimo upset da Top 10 è quello di Auburn su Arkansas, numero 7 del ranking AP. Auburn è una delle università  più in forma, reduce da 4 vittorie sconfitte, e sta confermando quelle che erano le previsioni di inizio stagione che la volevano favorita per la vittoria della divisione West della SEC. La partita è stata più interessante di quello che lo score finale (10 a 3 per i Tigers) ed è stata decisa dal fumble recuperato dalla difesa di Auburn a 10 yard dalla end-zone avversaria.

La gara si sarebbe potuta concludere diversamente se l'attacco di Arkansas non si fosse visto negare 2 touchdown (una corsa di 78 yard ed un'altra di 68) perché gli arbitri hanno fischiato penalità  contro i Razorbacks. Specialmente la prima ha lasciato interdetto lo staff tecnico di Arkansas che ha presentato una protesta contro la SEC ed ha inviato la cassetta dell'incontro.

I filmati televisivi però fanno vedere chiaramente il wide receiver George Wilson che afferrava la caviglia del defensive back Junior Rosegreen e lo trascinava a terra. "Se la caviglia non mi fosse stata bendata prima della partita sicuramente Wilson me l'avrebbe rotta per la violenza con cui mi ha preso", ha detto Rosegreen.

Nell'ultimo drive della partita Arkansas aveva la possibilità  di pareggiare con un touchdown del quarterback Matt Jones che dopo una finta correva verso l'end-zone ma perdeva il pallone all'altezza delle 8 yard avversarie. La difesa di Auburn ha recuperato il pallone e ai Tigers non è rimasto che far scadere il tempo per portare a 3-0 il record all'intero della conference.

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